“Baghdad ha perduto la sua bellezza e non ne è rimasto che il nome.
Rispetto a ciò che essa era un tempo, prima che gli eventi la colpissero e gli occhi delle calamità si rivolgessero a lei, essa non è più che una traccia annullata, o una sembianza di emergente fantasma.”
Ibn Battuta
"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."
Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014
Baghdad, 19 luglio 2014
19 luglio 2018
Home Office finally grants visa to Iraqi nun after rejecting her twice
By Catholic Herald
An Iraqi nun who was forced to flee Islamic State in 2014 has finally been granted entry into Britain after being denied twice.
Fr Benedict Kiely, founder of Nasarean.org, confirmed on Twitter:
@benedict_kielySome good news for the day - Sister Ban Madleen from Iraq received her visa to visit her family in Britain for a month. Sad that it needed publicity and the intervention of J. Rees Mogg MP to get a victim of ISIS permission to visit her family in the U.K.
Sister Ban’s case had been taken up by Conservative MPs Jacob Rees-Mogg and Sir Edward Leigh. Sir Edward raised the issue in the House of Commons on Monday, the same day her visa was granted.
An Iraqi nun who was forced to flee Islamic State in 2014 has finally been granted entry into Britain after being denied twice.
Sister Ban Madleen previously applied for a UK visa to visit her sick
sister but was refused permission in March. A second application for a
month-long trip to see her sister and sister’s family was denied last
month.
@benedict_kielySome good news for the day - Sister Ban Madleen from Iraq received her visa to visit her family in Britain for a month. Sad that it needed publicity and the intervention of J. Rees Mogg MP to get a victim of ISIS permission to visit her family in the U.K.
Sister Ban’s case had been taken up by Conservative MPs Jacob Rees-Mogg and Sir Edward Leigh. Sir Edward raised the issue in the House of Commons on Monday, the same day her visa was granted.
Sister Ban, whose Dominican convent in the Christian town of Qaraqosh
on the Nineveh plain was occupied by ISIS for two years, settled in
Erbil, the capital of Iraqi Kurdistan, where she set up pre-school
centres.
In December 2016 three archbishops from Iraq and Syria were refused entry into Britain despite
being invited by the country’s Syriac Orthodox Church for the
consecration of the UK’s first Syriac Orthodox Cathedral, attended by
Prince Charles.
According to Fr Kiely, another Iraqi Dominican nun with a PhD in
biblical theology from Oxford has similarly been refused a UK visa
twice.
Last year the Institute of St Anselm, a Catholic institute training
priests and nuns in Margate, Kent, said it had been forced to close
because of problems with visa applications for foreign students.
18 luglio 2018
Iraqi Christians and Muslims working together to help the sick
By FRRME (Foundation for Relief and Reconciliation in the Middle East)
Iraq used to have one of the best healthcare sectors in the Middle East. But decades of war and sanctions have left it in ruins. These days, complicated surgeries often have to be performed in other countries. There is a shortage of vital drugs and seeing a doctor can cost hundreds of dollars. For those in need, it is a desperate situation. At St George’s in Baghdad*, there is hope for the sick. With your support, we are funding a medical clinic in the church grounds which treats around 80 patients a day. The staff at the clinic are Christian and Muslim and help people from all walks of life.
*St. George is the only Anglican church in Baghdad.
Note by Baghdadhope
*St. George is the only Anglican church in Baghdad.
Note by Baghdadhope
Diventa sacerdote Fadi Iskander, figlio del prete-martire siro ortodosso Boulos Iskander
Foto Ankawa.com |
By Fides
Ricevere l'ordinazione sacerdotale dalle mani dello stesso Vescovo che molti anni prima aveva ordinato sacerdote il proprio padre, trucidato nel 2006 e celebrato come martire dai cristiani iracheni. E' accaduto a Fadi Iskander, divenuto sacerdote della Chiesa sira ortodossa domenica scorsa, 15 luglio, ad Ankawa, sobborgo di Erbil abitato in maggioranza da cristiani. Fadi è figlio di Boulos Iskander Behnam, sacerdote siro ortodosso ucciso con atroci supplizi nel 2006 a Mosul. L'ordinazione di padre Fadi è stata celebrata nella chiesa sira ortodossa dedicata alla Madonna della Luce da Mar Gregorios Shaliba Chamoun, lo stesso Vescovo che nell'aprile 1989 aveva ordinato sacerdote suo padre Boulos nella cattedrale siro ortodossa di Sant'Efrem a Mosul. Alla liturgia di ordinazione di padre Fadi – riferiscono fonti locali all'Agenzia Fides – hanno preso parte diversi Vescovi siro ortodossi insieme a sacerdoti, religiosi e religiose appartenenti a diverse confessioni cristiane, oltre a centinaia di fedeli. Padre Fadi Iskander svolgerà il suo ministero sacerdotale presso l'eparchia siro ortodossa di Byblos, in Libano.
La vicenda martiriale di Boulos Iskander è cara alla memoria condivisa di tutti i cristiani iracheni. La sua figura di professore e di appassionato fautore dell'unità dei cristiani era ben conosciuta dalle comunità cristiane di Mosul, che negli anni seguiti all'abbattimento del regime di Saddam Hussein furono colpite da violenze e attacchi mirati, attribuiti a gruppi terroristici legati alle rete di al Qaida (anche se non mancano ipotesi che chiamano in causa altre forze criminali legate a gruppi etnici locali). Padre Boulos fu sequestrato nell'ottobre 2006 a Mosul, nell'area industriale di Karama. I tentativi di contattare i rapitori per ottenerne la liberazione attraverso il pagamento di un riscatto andarono a vuoto. I suoi aguzzini lo uccisero infierendo sul suo corpo, che fu trovato a pezzi l'11 ottobre 2006.
A distanza di 12 anni, la gloria del martirio di padre Boulos fiorisce anche nel frutto gratuito della vocazione sacerdotale di suo figlio Fadi. Consolando e confortando quanti sperimentano nella loro vita che nei martiri rispende con fulgore inimmaginabile la dolce vittoria di Cristo.
