"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

31 maggio 2016

Displaced Iraqi children make First Holy Communion in makeshift camp


A large group of displaced Iraqi children living in a makeshift camp in Erbil, Iraq, made their First Communion on Friday (27 May).
Out of the 5,500 people living in Erbil’s Aishty 2 camp for the displaced, the majority – more than 2,000 – are children. Of these, 470 are making their First Communion in three different groups between 27 May and 10 June.
All of the children are from the Syriac-Catholic rite, and most fled the city of Qaraqosh, Iraq, with their families when Islamic State terrorists attacked on the night of 6 August 2014, according to a report by Catholic News Agency.
Syriac-Catholics have now been left without any official diocese or headquarters. Residing in a largely Chaldean-dominated Erbil, they have been welcomed by the local Church.
Friday’s Mass was celebrated by Syriac-Catholic Archbishop of Mosul Yohanno Petros Moshe in the camp’s large, prefabricated church.
With a capacity for roughly 800 people, the church started out as a tent when the Christian refugees first poured into Erbil two years ago, asking for a place to pray. Now it serves as the main parish for the city’s Aishty camp, which is the largest in Erbil and is divided into three smaller camps: Aishty 1, 2 and 3.
The majority of people in the camp are from Qaraqosh, which is where the former See of their Church had been located before ISIS’ assault in 2014.

Assyrians Demonstrate in Sweden, Germany Against Kurdish Land Grabs in North Iraq


Assyrians in Europe took to the streets on Saturday, May 28 to protest the ongoing Kurdish expropriation of Assyrian lands in North Iraq (AINA 2016-04-14). Demonstrations were held in Gutersloh, Germany and in Stockholm and Gothenburg in Sweden. The street protests were organized by the Assyrian Confederation of Europe, an umbrella for the national Assyrian federations in EU countries.
The issue of Kurdish land expropriation in Assyrian areas in North Iraq was recently highlighted by Human Rights Watch in a report on the most recent case which took place in April this year in an area called Nahla valley. Following a familiar pattern, an influential Kurdish businessman with ties to the ruling Barzani clan started building on Assyrian owned lands in the Nahla valley. When Assyrians of the area tried to stage a protest outside the regional parliament in Arbil they were met with armed peshmerga and Kurdish security known as Asayish.
According to demonstrators, these land grabs are part of a systematic campaign which aims to drive out the remaining Assyrians from their ancestral homelands.

The Nahla Case
A Kurd named Ibrahim Hajji Yasin moved into Nahla a few months ago and began seizing land in the village of Zoly and moving livestock into it. He brought more than 200 cows into the land. He also began constructing 3 homes.
According to Assyrian sources, Mr. Yasin is employed by Retha Zebari, a close relative of Massoud Barzani, the president of the Kurdistan Regional Government.
Nahla has eight Assyrian villages, Upper and Lower Hezani, Belmand, Khalilane, Zoly, Kashkawa, Meroke and Rabatke. The land of Nahla on parcels 89 and 90 includes Upper and Lower Hezani, Zoly and Khalilane, and all the deeds in these villages are held by 117 Assyrians in a co-op. The deeds, most of which were granted before 1970, have been recognized by the Iraqi Department of Agriculture and Iraqi courts.

Il grazie ai cristiani iracheni da parte di un leader sciita

By Asia News
Joseph Mahmoud

I “nostri fratelli cristiani” vanno ringraziati perchè sono un elemento di pace e di convivenza per l’Iraq, perché “pur avendo sofferto molto” non hanno mai risposto agli attacchi con la violenza, ma hanno continuato a promuovere “l’unità” di un Paese che “deve essere di e per tutti”. È quanto ha sottolineato ad AsiaNews il leader religioso sciita Ali Al-Yacoubi, intervenendo alla “Preghiera di pace per l’Iraq, la Siria e l’intera regione mediorientale”, che si è tenuta ieri pomeriggio a Baghdad. In un periodo storico caratterizzato dalla barbarie dei gruppi jihadisti, da crisi politiche e attacchi contro comunità e fedeli (anche cristiani), il rappresentante dell'ente sciita Endowment (Awkaf) ha ricordato che “l’Iraq è per il cristiano, per lo yazidi, per il musulmano e per ogni cittadino in cerca di pace”
“Desidero ringraziare [la Chiesa caldea e il patriarca] per l’invito e rivolgo a tutti i presenti gli auguri per questa festa” ha detto il leader religioso sciita. “Approfitto dell’occasione - ha proseguito  - per confermare la nostra fraternità a tutto il popolo irakeno, le preoccupazioni per la sua sicurezza contro ogni gesto o atto di terrorismo”. “Preghiamo Dio - ha concluso - di proteggere l’Iraq, di dare la pace e di unire i nostri cuori nell’amore per questa amata patria”. 
Raccogliendo l’appello del patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako, ieri pomeriggio diverse personalità religiose irakene, diplomatici e semplici cittadini hanno partecipato all’iniziativa di preghiera che si è tenuta nella chiesa dedicata alla Regina del Rosario, a Baghdad. Un appuntamento che ha voluto celebrare l’Anno giubilare della Misericordia, la fine del mese di maggio dedicato alla Madonna e il prossimo inizio del Ramadan, il periodo di digiuno e preghiera islamico. 
I partecipanti hanno recitati inni, salmi e preghiere comuni, guidati dalla corale di Baghdad. Fra le personalità che hanno aderito all’iniziativa Sheikh Yousif Al-Nasery, segretario generale del Consiglio della Shura, Sayyed Ibrahim al-Jaber, rappresentate del movimento che fa capo al leader sciita Moqtada al-Sadr, diplomatici e membri della società civile irakena. L’ex Primo Ministro e attuale vice-presidente Iyad Allawi ha inviato un telegramma di plauso e di sostegno per la manifestazione; un appuntamento voluto con forza dalla Chiesa caldea, al quale non ha potuto partecipare il rappresentante sunnita Abdul-Latif Al-Humaim, per impegni dell’ultima ora. 
Tutti i presenti hanno insistito sull’importanza di temi quali la riconciliazione, la pace, l’uguaglianza e la promozione della coesistenza armoniosa, gli elementi sui quali fondare la costruzione di un Iraq moderno, multi-confessionale, laico, aperto a tutti. Fra la folla di fedeli riuniti in preghiera si distinguevano anche personalità ecclesiastiche di Baghdad, rappresentanti sabei e yazidi, ambasciatori e membri del Parlamento. Al termine della cerimonia i leader religiosi hanno deposto una candela ai piedi della statua della Vergine, con la speranza che possa “illuminare” le menti dei terroristi e promuovere una cultura di “tolleranza e amore”. 
Nel suo intervento il patriarca caldeo ha ricordato che l’Anno giubilare della Misericordia e il Ramadan sono “una opportunità per correggere le percezioni reciproche” e per “scegliere la via che conduce alla pace, alla riconciliazione” e a un “clima di fiducia”. Mar Sako ha inoltre esortato i presenti a unire gli sforzi per diffondere “la cultura della tolleranza”, rafforzare “i valori di appartenenza” alla nazione e “mettere al bando ogni forma di estremismo”.
Infine, sua beatitudine ha invitato tutti i presenti a scambiarsi un gesto di pace e stringersi la mano. 

