"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

30 settembre 2009

Allarmanti notizie giungono da Mosul

By Baghdadhope

Secondo il sito Ankawa.com ieri pomeriggio due poliziotti di guardia alla chiesa caldea di San Paolo nel quartiere di Hay Althaqafa sono stati uccisi da uomini sconosciuti.
La chiesa di San Paolo, dove Mons. Faraj Paulos Raho, il vescovo caldeo rapito ed ucciso nel 2008, per anni fu parroco, è stata già attaccata in
passato ma nel caso dell’episodio di ieri non ci sono ancora particolari che indichino se sia trattato di un attacco mirato all’edificio.
Certo però la concomitanza con l’anniversario delle violenze che lo scorso anno tra settembre ed ottobre
colpirono la comunità cristiana di Mosul è inquietante. Ed ad essa si aggiungono le notizie che vengono dalla Piana di Ninive, la zona ad alta concentrazione di cristiani vicina a Mosul che per anni ha rappresentato una delle mete dei cristiani in fuga dalle violenze.
Come ha infatti dichiarato ad
Aid to the Church in Need Padre Bashar Warda, Rettore del seminario maggiore caldeo di Saint Peter ad Ankawa, nella zona della Piana si sta assistendo ad una lenta ma costante emorragia di famiglie cristiane che la lasciano.
Emorragia che potrebbe diventare presto una fuga di massa. A seminare il terrore, secondo Padre Warda, è stato il rapimento, il 26 settembre, di una nota dottoressa, Mahasen Bashir Toma, di Bartella, un villaggio quasi interamente cristiano, che sebbene risoltosi in un solo giorno dopo il pagamento di un riscatto ha distrutto la sensazione di relativa sicurezza nell’area.
E le cose potrebbero addirittura peggiorare con le elezioni generali del gennaio 2010 quando una nuova ondata di violenze, se non sicura è pessimisicamente attesa da una comunità che, sono sempre le parole del sacerdote, quando la situazione peggiora ha come prima soluzione l’emigrazione.
Si ripropone quindi l’annoso problema. Da una parte la Chiesa che invita i fedeli a non lasciare l’Iraq, e dall’altra le persone che antepongono la propria sicurezza all’attaccamento al paese ed alle tradizioni e pur sapendo di andare incontro ad un destino molte volte difficilissimo rispondono agli appelli al rimanere volgendo le spalle ad un passato troppo amaro.

29 settembre 2009

Alarming news from Mosul

By Baghdadhope

According to the site Ankawa.com yesterday afternoon two policemen guarding the Chaldean Church of St Paul in the district of Hay Althaqafa were killed by unknown men.
The church of St. Paul, where Archbishop Paulos Faraj Raho, the Chaldean bishop abducted and killed in 2008, was parish priest for years, has already been attacked in the past but in the case of what happened yesterday there are not details by now indicating if it was a direct attack on the building. Certainly, however, the coincidence with the anniversary of the violence that between September and October of last year hit the Christian community in Mosul is disturbing. Especially considering also the news coming from the Nineveh Plain, the area near Mosul where many Christians live and that for years has been a popular destination for Christians fleeing violence. As declared to Aid to the Church in Need by Father Bashar Warda, rector of the Chaldean Major Seminary of Saint Peter in Ankawa, the area of the Plain is witnessing a slow but steady bleeding of Christian families who are leaving it. Bleeding that could soon become a mass exodus.
To sow terror, according to Father Warda, was the abduction, on September 26, of a well-known doctor, Mahasen Bashir Toma of Bartella, an almost wholly Christian village, that although solved in one day after the payment of a ransom destroyed the feeling of relative security in the area.
And things might even get worse with the general elections in January 2010 when a new wave of violence although not sure is pessimistically expected by a community that, said the priest, when the situation get worse has as its first option the emigration.
Again the age-old problem. On the one hand the Church invites the faithful not to leave Iraq, and on the other those who put their security before their attachment to the country and to the traditions and who, even knowing to expose themselves to an often difficult fate, answer Church’s calls to stay by turning their back to a too bitter past.

Germania: Messa di benvenuto per la comunità irachena cristiana di Essen

By Baghdadhope

Sabato 26 settembre, nella cattedrale cattolica di Essen (Germania) si è tenuta una speciale cerimonia: una messa di benvenuto alla comunità irachena cristiana arrivata nel paese grazie al piano di accoglimento per i rifugiati approvato dalla Germania alla fine del 2008.
Come ha raccontato a Baghdadhope Padre Sami Danka, parroco della chiesa caldea di Mar Addai e Mar Mari della città, uno dei concelebranti, a guidare la liturgia è stato il vescovo ausiliare di Essen Mons. Franz Vorrath che ha pronunciato parole di soddisfazione per il progetto ricordando come la diversità sia fondamento della creazione divina e che ha anche espresso l’opinione secondo la quale la Germania e l’Europa possono ancora dare accoglienza per motivi umanitari a chi fugge dal proprio paese.
Proprio come hanno fatto gli iracheni cristiani arrivati in Germania. E tra essi i caldei la cui tradizione religiosa, che risale al tempo degli Apostoli, è stata ricordata dal vescovo che ne ha rimarcato la particolarità rituale e l’uso ancora attuale della lingua di Gesù, e che ha voluto per questo che alla lettura del Vangelo in tedesco seguisse quella dello stesso passo in aramaico.
Alla cerimonia cui erano presenti diversi rappresentanti delle 22 diverse comunità straniere che vivono ad Essen hanno presenziato Rudi Löffelsend, responsabile degli affari esteri per la Caritas diocesana ed il ministro per le generazioni, la famiglia, le donne l’integrazione del Nord Reno-Westfalia, Armin Laschet, che in occasione della cena offerta dopo la cerimonia dalla curia vescovile ha riecheggiato le parole di Mons. Vorrath ricordando come la diversità, quando accompagnata dal processo di integrazione, significhi arricchimento per chi accoglie e per chi arriva.
Padre Danka, da canto suo, ha ringraziato il governo tedesco attraverso i suoi rappresentanti per il progetto di accoglienza che ha permesso a molte famiglie caldee di ricominciare una nuova vita in Germania auspicando anche che il governo tedesco si dimostri disponibile ad aiutare gli iracheni in Iraq contribuendo così alla rinascita del paese.

Germany: Welcoming Mass for the Iraqi Christian community in Essen

By Baghdadhope

On Saturday, September 26, a special ceremony was held in the Catholic Cathedral of Essen(Germany:) a welcoming mass for the Iraqi Christian community arrived in the country thanks to the plan for refugees approved by Germany at the end of 2008.
As Father Sami Danka, parish priest of the Chaldean church of Mar Addai and Mar Mari in Essen and one of the concelebrants told to Baghdadhope, the liturgy was lead by the Auxiliary Bishop of Essen Msgr. Franz Vorrath who spoke words of satisfaction with the plan recalling how diversity is the foundation of God's creation and who also expressed the view that Germany and Europe can still give reception on humanitarian grounds to those who flee their country.
Just as the Iraqi Christians arrived in Germany did. And among them the Chaldeans, whose religious tradition, dating back to the Apostles, was recalled by the bishop who stressed its particular rite, its still current use of the language of Jesus, and who wanted the reading of the Gospel in German to be followed by the reading of the same passage in Aramaic.
The ceremony, attended by several representatives of the 22 different foreign communities living in Essen, was also attended by Mr. Rudi Löffelsend, diocesan Caritas head of foreign affairs and by the Minister for generations, family, women and integration in North Rhine-Westphalia, Mr. Armin Laschet who, at the dinner hosted by the bishopric curia after the ceremony, echoed the words of Archbishop Vorrath remembering how diversity, when accompanied by the integration process, is an enrichment for those who welcome and those who arrive.
Father Danka, for his part, thanked the German Government through its representatives for the refugees project that enabled many Chaldean families to start a new life in Germany and expressed his hope that the German government can assist the Iraqis in Iraq contributing thus to the rebirth of the country.

28 settembre 2009

Iraq: Kirkuk, 80 giovani per ridare speranza al villaggio di Levo

Fonte: SIR

L’Iraq di oggi non è solo odio e violenza ma esprime anche gesti di bene e di solidarietà. E’ la testimonianza che arriva da un gruppo di oltre 80 giovani, appartenenti alla fraternità Emmaus di Kirkuk, che per cinque giorni si sono recati nel villaggio di Levo, 250 case, situato a nord di Zakho vicino la frontiera turca, dove hanno trovato rifugio diverse famiglie cristiane di Mosul e Baghdad, in fuga dalla violenza settaria.
“Sono stati cinque giorni di preghiera e di solidarietà – spiega al Sir suor Anna, dell’arcidiocesi di Kirkuk – in un luogo dove la gente non ha nulla, privata anche della sua dignità. Non ci sono scuole, solo una elementare, non c’è ospedale, non ci sono mezzi di trasporto, non c’è lavoro. Esiste una chiesa dove si celebra solo la domenica poiché il parroco non risiede nel villaggio. Manca la pastorale, la catechesi. Gli abitanti di questo villaggio sono costretti ad andare in città vicine, per cercare lavoro, nella speranza di costruirsi un futuro”.
“In questi cinque giorni i giovani della fraternità hanno aiutato queste persone a pregare, dialogare, progredire e soprattutto a sperare, attraverso tante attività e con gesti concreti come visite alle famiglie più bisognose, portando loro aiuto concreto. Con i giovani anche un medico che ha potuto visitare diversi malati somministrando medicine e cure gratuitamente”.