10 ottobre 2006
Rapito sacerdote siro ortodosso in Iraq
11 ottobre 2006
Ucciso il sacerdote siro ortodosso rapito a Mosul
12 ottobre 2006
Celebrati a Mosul i funerali di Padre Paul Iskandar
Ricevere l'ordinazione sacerdotale dalle mani dello stesso Vescovo che molti anni prima aveva ordinato sacerdote il proprio padre, trucidato nel 2006 e celebrato come martire dai cristiani iracheni. E' accaduto a Fadi Iskander, divenuto sacerdote della Chiesa sira ortodossa domenica scorsa, 15 luglio, ad Ankawa, sobborgo di Erbil abitato in maggioranza da cristiani. Fadi è figlio di Boulos Iskander Behnam, sacerdote siro ortodosso ucciso con atroci supplizi nel 2006 a Mosul. L'ordinazione di padre Fadi è stata celebrata nella chiesa sira ortodossa dedicata alla Madonna della Luce da Mar Gregorios Shaliba Chamoun, lo stesso Vescovo che nell'aprile 1989 aveva ordinato sacerdote suo padre Boulos nella cattedrale siro ortodossa di Sant'Efrem a Mosul. Alla liturgia di ordinazione di padre Fadi – riferiscono fonti locali all'Agenzia Fides – hanno preso parte diversi Vescovi siro ortodossi insieme a sacerdoti, religiosi e religiose appartenenti a diverse confessioni cristiane, oltre a centinaia di fedeli. Padre Fadi Iskander svolgerà il suo ministero sacerdotale presso l'eparchia siro ortodossa di Byblos, in Libano.
La vicenda martiriale di Boulos Iskander è cara alla memoria condivisa di tutti i cristiani iracheni. La sua figura di professore e di appassionato fautore dell'unità dei cristiani era ben conosciuta dalle comunità cristiane di Mosul, che negli anni seguiti all'abbattimento del regime di Saddam Hussein furono colpite da violenze e attacchi mirati, attribuiti a gruppi terroristici legati alle rete di al Qaida (anche se non mancano ipotesi che chiamano in causa altre forze criminali legate a gruppi etnici locali). Padre Boulos fu sequestrato nell'ottobre 2006 a Mosul, nell'area industriale di Karama. I tentativi di contattare i rapitori per ottenerne la liberazione attraverso il pagamento di un riscatto andarono a vuoto. I suoi aguzzini lo uccisero infierendo sul suo corpo, che fu trovato a pezzi l'11 ottobre 2006.
A distanza di 12 anni, la gloria del martirio di padre Boulos fiorisce anche nel frutto gratuito della vocazione sacerdotale di suo figlio Fadi. Consolando e confortando quanti sperimentano nella loro vita che nei martiri rispende con fulgore inimmaginabile la dolce vittoria di Cristo.
10 ottobre 2006
Rapito sacerdote siro ortodosso in Iraq
11 ottobre 2006
Ucciso il sacerdote siro ortodosso rapito a Mosul
12 ottobre 2006
Celebrati a Mosul i funerali di Padre Paul Iskandar
17 luglio 2018
What happened to the Christian women kidnapped by Islamic State?
By The Week
The release and return of a number of Christian women taken as slaves by
Islamic State in Iraq has prompted questions about those still being
held.
In August 2014, Isis militants swept through a cluster of Christian
towns near Mosul, taking control and forcing thousands to flee.
Among
the towns was Qaraqosh, which was Iraq's largest Christian town with a
population of 50,000. Once in command, the militants took many of the
Christian women into captivity and sold them as slaves across the
caliphate.
Qaraqosh remained under Isis control until 2016 but
now, little by little, some residents who were forced to flee “have been
returning to recover what belongings remain, to assess the damage to
their property, and to attend church services and holidays”, says The Atlantic.
Reports suggest almost 26,000 Christians have now returned to their homes in the town but so far, of the 45 women taken from Qaraqosh, only seven have returned.
Though much is known of the plight of the Yazidis, “much less is known about the Christian women kidnapped by Isis”, says The Sunday Times.
“There are fewer of them - dozens rather than thousands - but the impact on their ancient society has been enormous”.
What happened to the women?
For
two and a half years, Rana, a woman captured in Qaraqosh, was enslaved
by Isis and sold to ever more abusive “owners” for up to £19,000. “As
the militants consolidated their power over large swathes of Syria and
Iraq, she fed their children, cleaned their houses and endured their
brutal violence,” says the Sunday Times.
“I wanted to escape but
there was no way to run away or leave,” Rana told the paper. “All the
streets were full of mines. The family said, ‘If you go outside that
door we will kill you.’”
Another recently freed Christian woman,
Rita Habib, said that all her captors were men, married with children
and subjected her to rape and abuse, forcing her to clean their houses.
“They did evil things to us. They beat us and raped us,” she told Kurdistan 24.
“The worst of all was girls aged nine who were raped. Girls would be sold for $4,000 to $15,000.”
How were they rescued?
Last
year, as Isis retreated in the face of an onslaught from international
forces, The Times reports Rana and Habib were rescued and returned home.
Rana
and Habib were two of a number of women who were rescued by men posing
as jihadists as part of the Iraqi Christian group Shlama Foundation,
which paid £20,000 to bring each woman back.
“If anyone had found
out the unnamed men were posing as jihadists to help the women get out
they would’ve been killed,” says the Daily Mirror.
Consequences of Southern Protests Felt Across Iraq’s Nineveh Plains
By International Christian Concern
Claire Evans
International Christian Concern (ICC) has learned that the Nineveh Plains, the traditional homeland of Iraq’s Christians, is experiencing increased infrastructure challenges because of governance disputes and violent protests in the country’s southern region. Most of the Nineveh Plains’ existing infrastructure was destroyed by ISIS.
Claire Evans
International Christian Concern (ICC) has learned that the Nineveh Plains, the traditional homeland of Iraq’s Christians, is experiencing increased infrastructure challenges because of governance disputes and violent protests in the country’s southern region. Most of the Nineveh Plains’ existing infrastructure was destroyed by ISIS.
On July 12, an armed force entered a church in Bartella and destroyed
their internet devices. It is believed that the armed force belongs to
Hashd al-Shaabi, an Iranian backed militia that controls a significant
part of the Nineveh Plains. “This began as a problem of internet providers,” explained a local Christian source. “The
central government is trying to provide internet; however, because the
internet towers in Bartella and Qaraqosh take their providers from the
KRG, an armed force from that ministry attacked all the towers there.”