Patriarca Sako: Giubileo della misericordia e Ramadan occasione di pace e riconciliazione

By Asia News
Louis Raphael Sako*


L’Anno giubilare della Misericordia e il Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico, sono “una opportunità per correggere le percezioni reciproche” e per “scegliere la via che conduce alla pace, alla riconciliazione” e a un “clima di fiducia”. È uno dei passaggi del messaggio lanciato dal patriarca caldeo mar Louis Rapahel Sako, durante la “Preghiera di pace per l’Iraq, la Siria e l’intera regione mediorientale”, che si è tenuta oggi pomeriggio a Baghdad. Nel messaggio, inviato ad AsiaNews, sua beatitudine esorta i leader religiosi a unire gli sforzi per diffondere “la cultura della tolleranza”, rafforzare “i valori di appartenenza” alla nazione e “mettere al bando ogni forma di estremismo”.  La cerimonia interreligiosa, in programma nella chiesa dedicata alla Regina del Rosario, segna la chiusura del mese mariano e ha registrato la partecipazione di capi religiosi cristiani, musulmani sciiti, sunniti, yazidi, sabei. Assieme ai leader religiosi vi sono anche diversi diplomatici e numerosi fedeli, di religione diversa. Esclusa, per questioni di sicurezza, la presenza di delegati governativi. 
A guidare la preghiera interconfessionale il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako, insieme a un capo religioso sunnita e uno sciita, per rafforzare il carattere interreligioso e di pace dell’appuntamento. Nel corso della cerimonia vi è stata la recita di inni, salmi, seguiti da una “preghiera universale” che scandita da cristiani, musulmani, yazidi e sabei. I due capi religiosi musulmani (il direttore dell’Ufficio per i beni sciita e l’omologo sunnita) hanno parlato dell’importanza della riconciliazione e della pace “per rafforzare la convivenza”. In Iraq, hanno aggiunto, “ci vuole un cambiamento di mentalità”.
A seguire l’intervento del patriarca Sako, che riportiamo qui sotto in versione integrale. Infine, ciascuno dei leader religiosi ha acceso una “candela della pace”, posizionandola ai piedi della statua della Madonna. 
Ecco, di seguito, il messaggio del patriarca caldeo Louis Raphael Sako:

Vorrei iniziare rivolgendo un caloroso benvenuto a quanti di voi hanno scelto di unirsi a noi in preghiera questa sera, allorché l’essenza della Vergine Maria si diffonderà per tutta la Chiesa. Siamo lieti di avervi qui con noi. 

Desideriamo con impazienza rivolgere una preghiera accorata e sincera per la pace nel nostro Paese e nella regione. Una preghiera sull’esempio della Vergine Maria, che ha vissuto a fondo la grazia e la misericordia di Dio. 
Celebrare la festa della beata Vergine Maria in queste circostante così difficili è un invito rivolto a ciascuno di noi perché seguiamo il suo esempio di fede, apertura, amore, servizio, purezza, pazienza, speranza e fiducia.
Vorrei al contempo sottolineare l’importanza della preghiera nel contesto di una situazione così critica, e le sofferenze del nostro popolo in Iraq, in Siria e nella regione.
La preghiera è fonte di aiuto sotto molti aspetti:
- Placa il vulcano inquieto delle nostre lotte interiori
- Cambia il cuore e le menti di quanti vivono questi eventi quotidiani
- Ci dona gioia, umiltà e ci permette di assistere e di trattare con le altre persone nel modo giusto
Come ben sapete, le persone che pregano di solito compiono una profonda analisi interiore e sono molto critici con se stessi prima di andare incontro ad altri. Se possediamo questo spirito della preghiera, “i miracoli possono succedere” e potremo quindi godere di una vera pace dentro e intorno a noi. 
Noi [cristiani] stiamo celebrando l’Anno giubilare della Misericordia, proclamato da papa Francesco, e il mese sacro di Ramadan - tempo in cui i nostri fratelli musulmani digiunano, pregano, si pentono e vivono all’insegna della “compassione e della gentilezza verso quanti soffrono - è dietro l’angolo. Tutto questo rappresenta una opportunità per correggere le percezioni reciproche, le relazioni e scegliere la via che conduce alla pace, alla riconciliazione e costruire un clima di fiducia reciproca. 
Dato che siamo responsabili dal punto umanitario e religioso in queste circostanze tragiche, siamo chiamati - in presenza di Dio - ad agire in modo rapido e con il massimo grado di fiducia per: 
- Unire gli sforzi al fine di diffondere la cultura della tolleranza, dell’amore, della pace e dell’amicizia
- Rafforzare i valori di appartenenza a questa nazione multiculturale
- Mettere al bando ogni forma di estremismo fatale, in special modo considerando il fatto che le leggi celesti di tutte le religioni mirano a stabilire giustizia fra persone e combattere ogni forma di oppressione e discriminazione
Ne abbiamo abbastanza delle guerre; il popolo irakeno è stato di ascoltare racconti di morte, distruzione, di sfollati, con cadenza pressoché quotidiana, tutti aspetti che sono contro la volontà divina. Dio ha creato l’essere umano per vivere in modo felice la propria vita, ed essere agente di pace, di libertà, di dignità e di felicità. 
Per avere un futuro migliore, dobbiamo cambiare la nostra mentalità e il modo in cui educhiamo le persone. 
Possa Dio onnipotente benedire tutti gli sforzi congiunti volti a salvare l’Iraq, sul piano militare, politico, economico e culturale.

*Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irakena



Source: Chaldean Patriarchate, May 30, 2016 
Christians, Muslims, Yazidis and Mandaeans Praying for Peace In Iraq, Syria and the Region

At the invitation of His Beatitude, the Chaldean Patriarch Louis Raphael Sako a get-together event was held on Monday evening, May 30, 2016 to pray for peace in Iraq, Syria and the region, at the Virgin Mary Church in Baghdad to mark the end of the Marian month, the Jubilee Year of Mercy proclaimed by Pope Francis and the upcoming holy month of Ramadan.

Prayers included: Psalms, hymns and group prayers performed by “Kokhy” choir of Baghdad. H.B. Patriarch Sako welcomed his guests and the crowd to this important event by a speech (see below) followed by speeches from Sayyed Alaa al-Moussawi, a representative of the head of the Shiite Endowment, and His Eminence Sheikh Dr. Yousif Al-Nasery, the Secretary General of the Shura clerics and Sayyed Ibrahim al-Jaberi, the Director of Mr. Moqtada al-Sadr Offices in Baghdad and the northern regions. H.B. received an apology from His Eminence Sheikh Dr. Abdul-Latif Al-Humaim, the Head of the Sunni Endowment, at the last minute due to other commitments. Dr. Ayad Allawi sent a telegram of solidarity to show his support.
All the speakers stressed the importance of reconciliation, peace, equality, and promoted the harmonious co-existence
Christian clergy of different churches participated in this event in addition to Muslim (Shiites and Sunnis), representatives of the Mandaeans and Yazidis. Several Ambassadors, and members of the Iraqi Parliament also joined the large crowd of faithful in prayers.
Towards the end, a number of clerics put candles in front of the altar, in the hope that it enlighten a culture of tolerance, love, acceptance of others and peace to put an end to violence and terrorism.
H.B. the Patriarch invited all his guests to shake hands and exchange a greeting of peace.
The event was characterized by a substantial media coverage that included most of the TV channels and the press.

Speech of His Beatitude the Chaldean Patriarch Louis R. Sako
I would like to start with a very warm welcome to everyone who is praying with us this evening, where the essence of Virgin Mary diffuses the fragrance all over the Church. We are delighted to have you all here.

