Fonte: Christian Post
By Michelle A. Vu, 7 maggio 2009
Tradotto ed adattato da Baghdadhope
La paura mantiene silenti gli iracheni cristiani circa il grado di persecuzione che la piccola minoranza sopporta, ha detto martedì un arcivescovo cattolico iracheno in un incontro privato con alcuni esperti di libertà religiosa e giornalisti.
Questi cristiani non solo hanno paura di parlare per la propria sicurezza ma anche di ritorsioni nei confronti dei loro correligionari in Iraq, ha spiegato Mons. Jean Benjamin Sleiman, a capo della chiesa di rito latino in Iraq, durante una colazione offerta dall’Hudson Institute. Questa mentalità ha fatto sì che anche gli iracheni cristiani negli Stati Uniti e in altre nazioni occidentali siano rimasti silenziosi sulla grave persecuzione dei cristiani nella loro patria.
E’ come se gli iracheni cristiani parlassero due lingue diverse, ha spiegato l'arcivescovo al piccolo gruppo di americani riuniti per l’evento ad inviti. Al Papa dicono di essere perseguitati ma all’opinione pubblica dicono di vivere bene con solo occasionali problemi.
"Credo che in Iraq io abbia sofferto di mancanza di libertà e di verità," ha affermato Sleiman. "Capisco perché e non rivolgo delle accuse. Il mio predecessore era solito dire di non capire la politica ma io ho capito qualcosa di reale: io vedo le persone soffrire. Lui non ha mai risposto a domande politiche", ha detto l'arcivescovo.
Questi cristiani non solo hanno paura di parlare per la propria sicurezza ma anche di ritorsioni nei confronti dei loro correligionari in Iraq, ha spiegato Mons. Jean Benjamin Sleiman, a capo della chiesa di rito latino in Iraq, durante una colazione offerta dall’Hudson Institute. Questa mentalità ha fatto sì che anche gli iracheni cristiani negli Stati Uniti e in altre nazioni occidentali siano rimasti silenziosi sulla grave persecuzione dei cristiani nella loro patria.
E’ come se gli iracheni cristiani parlassero due lingue diverse, ha spiegato l'arcivescovo al piccolo gruppo di americani riuniti per l’evento ad inviti. Al Papa dicono di essere perseguitati ma all’opinione pubblica dicono di vivere bene con solo occasionali problemi.
"Credo che in Iraq io abbia sofferto di mancanza di libertà e di verità," ha affermato Sleiman. "Capisco perché e non rivolgo delle accuse. Il mio predecessore era solito dire di non capire la politica ma io ho capito qualcosa di reale: io vedo le persone soffrire. Lui non ha mai risposto a domande politiche", ha detto l'arcivescovo.
A partire dalla guerra a guida USA all’Iraq nel 2003 più di 200 cristiani sono stati uccisi, decine di chiese sono state attaccate, e più della metà della popolazione cristiana irachena ha lasciato il paese. A marzo dello scorso anno il secondo più alto prelato cattolico in Iraq, l’Arcivescovo Paulos Faraj Rahho, fu rapito e poi assassinato nella città settentrionale di Mosul. Nel mese di ottobre più di 15.000 iracheni cristiani furono cacciati dalla stessa città dopo che 13 appartenenti alla comunità erano stati uccisi in quattro settimane, compresi tre in un solo giorno.
E solo la settimana scorsa tre cristiani sono stati attaccati ed uccisi a Kirkuk.
E solo la settimana scorsa tre cristiani sono stati attaccati ed uccisi a Kirkuk.
"C’è vera e propria paura, un sentimento dominante che spinge molte persone a lasciare il paese", ha affermato Sleiman. "Anche se non hanno difficoltà personali pensano che ora è il loro vicino ad avere problemi e forse domani sarà la loro famiglia".
Nina Shea, direttore dell’Hudson Center for Religious Freedom, ha criticato il governo iracheno per non avere fatto abbastanza per proteggere la minoranza cristiana del paese. Ha detto che anche se il vice presidente iracheno ha pubblicamente esortato i cristiani a rimanere in Iraq e promesso loro protezione non si fa nulla per rendere ciò possibile. La chiesa, ha detto l'Arcivescovo Sleiman, non può essere responsabile della sicurezza degli iracheni cristiani.
"Credo che la chiesa stia ancora dando un aiuto", ha affermato Sleiman, "ma uccisioni e rapimenti dipendono dal potere politico e non dalla chiesa. La sicurezza non può davvero essere il nostro dovere", ha aggiunto rilevando come la chiesa non possa fare nulla contro la paura. L'arcivescovo iracheno, pur rifiutando di commentare la politica e la presenza militare degli Stati Uniti in Iraq, ha raccomandato che gli Stati Uniti aiutino i cristiani iracheni in campo culturale come l'istruzione e l'occupazione. Egli ritiene che la battaglia in Iraq sia di tipo culturale perché anche se ci sono buone leggi non verranno applicate a meno che le menti dei cittadini non cambino. Molti cittadini continuano a non capire il concetto di democrazia e votano per i membri del proprio gruppo piuttosto che per un candidato, ha spiegato.
Nina Shea, direttore dell’Hudson Center for Religious Freedom, ha criticato il governo iracheno per non avere fatto abbastanza per proteggere la minoranza cristiana del paese. Ha detto che anche se il vice presidente iracheno ha pubblicamente esortato i cristiani a rimanere in Iraq e promesso loro protezione non si fa nulla per rendere ciò possibile. La chiesa, ha detto l'Arcivescovo Sleiman, non può essere responsabile della sicurezza degli iracheni cristiani.
"Credo che la chiesa stia ancora dando un aiuto", ha affermato Sleiman, "ma uccisioni e rapimenti dipendono dal potere politico e non dalla chiesa. La sicurezza non può davvero essere il nostro dovere", ha aggiunto rilevando come la chiesa non possa fare nulla contro la paura. L'arcivescovo iracheno, pur rifiutando di commentare la politica e la presenza militare degli Stati Uniti in Iraq, ha raccomandato che gli Stati Uniti aiutino i cristiani iracheni in campo culturale come l'istruzione e l'occupazione. Egli ritiene che la battaglia in Iraq sia di tipo culturale perché anche se ci sono buone leggi non verranno applicate a meno che le menti dei cittadini non cambino. Molti cittadini continuano a non capire il concetto di democrazia e votano per i membri del proprio gruppo piuttosto che per un candidato, ha spiegato.
Sleiman è a Washington questa settimana per incontrare i membri del Dipartimento di Stato ed alcuni leaders del congresso per discutere della perseguitata popolazione cristiana in Iraq. Ha inoltre in programma di partecipare al National Catholic Prayer Breakfast a Washington venerdì prossimo.
L'Iraq è un paese indicato come fonte di particolare preoccupazione nella Relazione 2009 della Commissione negli Stati Uniti sulla Libertà Religiosa Internazionale(USCIRF). Shea, un’esperta della libertà religiosa in Iraq è commissario per l’USCIRF