"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 ottobre 2024

Card. Sako: in Medio oriente ‘armi e disordine’ vincono la timida mediazione internazionale

Dario Salvi

“Siamo responsabili nella ricerca della pace, del dialogo: la comunità internazionale, i Paesi del Medio oriente sono tutti coinvolti. Tuttavia se noi stessi non sappiamo, in prima persona, mettere fine a questa spirale, saranno altri che devono aiutarci a trovare la via per realizzarla”.

È il monito lanciato dal patriarca di Baghdad dei caldei, il card. Louis Raphael Sako, di fronte alla spirale di violenza che ha travolto la regione, insanguinata nell’ultimo anno da conflitti di portata sempre più ampia: da Gaza, con la guerra lanciata da Israele ad Hamas in risposta all’attacco del 7 ottobre 2023, al Libano con il “fronte nord” aperto dallo Stato ebraico nel tentativo di eliminare la “minaccia” di Hezbollah; vi sono poi gli altri attori dell’area, dagli sciiti Houthi nello Yemen fino all’Iran, con la prospettiva di un’escalation di vasta scala.
“La situazione è preoccupante - avverte - non vi è ascolto alla ragione e alla responsabilità, soprattutto verso i civili i quali pagano il prezzo più elevato. E l’assemblea internazionale è timida, vi sono appelli e mediazioni, ma sono stagnanti e non riescono ad avanzare”.

Economia di guerra
Abbiamo incontrato il card. Sako a margine dei lavori dell’assemblea sinodale in corso in questo mese di ottobre in Vaticano, e il quadro tracciato dalla massima autorità ecclesiastica irachena è impietoso e non ammette sconti verso quanti hanno cariche e responsabilità. “Più che debole, che ha una nota peggiorativa, la comunità internazionale è timida nella sua opera di mediazione, perché pur cercando di fare qualcosa, non è mossa - avverte - da quella unità di intenti che oggi risulta necessaria per poter essere efficace”. “La mia convinzione - spiega ad AsiaNews - è che non vi sia più un ordine globale come in passato. Non vi sono più valori, né principi e a regnare è il disordine, un caos nel quale il più forte attacca il più debole. Tuttavia, i problemi e le contrapposizioni devono essere risolti con il dialogo, con la diplomazia morbida, con un’opera di dissuasione non violenta”.
A dettare l’agenda internazionale, in una fase di crisi che investe più settori, è l’economia di guerra in cui prevale “il commercio di armi in un quadro di risorse limitate, una popolazione mondiale in continua crescita e una crisi ambientale sempre più drammatica. Il clima, l’ecologia, l’accesso ai generi alimentari sono tutti fattori che giocano un ruolo nel condizionare questo teatro di guerra”.
Il Medio oriente da troppo tempo è un territorio “senza pace: ci vuole l’attenzione internazionale, una cura per questa parte del mondo sofferente che necessita di stabilità. Anche a fronte di interessi opposti o divergenti fra Occidente e Oriente, bisognerebbe eliminare - avverte il porporato - ogni fonte di violenza, il ricorso alla guerra e alle armi”.