We look forward to having a heartfelt and sincere prayer for peace in our country and the region. On the example of the Virgin Mary who lived the grace and mercy of God deeply.

Celebrating the feast of the Blessed Virgin Mary in these difficult circumstances is an invitation for every one of us to follow her example of faith, openness, love, service, pureness, patience, hope and confidence.

I would like also to highlight the importance of praying in the midst of such a critical situation and the suffering of our people in Iraq, Syria and the region. Since praying helps in:

a.    Calming down the restless volcano of our inner struggles.
b.    Changing the heart and mind of those who are living these daily events.
c.    Granting us joy, humility as well as enabling us to assist and deal smoothly with others.

As you know, people who pray usually encounter and criticize themselves before encountering others. If we have this spirit of praying, “miracle may happen” we will enjoy then a real peace inside and around us

Since we are celebrating the Jubilee Year of Mercy, proclaimed by Pope Francis, and because Ramadan is around the corner, in which our fellow Muslims fast, pray, repent, and live “compassion and kindness” toward those who suffer. It is an opportunity to correct perceptions, relationships and choose the way that leads to peace, reconciliation and building of mutual trust.

As we are in charge of humanitarian and religious responsibilities at these tragic conditions, we are all called, in the presence of God, to move quickly and in high level of confidence to:
a.    Unify efforts of spreading the culture of tolerance, love, peace and friendship.
b.    Deepen the values of belonging to this multicultural nation.
c.    Stay away from all forms of “fatal” extremism, especially that the heavenly laws of all religions plea to establish justice among people and deprive oppression and   discrimination.

We have had enough of wars; the Iraqi people are tired of hearing about death, destruction, and displacement, on daily basis, all of which are against the divine will. God created human to live happily his life and yearn for peace, freedom, dignity and happy life.

In closing, I would say: “to have a better future we have to change our mentality and the way we educate people”

May God Bless all the joint effort to save Iraq as a country and its’ military, politics, economics and culture.

Thank you

30 maggio 2016

Iraqi Assyrian Bishop: ISIS Drove Us to Unity

 
Archbishop Nicodemus Sharaf Daoud, the Syriac-Orthodox Bishop of Mosul, visited France and Belgium from May 19-24. The visit was organized by SOS Chretiens d'Orient. The Archbishop gave a series of lectures on the situation of Assyrians (also known as Chaldeans and Syriacs) in Iraq.He and his congregation were forced into exile to Iraq's northern region since ISIS attacked and took over Mosul in 2014. The Archbishop is particularly disappointed by an international community that continues to ignore the plight of Iraq's minorities.
Famille Chretienne published the following interview with the bishop, conducted by Hugues Lefevre.
What is the current situation of the Syriac Orthodox community driven out of Mosul in August 2014?
When ISIS arrived in Mosul our entire community fled to Iraqi Kurdistan. It is from there that some have begun to migrate to Turkey, Lebanon and Jordan. Today, there are about 6,500 Syriac-Orthodox families displaced in Iraqi Kurdistan. They are mainly in Erbil and Dohuk and also in Kirkuk. Half of these families live in shared apartments where a family lives in a single room. About 1,000 other families live in caravans. The remainder rent apartments at their own expense. Even if security is ensured in Iraqi Kurdistan, life is difficult because there is no employment and the price of rent is high.
Has their situation improved since arriving in Erbil?
The reality has not changed and we beseech God that our situation improves. We are tired of promises of many people who tell us that ISIS will be eradicated quickly. It will soon be two years since they took Mosul.
Is remaining in Iraqi Kurdistan considered a possibility?
Kurdistan is also our land. We [Assyrians], as the indigenous Christian population, we are the true people of Iraq. There is no problem to remain in Kurdistan. But remaining to live in the current situation is not acceptable. Families living in caravans or in a single room apartment is unbearable. We need money to help pay the rent. We also ask for support to build schools and provide medical aid.
Do you hope one day to return to Mosul?
In the current situation a return to Mosul is obviously impossible. We need the guarantee, the assurance of a strong and lasting security. Because we have already lost everything and we do not want to lose more. As Christians, we lack the means and weapons to fight like the others. We are a minority and as minorities we have to trust and rely on the laws of the country in which we live. But today, the laws do not guarantee everything.
What is your view about the West's policy in the Middle East?
One feels in some Westerners a diabolical greed. In international politics, they have always done everything to serve their own interests. For example, Europe and the US continually emphasize their new technologies, including the qualities of their satellites. They even say they can read the label of a sweater from space. And how can we believe that they have not observed the rise of ISIS and the attack on Mosul? Who can believe that ISIS emerged on its own, as a surprise? Westerners always try to take advantage of a situation. Here, it is the oil that governs.
On the other hand, Iraqi elites are not blameless. There is a real blindness, a certain stupidity of our Eastern elites in the choices they make and the way to get along. So when Western greed meets oriental folly, the first who suffer are always the minorities.
Does this tragedy that affects the Iraqi Christians strengthens ties between the Orthodox and Catholic Churches?
This tragedy made us walk towards unity. Arriving in Mosul, ISIS's men chased the Christians indiscriminately. So why should we make differences? In Erbil, I am constantly in contact with Bishop Petros Moshe, Syriac-Catholic Archbishop of Mosul and Bishop Bashar Warda, the Chaldean Archbishop of Erbil. We work together on all subjects. I see that the faithful are very pleased with this kind of unity. In 1984, Pope John Paul II and the Syriac-Orthodox Patriarch Zakka Iwas 1 met and had signed an agreement in which they declared that there was no fundamental difference between the two Churches but specific traditions and practices. This statement allows our faithful to share and pray for each other. ISIS took everything from us, but they did not manage to take our faith. Today in Iraq, we are working as one Christian Church.Translated for AINA by Bar Daisan.

Patriarca di Baghdad: cristiani e musulmani in preghiera per la pace, fra Mese di Maggio e Ramadan

By Asia News
Joseph Mahmoud
 
La preghiera e non le opzioni militari possono “risolvere i conflitti”, in cui a pagare il prezzo più alto “è sempre la popolazione innocente”. E una preghiera sincera, dal cuore è la sola a innescare una “rivoluzione interiore” e a “garantire la pace”.
Così il patriarca caldeo mar Louis Rapahel Sako lancia la preghiera di pace per l’Iraq, la Siria e l’intera regione mediorientale, che si terrà il prossimo 30 maggio a Baghdad. Il prelato riferisce che il testo dell’orazione è stato “studiato a lungo”, per essere “di aiuto e conforto a tutti”, cristiani e musulmani. La data, invece, coincide con le cerimonie “per la conclusione del mese mariano e per la vicinanza al mese sacro di digiuno” per i musulmani, il Ramadan.
Con una nota ufficiale sul sito del patriarcato, la Chiesa caldea invita cristiani, musulmani, sabei e yazidi a pregare insieme per la pace in Iraq, martoriato da oltre un decennio di guerra e violenze di matrice settaria e confessionale. L’evento è in programma nel pomeriggio di lunedì 30 maggio, nella chiesa dedicata alla Regina del Rosario a Baghdad. La cerimonia interreligiosa, che segna la chiusura del mese mariano, prevede preghiere e la lettura di salmi; a seguire il canto di inni sacri.
A guidare la preghiera interconfessionale saranno il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako, insieme a un capo religioso sunnita e uno sciita, per rafforzare il carattere interreligioso e di pace dell’appuntamento. Insieme ai leader e ai fedeli di tutte le confessioni vi sarà anche una rappresentanza di diplomatici.
Non è invece prevista la presenza di politici e personalità del governo perché, come spiega lo stesso patriarca caldeo, “sono sempre accompagnati da guardie e soldati”. La loro partecipazione verrebbe così a snaturare il carattere di pace e armonia che i promotori vogliono garantire a questa celebrazione, perché in quel giorno la sola, grande speranza di mar Sako è quella di “respirare un’atmosfera di pace, di preghiera, di raccoglimento”.
Presentando l’iniziativa, il capo della Chiesa caldea parla di un tentativo di muoversi in direzione “della pace per il nostro martoriato Paese”. “Onestamente - spiega a Baghdadhope - non ho trovato null’altro da proporre che la preghiera” da contrapporre alla “cultura del settarismo” che si è diffusa nel Paese dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Il compito dei cristiani, oltre che “dovere di tutti” è quello di “non cedere ad essa o cadere nella trappola”. Al contrario, bisogna “formare i cristiani e anche chi aspetta una testimonianza diversa”.
“Una preghiera in chiesa, con donne e uomini che ascoltano con attenzione i testi dei nostri inni e dei nostri salmi - conclude mar Sako - aiuterà anche i musulmani a riflettere. Abbiamo bisogno di una nuova mentalità, una nuova cultura, e i nostri fratelli musulmani devono aggiornare il loro pensiero perché il bene e la pace che invochiamo sono per tutti”.