“One of the towers is built on top of the cultural center. And
that cultural center belongs to Bartella’s church so they get inside and
they destroyed some devices. They were not there for the church
[directly but rather] because the church’s internet was from KRG and
they wanted them to get internet from Mosul,” the source continued.
Milad is a government worker from Bartella. He further explained, “We
are not comfortable living in Bartella post-ISIS… Shia Hashd is the top
here. This kind of behavior means that we are still [in] the grey
area.” He continued, “The aggressive armed men always send horror inside, we are not able to recognize ISIS behavior versus government behavior!”
Over the weekend, Iraq declared a state of emergency due to violent
protests in the south. In part, the protesters are demanding reduced
Iranian influence and better utilities. Internet remains mostly disabled
across the country. On July 15, Mosul Eye
reported that the share of electricity allocated to the Nineveh Plains
will be reduced by nearly half with the rest directed to the southern
provinces in order to meet the demands of protesters.
Al-Sumaria TV published an interview with the Deputy Chairman of the Nineveh Province Council, Noureddine Qablan, who said, “This
has exacerbated the electricity crisis in the province, which is
originally suffering from a lack of processing power… Is it reasonable
to be a victim of the failure of the Ministry of Electricity? On the
outskirts of Nineveh, there are now 16 camps where people live in dire
humanitarian situations. Nineveh is a disaster… the government is making
a mistake by reducing its share.”
Qablan continued, “This is an injustice to the population of
Nineveh… Nineveh is originally damaged and the ministries must support
the return of life to these cities (and turn) away from the policy of
marginalization.”
Claire Evans, ICC’s Regional Manager, said, “The protest violence
existing in Iraq’s south does not exist in the Nineveh Plains. This
area, which has seen immense suffering because of ISIS, has barely any
infrastructure left. On the other hand, Iraq’s oil-rich south lacks
these utilities because of government corruption. It is wrong of the
authorities to use this time as an opportunity to violently force its
agenda on Christians and make them serve the infrastructure needs of the
south. It is because of Iraq’s violence and unfair treatment of
Christians that so many believers have left the country.”
13 luglio 2018
L'esercito iracheno distrugge i mezzi di connessione ad internet in una chiesa di Bartella
Iraq: rapito sindaco cristiano nella Piana di Ninive, caldei chiedono protezione internazionale
By Agenzia Nova
La Chiesa caldea è una chiesa cattolica patriarcale di rito orientale con comunità in Medio Oriente, Europa, Oceania ed America settentrionale. Il primate della chiesa cattolica caldea è il patriarca di Babilonia che ha sede a Baghdad. In Iraq i caldei rappresentano la maggioranza dei fedeli cristiani. Nel luglio 2014 i jihadisti del sedicente “califfo” Abu Bakr al Baghdadi hanno conquistato Mosul e sono dilagati nell'Iraq settentrionale. Una delle vittime è stata la comunità cristiana caldea della provincia di Ninive: duecentomila persone sono state costrette alla fuga nelle regioni confinanti sotto il controllo dei Peshmerga curdi. Molti di loro hanno scelto come nuova residenza la periferia di Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan, dove hanno creato propri campi. I cristiani hanno potuto celebrare lo scorso dicembre 2017 la prima Santa messa di Natale dopo tre anni e mezzo di dominazione jihadista a Mosul.
Il Consiglio iracheno cristiano per i diritti umani ha accusato le forze di sicurezza curde di aver rapito Faiz Jahwary, sindaco caldeo della città di Al Qosh, nella provincia settentrionale di Ninive. L’accusa è rivolta in particolare alle forze Asayish del governo regionale del Kurdistan iracheno. "Mentre il sud dell’Iraq sta protestando, le forze terroristiche curde Asayish rapiscono, picchiano e minacciano di morte un sindaco cristiano caldeo. La regione autonoma del Kurdistan chiede che le uniche aree cristiane rimaste in Iraq siano loro consegnate. I cristiani hanno bisogno di protezione internazionale", ha scritto su Twitter il Consiglio cristiano per i diritti umani, organismo che rappresenta i cristiani iracheni a livello internazionale e promuove i diritti dei cristiani del Medio Oriente. “La polizia segreta del Kurdistan utilizza tattiche molto simili alla mafia o agli apparati di Saddam Hussein. Entrano senza permesso nei villaggi della Piana di Ninive e terrorizzano i cristiani nelle loro città”, ha aggiunto il Consiglio. Faiz Jahwary era stato estromesso dalla sua posizione di sindaco di Al Qosh nel luglio dello scorso anno ed era stato sostituito da Lara Yousif Zara, membro del Partito democratico del Kurdistan. Nell'ottobre del 2017, tuttavia, un tribunale iracheno aveva annullato la decisione e Jahwary era tornato ad assumere l’incarico di primo cittadino.
Lo scorso mese di marzo, l’Alto rappresentante del governo regionale del Kurdistan iracheno in Italia e presso la Santa Sede, Rezan Kader, aveva denunciato la continua persecuzione dei cristiani in Iraq. In un comunicato stampa, la rappresentanza del governo di Erbil aveva spiegato che 15 anni fa i cristiani in Iraq erano circa 1,5 milioni, concentrati soprattutto nella Piana di Ninive, nella provincia di Mosul, mentre oggi si sono ridotti a circa 300 mila di cui due terzi rifugiati nel Kurdistan iracheno. Per la Kader, l’Is (Stato islamico) ha rappresentato “il colpo finale” per la comunità cristiana irachena, osservando tuttavia come l’esodo sia iniziato “molto prima”. Infatti, “i cristiani in questi anni hanno subito le più gravi violenze, venendo privati di tutti loro beni, uccisi, con le loro donne che sono state vittime di violenza e attualmente sono in corso tentativi per cambiare la demografia delle città a maggioranza cristiana. La Kader aveva sottolineato inoltre che “sono state distrutte 163 chiese e luoghi di culto”.