Lo scenario iracheno
Per quanto riguarda lo scenario iracheno vi è un elemento di criticità che finora è rimasto nell’ombra e non è stato coinvolto, se non in modo marginale, nello scenario di guerra: le milizie sciite legate a Teheran, che a differenza degli Hezbollah libanesi e gli Houthi yemeniti non sono intervenuti direttamente nel conflitto attaccando Israele. “Penso che sinora - commenta il patriarca caldeo - abbia prevalso un atteggiamento di saggezza da parte di questi gruppi, che non vogliono entrare in questa guerra per procura” in cui si moltiplicano gli attori. “Abbiamo assistito all’intervento di milizie - prosegue - che a vario titolo e in momenti diversi si sono fatte coinvolgere” pur scongiurando “una guerra fra Stati che avrebbe effetti devastanti. Questo può essere considerato un elemento di saggezza in un panorama in cui sembra prevalere il frastuono delle armi”.
Del resto il movimento di Hamas “è per natura una milizia” che non rappresenta l’intero popolo palestinese e, in passato, si è trovato in disaccordo con la stessa Autorità palestinese. Ed entrambe si trovano a fronteggiare Israele che “è uno Stato con carri armati, un esercito, l’aviazione in un evidente squilibrio in campo”. “Non vi può essere parità di forze - prosegue - fra Israele e Hamas, sono due realtà troppo diverse. Per questo l’unica strada è quella di una mediazione, con la comunità internazionale che esercita una giusta pressione per la nascita di uno Stato” che sia capace di vivere superando la logica del conflitto permanente.
Di recente il patriarca caldeo ha incontrato il premier Mohammed Shia al-Sudani, dal quale ha ricevuto ampie rassicurazioni sul fatto che “non vuole essere trascinato in una guerra regionale, pur restando l’incognita delle milizie e il tema in agenda è come controllare”. L’esecutivo iracheno è in una situazione di “imbarazzo” perché rifiuta la guerra e “sta tentando ogni via di mediazione possibile”. Del resto parte di queste milizie “vorrebbe aiutare Hezbollah, e Hamas, ma prevale l’atteggiamento di moderazione in attesa degli sviluppi. A livello di leader religiosi anche la massima autorità sciita irachena, il grande ayatollah Ali al-Sistani ha lanciato un appello inusuale nei toni e contenuti per la “fine dell’aggressione” e l’invio di aiuti umanitari alla popolazione, segno di una grande preoccupazione per la crisi. Cristiani, musulmani sciiti e sunniti, ebrei “devono lanciare tutti assieme - auspica il porporato - un appello profetico e forte per la pace, la fratellanza, cercando di disinnescare le tensioni. Papa Francesco lo ha fatto più volte, ma è una delle poche voci di pace” al cospetto di quanti “cercano di usare la religione per raggiungere i propri interessi”.

Lo “scandalo” della Chiesa caldea
Per il card Sako la presenza delle milizie non è solo fonte di preoccupazione per le ripercussioni a livello regionale, perché nella storia recente della Chiesa caldea hanno rappresentato un elemento di tensione interna che rischia di sfociare in una spaccatura devastante. Lo “scandalo della Chiesa caldea” come lo chiama il primate, che denuncia “le influenze, anche sul piano materiale con aiuti concreti” cui sono soggette alcune comunità ecclesiastiche.
Il riferimento è ad una milizia in particolare: le Brigate Babilonia del sedicente leader Rayan al-Kildani, che hanno fomentato divisioni, manovrato per il ritiro del decreto presidenziale che ha determinato l’auto-esilio (poi rientrato dopo mesi) dello stesso card. Sako e spinto cinque vescovi a boicottare l’ultimo Sinodo caldeo. Alcune realtà, denuncia, “ricevono soldi e aiuti da parte di una certa milizia, non sono autonome e questa è una grande ferita: la Chiesa non ha bisogno di denaro, ma della fede, e il clero deve servire in maniera totale, con passione, e indipendente da certa politica o da certi interessi”.
La decisione dei cinque vescovi di snobbare l’incontro nella capitale, occasione per celebrare anche il ritorno a Baghdad del patriarca, è stata causa di “profondo shock”. Una parte di questi vescovi “ribelli, soprattutto i più giovani, è stata manipolata” accusa il porporato, che ha già inviato un fascicolo alla Santa Sede per valutazioni ed eventuali provvedimenti. Sullo sfondo il timore, ancora attuale, di un vero e proprio scisma nella Chiesa caldea, dietro il quale vi è la mano delle stesse milizie sciite - attive nel nord dell’Iraq e in territorio curdo - che agiscono per denaro e potere. “Volevano che il Sinodo caldeo fallisse per avere un successo personale, invece è andato molto bene, 17 vescovi (sui 22 totali) si sono mostrati molto uniti” sottolinea il card. Sako, che chiude confidando la sua “preoccupazione primaria per il futuro: quello che per me è importante è preparare il terreno per lasciare al successore la guida della Chiesa caldea. Per un patriarca - conclude senza far nomi, ma delineando le priorità - che può unire e continuare nella tradizione”.