Di seguito il testo della “Preghiera per la pace in Iraq, in Siria e nella regione”:
“Signore, ne abbiamo avuto abbastanza di guerre, conflitti e distruzioni che ci hanno fatto orrore, ci hanno fatto apparire orribili ed hanno distrutto il nostro mondo.
Uccidere non è altro che una deviazione dal Tuo piano divino perché l’uomo goda di una vita felice.
Ti preghiamo Signore di illuminare i nostri leader politici, rinnovare i loro cuori in modo che possano superare le loro dispute e i propri interessi, possano sostenere la bontà e l’amore ed essere strumenti di pace di cui abbiamo bisogno più di ogni altra cosa, specialmente in Iraq, in Siria e nella regione. Vogliamo vivere come fratelli e sorelle una vita felice e gioiosa dove non vi sia ingiustizia o guerra, morti o feriti, sfollati o migranti, senza casa o affamati.
Madre Maria, sommergi i nostri cuori di pace e amore”.


Leggi l'intervista a Mar Louis Raphael I Sako del 26 maggio a proposito della giornata di preghiera interreligiosa:
Invito alla preghiera interreligiosa da parte del Patriarcato Caldeo per la pace in Iraq, Siria e nella regione 

Siria, mons. Audo: i bambini sono il cuore del nostro dramma

 
Mercoledì prossimo  le comunità cristiane della Siria pregheranno dunque per la pace. I protagonisti saranno i bambini. Su questa iniziativa, Amedeo Lomonaco  ha intervistato il vescovo caldeo di Aleppo e presidente della Caritas siriana, mons. Antoine Audo:

 E’ una cosa che mostra come i cristiani siano presenti e radicati in Siria e nella Chiesa e non lasciano una occasione senza difendere la causa della nostra presenza, del nostro futuro. Penso che i bambini siano il cuore di questo dramma siriano. E’ una cosa molto importante il futuro della cristianità e di tutte le Chiese. Questo gesto ecumenico, tutti insieme in questa giornata del primo giugno, è molto significativo per noi, per la Chiesa universale.
A proposito di universalità, i bambini siriani invitano tutti i bambini del mondo a pregare con loro …
Penso che il bambino rimanga la persona più debole nella società: tutte le violenze ricadono sui bimbi, non hanno di che difendersi in questa situazione di violenza. In questo senso, il cuore di Nostro Signore vede nei bambini la strada del Regno di Dio, la strada dell’umiltà, la strada che fa domande sul potere del mondo. Il bambino è una buona maniera di fare un appello per la pace e per la riconciliazione.
Qual è la situazione dei bambini in Siria?
I bambini della Siria soffrono molto. Più di due milioni sono senza scuola; li vedo nelle strade di Aleppo, mentre camminano senza scarpe, senza pane, senza possibilità di avere una dignità. Usano i bambini in tante maniere per umiliare, per fare denaro …
Proprio i bambini, però, possono essere strumenti di pace: nei loro occhi in cui sono riflessi dolore, sofferenza c’è anche  la speranza nel futuro, in un futuro di pace …
Sì, anche la gente che pensa soltanto al potere e al denaro, vede la realtà dei bambini: ognuno di noi è stato bambino, ognuno di noi porta nel suo cuore la realtà di un bambino, una realtà di profonda felicità umana: si vede negli occhi, si vede nella storia. In questo senso è un tema spirituale-antropologico-umano molto profondo e spero che il Santo Padre ci aiuterà. Il Papa pone attenzione alle realtà umane dei più deboli, dei più semplici.

27 maggio 2016

Gruppi della diaspora assiro-caldea attaccano il Patriarca Louis Raphael per le sue osservazioni critiche sulle “milizie cristiane”

By Fides
 
La Assyrian Confederation of Europe - organizzazione registratasi lo scorso aprile presso il Parlamento europeo come organo di rappresentanza di gruppi e sigle militanti della diaspora assira, caldea e sira operanti nel vecchio Continente - ha criticato le recenti dichiarazioni rilasciate dal Patriarca caldeo Louis Raphael I all'Agenzia Fides, in cui il Primate della Chiesa caldea esprimeva giudizi netti sulle sedicenti “milizie cristiane” operative nell'Iraq settentrionale, che potrebbero in tempi brevi ricevere finanziamenti e forniture militari su disposizione del Congresso degli Stati Uniti.
“Tra le organizzazioni assire in Iraq e della diaspora” si legge in un comunicato inviato dalla Assyrian Confederation of Europe all'Agenzia Fides, “vi è un ampio consenso sull'idea che gli assiri devono partecipare attivamente alla campagna militare per liberare la Piana di Ninive (attualmente controllata in buona parte dei jihadisti del Daesh, ndr) e difendere l'area dopo la sua liberazione. Le Unità di protezione della Piana di Ninive (NPU), che assolvono tale compito, sono ufficialmente riconosciute e sostenute dal governo iracheno, contrariamente a quanto afferma il Patriarca”. Secondo i responsabili dell'Assyrian Confederation of Europe, la necessità di creare milizie “assire” si è resa evidente "quando i Peshmerga curdi si ritirarono e lasciarono gli assiri della Piana di Ninive al genocidio per mano dell’ISIS (Daesh)". Secondo il comunicato pervenuto all'Agenzia Fides, i gruppi armati assiri “non sono una 'milizia settaria', come sostiene il Patriarca Sako, e mirano a combattere a fianco delle altre forze legittime e contribuire alla sopravvivenza di un Iraq multi-etnico”. I responsabili dell’Assyrian Confederation of Europe intimano anche al Patriarca Louis Raphael di “non interferire negli affari politici del suo popolo”, e lo esortano “a non confondere il suo ruolo di figura religiosa con quello di un leader politico”.