La Chiesa caldea è una chiesa cattolica patriarcale di rito orientale con comunità in Medio Oriente, Europa, Oceania ed America settentrionale. Il primate della chiesa cattolica caldea è il patriarca di Babilonia che ha sede a Baghdad. In Iraq i caldei rappresentano la maggioranza dei fedeli cristiani. Nel luglio 2014 i jihadisti del sedicente “califfo” Abu Bakr al Baghdadi hanno conquistato Mosul e sono dilagati nell'Iraq settentrionale. Una delle vittime è stata la comunità cristiana caldea della provincia di Ninive: duecentomila persone sono state costrette alla fuga nelle regioni confinanti sotto il controllo dei Peshmerga curdi. Molti di loro hanno scelto come nuova residenza la periferia di Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan, dove hanno creato propri campi. I cristiani hanno potuto celebrare lo scorso dicembre 2017 la prima Santa messa di Natale dopo tre anni e mezzo di dominazione jihadista a Mosul.
Il Consiglio iracheno cristiano per i diritti umani ha accusato le forze di sicurezza curde di aver rapito Faiz Jahwary, sindaco caldeo della città di Al Qosh, nella provincia settentrionale di Ninive. L’accusa è rivolta in particolare alle forze Asayish del governo regionale del Kurdistan iracheno. "Mentre il sud dell’Iraq sta protestando, le forze terroristiche curde Asayish rapiscono, picchiano e minacciano di morte un sindaco cristiano caldeo. La regione autonoma del Kurdistan chiede che le uniche aree cristiane rimaste in Iraq siano loro consegnate. I cristiani hanno bisogno di protezione internazionale", ha scritto su Twitter il Consiglio cristiano per i diritti umani, organismo che rappresenta i cristiani iracheni a livello internazionale e promuove i diritti dei cristiani del Medio Oriente. “La polizia segreta del Kurdistan utilizza tattiche molto simili alla mafia o agli apparati di Saddam Hussein. Entrano senza permesso nei villaggi della Piana di Ninive e terrorizzano i cristiani nelle loro città”, ha aggiunto il Consiglio. Faiz Jahwary era stato estromesso dalla sua posizione di sindaco di Al Qosh nel luglio dello scorso anno ed era stato sostituito da Lara Yousif Zara, membro del Partito democratico del Kurdistan. Nell'ottobre del 2017, tuttavia, un tribunale iracheno aveva annullato la decisione e Jahwary era tornato ad assumere l’incarico di primo cittadino.
Lo scorso mese di marzo, l’Alto rappresentante del governo regionale del Kurdistan iracheno in Italia e presso la Santa Sede, Rezan Kader, aveva denunciato la continua persecuzione dei cristiani in Iraq. In un comunicato stampa, la rappresentanza del governo di Erbil aveva spiegato che 15 anni fa i cristiani in Iraq erano circa 1,5 milioni, concentrati soprattutto nella Piana di Ninive, nella provincia di Mosul, mentre oggi si sono ridotti a circa 300 mila di cui due terzi rifugiati nel Kurdistan iracheno. Per la Kader, l’Is (Stato islamico) ha rappresentato “il colpo finale” per la comunità cristiana irachena, osservando tuttavia come l’esodo sia iniziato “molto prima”. Infatti, “i cristiani in questi anni hanno subito le più gravi violenze, venendo privati di tutti loro beni, uccisi, con le loro donne che sono state vittime di violenza e attualmente sono in corso tentativi per cambiare la demografia delle città a maggioranza cristiana. La Kader aveva sottolineato inoltre che “sono state distrutte 163 chiese e luoghi di culto”.
Violenze a Bassora, morti e feriti: la Chiesa sospende attività culturali e catechismo
By Asia News
A causa delle sanguinose proteste che hanno colpito il sud dell’Iraq
“abbiamo dovuto interrompere tutte le attività culturali e il
catechismo” nelle nostre chiese e parrocchie “per proteggere la vita dei
nostri fedeli, in particolare i bambini”. È quanto racconta ad AsiaNews
mons. Alnaufali Habib Jajou, arcivescovo caldeo di Bassora, nel sud
dell’Iraq, dove da oltre una settimana è in atto una violenta protesta
contro corruzione e malgoverno, che ha già causato almeno otto vittime e
decine di feriti. “Tuttavia - aggiunge il prelato - messe e altre
attività liturgiche proseguono con regolarità”.
In Iraq è in atto un vasto movimento di protesta sociale che ha
colpito, in particolare, la regione meridionale. Lanciata a Bassora, la
più importante regione petrolifera del Paese e teatro di recente di una crisi idrica
di vaste proporzioni, la contestazione si è presto diffusa a macchia
d’olio in gran parte del sud sciita. Nel mirino dei manifestanti
l’arretratezza dei servizi pubblici, la disoccupazione (10% secondo i
dati ufficiali, ma con punte fino al 60% fra i giovani) e la corruzione
endemica.
Alla base degli scontri fra forze di sicurezza e manifestanti, il
tentativo di questi ultimi di bloccare prima i pozzi petroliferi a
Bassora e alcuni edifici governativi e sedi di partiti politici. In
risposta alle violenze è intervenuto anche il premier irakeno Haider
al-Abadi, secondo cui approfittare della contestazione per “incendiare
edifici pubblici”, è “un tentativo di far indietreggiare il Paese”
dietro il quale vi sono “elementi del crimine organizzato”.
Gli annunci di queste ore da parte di alti funzionari dell’esecutivo,
fra i quali lo sbandierato stanziamento di tre miliardi di dollari per
la provincia di Bassora e investimenti nella scuola, nell’elettricità,
nelle risorse idriche non sono bastati a placare il malcontento. Per
limitare le violenze il governo ha emanato un coprifuoco nelle più
importanti cittadine del sud.
Interrotti anche gli accessi a internet e ai social network, uno dei
motori di diffusione della protesta, sia a Baghdad che nelle province
meridionali. Il timore delle autorità è che la protesta - che ha
ricevuto la “benedizione” del grande ayatollah al-Sistani - possa
diffondersi ancor più e giungere fino alle strade della capitale.
La regione di Bassora annovera al suo interno circa il 90% delle
risorse di idrocarburi del Paese; tuttavia, solo l’1% della forza lavoro
proviene dalla zona, visto che le compagnie petrolifere prediligono
manodopera straniera. A questo si aggiunge il divieto di piantare riso e
mais, in un’area dalla forte connotazione agricola, a causa della
mancanza di acqua.