Chiese orientali: Vaticano, Papa Francesco ha ricevuto il patriarca siro-cattolico di Antiochia, Mar Ignatius Joseph III Younan


Il Patriarcato siro-cattolico di Antiochia ha annunciato in un comunicato che Papa Francesco ha ricevuto, venerdì 11 ottobre, in Vaticano, il patriarca siro-cattolico di Antiochia, Mar Ignatius Joseph III Younan
Durante l’incontro, il patriarca ha discusso con il Papa dell’attuale preoccupante situazione in Medio Oriente, dell’importanza della locale presenza cristiana, delle prospettive future della Terra Santa, della Siria e dell’Iraq, in particolare del Libano con la guerra in corso. Nel colloquio è stata ribadita l’importanza di un cessate il fuoco immediato e la necessità di eleggere un nuovo Presidente della Repubblica in Libano il prima possibile, per porre fine alla soffocante crisi economica e sociale che attanaglia il Paese dei Cedri. Il patriarca ha elogiato “l’assoluto sostegno mostrato da Sua Santità ai cristiani d’Oriente, alle loro cause legittime e al loro diritto alla pace e alla sicurezza”, esprimendo “sinceri ringraziamenti e gratitudine al Pontefice per il suo amore paterno e la sua cura per la Chiesa in tutto il mondo, per la sua speciale attenzione per i fedeli delle Chiese orientali in mezzo a queste difficili circostanze che stanno vivendo, e per il suo commovente messaggio ai cristiani del Medio Oriente lo scorso lunedì 7 ottobre”.
L’incontro è avvenuto nell’ambito del Sinodo sulla sinodalità del quale Joseph III Younan è membro del Consiglio consultivo preparatorio del Sinodo per le Chiese orientali.

Libano, la solidarietà dei caldei del Kurdistan con chi fugge dalla guerra

1 ottobre 2024  

La solidarietà può fare la differenza, offrendo pace, sicurezza e protezione a chi soffre. Per questo l’arcidiocesi caldea di Erbil, che ancora non ha visto rimarginate le ferite inflitte dalla violenza del sedicente Stato islamico (Is), si muove verso gli sfollati libanesi chiedendo alla comunità internazionale di sostenerli “in ogni modo possibile e di pregare per la fine della violenza”.
L’arcidiocesi, guidata dall’arcivescovo Bashar Warda, come informa un comunicato, si impegna al fianco dei libanesi avviando una campagna a sostegno della Chiesa del Libano le cui risorse sono destinate a chi fugge dalla violenza. Monsignor Warda invita la sua comunità “a offrire sostegno spirituale e umanitario alla Chiesa libanese”. 
Domenica 29 settembre, durante una Messa speciale, si è pregato per pace in tutta la regione e si è organizzata una colletta per raccogliere fondi che saranno inviati alle chiese del Libano che attualmente sono impegnate a fornire aiuto di ogni tipo, compreso medico, agli sfollati. Con l’approssimarsi dell’inverno, inoltre, “il bisogno di ulteriore sostegno è urgente e crescente”. 