La possibilità che le sedicenti “milizie cristiane” siano finanziate su disposizione del Ministero della difesa Usa – hanno fatto notare media statunitensi come Christian Today - rappresenta un potenziale effetto concreto della dichiarazione con cui lo stesso Congresso Usa ha definito come “Genocidio” le violenze subite dai cristiani da parte dei militanti del Daesh.
Il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, invece, nelle dichiarazioni rilasciate a Fides (vedi Fides 20/5/2016) aveva espresso la convinzione che “quella di dare armi a sedicenti milizie 'cristiane' è una pessima idea”. La conquista di Mosul e della Piana di Ninive da parte del Daesh, definita da molti “Genocidio”, ha provocato la morte di alcuni cristiani - colpiti da lanci d'artiglieria - e la fuga di massa di decine di migliaia di sfollati cristiani siri, assiri e caldei verso Erbil e altre aree del Kurdistan iracheno, controllate dalle forze armate curde.

Assyrian leaders hit back at Patriarch's call for Christian militias not to be armed

By Christian Today
Carey Lodge

May 26, 2016
Assyrian leaders have hit back at the Chaldean patriarch who last week urged the US not to arm Christian forces fighting ISIS in the Middle East.
In a statement sent out on Thursday, the Assyrian Confederation of Europe (ACE) said it was concerned by Patriarch Louis Raphael I Sako's comments.
"There is broad agreement between Assyrian organisations in Iraq and the diaspora that Assyrians must actively participate in the military campaign to liberate the Nineveh Plain and secure the area after the liberation," the statement said.
"The Nineveh Plain Protection Units (NPU), which is tasked with that mandate, is officially recognised and supported by the Iraqi government, in direct contradiction to the Patriarch's claims."
The importance of so-called 'Christian militias' was made "abundantly clear", the statement continues, following the abandonment of the Assyrians in the Nineveh Plain by the Kurdish Peshmerga.Assyrian Christians are among a number of religious minorities who have suffered immensely under Islamic State over the past two years.
"Mar Sako's urging of the United States to support the Peshmerga instead of Assyrian forces is a clear illustration of how utterly at odds his ideas are with the real needs of Assyrians in Iraq. Assyrian-led military participation is essential if displaced Assyrians are to return to Nineveh, as Patriarch Sako claims that he wishes them to," ACE said.
"Patriarch Sako has on several occasions expressed a desire to separate religion from state in Iraq. It is therefore embarrassingly inconsistent of him to continue to interfere in the political affairs of his people. We urge Louis Sako not to confuse his role as a religious figure with that of a political leader, just as political and secular leaders refrain from passing comment on theology or ecclesiastical affairs."
In a May 20 interview with Vatican Radio, Sako stated his opposition to Christian militias.
He told Fides news agency that supporting Christian forces would be "a bad idea".
"There are no 'Christian militias', but only politicized groups and simple people who are in desperate need of a salary," he said. "The remaining Christians in Iraq are only the poor and those belonging to the middle class, and among them, there are 100 thousand displaced people."
"It is a total mess!" Sako added. "Everyone wants to exploit Christians of Nineveh Plain for their ambitions and political interests. It is an area with different ethnic groups and religious communities... I am afraid that all these talks will turn Nineveh Plain into a continuing conflict region, and in this case, no Christian will return to their homes.
"Christians, if they want to have a future, must integrate themselves with the institutions and follow the legitimate authorities that govern the place where they live," he said. "And if the US really want to defeat Daesh [ISIS], they have to support the regular armies that are part of the central government and the autonomous Kurdistan government, instead of creating sectarian militias".
The Patriarch was responding to a defence spending bill currently headed for authorisation by the US Congress and Senate. It specifically refers to Christian security forces as a group that should be supported. A report says: "The committee believes that the United States should support appropriately vetted, effective indigenous groups such as Iraqi Christian militias, with a national security mission."
Steve Oshana, executive director of A Demand for Action – a campaign group that has pushed for the legitimacy of Christian militias to be recognised – previously told Christian Today the move was a "huge step forward".
"This is significant because Christian forces in Iraq and Syria have spent the past 18 months building capacity, and in Syria one group has already received support from the US," he said.
"It's significant because it shows a greater US commitment to supporting Christians and more importantly acknowledging their legitimacy as fighting forces in Iraq and Syria."
Congressman Jeff Fortenberry last week commended the bill for expanding protections for religious minorities in Iraq.
"Two months ago, Congress declared that ISIS is committing genocide against Christians, Yezidis, and other minorities. The House of Representatives has now taken concrete steps to support the victims," he said.
"Christians, Yezidis, and others should remain an essential part of the Middle East's once rich tapestry of ethnic and religious diversity. They now have new cause for hope."
ACE called on the international community to support Christians fighting ISIS "with arms, training and other resources".
It also said that political statement made by religious figures in the Middle East should be disregarded "as they are not democratically elected by the people and do not represent the Assyrian people politically."

Heads of churches must stop acting as political figures

By Assyrian Confederation of Europe

26 May 2016The Assyrian Confederation of Europe is concerned by recent statements made by Mar Louis Sako, Patriarch of the Chaldean Catholic Church, concerning Assyrian security forces in Iraq.
In a widely quoted interview with the Vatican Radio on May 20th, Patriarch Sako stated his opposition to the existence of an Assyrian military force in the Nineveh Plain.
There is broad agreement between Assyrian organisations in Iraq and the diaspora that Assyrians must actively participate in the military campaign to liberate the Nineveh plain and secure the area after the liberation. The Nineveh Plain Protection Units (NPU), which is tasked with that mandate, is officially recognised and supported by the Iraqi government, in direct contradiction to the Patriarch’s claims.
The importance of Assyrian-led forces was made abundantly clear when the Kurdish Peshmerga disarmed then abandoned the Assyrians of the Nineveh Plain to genocide at the hands of ISIS. Mar Sako’s urging of the United States to support the Peshmerga instead of Assyrian forces is a clear illustration of how utterly at odds his ideas are with the real needs of Assyrians in Iraq.
Assyrian-led military participation is essential if displaced Assyrians are to return to Nineveh, as Patriarch Sako claims that he wishes them to.
We find Mar Sako’s description of the Assyrians participating in the liberation and defence of Nineveh, many of whom are Chaldean Catholics, as “simple people in desperate need of a salary” particularly distasteful.
The NPU is a legitimate military expression of the desire of Assyrians to fight for their homeland. It is not a “sectarian militia”, as Mar Sako alleges, and aims to fight alongside other legitimate forces and contribute to the survival of a multi-ethnic Iraq. The NPU has already participated successfully in battles against ISIS and is set to play an increasingly important role in the Nineveh Plain.
Patriarch Sako has on several occasions expressed a desire to separate religion from state in Iraq. It is therefore embarrassingly inconsistent of him to continue to interfere in the political affairs of his people. We urge Louis Sako not to confuse his role as a religious figure with that of a political leader, just as political and secular leaders refrain from passing comment on theology or ecclesiastical affairs.
The Assyrian Confederation of Europe, which is made up of national federations supported by tens of thousands of Assyrians, including Assyrians from the Chaldean church, calls upon the international community:
To support the Nineveh Plain Protection Units with arms, training and other resources;
To disregard political statements made by religious figures within our nation, as they are not democratically elected by the people and do not represent the Assyrian people politically.