“La situazione non è affatto buona - sottolinea mons. Habib - e la
tensione è destinata ad aumentare se il governo non introduce
cambiamenti significativi alle proprie politiche”. La crisi idrica,
prosegue, ha effetti devastanti “nel sud dell’Iraq, una delle regioni
più calde al mondo, dove a breve le temperature potranno toccare i 53
gradi”. Il prelato conferma “le numerose vittime e i feriti”, alcuni dei
quali “nella stessa Bassora, dove ha preso il via la protesta”.
“Le persone manifestano contro la disoccupazione - avverte mons.
Habib - la povertà, la carenza di servizi pubblici: elettricità, acqua,
inquinamento, deterioramento della situazione generale… E questo
nonostante il fatto che Bassora sia una delle città più ricche in quanto
a petrolio e gas naturali (85% del totale nazionale)”. In questi ultimi
giorni, conclude, “abbiamo udito colpi di arma da fuoco e visto con i
nostri occhi la polizia usare cannoni ad acqua per impedire ai
manifestanti l’ingresso in edifici governativi e nelle sedi delle
compagnie petrolifere”.
16 luglio 2018
We've resettled 26,000 Christians in ex-Islamic State city, Iraqi priest claims
By Premier
Alex Williams
It has emerged almost 26,000 Christians have now returned to their homes, nearly two years since Islamic State (IS) was driven from their city in the Nineveh Plains of Iraq.
Alex Williams
It has emerged almost 26,000 Christians have now returned to their homes, nearly two years since Islamic State (IS) was driven from their city in the Nineveh Plains of Iraq.
Some families have come back
to Qaraqosh from internal displacement centres, while others have
travelled from Turkey or Lebanon - where they fled to seek refuge from
Islamic extremists.
The resettlements form part of a massive
humanitarian effort - supported by Christian organisations in the West -
which as seen repairs made to almost 2,200 or the 6,800 uninhabitable
homes in the Christian-majority city.
One of the programme's leaders, Syriac Catholic priest Fr George
Jahola said: "If it weren't for the houses, there would already be no
one left.
"We would be lost without our fellow Christians in the West."
Last summer, three Christian charities published a report which estimated between half and 80-per-cent of Christians in Syria and Iraq had left since the Syrian civil war broke out in 2011.
More
than 4,600 homes in Qaraqosh remain unusable following damage suffered
while the city was under IS control, according to Aid to the Church in
Need.
The Catholic international development charity says 4,300
properties across the wider Nineveh Plains region have been restored
since IS was forced out in October 2016.
Fr Jahola said house repairs are critical in attracting people back,
but added: "The [Iraqi] government has no money and other priorities. No
one shows their face here."
Archbishop Timotheos Moussa
Al-Shamani, abbot of the Syriac Orthodox Mar Matti Monastery near
Bartella in the Nineveh Plains, said the international community has
largely failed to provide much-needed help.
He said: "We don't
need words. I can't even begin to tell you just how many western
ambassadors and politicians I have already spoken with.
"What we Christians in Iraq need is action."
British MPs visit Christians in northern Iraq
By Indipendent Catholic News
Liam Allmark, Head of Public Affairs at the Catholic Bishops' Conference of England and Wales, joined a delegation of UK MPs from the All Party Parliamentary Group (APPG) on Kurdistan on a visit to the autonomous region in northern Iraq in May 2018.
Liam Allmark, Head of Public Affairs at the Catholic Bishops' Conference of England and Wales, joined a delegation of UK MPs from the All Party Parliamentary Group (APPG) on Kurdistan on a visit to the autonomous region in northern Iraq in May 2018.
Attending as an observer at the invitation of the APPG, Liam has written this report.
Our Bishops do not align themselves to any political party. However, the Catholic community in England and Wales has a strong connection with the Christian community in Iraq and the Kurdistan Region, so it was a welcome opportunity to accompany British MPs on this visit and join in some of their conversations.
Christianity has ancient roots in this part of the world and, despite the enormous challenges their community has faced, Christians continue to play an active role in society today. We met Christian lawmakers in the Kurdistan Parliament; attended a packed Mass in St Joseph's Chaldean Cathedral; saw the Church's university and the site of its new hospital; held lively conversations with Christian students, and, of course, shared culinary delights in Ankawa - Erbil's Christian Quarter.
The Chaldean
Archbishop of Erbil, Bashar Warda describes his mission here "to help my
people not to survive but to thrive." We hope that anyone concerned
with the future of Iraq and the Kurdistan Region can get behind this
vision.
We know all too well how much Iraq's Christian community
has suffered in recent decades because of conflict and political
instability. As the leaders of churches in the Kurdistan Region stated
last year: "it is possible to say without any doubt that it is the
Christians who continue to be the biggest losers in all of these fights,
to which they have never been party and which, if continued, would
render our people more intent on emigration, leading to their being
wiped out from the surface of this land."
During this visit the
delegation received fresh insight into those challenges facing the
region's Christians, around 100,000 of whom fled to Erbil from their
homes on the Nineveh Plains, escaping the advance of Daesh in 2014.
Things
today are very different to my last visit a few years ago. Half of the
Christians who arrived in Erbil as internally displaced persons have
returned home and the Church's last Internally Displaced Persons (IDP)
camp is about to close. This is largely due to the phenomenal work of
the Nineveh Reconstruction Committee, a collaboration between the
Chaldean, Syriac Orthodox, and Syriac Catholic communities, which has so
far renovated more than 12,000 homes, with support from the
international community.
However there are still tens of thousands
of displaced Christians living in the Kurdistan Region who do not know
what the future holds. Thousands of homes on the Nineveh Plains, along
with vital infrastructure and farmland wrecked by Daesh forces, still
need to be restored. The huge costs are even harder to meet against the
backdrop of economic difficulties in Iraq.
Without opportunities
to return home or rebuild their lives, many Christians will follow the
thousands who have left for Europe or America. Iraq's Christian
community has already shrunk exponentially over the past decade. If it
continues to do so this will be to the detriment of the whole country.