La preoccupazione per i cristiani
L’arcivescovo, nel ricordare le difficoltà analoghe vissute dalla comunità del Kurdistan iracheno, ribadisce l’importanza di “essere solidali con le vittime della violenza”, allo stesso tempo esprime preoccupazione per la situazione dei cristiani in tutta la regione, minoranza che nel corso degli anni ha “subito attacchi mirati e violenze” e che ora si ritrova “sotto il fuoco incrociato dei conflitti in corso”.
Una comunità che in Medio Oriente ha visto un drammatico declino, arrivando a rappresentare solo il 4% della popolazione, che si è indebolita con la fuga di persone “di talento e istruite”, e che vive in preda alla paura, all’ansia e alla disperazione. Monsignor Warda, nonostante tutto, esprime la sua speranza, invitando la comunità internazionale ad ascoltare il messaggio di Papa Francesco, ed esortandola a far “tacere i tamburi di guerra ed ad alzare la voce della pace”.
Solo la pace permetterà al Libano e a tutta la regione, stremata da anni di combattimenti e ormai senza risorse, di potersi riprendere “dal peso della guerra e del conflitto politico”. 
È urgente agire per aiutare il Libano, è l’appello, agendo con compassione, carità e generosità, affinché “attraverso la preghiera, le donazioni e la promozione della pace” si possa “contribuire ad aiutare queste famiglie nel momento del massimo bisogno”.

Iraqi archbishop says rift with Chaldean patriarch is a ‘misunderstanding’