26 maggio 2016

Iraq: Christians who fled ISIL fearful to return home

By Al Jazeera
Adam Lucente
 
Baqofah, Iraq - Broken tools and damaged vehicles line the narrow streets of the Iraqi Christian village of Baqofah.
Electricity flickers on and off in the homes, most of which have been trashed. Mortars fired by fighters with the Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL, also known as ISIS) lie just outside the village walls.Like many Christian villages in Iraq's Nineveh region, Baqofah was seized by ISIL and ransacked in 2014, only to be retaken by Kurdish Peshmerga fighters soon afterwards. While the area has remained relatively calm since then, neighbouring Tel Eskof recently came under attack again by ISIL suicide bombers and snipers. ISIL-occupied Batnay, meanwhile, is just a few kilometres away.
The violence has prompted many Iraqi Christians in the area to flee to camps for internally displaced people throughout Iraq's Kurdish region. As anti-ISIL operations near Mosul continue, many are reluctant to return home.
"The first thing we ask for is safety. We need our own forces to protect us after the liberation," Mansour Sharbil, who fled from the Christian town of Qaraqosh and is now staying at Erbil's Ankawa 2 camp for internally displaced people, told Al Jazeera. The camp, which sits next to a camp called Ankawa 1, currently hosts around 5,500 displaced Iraqi Christians, who live in caravans and subsist on aid from NGOs and churches.
"When they are liberated, we'll return," added camp resident Ibrahim Shaba Lalo, who is also from Qaraqosh. "But without international protection, it will be very hard to return."
This year, the Peshmerga and the Iraqi army began operations to retake the area surrounding Mosul from ISIL, including some Christian-majority parts of Nineveh. Residents have started to return to some villages, while others remain in the hands of ISIL. Still others are uninhabited, serving as bases for the Peshmerga and Christian paramilitary groups.
Some camp residents expressed frustration that the US-led anti-ISIL coalition has so far failed to restore safety to their villages. But on the frontlines in Baqofah and Tel Eskof, Christian paramilitaries say they are ready to protect their villages after ISIL is pushed out of the broader area.
"We' re ready any time," said , a soldier in the Nineveh Plain Forces, a Christian paramilitary group. HeSafaa Khamro blamed political squabbling, including a disagreement between Baghdad and the regional Kurdish government over who has jurisdiction in the area, for the slow pace of progress.
"The political crisis between Baghdad and the [Kurdistan Regional Government] is the reason we haven't taken [this territory back] yet," Khamro told Al Jazeera. 
Brigadier-General Helgurd Hikmet Mela Ali, media director at the Ministry of Peshmerga, said the timeline for retaking Greater Mosul was not the Peshmerga's decision. "The international coalition and the Iraqi army will decide the start," Helgurd told Al Jazeera.
"The main reasons Mosul hasn't been liberated lie with the Iraqi army, because up to now, they are not ready to start."
From the Iraqi army's perspective, on the other hand, the battle for Mosul is moving along as planned. "Definitely the Iraqi army is ready to take the city [Mosul] from ISIL, and we have expelled them from part of the area south of the city," Brigadier-General Firas Bashar, spokesman for the Iraqi army's Liberation of Nineveh Operations command, told Al Jazeera. Operations in this area began last March.
Bashar paints Peshmerga-Iraqi army coordination in a more positive light than the Kurdish and Christian fighters in Tel Eskof. "Our relationship with the Peshmerga is one of permanent coordination," he added. "This is because ISIL kills all who fight them, whether they're Muslim, Christian or Yazidi."
Romeo Hakari, secretary-general of the Bet-Nahrain Democratic Party, which is affiliated with the Nineveh Plain Forces, said international cooperation was necessary to secure Nineveh's liberation.
"We need to wait for international cooperation," Hakari told Al Jazeera from his Erbil office. "The decision is not a local one; it's in the West."

Back in Baqofah, a Peshmerga soldier sits in a central village booth, holding an AK-47. Just outside the village walls, a Peshmerga unit and fighters with Dwekh Nawsha, an allied Assyrian Christian paramilitary group, guard the perimeter from inside two local homes.
"We guard Baqofah all day and night," said Samir Oraha, a Dwekh Nawsha leader. A large pair of binoculars sits atop their base for this purpose, trained towards ISIL-occupied Batnay.
"Our relationship is very good with the Christians," said General Tarek Suleiman, who serves next door with the Peshmerga in Tel Eskof. "We work together like brothers."
Nineveh's Christians, meanwhile, eagerly await the day when they can safely return home to their villages. Many residents of the Ankawa 2 camp do not work, citing a lack of opportunities for displaced Iraqis.
"It's like living in prison here," Lalo said. "We want to see our homes."

US official warns ‘door for Christians in Iraq is closing’

By Crux
Ines San Martin
 
A U.S. government official visiting Rome on Monday said that as a result of Islamic terrorist groups such as ISIS, the “door for Christians in Iraq is closing” and the window of time to prevent their eradication is narrowing.
“I feel a sense of urgency, because Christians are leaving [the Middle East], and at some point it could become demographically unable for this community to sustain itself,” said Knox Thames, the U.S. Department of State’s Special Advisor for Religious Minorities in the Near East and South and Central Asia.
Pushing the door back open, Thames said, “will be hard, it’s a long [and] complicated answer to a complicated situation.”
Thames said guaranteeing religious diversity and the survival of churches such as the Assyrian Church of the East, which after having its patriarchal see in Chicago for over 70 years is now moving back to Erbil, Iraq, is a priority of the Obama administration.
Speaking to journalists on Monday in Rome, Thames highlighted Secretary of State John Kerry’s declaration of genocide of Christians and other minorities in Iraq and Syria as a sign of that commitment.
Recognizing that ISIS is systematically trying to eliminate ethnic and religious minorities was an attempt to “give the [persecuted] hope that the world has noticed,” he said, adding that in the past, recognizing a genocide has led to a concrete international reaction.
Thames also acknowledged that as things stand, Christians and other minorities from Iraq and Syria have “lost faith” in their countries, and that the international community will have to assist in reconstruction efforts to guarantee not only the safety of these communities, but also some basic development, such as electricity, sewage and sanitation.
Without these infrastructure investments, he lamented, “no one will want to stay, Christian or other.”
“What can we do so they have faith in their country?” he wondered. “I’m not sure what’s the right approach, but we need to make sure we find what works in each context.”Thames gave three models of coexistence: Qatar, Lebanon, and the recently signed “Marrakesh declaration.”
Qatar, he said, is “a fascinating example where cultures are intermixing.” As result of heavy immigration, mostly from the Philippines and India, religious minorities are growing rapidly.
For the first time, a non-Abrahamic religion, Hinduism, is entering the Gulf, and the strong Filipino presence represents a second wave of Christianity. Thames said that the United States and other countries are monitoring Qatar because they want to see an interaction between Qataris and immigrants that fosters “mutual understanding.”Lebanon was the first country Thames visited after assuming his position in the Secretary of State, back in 2015. He applauded the “heroic” response to the migrant crisis- one fourth of the total population is immigrant-, and the “sectarian balance” the country has achieved.
Often criticized by other countries in the region, Lebanon has been able to create a stability other Middle Eastern nations lack. This country too is being monitored closely to ensure that the plurality of voices envisioned in its Constitution is being guaranteed in the government through, for instance, diversity in the parliament.
The third model of coexistence is that proposed by the Marrakesh Declaration, signed in January by religious leaders based in Muslim-majority countries. The document is based on the Charter of Medina, a document allegedly written by Muhammad which talks about the treatment of non-Muslims and calls for accepting a plural religious state.
The Morocco-sponsored summit called on predominantly Muslim-majority communities to apply Muhammad’s Charter of Medina and grant non-Muslim minorities “freedom of movement, property ownership, mutual solidarity and defense.”
Retired Cardinal Theodore McCarrick of Washington, D.C., recently spoke about this declaration, urging journalists “not to let this document die,” defining it as a “living challenge to the Islamic people and to non-Islamic people around the world.”
The official was in Italy to visit several Vatican offices to see how the United States and the Catholic Church can work together in the common goal of providing safety to historic religious minorities in the Middle East.
“The Vatican gets us intrinsically,” Thames said, adding that Catholic teaching on protection of conscience actually helps the U.S. government to deepen its arguments.
Talking specifically about what the United States is doing to help persecuted minorities, Thames listed financial aid for economic development, prosecution for mass atrocities, protection of historic religious sites with the help of UNESCO, and documentation of things such as mass graves and cases of gender violence.
He also said that his work is basically divided in three axes: “protection,” what can the United States and its allies do to defend minorities that are either still in the region or those who have fled; “equipping,” meaning how to help local governments in their responsibility for protecting minorities; and “reform,” what can the US do to encourage countries that are either persecuting or refusing to aid those persecuted.
The key, Thames said, is education: “When extremists take over a government, the first thing they do is take over the education ministry.” This, he said, is because they know that with 15 years of indoctrination, they can change the structure of society.