Prima chiesa cattolica orientale in Georgia

By Baghdadhope

Appena il tempo di riposare qualche giorno a Baghdad dopo il ritorno da Roma dove ha partecipato all’incontro dei Patriarchi delle chiese cattoliche orientali con Il Santo Padre ed il Patriarca della chiesa caldea, Cardinale Mar Emmanuel III Delly, ripartirà per la sua prima visita in Georgia dove il 17 ottobre verrà consacrata la prima chiesa cattolica caldea del paese. “Un evento importante” ha dichiarato il Cardinale Delly a Baghdadhope “se si pensa che si tratta della prima chiesa cattolica di rito orientale* in Georgia dove i cattolici rappresentano un’esigua minoranza.”

In effetti, come ha spiegato Mons. Giuseppe Pasotto, che nel 1996 assunse la carica di Amministratore Apostolico del Caucaso con le funzioni di Vescovo della Georgia, Armenia e Azerbajan per i cattolici di rito latino, in un paese a maggioranza ortodossa con l’11% di popolazione di fede islamica, i cattolici, di rito latino, armeno e siro caldeo, sono solo l’1%. E vivono non senza difficoltà considerando, come spiegò nel 2008 lo stesso Mons. Pasotto all’Osservatore Romano, le difficoltà nel rapporto con la maggioranza ortodossa. La consacrazione di una chiesa cattolica caldea, la prima cattolica di rito orientale , potrebbe quindi essere il segno che qualcosa, magari lentamente, si sta smuovendo e che quei rapporti “difficili” si stanno appianando.
La chiesa caldea che verrà consacrata a Tbilisi è stata eretta con l’aiuto di diverse istituzioni che si erano dichiarate disponibili, come aveva fatto ad esempio, Aiuto alla Chiesa che Soffre, e soprattutto della diocesi caldea di San Tommaso Apostolo con sede a Detroit, nel Michigan (USA) retta da Mons. Ibrahim N. Ibrahim che nel 1994 consacrò sacerdote colui che dal 1996 guida i fedeli caldei in Georgia: Padre Benyamin Beth Yadegar.
Padre Benyamin, o come è da tutti chiamato Padre Benny, è nato nel 1963 a Zomalan, un piccolo villaggio vicino alla città di Urmia in Iran dove compì i suoi primi studi. Nel 1982 fu inviato da Padre Thomas Meram, ora vescovo caldeo di Urmia – Salmas, a proseguire i suoi studi teologici a Tehran. Nel 1986 arrivò in Italia per approfondirli e vi rimase finoal 1994 quando si recò a San Josè (California) dove fu ordinato sacerdote. Nel 1995 si recò per la prima volta in Georgia e tornato a Roma chiese di essere assegnato a servire i fedeli di quel paese che ora, finalmente, avranno una propria chiesa dedicata a Mar Shimoun Bar Sabbae , quel San Simeone, detto Bar Sabba’e, catholicos di Seleucia-Ctesifonte che nel 341 insieme a 100 tra vescovi, presbiteri e diaconi della chiesa siro-orientale fu martirizzato dal re persiano Sapore II che considerava i cristiani la “quinta colonna” dell’impero romano.
Nella piena tradizione della chiesa orientale viene così reso omaggio ad un martire della fede perché, come ha ricordato Mons. Najim, visitatore apostolico caldeo in Europa sotto la cui giurisdizione è anche la Georgia, furono proprio i 40 anni di persecuzione della chiesa iniziati con Sapore II che fecero chiamare la chiesa d’oriente la “chiesa dei martiri”.
A Baghdadhope Mons. Najim ha spiegato come la creazione di una parrocchia in Georgia fu fortemente voluta dal Patriarca Raphael Bedaweed che espresse questo desiderio a Mons. Pasotto che con Mons. Najim, all’epoca delegato patriarcale per l’Europa, la eresse canonicamente. “Era il 5 marzo del 2001, la parrocchia all’epoca aveva il nome di Mar Addai e Mar Mari, e lo stesso giorno Padre Benny fu uffialmente nominato come suo parroco” spiega Mons. Najim che ricorda anche come “non è stato un processo facile. In Georgia la maggioranza degli assiro-caldei viene dall’Iran come Padre Benny e quindi la lingua non è stata un ostacolo visto che si tratta della stessa variante dialettale dell’aramaico. La comunità però non aveva mai avuto un sacerdote a guidarla e tanti anni di isolamento avevano prodotto in molti una perdita di identità culturale e religiosa che sembrava impossibile da recuperare. Padre Benny però ha davvero lavorato con dedizione e coraggio ed ora finalmente, con la consacrazione di questa chiesa e la presenza del Patriarca che sarà accompagnato dal vicario patriarcale, Mons. Shleimun Warduni e dal vescovo di Urmia- Salmas, Mons. Tomas Meram, quella comunità si sentirà davvero parte della chiesa, erede delle sue tradizioni e non più isolata.
Assente alla cerimonia sarà invece Mons. Najim, visitatore apostolico caldeo in Europa, che ad ottobre sarà impegnato a celebrare la cerimonia della prima comunione a Stoccarda dove verrà anche festeggiato l’accordo raggiunto per la cessione di una chiesa alla comunità caldea della regione. A rappresentare la comunità caldea d’Europa saranno alcuni sacerdoti – Padre Peter Patto (Monaco) e Padre Sabri Anar (Francia). Ma i nuovi contatti della comunità caldea della Georgia non finiranno con la cerimonia del 17 ottobre visto che in futuro è in programma una visita di una delegazione della diocesi di Detroit.
Per quanto riguarda l’anziano ma attivissimo Patriarca della chiesa caldea le sue visite non si fermeranno in Georgia. Dopo le visite alle diocesi caldee del nord dell’Iraq e quella in Libano le prossime destinazioni saranno infatti Siria ed Egitto.

*Anche la chiesa armena cattolica è di rito orientale ma risulta che in Georgia ci siano solo chiese Armene apostoliche ed Armene evangeliche

First Oriental Catholic church in Georgia

By Baghdadhope

Just the time for a short rest in Baghdad after his coming back from Rome where he partecipated to the meeting the Patriarchs of the Catholic Oriental Churches had with the Holy Father and the Patriarch of the Chalden Church, Cardinal Mar Emmanuel III Delly, will leave for his first visit to Georgia where on October 17 the first Catholic Chaldean church will be consecrated. “An important event” declared Cardinal Delly to Baghdadhope “if you think that it is the first catholic church of oriental rite * in Georgia, a country where the catholics are a tiny minority.”
Actually, as explained by Msgr. Giuseppe Pasotto, since 1996 Apostolic Administrator in the Caucasus acting as bishop of Georgia, Armenia and Azerbajan for the catholics of latin rite, in a country where most people belongs to the Orthodox Church and where the 11% of the faithful are of Islamic faith, catholics, of latin, armenian and assyrian-chaldean rites, are only the 1% and live not without difficulties considering, as Msgr. Pasotto explained in 2008 to the Osservatore Romano, the difficulties in the relationship with the Orthodox majority.
The consecration of a Chaldean Catholic church, the first catholic church of oriental rite, could so be a sign that something, maybe slowly, is changing, that those "difficult" relations are being solved.
The Chaldean church that will be consecrated in Tbilisi has been erected with the help of several institutions that had expressed their willingness, as done, for example, by Aid to the Church in Need
, and especially of the Chaldean diocese of St. Thomas the Apostle, based in Detroit, Michigan (USA) ruled by Msgr.Ibrahim N. Ibrahim who in 1994 ordained the priest who, since 1996 is leading the Chaldean Christians in Georgia: Father Benyamin Beth Yadegar. Father Benyamin, or how everyone calls him, Father Benny, was born in 1963 in Zomalan, a small village near the town of Urmia in Iran where he completed his early studies. In 1982 he was sent by Father Thomas Meram - now Chaldean bishop of Urmia-Salmas - to continue his theological studies in Tehran. In 1986 he arrived in Italy to continue them and remained here until 1994 when he went to San Jose (California) where he was ordained a priest. In 1995 he went for the first time to Georgia and once back in Rome he asked to be assigned to serve the faithful of that country that now, at last, will have their own church dedicated to Mar Shimoun Bar Sabbae, the Symeon bar Sabba'e, Catholicos of Seleucia-Ctesiphon, who in 341 together with 100 among bishops, priests and deacons of the East Syrian Church was martyred by the Persian King Shapur II who considered the Christians as the "fifth column" of the Roman Empire. Following the tradition of the Eastern Church is thus paid tribute to a martyr of the faith because, as said by Msgr.Najim, Chaldean apostolic visitator in Europe under the jurisdiction of which is also Georgia, it were just the 40 years of persecution of the church started with Shapur II that gave to the Eastern Church the appellation of "church of the martyrs."
Msgr. Najim explained to Baghdadhope how the creation of a church in Georgia was strongly desired by the Patriarch Raphael Bedaweed who expressed this desire to Msgr.Pasotto who with Msgr. Najim, then patriarchal delegate for Europe, canonically erected it. "It was on March 5 2001, the parish at that time had the name of Mar Addai and Mar Mari, and the same day Father Benny was officially appointed as its parish priest" says Msgr. Najim who also recalls how "it was not an easy process. In Georgia the majority of the Assyrian-Chaldean come from Iran as Father Benny so the language was not an obstacle since they speak the same dialectal variant of aramaic. The community, however, had never had a priest and many years of isolation had produced a loss of the cultural and religious identity that seemed impossible to retrieve. Father Benny really worked with dedication and courage and now at last, with the consecration of this church and the presence of the Patriarch who will be accompanied by the patriarchal vicar, Msgr. Shleimun Warduni and by the bishopo of Urmia-Salmas, Msgr. Tomas Meram, that community will feel to be truly part of the church, the heir of its traditions and no longer isolated. "
Msgr Najim will not be in Georgia for the ceremony as in October he will celebrate the First Communion ceremony in Stuttgart where it will also be celebrated the agreement for the handover of a church to the Chaldean community in the region. Representing the Chaldean community in Europe will be some priests - Father Peter Patto (Munich) and Father Sabri Anar (France). But the new contacts of the Chaldean community in Georgia will not end with the ceremony on October 17 because a visit of a delegation from the diocese of Detroit is already being planned.
As regards the elderly but very active Patriarch of the Chaldean Church who recently visited the Chaldean dioceses of northern Iraq and went to Lebanon his next destinations will be Syria and Egypt.