Junno Arocho Esteves
1 ottobre 2024

Iraqi Archbishop Bashar Warda of Erbil said tensions between himself and Cardinal Louis Sako, the Baghdad-based Chaldean Catholic patriarch, were the result of a misunderstanding and denied accusations he was working against the patriarch.
 In a message sent to OSV News Sept. 24, the Iraqi archbishop said he rejected “all accusations in full,” referring to allegations made by the Chaldean patriarchate on Aug. 28 that Archbishop Warda was “deceived by promises” made by political figures who were behind an attempt to have the government deny recognition of Cardinal Sako’s authority as head of the Chaldean Catholic Church in 2023. Assuring that “we are proud of His Beatitude as the head of the Chaldean Church,” Archbishop Warda told OSV News in a written message: “I categorically reject accusations of corruption … and I will continue to deal with this issue through the relevant church channels,” he added.
In July 2023, Cardinal Sako left Baghdad after Iraqi President Abdul Latif Rashid revoked a decree that formally recognized the cardinal as Chaldean patriarch in the country and his authority to administer the Chaldean religious endowment.
In a statement made to OSV News at the time, Archbishop Warda downplayed the significance of the decree’s revocation, saying that “withdrawing the republican decree does not prejudice the religious or legal status of Cardinal Louis Sako, as he is appointed by the Apostolic See.”
However, the move was viewed by both Cardinal Sako and local Iraqi media as an attempt to usurp the patriarch’s position as head of the Chaldean Church that was allegedly instigated by Rayan al-Kildani, head of the Babylon Brigades, a Chaldean Catholic militia that shares close ties with Iran. 
Many believed that al-Kildani, who was sanctioned for alleged human rights abuses by the U.S. Treasury Department in 2019, pushed for the revocation in an attempt to gain control of the Chaldean Church’s assets. 
While in exile in Erbil for almost a year, Cardinal Sako received support from Grand Ayatollah Ali al-Sistani, Iraq’s leading Shia religious figure, and the Association of Muslim Scholars of Iraq, the highest Sunni authority in the country. Both disapproved of the cardinal’s treatment. 
Countries, including the United States, France and Germany, also expressed their disapproval of the president’s move.
However, in June, Iraqi Prime Minister Mohammed Shia’ Al-Sudani confirmed Cardinal Sako’s standing as patriarch of the Chaldeans in Iraq and the world. 
The cardinal promptly returned to Baghdad and the following month, he presided over the July 15-19 Synod of the Chaldean Church. 
The absence of five bishops — Archbishop Warda, Bishop Paul Thabet of Alquoch, Bishop Azad Sabri Shaba of Dohuk, Chaldean Archbishop Amel Shamon Nona of Sydney, and Bishop Saad Sirop Hanna, the apostolic visitor for Chaldean Catholics in Europe, who is based in in the northern Swedish city of Södertälje — was noted by the patriarchate. 
Bishop Hanna did not respond to a request for comment by OSV News.
In a statement on the Chaldean Patriarchate website titled, “The Truth About What is Happening in the Chaldean Church,” published Aug. 24, Cardinal Sako said he knew “for sure that some people had a hand in withdrawing the presidential decree” to “push me to resign in order to seek succession.” 
“Their attempts did not stop there, as they withdrew their students from the seminary,” he said of the bishops, adding that “I assure them that they are delusional and their bet is losing, because the church belongs to Christ and he sends out workers to the harvest.”
 However, just four days later, the patriarchate issued another statement warning that the “boycott of the Chaldean Synod by five bishops sets a dangerous precedent” that goes against their episcopal vows “to join hands with His Beatitude Patriarch Louis Raphael Sako in order for the church to continue its noble mission.”
The 2023 revocation of the decree, the patriarchate said, “suggested to some that it was the end and made their mouths water,” directly accusing Archbishop Warda of gathering support from the clergy for the cardinal’s removal.
“It is unfortunate that the Archbishop of Erbil was deceived by the promises of that party, and accepted to become its godfather,” the patriarchate wrote. “He did not only denounce the withdrawal of the decree, but he supported it and proposed an alternative: ‘the argument of succession.'”
The patriarchate also accused Archbishop Warda of supporting the “political party,” meaning the Babylon Brigades, “despite his knowledge of its encroachment on the church, the rights of Christians, and the acquisition of their property.”
The statement also said that when Cardinal Sako asked Archbishop Warda to publicly denounce the decree’s revocation, “he refused.”
“While many Muslim clerics denounced this action, how much more so our church’s bishops”
were expected to denounce, the patriarchate said. 
The Chaldean Patriarchate said the actions of Archbishop Warda and the four bishops who did not attend the synod forced “His Beatitude to settle the issue in one of two ways: by means of a public apology or by canon law,” giving them until Sept. 5 to apologize. If not, the statement said, “a report will be submitted to His Holiness Pope Francis for appropriate action to be taken for each of the five bishops.”
 The statement went on to cite what violations the bishops would be accused of, including canon 1447 of the Code of Canons of the Eastern Churches, which states that “one who incites sedition and hatred toward any hierarch whatsoever or provokes his subjects to disobedience, is to be punished with an appropriate penalty, not excluding a major excommunication, especially if the offense was committed against a patriarch or indeed against the Roman Pontiff.”
In a Sept. 7 reflection titled, “Come back to yourself,” Cardinal Sako wrote that it was “very painful when some people turn lies into a weapon for moral assassination! Let us stay away from harming people because God will hold us accountable, especially when we are believers and pray.”
 He concluded his reflection with a note. “This spiritual and educational thought has nothing to do with the boycotting bishops, as the case has made its way to the highest ecclesiastical court,” the cardinal wrote.

Iraq: card. Sako (patriarca), “scioccati per quanto sta accadendo in Libano e in Terra Santa”

By AgenSIR - Patriarcato caldeo
29 settembre 2024

“Dolore e preoccupazione” sono stati espressi dal patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako, per quanto sta accadendo in Libano e in Terra Santa. In un messaggio diffuso dal Patriarcato, Mar Sako scrive: “Siamo scioccati dai conflitti, dalle devastazioni, dagli sfollamenti e dalle uccisioni di migliaia di persone, compresi civili innocenti, bambini e donne, e dall’oltraggio dei diritti, delle libertà e della dignità delle persone”. 
La Chiesa caldea, prosegue il messaggio, “invita la comunità internazionale ad assumersi le proprie responsabilità e a intraprendere azioni rapide, serie e concrete per fermare la guerra e cercare collettivamente soluzioni permanenti ai problemi e alle crisi della regione, in modo che i suoi cittadini possano vivere liberamente e con dignità come fratelli e sorelle in pace e stabilità”.