Arcivescovo di Kirkuk: contro violenza ed estremismo, una Chiesa “sveglia e misericordiosa”

By Asia News

La Chiesa irakena ha bisogno “di restare sveglia”. Come i discepoli “tendevano a dormire” mentre Gesù “attraversava momenti di difficoltà”, così ora i sacerdoti “rischiano di essere deconcentrati dalla realtà” e questo può essere “pericoloso”. Non è una questione “morale”, ma di “presenza, di assistenza, di vigilanza”. È quanto racconta ad AsiaNews l’arcivescovo di Kirkuk mons. Yousif Thoma Mirkis, a meno di un mese dall’incontro del clero caldeo indetto dal patriarca Louis Raphael Sako, per rilanciare l’opera pastorale e la missione nel Paese e fra le comunità della diaspora. “Al contempo - aggiunge il prelato - spero che questo incontro possa tracciare un nuovo percorso per la nostra Chiesa, che vive enormi cambiamenti, sfide, e non possiamo solo ‘aspettare che la situazione migliori’…”. 
Il summit della Chiesa caldea è in programma il 20 e il 21 giugno a Erbil, nel Kurdistan irakeno, nel nord dell’Iraq, dove hanno trovato rifugio centinaia di migliaia di cristiani in fuga da Mosul e dalla piana di Ninive con l’ascesa dello Stato islamico nell’estate del 2014. L’evento sarà anche occasione, come ha scritto il patriarca, per ripensare all’opera di evangelizzazione e al ruolo del sacerdote nella comunità. 
Per mons. Yousif, da due anni alla guida dell’arcidiocesi, la Chiesa in Iraq “è chiamata a guardarsi nello specchio della misericordia di Cristo” e chiedersi cosa farebbe Gesù, oggi, se venisse al mondo. È un elemento “fondamentale” da affrontare “in questo incontro” a Erbil, che “spero possa essere discusso in modo schietto e coraggioso”. La misericordia è “la fonte delle nostre azioni”, non è solo “un sentimento, ma qualcosa di più profondo” che unisce a Cristo. 
Per il prelato il tema della misericordia tocca nel profondo anche i musulmani, soprattutto quanti invocano un Dio “clemente e misericordioso” e poi “fomentano la violenza, si fanno esplodere, uccidono”. Egli vede nell’islam una “grave crisi” non solo a livello di “identità” interna, ma anche di difficoltà e incertezze nel rapporto con gli altri, i non musulmani. Ecco perché è ancora più urgente fra i fedeli di Maometto un ripensamento della fede, un cambiamento radicale come è avvenuto “nella Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II”. 
Insieme alla comunità musulmana, la Chiesa irakena deve impegnarsi secondo il vescovo “per la rinascita” del Paese, insistendo prima di tutto sul fatto che “le guerre non possono continuare per un periodo di tempo indefinito”. Egli aggiunge che è “la cittadinanza” l’elemento comune di sviluppo, non altre caratteristiche quali la religione o l’etnia di provenienza. “Una laicità positiva - aggiunge - potrà costituire il rimedio” ai mali del Paese, separando “la religione dalla politica. Tutte le crisi sono fonte di divisione, soprattutto le crisi identitarie”. In un’ottica di sviluppo, i cattolici possono ricoprire un ruolo fondamentale nei settori “dell’istruzione e della sanità”; in particolare nella scuola, dove la Chiesa può contribuire “a migliorare i programmi” e a ricoprire “quel ruolo di ponte” fra realtà diverse, fra studenti di fede, appartenenza etnica, provenienza sociale diversa. 
Analizzando il ruolo del clero, uno dei temi principali dell’incontro di giugno, mons. Yousif sottolinea che esso è “essenziale non solo per i cristiani, ma anche per i non cristiani che hanno bisogno di interlocutori capaci di ascoltarli e comprenderli”. I sacerdoti sono in genere “più istruiti dei leader religiosi musulmani” e anche in questo caso possono assumere un ruolo “di ponte” con la modernità, soprattutto dove essa diventa motivo di contrasto, di difficoltà, di incomprensione con l’islam e i suoi fedeli. “Dobbiamo aiutarli - aggiunge - ad affrontare i tabù… Come hanno fatto i padri domenicani portando la prima stampa in Iraq nel 1869, perché per tre secoli gli ottomani avevano impedito l’uso della stampa nel timore che potesse turbare il popolo. Un problema presente anche oggi, con la paura della cultura!”. 
L’arcivescovo di Kirkuk ricorda la testimonianza dei cristiani di Mosul e della piana di Ninive, che “a dispetto di guerre e sofferenze”, non hanno mai smesso di “testimoniare la fede” e mostrare quanto “le radici” della Chiesa siano piantate nel profondo del suolo dell’Iraq. Egli afferma che “nessun cristiano” della regione ha rinnegato la propria fede “per salvare la sua casa o i suoi beni” anche di fronte alle violenze dello Stato islamico (SI). “Hanno preferito perdere tutto - aggiunge - senza fare appello alla violenza o alla vendetta”. Infine, egli elogia gli sforzi compiuti da tutta la diocesi per accogliere 400 studenti universitari provenienti da famiglie di rifugiati. “Li ammiro per il loro coraggio - conclude mons. Yousif - perché sono studenti seri e volenterosi, lo scorso anno sono riusciti a superare tutti gli esami [… questi giovani] sono la rondine che annuncia la vera primavera per il futuro dell’Iraq”.

Invito alla preghiera interreligiosa da parte del Patriarcato Caldeo per la pace in Iraq, Siria e nella regione

By Baghdadhope*
 
Il Patriarcato caldeo invita i cristiani, i musulmani, i sabei e gli Yazidi a pregare insieme per la pace in Iraq. La cerimonia interreligiosa che prevede preghiere ma anche la lettura di salmi ed il canto di inni sacri si svolgerà il 30 maggio nella chiesa dedicata alla Regina del Rosario a Baghdad e segnerà il termine del mese dedicato alla Vergine Maria.
Baghdadhope ha parlato di questo imminente incontro con il Patriarca della chiesa caldea, Mar Louis Raphael I Sako.