* Also the Armenian Catholic church is of Oriental Rite but it results that in Georgia there are only Armenian Apostolic and Armenian Evangelical churches.

27 settembre 2009

Sinodo speciale per il Medio oriente, il coraggio contro la disillusione

Fonte: Asia News
di Louis Sako

Il Santo Padre Benedetto XVI ha convocato un sinodo speciale per il Medio oriente, che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema "La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza". Per l’occasione, vorrei esprimere i miei ringraziamenti al Santo Padre per questa opportunità e ricchezza data a tutti noi.
La Santa Sede vuole che le Chiese orientali progrediscano, ma esse stesse devono contribuire pienamente, sostenendo questo cammino comune: a questo sinodo, ogni Chiesa è chiamata a partecipare da protagonista. Ogni Chiesa è invitata ad andare avanti, a ricercare quell’aggiornamento globale che tende a ringiovanirla hic et nunc. Il Sinodo potrebbe essere una nuova Pentecoste.
Ci è di grande aiuto guardare all’esperienza del Concilio Ecumenico Vaticano II. La maggioranza delle nostre Chiese non ha ancora messo in pratica gli orientamenti del Concilio.
Perché il Sinodo abbia un effetto positivo, le Chiese orientali devono approfittare molto di questo impulso dello Spirito per riscoprire la loro identità e missione, per realizzare unità e comunione, per rendere attuale il proprio impegno e la testimonianza. Devono dire le cose pratiche e concrete, presentando in modo obbiettivo e coraggioso la situazione.
La Chiesa è ecumenica per natura. Questo sinodo è un tempo privilegiato e intenso: non bisogna perdere l’occasione propizia. Le Chiese Orientali devono aprirsi allo Spirito Rinnovatore e uscire dal passato, da una storia rigida, per vivere nell’oggi, in questo tempo, e preparare il futuro. La Chiesa ha una sua vocazione, chiamata, missione. La fedeltà alle radici non può voler dire chiusura, ma impegno ad essere fedeli all'uomo d'oggi, che è cambiato. Ogni Chiesa locale deve assumersi la propria responsabilità e trovare poi il modo migliore di tradurre le direttive di questo sinodo nella società attuale. Date le possibilità, una Chiesa da sola non è capace di fare fronte a questo, ma insieme e in comunione con la Chiesa universale, tutto è possibile.
Molti sono i problemi da studiare.
Ne presento alcuni:
1) La riforma liturgica. Le Chiese orientali sono Chiese e non etnie; hanno una missione aperta a tutti e non solo ai propri fedeli (caldei, siri, copti... ). Come dice san Giovanni Crisostomo, la liturgia è per l'uomo. Le Chiese Orientali sono quindi chiamate ad operare una riforma liturgica seria e appropriata al contesto in cui vivono i fedeli, pena la perdita di tanti di loro, che aderiranno piuttosto alle varie sette religiose.
2) E’ necessario dare più importanza e spazio alla Sacra Scrittura. In alcune Chiese ci sono finora due tavole: l'Eucaristia e la Bibbia. Non bisogna disdegnare nessuna delle due mense che ci sono preparate!
3) La riforma delle strutture (diocesi e i territori), che risalgono al Medioevo. Ci sono diocesi molto piccole, con un prete o due. Come si può fare? Poi c’è la situazione dei cristiani del Medio oriente che vivono nella diaspora... I cristiani orientali non devono rinchiudersi esclusivamente nelle proprie comunità.
4) L’emorragia umana, ossia l'emigrazione dei fedeli da Iraq, Terra Santa, Libano... Non è solo colpa degli “altri” se il Medio oriente si svuota dei cristiani, ma anche dei cristiani stessi. La Chiesa orientale deve avere una visione chiara, con piani concreti per arginare questo esodo. É necessario un lavoro comune con tutte le Chiese, presentandosi con una sola voce alle autorità locali. Forse ci vuole una nuova evangelizzazione dei cristiani orientali.
5) L'unità con le Chiese sorelle. In pratica ora è poca cosa, a parte qualche piccolo progetto di costruzione di abitazioni. É urgente dare una testimonianza comune! I musulmani non sempre capiscono le divisioni e le denominazioni dei cristiani. É importante restaurare l'unità fra ortodossi e cattolici, soprattutto considerando che a livello dogmatico esse sono già unite (ne fanno testo le Dichiarazioni di fede comune fra la Santa Sede e varie Chiese sorelle). In pratica oggi si fa poco con gli altri cristiani. Ogni chiesa continua a darsi da fare solo per i propri fedeli. Da parte delle Chiese ortodosse si parla di mancanza di solidarietà e mancanza di carità.
6) L'islam: i cristiani devono aprirsi alla dimensione missionaria della loro presenza in terra musulmana. La loro partenza è una perdita: anche per i musulmani, un Oriente senza cristiani non sarebbe più lo stesso. È importante anche il dialogo con gli ebrei, così da aiutare la separazione fra ebraismo e sionismo. Occorre promuovere il “dialogo interreligioso” partendo da identità diverse - siano esse culturali, storiche, sociali - attraverso le quali fondare un rapporto basato sulla “comprensione reciproca”, capace di portare la “pace in aree in cui è ancora forte la tensione fra fedeli di religioni diverse". Purtroppo, specie dopo l’11 settembre, la religione è diventata espressione di identità politica! Testimoniare l’incrollabile amore di Dio per gli uomini e la Sua onnipotenza è il compito che in modo rinnovato accettiamo di assumerci. Vogliamo credere alla speranza, nonostante la disillusione e le molte difficoltà.

Mons. Sako: Special synod for the Middle East, Christian’s courage versus disappointment

Source: Asia News
by Louis Sako

The Holy Father Benedict XVI convened a special synod for the Middle East to be held from the 10th to the 24th of October 2010; and the theme will be "The Catholic Church in the Middle East: communion and testimony." On this occasion, I would like to express my gratitude to the Holy Father for this opportunity and wealth given to us all.
The Holy See wants the Eastern Churches to progress, but they themselves must contribute fully, by sustaining this journey together: during this synod, every Church is called to play a leading role. Every church is invited to go forward, to search for that global update in order to rejuvenate hic et nunc (here and now). The Synod could be a new Pentecost.
Looking at the experience of the Second Vatican Council is of great help to us. The majority of our churches have not yet followed the guidelines of the Council.
In order for the Synod be effective, the Eastern churches must take advantage of this very impulse of the Spirit to rediscover their identity and mission, to achieve unity and communion, in order to put into act their commitment and testimony. They must speak about things that are practical and concrete, presenting the situations objectively and courageously.
The nature of the Church is ecumenical. This synod is an intense and special period: and it must not miss this propitious chance. The Eastern Churches should be open up the Spirit of Renewal and leave the past behind, from a very rigid history, hard to practice today, in these times, and prepare for the future. The Church has its vocation, called, mission. Attachment to one's roots must not necessarily closure, but a commitment to be faithful to our contemporaries, with all their changes. Each local church must assume its responsibilities and then find the best way put into act the guidelines of this synod in the present society. Even if given the chance, a Church alone is not able to cope with this, but together and in communion with the universal Church, everything is possible.
There are many problems to be evaluated.
Some of them are:
1) Liturgical reform. The Eastern Churches are churches and not ethnic groups, their mission is open to everyone and not only to those who practice their faith (Chaldeans, Syrians, Copts ...). As Saint John Chrysostom says, liturgy is for man. The Eastern Churches are therefore called to make a serious liturgical reform, appropriate to the context in which the faithful live, or risk losing many, who choose to follow other various religious sects.
2) More importance and space should be given to the Sacred Scripture. In some churches till now there are still two Tables: the Eucharist and the Bible. We should not despise any of the two Tables that have been prepared!
3) Structural reforms (dioceses and the territories), which go back to medieval times. There are some small diocese with only a priest or two. What can be done? And then there are the Middle-East Christians that live in the Diaspora ... the Eastern Christians must not close themselves within their communities.
4) Human bleeding, i.e. the migration of the faithful from Iraq, the Holy Land, Lebanon ... Is not just the fault of "others" if the Middle East is emptied of Christians but of the Christians themselves. The Eastern Church must have a clear vision with concrete plans to stem this exodus. It requires a common effort of the churches who speak as one voice to local authorities. Maybe a new evangelization of the Eastern Christians is necessary.
5) Unity with sister Churches. Right now it’s nothing big, apart from some small project to build houses. Giving a common testimony is very urgent! Muslims do not always understand the divisions and denominations of Christians. It is important to restore unity between Orthodox and Catholics, particularly since dogmatically they are already united (and the proof is the same Statement of Faith that the Holy See and several sister churches have in common). Today practically very few things are being done with other Christians. Every church works only for its faithful. The Orthodox Churches talk about lack of solidarity and lack of charity.
6) Islam: Christians must be open up to their missionary dimension of their presence in Muslim lands. Their departure is a loss, even for Muslims, an East without Christians would not be the same. A dialogue with the Jews is also very important, so as to help the separation between Judaism and Zionism. We need to promote "religious dialogue" on the basis of diverse identities - whether cultural, historical, social – establishing a relationship based on "mutual understanding", capable of bringing "peace in areas where tensions are still high among the faithful of different religions. "Unfortunately, especially after September 11, religion has become an expression of political identity! To bear witness to the steadfast love of God for mankind and His omnipotence is the task that in a renewed manner we choose to undertake. We want to believe in hope, despite disillusionments and many difficulties.