We
hope that going forward the UK will increase its support for
reconstruction, job creation, and educational opportunities both in the
Kurdistan Region and more widely, which will help give a meaningful
future to this community that has experienced so much violence,
displacement and destruction of their livelihoods.
Another
critical issue is the security of people returning to the Nineveh
Plains. During the visit we heard how instability on the Nineveh Plains,
exacerbated in the aftermath of the referendum, has slowed down
reconstruction and left many people frightened to return. It was also
clear that Daesh remains a threat, despite losing control of territory.
When
fighting broke out between Iraqi and Kurdish forces following the
referendum, leaders of Churches in the Kurdistan Region said: "the
Plains of Nineveh should be maintained as a unified territory; it is
critical to not divide it into parts. Care should be made not to involve
the last remaining Christian land in political bargaining, as our
vulnerable community cannot withstand further schism and division in
addition to the ongoing political and sectarian fights. The Plain of
Nineveh is a great symbol for Christians in Iraq, the Kurdistan Region,
and the world."
As political negotiations continue, we hope that
friends of the region including our own politicians will work with both
the Kurdistan Regional Government and the Iraqi Government to protect
families returning to the Nineveh Plains, safeguard their land rights,
and give them a proper stake in decisions about their future.
Above
all, it is important that our parliamentarians and government,
politicians and diplomats continue to engage with Christians in Iraq and
the Kurdistan Region, promoting their position as citizens with
essential rights and responsibilities, while also engaging with the
local Church in England and Wales which continues to maintain close
contacts with the Church across the region.
As Cardinal Vincent
Nichols reflected following his own visit, the Christian community is
"an integral part of the country's societal fabric and essential for
creating a more stable future. The community's deep commitment to
forgiveness and reconciliation is especially important as Iraq strives
to emerge from decades of conflict."
In pictures: Chaldean Christian children attend First Communion Mass
By Rudaw
Iraqi Chaldean Christian children attended a First Communion Mass at the Apostles Peter and Paul Chaldean Catholic Church in Erbil on Friday.
Chaldeans are one of Iraq’s shrinking Christian minority communities. Many of them live and worship in Ainkawa, a neighborhood in northern Erbil city.
Many of Iraq’s Christians fled their homes in Nineveh in search of safety in the Kurdistan Region when ISIS militants swept through the province. Others have chosen to emigrate to Europe or the Americas.
You can find all the photos by Rudaw clicking on the title of the post
Iraqi Chaldean Christian children attended a First Communion Mass at the Apostles Peter and Paul Chaldean Catholic Church in Erbil on Friday.
Chaldeans are one of Iraq’s shrinking Christian minority communities. Many of them live and worship in Ainkawa, a neighborhood in northern Erbil city.
Many of Iraq’s Christians fled their homes in Nineveh in search of safety in the Kurdistan Region when ISIS militants swept through the province. Others have chosen to emigrate to Europe or the Americas.
You can find all the photos by Rudaw clicking on the title of the post
In fuga dall’inferno dell’Isis, la famiglia di Sulaiman nel “rifugio” delle Suore Scalabriniane
By Piacenza Sera
Una piccola “scheggia” di vita, sopravvissuta all’inferno scatenato dall’Isis a Mosul, che ha trovato la pace nell’oasi delle Suore Scalabriniane di Piacenza, a fianco della chiesa di San Savino.
Una piccola “scheggia” di vita, sopravvissuta all’inferno scatenato dall’Isis a Mosul, che ha trovato la pace nell’oasi delle Suore Scalabriniane di Piacenza, a fianco della chiesa di San Savino.
E’ la storia di Luayissa, di Rana Sulaiman, giovani
genitori, del loro piccolo figlio Ibrahim di soli tre anni e della nonna
Wafaa Saleem: sono arrivati da Beirut all’aeroporto di Fiumicino il 3 luglio scorso.
Ad aspettarli c’era suor Milva Caro, la superiora provinciale delle Scalabriniane di Piacenza insieme agli operatori umanitari della Comunità di Sant’Egidio, vera “potenza” diplomatica del bene.
Attraverso “un corridoio protetto” sono stati salvati dalla persecuzione e portati nel nostro paese, dove hanno fatto la domanda di protezione internazionale, come tanti altri migranti in fuga dalle guerre che imperversano in diversi paesi del pianeta.
Nel giardino delle scalabriniane una piccola festa ha accolto la famiglia di religione siro-ortodossa, confessione appartenente a una delle comunità cristiane più antiche dell’Iraq.
Dal febbraio del 2016 erano ospitati in una chiesa di Beirut insieme ad altri profughi fuggiti dall’inferno di Mosul, sotto il giogo di “Daesh“,
parola araba che definisce lo stato islamico e che sentiamo pronunciare
più volte da Sulaiman mentre ci racconta – con l’ausilio di un
interprete – la storia della sua fuga.
“Non era più possibile vivere – ricorda – a Mosul, una situazione
insostenibile in particolare per noi cristiani, perseguitati dopo
l’ingresso delle truppe dell’Isis”. “Hanno segnato e bruciato la nostra
casa – aggiunge mostrandoci alcune foto dal suo telefonino – ma già
prima dell’avvento dello Stato Islamico per noi la situazione era
difficile”.
Sulaiman era fabbro e operaio meccanico, sua moglie
maestra e il loro piccolo Ibrahim aveva solo un anno, quando hanno
deciso di scappare. “Pensa – racconta – che l’Isis imponeva di pagare
una tassa a noi cristiani, soltanto se ci fossimo convertiti all’Islam
non ci avrebbero più chiesto soldi”.
“Non solo le chiese e i templi – afferma – ma anche i cimiteri
cristiani sono stati profanati, alla fine siamo fuggiti, ma tanti dei
nostri parenti sono rimasti nei villaggi fuori Mosul”.
La città è stata liberata dall’Isis circa un anno fa,
ma oggi la situazione non è per nulla tranquilla. “Anche oggi per un
cristiano è impossibile vivere. I musulmani e i guerrieri hanno preso la
città e non c’è pace per chi come noi vorrebbe ricostruirsi una vita”.
“Non riesco a pensare di ritornare – aggiunge – oggi siamo in Italia e
sono molto grato al governo che mi ha aiutato e accolto, mi piacerebbe
restare qui con la mia famiglia”.