Perché questa cerimonia Sua beatitudine?
Perché sono convinto che le soluzioni militari non siano quelle adatte a risolvere i conflitti visto che a pagare il prezzo più alto è la popolazione innocente. E’ la preghiera sincera al cospetto del Signore ed ad Egli rivolta che ci cambia dentro e ci dà la pace, così come la visione di un progetto che miri a collaborare con tutti per il bene e per un mondo migliore. A questo proposito il testo della preghiera è stato a lungo studiato affinché possa essere di aiuto e conforto a tutti. Per quanto riguarda la cerimonia e la sua organizzazione ho scelto il giorno di lunedì perché marca la vicinissima conclusione del mese mariano e per la vicinanza al mese sacro del digiuno per i musulmani. Proprio per questa ragione a parlare in chiesa non sarò solo io ma anche un capo religioso sunnita ed uno sciita.
Lei ha sempre auspicato la collaborazione fraterna tra religioni ma una cerimonia di tale tipo era già stata organizzata?
Si, quando ero vescovo di Kirkuk avevo organizzato cerimonie simili che avevano aiutato non poco la convivenza. Certo a Baghdad la situazione è diversa, il confessionalismo è più sentito dalla popolazione ma alle richieste di organizzare un’iniziativa a favore della pace per il nostro martoriato paese non ho onestamente trovato null’altro che proporre la preghiera. 
Pochi giorni fa P. Samir Youssef (Amadhiya) ha dichiarato ad Asia News che: " In passato si poteva parlare di “convivenza” fra membri delle varie fedi, mentre oggi nei profughi è nato un desiderio nuovo di “essere comunità”, che emerge non solo “nei comportamenti, ma anche nel linguaggio”. 
E' davvero così per Baghdad?
Certamente dopo la caduta del regime si è venuta a creare una nuova cultura basata sul settarismo. Ma è dovere di tutti non cedere ad essa o cadere nella sua trappola, al contrario invece dobbiamo formare i cristiani e anche chi aspetta una testimonianza diversa. Quando porto degli aiuti nei campi profughi dove vivono dei musulmani, con il mio abito nero e la mia croce, tutti vengono salutarmi: bambini, donne e uomini che ci dicono  di sapere che il nostro Dio è amore e che noi agiamo con il cuore ed in Suo nome. Questo è il Vangelo! 
Lei pensa (o spera) che una tale preghiera interreligiosa possa portare a dei risultati anche politici/civili?
Ne sono sicuro. Una preghiera in chiesa con donne e uomini che ascoltano con attenzione i testi dei nostri inni e dei nostri salmi aiuterà anche i musulmani a riflettere. Abbiamo bisogno di una nuova mentalità, una nuova cultura, ed i nostri fratelli musulmani devono aggiornare il loro pensiero perché il bene e la pace che invochiamo sono per tutti.
Chi ha già aderito all’iniziativa?
Abbiamo  invitato tante persone, tanti capi religiosi sciiti, sunniti, yazidi e mandei. Interverranno anche diplomatici mentre non sono stati invitati membri del governo per una ragione molto semplice: sono sempre accompagnati da troppe guardie e soldati. Certo la sicurezza in una città come Baghdad è necessaria ma vorremmo che almeno quel giorno si potesse respirare un’atmosfera di raccoglimento e pace. 

Preghiera per la pace in Iraq, in Siria e nella Regione


Invitiamo tutti coloro che anelano alla pace ad unirsi a noi nel recitare questa preghiera nella serata di Lunedi 30 maggio 2016
 

Signore, ne abbiamo avuto abbastanza di guerre, conflitti e distruzioni che ci hanno fatto orrore, ci hanno fatto apparire orribili ed hanno distrutto il nostro mondo.
Uccidere non è altro che una deviazione dal Tuo piano divino perché l'uomo goda di una vita felice! Ti preghiamo Signore di illuminare i nostri leader politici, rinnovare i loro cuori in modo che possano superare le loro dispute ed i propri interessi,  possano sostenere la bontà e l'amore ed essere strumenti di pace di cui abbiamo bisogno più di ogni altra cosa, specialmente in Iraq, in Siria e nella regione. Vogliamo vivere come fratelli e sorelle una vita felice e gioiosa dove non sia ingiustizia o guerra, morti  o feriti, sfollati  o migranti, senza casa o affamati.
 Madre Maria, sommergi i nostri cuori di pace e amore.

Prière pour la paix en Irak, en Syrie et dans la région
Nous invitons tous ceux qui aspirent à la paix à nous joindre à réciter cette prière pour la paix en Irak, en Syrie et dans la région le lundi 30 mai 2016 


Seigneur, nous en avons assez des guerres, des conflits et de la destruction, qui nous ont horrifiés et rendus laids, et ont terni notre monde, et cette mort n'a pas de sens, car elle est une déviation de ton dessein divin pour que l'homme vive et soit heureux !
Nous te supplions, afin d'éclairer les esprits des hommes, en particulier les dirigeants politiques, renouvèles leurs cœurs, qu’ils abandonnent leurs litiges et leurs intérêts particuliers, et qu’ils s’accrochent à la bonté et à l'amour, et cherchent à actualiser l'appel de la paix, dont nous avons tous tant besoin, en particulier en Irak, en Syrie, et dans toute la région. Et ainsi nous vivrons comme des frères et des sœurs dans la joie et le bonheur. Et afin qu’il ne reste plus d’injustice, de guerre, de morts, de déplacés, des migrants, de sans abri ou affamés.
Et Toi Notre Mère Marie, répand la paix entre nous et l'amour dans le cœur de tous . Amen


Prayers for peace in Iraq, Syria and the Region

We invite everyone who yearns for peace to join us in reciting this prayer on Monday evening 30 May 2016:


Lord, we have had enough of wars, conflicts and destructions that have horrified us and made us look horrible as well as ruining our world. Killing is nothing but a deviation from Your Divine plan; to see the man You Created enjoying a happy life!
We beg you Lord to enlighten our political leaders; to renew their hearts, so they can overcome their disputes and their own interests; to uphold goodness and love; and be instruments for peace, which we need the most, especially in Iraq, Syria and the region. 
We want to live as brothers and sisters a happy and joyful life: where there is no injustice / or war, no dead / or wounded, no displaced / or migrants, no homeless / or hungry.
Mother Mary, immerse our hearts with peace and love.
 

صلاة من اجل السلام في العراق وسوريا والمنطقة  

نرجو من كل يتوق الى السلام أن يتلو هذه الصلاة من أجل السلام في العراق وسوريا والمنطقة.

يا ربْ كفانا حروبا وصراعات ودماراً، لقد روَّعتنا وبشَّعتنا وشوهت عالمنا ، وهذا القتل لا معنى له، انه خروج عن تصميمك الإلهي ان يعيش الانسان، كل انسان سعيداً!
 نتضرع اليك من أجلِ أن تنير عقول البشر وخصوصا المسؤولين السياسيين، وتُجدِّد قلوبَهم / فيتركوا نزاعاتُهم ومصالِحِهم / ويتمسّكوا بالخيرِ والمحبةِ / ويسعوا إلى تحقيق نداءَ السلام الذي كلنا بحاجةٍ خصوصا في العراق وسوريا والمنطقة ونعيش كأخوة واخوات في غاية الفرح والسعادة، بحيث لا يبقى ظلمٌ / ولا حربٌ ولا شهداء / ولا مُهجَّرون ومهاجِرون / ولا مشرَّدون ولا جائعون.
اُمنا مريم إنشري السلام فينا والمحبة في قلب جميعنا. أمين.