25 settembre 2009

Uncertainty and injustice for minority refugees from Iraq – new report

24 September 2009

Refugees from Iraq’s minorities face insecurity and risk losing their religious and cultural identity as they try to seek refuge in neighbouring countries and Western Europe, a report by Minority Rights Group International says. In a landmark new report on the situation of Iraqi uprooted minorities, MRG says that many of the people who flee Iraq undertake very dangerous journeys to get to Europe often only to be met with restrictive asylum policies, discrimination and in some cases forcible return. A disproportionate number of those fleeing Iraq – somewhere between 15-64 per cent, depending on the country of refuge – are minorities, including Christians, Circassians, Sabian Mandaeans, Shabaks, Turkmen and Yazidis.
‘Minorities are leaving Iraq because they are specifically targeted for attack due to their religion and culture, but getting out of the country is no guarantee of their safety and security,’ says Carl Soderbergh, MRG’s Director of Policy and Communications.
‘Many European countries are now rejecting asylum applications and returning people to Iraq despite the fact that attacks on minorities have actually increased in some areas,’ he adds. Sweden, for instance, has begun returning to Iraq a number of rejected asylum seekers including Christians on the grounds that some parts of Iraq are safe to go back to. The UK and other European countries have also begun enforced returns of rejected asylum-seekers.The integration policies of certain asylum countries also adversely affect Iraqi minorities. Dispersal policies, for instance, which divide refugees of the same nationality have a serious impact on minorities, who need to remain together as a community to protect their cultural identity and religious practices. ‘Some communities like Mandaeans, who number a few thousand globally, stand to lose many of their religious and cultural practices, as they are spread across and within countries. They are at risk of cultural eradication,’ says Soderbergh. Of Iraq’s neighbours, Syria and Jordan are the most common destinations for refugees, and this is also the case for minorities. UNHCR estimates that up to 2 million Iraqis have fled the country, with approximately 1.1 million in Syria and 450,000 in Jordan. Although Jordan and Syria have welcomed a large number of Iraqi refugees, many live in a state of limbo as they are unable to secure residency or work permits. Both countries have since 2007 begun to tighten their visa policies, making it increasingly harder for Iraqis to live there legally. The report includes a series of testimonies from Iraqi minority refugees, who describe the violence and trauma suffered before they fled the country and explain their fear and reluctance to return. ‘We will never go back, it is impossible. We will suffer death if we go back … If you stay in Iraq, you will convert to Islam or be killed. For that reason, the future is dead for us there,’ says an Iraqi Mandaean seeking asylum in Södertälje, Sweden.
Download full report
For more information on the situation of minorities in Iraq see Assimilation, Exodus, Eradication: Iraq's minority communities since 2003 and the Iraq country entry on MRG’s online World Directory of Minorities.
The report is based on research conducted in Iraq, Jordan, Syria and Sweden. It includes a series of testimonies from refugees and representatives of minority communities.
For an embargoed copy of the report please contact MRG
Attached with this press release are some key points on the situation of Iraqi minorities in UK, Germany and Sweden.
Minority Rights Group International (MRG) is a non-governmental organisation working to secure the rights of ethnic, religious and linguistic minorities and indigenous peoples worldwide.
For further information or to pre-arrange interviews please contact:
MRG Press Office: Farah Mihlar or Emma Eastwood T: +44 207 4224205 M: +44 7870 596863/ +44 7989 699984
E: farah.mihlar@mrgmail.org or emma.eastwood@mrgmail.org
Sweden
Sweden currently hosts the second largest number of Iraqi refugees and asylum-seekers within the European Union, just over 32,000. Of the 40,500 asylum claims made by Iraqi refugees within industrialized countries in 2008, just over 6,000 were made in Sweden. The small town of Södertälje, Sweden had at one point taken more Iraqi refugees than the whole of the USA and Canada combined.
The Swedish Migration Board has ruled that Sabian Mandaeans are a particularly vulnerable and exposed group in Iraq, and that a lower threshold is required in their cases when granting refugee status. However, the ruling is intended only as guidance. The ruling is reportedly implemented very inconsistently. There are cases where the Swedish Migration Board refuses to accept self-identification: one ethnic Shabak complained that he was classified only as a Shia Muslim and not as he would have preferred.
Unlike the United Kingdom, Sweden has no dispersal policy for refugees and asylum-seekers, who are relatively free to chose where to settle. Subsequently Södertälje is home to a large Assyrian community that is able to organize more effectively to support each other and provides familiarity to new arrivals. The Swedish government does operate a year-long programme of support with integration, in which meeting religious and ethnic needs is a specific element. A number of refugees have commented on how they have benefitted from such programmes.
An Iraqi-Swedish Memorandum of Understanding makes clear that the option of ‘voluntary’ return is being offered to those who have been rejected and have no other option. The MoU states that if they do not choose to return voluntarily, they, ‘may be ordered to leave Sweden as an option of last resort’ which raises questions concerning the voluntary nature of any such deportations. The MoU was followed by a Swedish Migration Court of Appeal ruling that considers returns to central and southern Iraq as acceptable because it holds that there is no armed conflict there.
United Kingdom
The number of Iraqis seeking asylum within the European Union doubled between 2006 and 2007, to 38,286. The United Kingdom’s approval rate for successful applicants currently stands at 13 per cent, which places it at the lower end of the scale within the EU. There has been a steady decrease in successful applications since 2003 when the figure was 55 per cent. The Refugee Council, a non-governmental organization working to support refugees and asylum-seekers in the UK, advises all rejected asylum-seekers to appeal; around 50 per cent of those that do see their rejections overturned.
Figures show that the United Kingdom has seen little change in the number of applications made, receiving 2,030 claims in 2008 compared with 2,075 claims in 2007. The United Kingdom Border Agency’s guidance note on asylum claims from Iraq recognizes serious human rights violations being committed in Iraq, including, ‘discrimination against women, ethnic and religious minorities.’ The note documents violations against Christian minorities at length but does not mention any other minority group by name, an omission that may enforce the perception that Christians are the only persecuted minority in Iraq, whilst ignoring other suffering ethnic or religious minorities.
‘The response of the UK government to date, in particular, has been notably poor. The resettlement screening and administration process should be speeded up considerably’ says Minority Rights Group International. For the financial year of 2008-2009 Britain has a target of resettling 750 individuals, 500 Iraqis and some Palestinians ex-Iraq. This is fewer than Canada (10,600-12,000 places, approximately 30 per cent for Iraqis) and Sweden (1,900 places with 800 set aside for selection missions to Syria and Jordan). It is uncertain that the UK can meet this target, in the previous four years the UK has reached its target once. In 2008 it was reported that only five Iraqi refugees were resettled in the UK. Most worryingly, the UK Asylum and Immigration tribunal ruled in April 2008 that Iraqi refugees could be returned to war-torn regions of Iraq.
Also noteworthy is the policy of the Immigration and Nationality Directorate of the Home Office to locate asylum-seekers and refugees in diverse locations around the country in order to reduce strains on local services. However, this often weakens bonds and impacts negatively upon smaller communities who, in being dispersed, find their particular way of life subsequently suffers.
Germany
Figures for 2008 show that 40,500 asylum claims were made in industrialized countries by Iraqi refugees, of which 6,697 claims were made in Germany; now home to nearly 40,000 Iraqi refugees, the largest single population in Europe. In March 2009, Germany organized the resettlement of 2,500 Iraqis, it was widely reported in the press at the time that the majority of those resettled were Christians.
The government stated that priority for resettlement was given to, ‘refugees from persecuted minorities, vulnerable cases with specific medical needs, traumatized victims of persecution as well as female-headed households who have family in Germany’, yet there appears a strong bias towards Christians based on the notion that they will integrate better into the host society.
Germany began revoking the refugee status of Iraqi refugees that arrived during the time of Saddam Hussein’s rule, shortly after his fall. After considerable criticism, it suspended revocations for some minorities, including religious minorities. Germany has suggested specific measures to resettle Iraqi Christians, and pushed for such measures at the European Union in April 2008. This was resisted at the time by the Slovenian presidency which proposed measures to provide protection for all of Iraq’s minorities, regardless of religion.
Germany currently hosts some 40,000 Yazidis; some forecast that with the exodus of Yazidis from Iraq, Germany will soon house the majority of the global Yazidi community. Despite this, Germany continues to document the Yazidis (a distinct religious minority) as Zoroastrians on the basis that the Yazidi religion is thought to share historical links and origins with Zoroastrianism. This not only violates the rights of the Yazidis to identify their faith in the way they prefer but also might restrict their access to services.