Sulaiman e la sua famiglia hanno richiesto lo status di rifugiati
internazionali e non appena arrivati a Piacenza hanno svolto tutte le
procedure in questura. Le Suore Scalabriniane non fanno mancare nulla a loro: “Qui sembra un sogno” – ci confessano.
La superiora piacentina Suor Milva Caro spiega come è
nata l’opportunità di ospitare una famiglia di profughi in fuga dalle
persecuzioni: “Ci siamo rivolti alla Comunità di Sant’Egidio e abbiamo
fatto due incontri di preparazione, per conoscere i corridoi umanitari”.
“Il nostro impegno è aiutarli nell’integrazione – afferma – per
questo vogliamo insegnare loro l’italiano e trovare un impiego, perchè
non vogliono restare dipendenti, ma ricrearsi una vita. Vogliamo anche
coinvolgere i piacentini perchè conoscano la loro storia”.
“Sono disponibili – fa notare – e molto propositivi a lavorare.
Abbiamo già ospitato profughi in passato, ma anche per noi è una sfida
nuova. Abbiamo dato la nostra disponibilità per ospitare un nucleo
familiare – conclude – perchè è importante mantenere unita una famiglia e
perchè pensiamo sia più facile anche per loro adattarsi”.
Cristiani e musulmani uniti in Iraq/ Insieme hanno salvato una delle più antiche chiese del mondo
By Il Sussidiario
Paolo Vites
C'è una zona del martoriato Iraq, il distretto di al-Mada'in, dove cristiani e musulmani hanno vissuto per secoli in pace e dove solo recentemente sono tornati a rincontrarsi, dopo la follia omicida dell'Isis. E' qui che sorgono i resti della chiesa di Kokheh costruita nel primo secolo dopo Cristo da San Mari, conosciuto anche come Palut, uno dei discepoli di San Taddeo di Odessa, che aveva viaggiato nell'antica Mesopotamia predicando i vangeli. Qui verso il 600 dopo Cristo San Mari giunse dopo aver attraversato il fiume Tigri nella regione che si trova a sud dell'attuale capitale dell'Iraq. Dopo aver operato diverse guarigioni e miracoli, il locale sovrano concesse ai cristiani un luogo per costruire una chiesa e un convento. Nei decenni successivi il luogo divenne così importante che fu la sede del patriarcato cattolico per l'oriente fino al 780 dopo Cristo quando venne trasferito a Baghdad e da qui partirono i primi missionari che si recarono in India e in Cina. Poi per secoli il luogo venne abbandonato, anche se scavi archeologi hanno provato l'esistenza di 24 tombe di patriarchi.
Paolo Vites
C'è una zona del martoriato Iraq, il distretto di al-Mada'in, dove cristiani e musulmani hanno vissuto per secoli in pace e dove solo recentemente sono tornati a rincontrarsi, dopo la follia omicida dell'Isis. E' qui che sorgono i resti della chiesa di Kokheh costruita nel primo secolo dopo Cristo da San Mari, conosciuto anche come Palut, uno dei discepoli di San Taddeo di Odessa, che aveva viaggiato nell'antica Mesopotamia predicando i vangeli. Qui verso il 600 dopo Cristo San Mari giunse dopo aver attraversato il fiume Tigri nella regione che si trova a sud dell'attuale capitale dell'Iraq. Dopo aver operato diverse guarigioni e miracoli, il locale sovrano concesse ai cristiani un luogo per costruire una chiesa e un convento. Nei decenni successivi il luogo divenne così importante che fu la sede del patriarcato cattolico per l'oriente fino al 780 dopo Cristo quando venne trasferito a Baghdad e da qui partirono i primi missionari che si recarono in India e in Cina. Poi per secoli il luogo venne abbandonato, anche se scavi archeologi hanno provato l'esistenza di 24 tombe di patriarchi.
L'avvento dell'Isis ha poi
impedito a chiunque di avvicinarsi ai resti della chiesa, che adesso è
invece di nuovo visibile. E' così che un team di archeologi e sacerdoti
cristiani si è incontrato con la popolazione e le autorità islamiche
che, pur essendo il mese del ramadan, hanno invitato gli ospiti a
pranzo: loro digiunando, i cristiani mangiando pesce cucinato
appositamente per loro. E' stato stabilito così un piano di
collaborazione tra Chiesa cattolica e autorità islamiche per restaurare i
resti del sito archeologico che per gli iracheni significa il segno
della fine del periodo di guerra con l'Isis e la possibilità di una
attrazione turistica per un paese che ha estremamente bisogno non solo
di risorse economiche ma anche di mostrare il suo volto di pace al
mondo. Padre Maissar, rappresentante della Chiesa cristiano caldea, ha spiegato come questo progetto comune offre una possibilità di riunire
musulmano e cristiani in una regione dove la convivenza fra le due fedi è
sempre stata pacifica: "Questa cooperazione unisce musulmani e
cristiani dopo essere stati divisi dalle atrocità e dalla violenza
dell'Isis. Ricostruire questa chiesa è un nuovo punto di partenza nel
processo di unificazione fra le due fedi".
Sinodo giovani 2018: Francesco nomina i Presidenti delegati
By Vatican News
Adriana Masotti, Tiziana Campisi
Adriana Masotti, Tiziana Campisi
In vista della XV Assemblea Generale Ordinaria sul tema I giovani, la
fede e il discernimento vocazionale, il Papa ha nominato Presidenti
delegati: il cardinale Louis Raphaël I Sako, Patriarca di Babilonia dei
Caldei, Capo del Sinodo della Chiesa Caldea (Iraq); il card. Désiré
Tsarahazana, arcivescovo di Toamasina (Madagascar) e il card. Charles
Maung Bo, S.D.B., arcivescovo di Yangon (Myanmar).
Le funzioni del Presidente delegato
Nel II capitolo dell’ Ordo Synodi Episcoporum, cioè il Regolamento
del Sinodo dei Vescovi, in vigore dal 29 settembre 2006, sono descritti i
compiti del Presidente delegato: tra questi quello di presiedere
l’Assemblea sinodale in nome e per autorità del Pontefice da cui è
nominato. Il suo incarico cessa con lo scioglimento dell'assemblea per
la quale è stato nominato e se, come in questo caso, il Papa incarica
più di uno a presiedere l'assemblea, i Presidenti delegati si succedono
tra loro nell’incarico stesso, secondo l'ordine stabilito dal Pontefice.