Sinodo Medio Oriente: Per il bene di tutta la Chiesa Il patriarca caldeo di Baghdad, card. Emmanuel III Delly

Fonte: SIR

"Parlando di pace, il pensiero va, in primo luogo, alle regioni del Medio Oriente. Colgo pertanto l'occasione per dare l'annuncio dell'Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, da me convocata e che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema: La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza: «la moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola» (At 4,32)". Sono le parole con cui Benedetto XVI ha annunciato la prossima Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi, durante l'incontro con i patriarchi e gli arcivescovi maggiori orientali, il 19 settembre. All'incontro era presente anche il card. Emmanuel III Delly, patriarca caldeo di Baghdad.
Il SIR lo ha incontrato.
Cosa si propone questo Sinodo e quale scopo si prefigge?
"Questo Sinodo è per il bene di tutta la Chiesa e non solo di quella mediorientale. È un segno di chiara benevolenza del Pontefice di Roma verso tutti i cristiani, orientali e occidentali. Benedetto XVI, nel corso dell'incontro con i patriarchi orientali, ha voluto ascoltare dalla nostra viva voce quali sono i bisogni dei nostri fedeli e confermarci nella missione che è quella di annunciare il Vangelo con la nostra vita cristiana per dare testimonianza ed esempio ai nostri fratelli musulmani. Questa è la missione da portare avanti, esercitando le virtù cristiane affinché chi ci vede scorga Cristo in noi".
Nel Sinodo è prevista anche la presenza di esponenti musulmani ed ebrei?
"Lavoreremo per fortificare la nostra fede perché ognuno diventi un cristiano esemplare anche agli occhi dei fedeli delle altre religioni. La presenza di delegati musulmani ed ebrei dipenderà dall'autorità ecclesiale. Intanto stiamo lavorando per avviare la macchina organizzativa. Lunedì e martedì scorsi abbiamo avuto una prima riunione. Non ci sono ancora scadenze definite ma l'intenzione è quella di avere i Lineamenta entro il 2009 e l'Instrumentum laboris entro i primissimi mesi del 2010".
Crescita del fondamentalismo, esodo dei cristiani, importanza della formazione e dell'istruzione. Sono alcuni dei temi che potrebbero essere affrontati durante i giorni del Sinodo…
"Tutto ciò che si dirà nel Sinodo, i temi che verranno affrontati, serviranno alla causa del cristianesimo affinché i fedeli restino in Medio Oriente, quali apostoli di Cristo".
Ai lavori sinodali lei rappresenterà la causa dei cristiani iracheni, mai come in questi anni vittime di violenze e di odio. Qualcosa, tuttavia, sembra cambiare in meglio. Può descrivere l'attuale situazione irachena?
"Innanzitutto vorrei ribadire, come ho già fatto altre volte, che in Iraq i cristiani non sono perseguitati. Qualche volta c'è discriminazione individuale ma nel nostro Paese cristiani e musulmani vivono insieme da secoli e continueremo a farlo. I cristiani resteranno in Iraq e con i musulmani contribuiranno alla rinascita del Paese per il bene di tutti gli iracheni. Dobbiamo collaborare sempre di più, cristiani e musulmani, per il bene del Paese anche in vista delle elezioni del 2010".
Eppure c'è chi pensa di relegare i cristiani nella Piana di Ninive, a nord del Paese…
"I cristiani sono dovunque, nel Nord e nel Sud, ad Est e ad Ovest, quale Piana di Ninive. Hanno la missione di santificare i nostri fratelli con l'esempio, aiutarli per progredire nelle virtù, nelle scienze. Siamo tutti figli di questa terra per la quale i nostri padri hanno versato il loro tributo di sangue. I nostri cristiani sono fedeli al loro Paese e al loro dovere religioso".
In che modo la Chiesa universale e le Chiese sorelle possono sostenere i cristiani iracheni e mediorientali in questa missione di annuncio e testimonianza?
"Siamo tutti figli di un'unica Chiesa e tutti dobbiamo portare Cristo al mondo, musulmani o non musulmani, cristiani e non. Al mondo chiediamo di sostenere i nostri giovani affinché restino nei loro rispettivi Paesi per lavorare, studiare, e costruirsi un futuro. Se non l'avranno se ne andranno via".

23 settembre 2009

Statement of Pax Christi delegation to Iraq

Source: Indcatholicnews

An international Pax Christi delegation visited Iraq last week. They went to Kirkuk, Mosul, Erbil and Dohuk from 10 September to 17 September. The situation for the Iraqi people is very uncertain and more violence being expected in the period leading up to the elections in January 2010. The delegation encountered many good examples of work for peace. A representative said Pax Christi International was enormously grateful to the Christian bishops and communities as well as the civil society of the region for their warm welcome and hospitality and remains committed to the original goals of this visit to Iraq: to express solidarity with all Iraqi people; to gain a better understanding of Iraq’s complex reality; and to propose concrete actions that support the ongoing efforts of Iraqi people for peace and reconciliation in their country based on what was seen and heard.
The official Pax Christi statement follows: An international Pax Christi delegation visited Iraq with the generous welcome andassistance of Patriarch Cardinal Emanuel Delly, Bishop Rabban Al-Kass, Chaldean Bishop of Amadya-Shamkan and Erbil, Bishop Louis Sako, Chaldean Bishop of Kirkuk, Bishop Georges Casmoussa, Syriac Bishop of Mosul and Qaraqosh, Father Nageeb Mikhail, OP, the Chaldean Seminary in Erbil and many other religious leaders and representatives of civil society groups in the north of Iraq.
The delegation included International Co-president, Marie Dennis; Bishop Thomas Gumbleton, Pax Christi USA; Christine Hoffmann, General Secretary of Pax Christi Germany; Wiltrud Rösch-Metzler, speaker of the Middle East Commission of Pax Christi Germany; Don Renato Sacco, Pax Christi Italy; Bishop Marc Stenger, President of Pax Christi France; and Katrien Hertog, Pax Christi International staff in Brussels.
They went to the governorates of Kirkuk, Mosul, Erbil and Dohuk from 10 Septemberto17 September 2009. A planned visit to Bagdad could not be realized.
The situation for the Iraqi people is very uncertain and more violence is expected in the period leading up to the elections in January 2010. On the one hand are forces that are aggravating divisions along ethnic and religious lines; on the other are those who promote dialogue, understanding, reconciliation and non-violence. The delegation encountered many good examples of work for peace. The extraordinaryefforts among religious leaders in the oil city of Kirkuk made it possible for them to visit Sunni and Shiite mosques and to interact with Muslim leaders. In Dohuk they learned about the program of Bishop Rabban's coeducational, interreligious International School which brings together Muslims, Christians, Yezidie and Turkman to provide a base of human values and an introduction to human rights.They learned from the Dominican sisters of Mosul about their commitment to peace education at a primary level and met dedicated health care professionals in Kirkuk who serve Muslims and Christians alike. In Erbil the delegation met with Iraqi Non-Violence group LaOnf, an Iraqi nongovernmental organization building a network on nonviolence. Pax Christi's organizational commitment to reconciliation and nonviolence made theseand other similar efforts particularly interesting to the delegation, which also experienced enormous tensions in the country. There were two major bombings while they were there and they encountered among people they visited a great fear of being kidnapped. Of the areas the delegation was able to visit, the level of security in the Kurdish provinces in the north of the country was much better than in the so-called disputed provinces, Mosul and Kirkuk. But even in the Kurdish provinces, the sense of long-term physical and economic security was lacking and UN representatives described human rights violations, particularly against political prisoners and women. 100,000 refugees and internally displaced persons (IDPs) remain in the same area. Christians and other minority groups continue to feel threatened in Iraq and to leave the country. This fact is of deep concern to many people the delegation met, who believe that reconciliation is the way forward and that the loss to Iraq of the Christian community, which was established there in the second century, would be a grea ttragedy. At the same time, the delegation was told that the conflict in Iraq is political rather than religious, with violence erupting over the balance of power. Minority groups are faced with the choices to join the struggle for power, to remain neutral or to work for a society where everybody has a place. Finally, they heard from many people about the destruction of Iraq's infrastructure during the first Gulf War that had still not been repaired and about the impact of the long-lasting harsh sanctions that punished ordinary people. They were told that the US-led invasion of Iraq in 2003 destroyed security and created many new problems for the Iraqi people.
The delegation agrees with the Iraqi non-violence network that "refuses occupation and war as a way to build democracy and establish rule of law, even when it is presented as the only possible option." Pax Christi International is enormously grateful to the Christian bishops and communities as well as the civil society of the region for their warm welcome and excellent hospitality and remains committed to theoriginal goals of this important Pax Christi delegation to Iraq: to express solidarity with all Iraqi people; to gain a better understanding of Iraq's complex reality; and to propose concrete actions that support the ongoing efforts of Iraqi people for peace andreconciliation in their country based on what was seen and heard.
Pax Christi International will:*
inform the international community about the situation in Iraq and its minorities,as well as about the work for peace and reconciliation of the Iraqi Church, including the testimonies of the martyrs, Bishop Paulos Faraj Rahho, Father Rajeed, Paulos and others;
* build partnerships between Pax Christi member organizations and Iraqi groups;
* explore the possibility of sharing Pax Christi expertise and resources on activenon violence, conflict resolution, peace building and responses to violent radicalization to interested institutions and communities in Iraq;
* promote interreligious understanding in our own countries, if possible by inviting Sunni, Shiite and Christian leaders from Iraq;
* advocate with our own governments to support reconstruction efforts in Iraq.
We urge our churches to:
* strengthen the church's role as a builder of bridges;
* send official delegations from Bishops conferences in other countries to Iraq tounderstand the reality better;
* promote reconciliation between the different Iraqi Christian churches;
* support work for peace and reconciliation in Iraq;* prevent and counter the growth of Christian extremism;We urge the international community to:
* support the reconstruction of Iraq;
* investigate and prosecute past and present war crimes and severe human rightsviolations on all sides; * build trust again in the international community and re-establish international law;
* work cooperatively to develop a regional system of security and cooperation in the
Middle East.
Brussels, 17 September 2009
For more information see: www.paxchristi.org.uk

22 settembre 2009

Chaldeans in Europe. Projects of a web site and a meeting of young people

By Baghdadhope

The celebration of the Exaltation of the Holy Cross that commemorates the 14 of September 335, when the buildings built by the Emperor Constantine on the sites of Calvary and of the Tomb of Our Lord Jesus Christ were inaugurated in Jerusalem,is deeply felt by the Chaldean church that celebrates it all over the world, from the motherland Iraq to the countries of the diaspora. Among them Germany.
Baghdadhope spoke about it with Father Sami Danka, parish priest of the church in Essen dedicated to the Saints Addai and Mari, the two disciples of Jesus and evangelists of Mesopotamia.
Father Danka described the celebration as "a moment of true communion of the hearts of believers who through the adoration of the Cross strengthen their faith and their ties with the church, and who find in the fire that animates the celebration and symbolically represents the light of Christ the power of our Lord’s love that accompanies them in their life. A moving ceremony with the church full of people and love."
Father Sami Danka returned to Essen to celebrate the Celebration of the Cross after a trip to Rome where, as Secretary of the Chaldean priests in Europe, participated in their annual meeting. The meeting, held from 31 August to 4 September at the Pontifical College of St. Ephrem, included a meeting with the Holy Father at the end of the general audience on Wednesday September 2.
Apart from the meeting with the Holy Father what can be said of the Chaldean priests’meeting?
"These meetings are very important because they give us, Chaldean priests living in several European countries, the chance to compare our experiences, to improve through their comparison the way we operate on the path of faith and in our life as shepherds of a population dispersed all over the continent."
What about the job sessions?
"We had several job sessions and prayers and everyone of us could speak. To introduce the job sessions was Msgr. Philip Najim, Chaldean procurator to the Holy See and Apostolic Visitator for Europe who talked about the situation of the Chaldean Church in Europe highlighting the difficulties that priests have to face due to the massive migration that affected Iraq in recent years and that prompted many Chaldeans to flee from their homeland to Europe. Msgr. Najim also reiterated how our task is not and should not be only to be dispensers of sacraments but also to be missionaries among our people. To Father Paul Rabban, priest in Eskilstuna, Sweden, was instead given the task of commenting on Psalm 43:4 - Then will I go to the altar of God, to God, my joy and my delight. I will praise you with the harp, O God, my God.- recalling the happiness that fills our hearts on the way to the altar."
You are the secretary of the Chaldean priests in Europe, what practical results had this meeting?
"As secretary, in fact, it is my duty to take care of the practical life of priests in Europe. In this regard I reminded them the letter that months ago we sent to the Synod of our Church held in late April in Iraq and that has not yet been answered. A letter in which we asked the Synod a particular attention to the difficult situation we are facing in Europe where now more than 100,000 Chaldeans of old and new migration live, and reiterated that, despite our being physically far away from our homeland, our beloved Iraq, we are and we want to be part of the programs of the Chaldean Church that is in our hearts."
We also discussed some aspects of priestly life in Europe but above all we developed some proposals that we think can help us in the missionary task quoted by Msgr. Najim. The ideas that we will try to put into practice are those of a website for all the Chaldeans in Europe and a meeting of the Chaldean youth. We entrusted two different groups of priests to coordinate the work of the lay people who will work with them at the projects. It must be understood that many of the 100,000 and more Chaldeans living in Europe arrived here recently leaving behind them terrible experiences and that life is not easy, especially for young people who face the world of school or work without mastering the language of the country they live in, without knowing their culture. Many of those youngs are at risk of losing their identity and that’s why we think it is the duty of the church offering itself as a reference point. They are young and they must be addressed through a language familiar to them. That's why the idea of the website that will have some common parts in English and Arabic and others entrusted to the various churches in the European languages of the countries where they operate, and that's why the meeting: modern ways of giving to young people the chance to exchange views with their peers and better understand how the desirable integration in the countries where they live does not mean the cancellation of their national and religious identity."

In different percentages Chaldeans live all over Europe. It will not be easy to create and manage a multilingual website and even arrange a meeting among them. Yours is a brave challenge ...
"Yes Brave and maybe risky. A challenge that, divided as it is among several countries, will not be easy to translate into reality but that we want to face with the certainty that, maybe not in the short term, our faith in the Lord will help us to realize it.”

The Chaldean priests attending the meeting in Rome,
Msgr. Philip Najim (Italy)
Father Peter Patto. Monaco of Bavaria (Germany)
Father Sami Danka. Essen (Germany)
Father Cesar Sliwa. Stuttgart (Germany)
Father Faris Toma. Denmark
Father Antoine Goral. Belgium
Father Samir Dawood. Sweden
Father Maher Malko. Sodertalje (Sweden)
Father Paul Rabban. Eskilstuna (Sweden)
Father Paul Beshi. France
Father Firaz Ghazi. Netherlands
Father Sabri Anar. Sarcelles (France)
Father Fadi Isho (Sweden)
Father Mikhail Doman (France)

Caldei in Europa. Progetti di un sito web ed un incontro dei giovani

By Baghdadhope

La Festa dell’Esaltazione della Santa Croce che ricorda il 14 settembre del 335 quando a Gerusalemme furono inaugurati gli edifici fatti costruire da Costantino imperatore sui luoghi del Calvario e del Sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo è una festa molto sentita dalla chiesa caldea che la celebra in tutto il mondo, dalla madrepatria Iraq ai paesi della diaspora. Tra essi la Germania. Baghdadhope ne ha parlato con Padre Sami Danka, parroco della chiesa di Essen dedicata ai Santi Addai e Mari, i due discepoli di Gesù evangelizzatori della Mesopotamia, che ha descritto la festa come “un momento di vera comunione dei cuori dei fedeli che attraverso l’adorazione della Croce rinsaldano la propria fede ed i legami con la chiesa, e che nel fuoco simbolico che anima la celebrazione e che rappresenta la luce di Cristo trovano la forza dell’amore del Nostro Signore che li accompagna nella vita. Una cerimonia toccante con la chiesa piena, di gente e d’amore.”
Padre Sami Danka è tornato ad Essen per celebrare la Festa della Croce dopo un viaggio a Roma dove, in qualità di Segretario dei sacerdoti caldei in Europa, ha partecipato alla loro riunione annuale. La riunione, svoltasi dal 31 agosto al 4 settembre presso il Pontificio Collegio di San Efrem, ha anche compreso un incontro con il Santo Padre al termine dell’udienza generale di mercoledì 2 settembre.
A parte l’incontro con il Santo Padre cosa può dire della riunione?
“Queste riunioni sono molto importanti perché danno a noi, sacerdoti caldei che viviamo in diversi paesi europei, la possibilità di confrontare le nostre esperienze, di migliorare attraverso il loro raffronto il nostro modo di operare nel cammino della fede e della vita di pastori di una popolazione dispersa in tutto il continente europeo.”
Come si sono svolti i lavori?
“In diverse sessioni di lavoro e di preghiera e con gli interventi di tutti i partecipanti. Ad introdurli è stato Mons. Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede e visitatore apostolico per l'Europa che ha parlato della situazione della chiesa caldea in Europa sottolineando le difficoltà che i sacerdoti devono affrontare a causa della massiccia emigrazione che ha interessato l’Iraq negli ultimi anni e che ha spinto molti caldei in fuga dalla madrepatria verso l’Europa, e che ha ribadito come il nostro compito non sia e non debba essere solo quello di dispensatori di sacramenti ma anche quello di missionari tra la nostra gente. A Padre Paul Rabban, sacerdote ad Eskilstuna, in Svezia, è invece toccato il compito di commentare il salmo 43:4 -Allora andrò all’altare di Dio, all’Iddio, ch’è la mia allegrezza ed il mio giubilo; e ti celebrerò con la cetra, o Dio, Dio mio! – ricordando la felicità che riempie in nostri cuori nel cammino verso l’altare.”
Lei è Segretario dei sacerdoti caldei in Europa, che aspetti o risultati pratici ha avuto questo incontro?
Come segretario, in effetti, è mio dovere occuparmi delle questioni pratiche della vita dei sacerdoti in Europa. A questo proposito ho ricordato loro la lettera che mesi fa abbiamo inviato al Sinodo
della nostra chiesa che si è tenuto a fine aprile in Iraq e che non ha ancora avuto risposta. Una lettera con la quale abbiamo chiesto al Sinodo una particolare attenzione alla difficile situazione che stiamo vivendo in Europa dove ormai vivono più di 100.000 caldei di vecchia e nuova emigrazione e ribadito come, malgrado il nostro essere fisicamente lontani dalla patria, l’Iraq che tanto amiamo, noi siamo e vogliamo essere parte dei programmi della chiesa caldea che è nei nostri cuori. Naturalmente abbiamo anche discusso alcuni aspetti dell’organizzazione della vita sacerdotale in Europa ma soprattutto abbiamo elaborato delle proposte che pensiamo possano aiutarci nel compito missionario citato da Mons. Najim. Le idee che cercheremo di tradurre in pratica sono quelle di un sito web per tutti i caldei in Europa e di un incontro dei giovani fedeli caldei e per questa ragione abbiamo affidato questi progetti a due diversi gruppi di sacerdoti che coordineranno l lavoro dei laici che li affiancheranno. Bisogna capire che molti di quei 100.000 e più caldei che vivono in Europa vi sono arrivati negli ultimi anni lasciandosi alle spalle esperienze terribili, e che la vita per loro non è facile, specialmente per i giovani che devono affrontare il mondo della scuola o del lavoro senza padroneggiare la lingua del paese in cui vivono, senza conoscerne la cultura. Molti di quei giovani rischiano di perdere la propria identità e per questo pensiamo sia dovere della chiesa offrirsi come punto di riferimento. Sono giovani ed ai giovani bisogna rivolgersi con un linguaggio a loro familiare. Ecco il perché dell’idea del sito web che abbia delle parti in comune in inglese ed in arabo ed altre, affidate alle diverse chiese, nelle lingue europee dei paesi in cui esse operano, ed ecco il perché dell'incontro: mezzi moderni che permetteranno ai giovani di confrontarsi con i loro coetanei e meglio comprendere come l’auspicabile integrazione nelle nazioni in cui vivono non deve significare la cancellazione della propria identità nazionale e religiosa.”
I caldei vivono in diverse percentuali in tutta Europa. Non sarà facile costruire e gestire un sito web multilingue e neanche organizzare un incontro tra loro. La vostra è una sfida coraggiosa…
“Si. Coraggiosa e magari azzardata. Una sfida che, proprio perché divisa tra vari paesi non sarà facile da tradurre in realtà ma con la quale vogliamo confrontarci con la certezza che, magari non a breve temine, la nostra fede nel Signore ci aiuterà a realizzarla.”
I sacerdoti caldei partecipanti alla riunione di Roma: Mons. Philip Najim (Italia)
Padre Peter Patto. Monaco di Baviera (Germania)
Padre Sami Danka. Essen (Germania)
Padre Cesar Sliwa. Stoccarda (Germania)
Padre Faris Toma. Danimarca
Padre Antoine Goral. Belgio
Padre Samir Dawood. Svezia
Padre Maher Malko. Sodertalje(Svezia)
Padre Paul Rabban. Eskilstuna (Svezia)
Padre Paul Beshi. Francia
Padre Firaz Ghazi. Olanda
Padre Sabri Anar. Sarcelles (Francia)
Padre Fadi Isho (Svezia)
Padre Mikhail Doman (Francia)

Sinodo Medio Oriente: Warduni (Baghdad) "Importante per tutte le chiese del mondo"

Fonte: SIR

“Un’assemblea importante non solo per le Chiese del Medio Oriente, ma anche per quelle del mondo chiamate a riscoprire le radici della fede e a sostenere i cristiani della Regione per evitare che fuggano all’estero”. Il Vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, spiega così, al SIR, l’importanza del Sinodo speciale per il Medio Oriente, che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010. “Il Sinodo è un atto benevolo di Benedetto XVI verso le nostre chiese – afferma mons. Warduni – che soffrono per mancanza di pace e di sicurezza. L’assemblea servirà alle Chiese orientali per discutere dei tanti problemi che l’affliggono ma anche per far sentire la loro voce. Il Medio Oriente si sta svuotando dei cristiani, si percepisce quasi un complotto per mandarli via. Unire le voci, avvicinarsi alle altre chiese cattoliche e cristiane, è fondamentale per la sopravvivenza di tutti. La nostra vocazione è vivere da cristiani in Medio Oriente”. “Le chiese del mondo – aggiunge il presule caldeo - devono aiutare le loro sorelle orientali dando loro assistenza e sostegno. Le chiese del Medio Oriente, che hanno sofferto e che tanti martiri hanno dato, possono a loro volta confermare nella fede tutte le altre sparse nel mondo. Un Medio Oriente senza cristiani sarebbe una sciagura per tutti, per questo auspico che nel Sinodo siano presenti anche esponenti delle chiese dei vari Continenti”.

Synod of the Middle East: Warduni (Baghdad) "Important for all the churches in the world"

Source: SIR

“An important meeting, not only for the Churches of the Middle East, but also for those all over the world, called to rediscover the roots of faith and support the Christians of the Region to prevent them escaping abroad”. With these words, the Patriarchal Vicar of Baghdad, mgr. Shlemon Warduni, explains to SIR the importance of the Special Synod for the Middle East which is due to take place from 10 to 24 October 2010. “The Synod is Benedict XVI’s well-meaning deed for our churches – mgr. Warduni states – that suffer due to the lack of peace and security. The assembly will help the Eastern Churches discuss the many problems that plague them, as well as making their voices heard. The Middle East is emptying of Christians, a sort of plot to send them away can be felt in the air. Joining our voices, approaching the other Catholic and Christian Churches is essential for everyone’s survival. Our calling is to live as Christians in the Middle East”. “The churches of the world – the Chaldean prelate adds – must help their Eastern sisters by giving them assistance and support. The churches of the Middle East that have suffered and have given so many martyrs can in turn confirm in faith all the other churches that are scattered all over the world. A Middle East without Christians would be a catastrophe for everyone; that’s why I hope delegates of the churches of all continents will take part in the Synod”.

21 settembre 2009

Sinodo Medio Oriente. Sako (Kirkuk): "potrebbe essere una nuova Pentecoste"

Fonte: SIR

“Ringrazio il Papa per questa convocazione. Se ci disporremo al meglio per noi potrebbe essere una nuova Pentecoste”.
Così al Sir, l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako commenta l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, convocata da Benedetto XVI e che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema ‘La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza: La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola’ (At 4,32)”.
Mons. Sako è particolarmente soddisfatto per questo annuncio, dal momento che fu lui ad avanzare, a gennaio 2009, una proposta analoga al Papa nel corso della visita ad limina dei vescovi iracheni. “Sarà un tempo forte per le Chiese orientali per andare avanti, per uscire dal passato e aprire gli occhi sulla realtà di oggi – aggiunge - in Medio Oriente abbiamo problemi e sfide da affrontare”. Tra queste Sako elenca “il dialogo con ebrei e musulmani e la necessità di una pastorale unificata in lingua araba”. Ma su tutte c’è il grave fenomeno dell’esodo dei cristiani: “tutte le Chiese anche le più piccole, devono capire l’importanza della presenza cristiana in Medio Oriente. La fuga cristiana all’estero è una perdita notevole per tutta la Chiesa. Ho paura che senza cristiani in Medio Oriente l’islam diventi più aggressivo”.

19 settembre 2009

Papa/ A Sinodo su Medio Oriente coinvolti anche ebrei e musulmani

Fonte: APCOM

Anche gli ebrei e i musulmani saranno coinvolti nel sinodo dedicato al Medio Oriente che il Papa ha annunciato oggi per il 2010 (dal 10 al 24 ottobre): lo spiega l'arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo. "Una questione particolarmente importante - afferma il presule in un colloquio con l''Osservatore romano' - riguarderà il coinvolgimento di ebrei e musulmani. Non sappiamo ancora le modalità, ma è evidente che si dovrà tener conto di tutta la complessa realtà del Medio Oriente. Il Sinodo non è 'contro' qualcuno ma è uno spazio di dialogo aperto che punta alla comunione e alla pace nella giustizia e nella verità. Troveremo sicuramente il modo di sentire le voci del mondo ebraico e di quello musulmano". Del resto, spiega mons. Eterovic, il dialogo e il confronto "con le altre religioni e le altre culture" sarà uno dei temi centrali del Sinodo "che dovrà però partire da una riflessione interna alla Chiesa, per rafforzare la comunione ecclesiale. E' questo il primo mandato del Papa".
L'indicazione di Benedetto XVI, specifica il presule, "è di riflettere innanzitutto sulla comunione e sulla testimonianza che la Chiesa è chiamata a dare nel particolare contesto mediorientale. E la citazione degli Atti degli Apostoli - 'La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola' - ci ricorda che quella regione è particolarmente cara a tutti i cristiani perché là è nato, è morto e risorto il Signore Gesù. E' nata lì la Chiesa e, nonostante le vicende della storia, è ancora presente con difficoltà ma anche con speranza".
L'annuncio del Sinodo per il Medio Oriente, spiega ancora il segretario generale, "non è di per sè una sorpresa. Da anni i pastori di quella regione riflettevano sull'opportunità di indirlo. Era un'idea che circolava con insistenza. Ma l'accelerazione decisiva è venuta dal viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa nel maggio scorso". Già lunedì e martedì prossimi si svolgerà in Vaticano una prima riunione della segreteria del Sinodo "per mettere a punto una macchina organizzativa che dovrà partire subito a pieno regime perché i tempi sono ristrettissimi", spiega Eterovic. Il testo dei 'Lineamente' sarà inviato alle varie diocesi entro fine anno e per Pasqua è previsto l''Instrumentum laboris', il testo di base per le discussioni sinodali.

Il Papa convoca il Sinodo Speciale per il Medio Oriente. Il testo integrale del discorso di Benedetto XVI ai Patriarchi orientali


Il Papa ha annunciato la convocazione dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema “La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza: “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). L’annuncio è arrivato durante l’incontro a Castel Gandolfo con i patriarchi e gli arcivescovi “maggiori orientali”. Benedetto XVI ha di nuovo rivolto il suo pensiero alla tanto sospirata pace in questa regione.
Ecco il testo integrale del discorso del Papa.
Signori Cardinali, Beatitudini,Venerati Patriarchi ed Arcivescovi Maggiori! Vi saluto tutti cordialmente e vi ringrazio per avere accolto l’invito a partecipare a questo incontro: a ciascuno do il mio fraterno abbraccio di pace. Saluto il Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, e il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, insieme al Segretario e agli altri collaboratori del Dicastero. Rendiamo grazie a Dio per questa riunione di carattere informale, che ci permette di ascoltare la voce delle Chiese che voi servite con ammirevole abnegazione, e di rafforzare i vincoli di comunione che le legano alla Sede Apostolica. L’odierno incontro mi richiama alla mente quello del 24 aprile 2005 nella Basilica di san Pietro. Allora, all'inizio del mio pontificato, volli intraprendere un ideale pellegrinaggio nel cuore dell’Oriente cristiano: pellegrinaggio che oggi conosce un’altra significativa tappa e che è mia intenzione proseguire. In diverse circostanze è stato da voi sollecitato un contatto più frequente con il Vescovo di Roma per rendere sempre più salda la comunione delle vostre Chiese col Successore di Pietro ed esaminare insieme, all’occasione, eventuali tematiche di particolare importanza. Proposta questa rinnovata anche nell’ultima Plenaria del Dicastero per le Chiese Orientali e nelle Assemblee Generali del Sinodo dei Vescovi. Quanto a me, avverto come precipuo dovere promuovere quella sinodalità tanto cara all’ecclesiologia orientale e salutata con apprezzamento dal Concilio Ecumenico Vaticano II. La stima che l’Assise conciliare ha riservato alle vostre Chiese nel Decreto Orientalium Ecclesiarum, e che il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II ha ribadito soprattutto nell’Esortazione apostolica Orientale Lumen, è da me pienamente condivisa, insieme all’auspicio che le Chiese Orientali Cattoliche “fioriscano” per assolvere “con rinnovato vigore apostolico la missione loro affidata… di promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo il decreto sull’ecumenismo…” (Orientalium Ecclesiarum, 1). L’orizzonte ecumenico è spesso connesso a quello interreligioso. In questi due ambiti è tutta la Chiesa ad avere bisogno dell’esperienza di convivenza che le vostre Chiese hanno maturato fin dal primo millennio cristiano. Venerati Fratelli, in questo fraterno incontro, dai vostri interventi emergeranno certamente quelle problematiche che vi assillano e che potranno trovare orientamenti adeguati nelle sedi competenti. Io vorrei assicurarvi che siete costantemente nel mio pensiero e nella mia preghiera. Non dimentico, in particolare, l’appello di pace che avete posto nelle mie mani alla fine dell’Assemblea del Sinodo dei Vescovi dello scorso ottobre. E, parlando di pace, il pensiero va, in primo luogo, alle regioni del Medio Oriente. Colgo pertanto l’occasione per dare l’annuncio dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, da me convocata e che si terrà dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema “La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza: “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). Mentre auguro che l’odierna riunione apporti i frutti sperati, invocando la materna intercessione di Maria Santissima, di cuore benedico voi e tutte le Chiese Orientali Cattoliche.

18 settembre 2009

Solidarietà di Pax Christi ai cristiani iracheni


Nei giorni scorsi, e per la seconda volta, una delegazione del movimento cattolico internazionale per la pace, Pax Christi International, ha raggiunto Kirkuk, una fra le città irachene più colpite dagli attentati terroristici. I sette delegati sono arrivati in città dopo aver visitato i villaggi di Karakosh e Karamles, nella piana di Ninive, nota alle cronache per gli episodi di persecuzione dei fedeli cristiani. Li ha guidati il vescovo francese di Troyes, mons. Marc Stenger, mentre ad ospitarli è stato l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako, che ha accompagnato la delegazione durante la visita alla grande moschea sunnita della città. E’ stato sempre il presule iracheno a rendere possibile anche l’incontro con la guida spirituale degli islamici di Kirkuk e i suoi collaboratori. “L’Imam – ha detto al Sir mons. Sako – ha espresso solidarietà e vicinanza al popolo cristiano, sentimenti che si rafforzano in un periodo così critico, e ha augurato alla comunità che le condizioni migliorino al più presto”. Durante i vespri nella parrocchia dell’Immacolata, cui i delegati hanno partecipato, mons. Stenger ha incoraggiato i cristiani a “rimanere e costruire ponti di dialogo e fraternità tra tutti gli iracheni”. (V.F.)

I sette Patriarchi cattolici orientali domani in udienza dal Papa


La crescita del fondamentalismo in Medio Oriente e l’inquietudine dei cristiani, l’importanza del dialogo islamo-cristiano, lo statuto del Patriarca cattolico orientale nella Chiesa universale e la giurisdizione ecclesiastica in Kuwait e nei Paesi del Golfo. Sono i quattro punti dei quali i sette Patriarchi cattolici orientali, parleranno domani con Benedetto XVI che li riceverà in udienza a Castel Gandolfo. Si tratta del Patriarca maronita Nasrallah Boutros Sfeir, dell’armeno cattolico Bédros XIX, del siro-cattolico Ignace Youssef III Younane, del melkita Gregorio III, del caldeo Emmanuel Delly, del Patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal e dal copto Antonios Nagib.
Le considerazioni dei Patriarchi sono illustrate in una nota che sarà portata al Papa, al quale, nel loro incontro, i patriarchi parleranno in primo luogo delle questioni della presenza delle loro Chiese nell’ambito della Chiesa universale e di altri temi ecclesiologici. Tra questi anche la questione della giurisdizione ecclesiastica del Kuwait e degli altri emirati del Golfo, verso i quali, nel corso degli ultimi anni, sono emigrate dagli altri Paesi arabi decine di migliaia di operai e funzionari cristiani, chiamati dal boom economico. Nella nota i Patriarchi, manifestano la loro inquietudine per i cristiani del Medio Oriente, sfidati dalla crescita del fondamentalismo soprattutto in Egitto e Iraq e sottolineano l’importanza della questione palestinese. Viene anche nuovamente sottolineata l’importanza del dialogo islamo-cristiano.

Vaticano: The Tablet, nel 2010 sinodo speciale su cristiani in medio oriente

Fonte: ASCA

Dovrebbe essere prossimo l'annuncio di un Sinodo speciale sul Medio Oriente per affrontare la difficile situazione delle comunita' cristiane della regione. Lo scrive il settimanale cattolico britannico The Tablet sul numero in uscita. L'assemblea speciale sul Medio Oriente dovrebbe svolgersi nell'ottobre del 2010. Mons. Louis Sako, vescovo caldeo di Kirkuk, a gennaio aveva chiesto in un'udienza con papa Benedetto XVI la convocazione di un Sinodo sulla situazione delle minoranze cristiane mediorientali.

17 settembre 2009

Visita della delegazione di Pax Christi Francia a Kirkuk

By Baghdadhope

Fonte: Ankawa.com

Conclusa la visita a Kirkuk della delegazione di Pax Christi France guidata da Mons. Marc Stenger Vescovo di Troyes. La delegazione è arrivata all’aeroporto internazionale di Erbil dove ha incontrato il governatore della città e si è poi recata a visitare i villaggi cristiani di Qaraqosh e Karamles, nelle vicinanze di Mosul.
Arrivata a Kirkuk la delegazione ha visitato alcune moschee sunnite e sciite e l’ospedale Alazadi, ed ha incontrato una delegazione di capi religiosi musulmani ed alcuni rappresentanti del governo tra cui Abdul Rahman Mustafa, il governatore di Kirkuk e Amin Ali, Presidente del Consiglio Provinciale. Durante questi incontri i partecipanti hanno sottolineato l’importanza della cultura del dialogo e della pace che trova le sue basi nella fede in Dio creatore e nell’uguaglianza tra gli esseri umani, e quella dei cristiani in quanto abitanti originari del paese in grado di cementare i rapporti tra le parti ed essere il ponte per il dialogo tra esse.
La sera del 12 settembre una preghiera di pace ha accolto nella chiesa della Vergine Maria la delegazione che domenica 13 ha assistito alla Santa Messa nella cattedrale intervenendo a spiegare le motivazioni della visita ed invitando la popolazione cristiana del luogo a resistere al fascino dell’emigrazione contribuendo a costruire ponti di cultura tra le diverse componenti della città. La visita a Kirkuk si è conclusa con una cena in onore della delegazione di Pax Christi organizzata dall’arcivescovo caldeo di Kirkuk, Mons. Louis Sako.
La visita della delegazione è poi proseguita verso le cittadine di Alqosh, Hamadiya, Dohuk e Zakho.