Al Presidente delegato compete: guidare i lavori del Sinodo; attribuire ad alcuni Membri, quando se ne ravvisi l'opportunità, compiti particolari affinché l'assemblea possa applicarsi ai suoi lavori in modo migliore; infine firmare gli atti dell'assemblea. Se ci sono più Presidenti delegati, tutti firmano gli atti conclusivi dell'assemblea.
Al Presidente delegato compete: guidare i lavori del Sinodo; attribuire ad alcuni Membri, quando se ne ravvisi l'opportunità, compiti particolari affinché l'assemblea possa applicarsi ai suoi lavori in modo migliore; infine firmare gli atti dell'assemblea. Se ci sono più Presidenti delegati, tutti firmano gli atti conclusivi dell'assemblea.
Giovani in pellegrinaggio per prepararsi al Sinodo
Il 3 agosto, da tutta la penisola prenderà il via un grande cammino
che condurrà i giovani verso Roma, e seguendo l’antica tradizione
sviluppata sui percorsi storicamente più attestati, molte diocesi hanno
preparato la “credenziale” per il proprio pellegrinaggio: un foglio su
cui verranno timbrate le tappe del percorso. Per sostenere i pellegrini
fino a Roma è stato pensato un kit con una croce che riproduce il volto
di Gesù dipinto da Kees de Kort, un braccialetto-rosario, un diario, un
libretto con il brano "Maestro dove abiti" di Giovanni e un testo
inedito di Erri de Luca, un piccolo telo di lino che riproduce la
Sindone, un cappello, una lampada per la notte, una bisaccia, una
borraccia e un porta badge con la cartina di Roma per individuare i
luoghi di “Siamo qui”.
"Siamo qui", le giornate a Roma
"Siamo qui", le giornate a Roma
Tappa finale del Pellegrinaggio sarà il Circo Massimo dove i giovani
si ritroveranno l’11 agosto per prendere parte alla veglia con Papa
Francesco. L'incontro comincerà alle 16.30 con la musica e la
testimonianza dei The Sun, la rock band italiana che si è formata nel
1997 e che dal 2008 ha dato una svolta alla propria musica componendo in
italiano, producendo testi sui valori del cristianesimo e sostenendo
diverse realtà solidali. Subido dopo l’arrivo del Papa, la veglia di
preghiera e la “Notte bianca”: fino alle 4 del mattino, porte aperte in
alcune chiese sul percorso Circo Massimo-San Pietro per la preghiera
personale e comunitaria, le confessioni e l’animazione di associazioni,
diocesi e movimenti, per fermarsi a riflettere partendo da
testimonianze, performance, incontri tematici. A chiusura dell'evento,
domenica 12 agosto alle 9.30, la Messa a piazza San Pietro.
L'Instrumentum Laboris in preparazione al Sinodo
L'Instrumentum Laboris in preparazione al Sinodo
Proseguono intanto i lavori in preparazione all'assemblea sinodale:
lo scorso 19 giugno in Sala Stampa vaticana si è tenuta la presentazione
dell'Istrumentum Laboris e nel marzo scorso, a Roma, si è svolto un
incontro in preparazione al Sinodo a cui hanno partecipato giovani da
diverse parti del mondo. ll documento cerca di offrire alcune chiavi di
lettura della realtà giovanile, basandosi anche sulle risposte ad un
questionario on line a cui hanno partecipato oltre centomila ragazzi.
Tra le parole-chave dell’Istrumentum Laboris quella dell'ascolto e
dell'accompagnamento spirituale, psicologico, familiare e vocazionale
dei giovani. Il tema scelto per il Sinodo è: "I giovani, la fede e il
discernimento vocazionale".
Alle tre nomine citate nell'articolo si deve aggiungere quella contestuale di Sua Em.za Rev.ma Card. John Ribat, M.S.C., Arcivescovo di Port Moresby (Papua Nuova Guinea).
Nota di Baghdadhope
Nota di Baghdadhope
13 luglio 2018
Iraq: proteste a Bassora, premier Abadi partecipa a riunione con vertici di sicurezza
By Agenzia Nova
Il primo ministro iracheno Haider Abadi, di rientro da Bruxelles dove ha partecipaato a un incontro della Coalizione internazionale contro lo Stato islamico, si è recato direttamente nella città di Bassora, da alcuni giorni teatro di proteste - anche violente - per la mancanza di servizi di base come energia e acqua. Il titolare dell’esecutivo e comandante in capo delle Forze armate ha incontrato i vertici militari e di sicurezza, i quali hanno fornito un dettagliato quadro della situazione nella provincia meridionale irachena ricca di petrolio. La polizia di Bassora è in stato di allerta dopo ieri alcuni manifestanti hanno circondato le sedi di alcune compagnie petrolifere straniere, tra cui Exxon Mobil, PetroChina e Lukoil. Le forze di sicurezza hanno fatto ricorso agli elicotteri per evacuare il personale circondato dai dimostranti presso il sito petrolifero di West Qurna 2. Altri manifestanti hanno bloccato alcune arterie stradali di Bassora, bruciando copertoni e minacciando di entrare nell'edificio del governatore. L'arcidiocesi caldea del sud dell'Iraq ha annunciato oggi la sospensione di tutte le attività, invitando i cristiani “a pregare per la provincia e il suo popolo”. L'arcivescovo della Chiesa caldea del sud, monsignor Habib Hormuz, ha affermato: "A causa della difficile situazione che stiamo attraversando, soprattutto a Bassora, abbiamo deciso di interrompere le attività ecclesiastiche”.
L'esercito iracheno distrugge i mezzi di connessione ad internet in una chiesa di Bartella
By Baghdadhope*
Secondo quanto riferito dal sito Basnews soldati dell'esercito iracheno avrebbero reso inservibili i routers ed interrotto la connessione al web all'interno di una chiesa a Bartella, nella Piana di Ninive, senza dare alcuna spiegazione del gesto.
Il complesso della chiesa aveva iniziato ad avere una connessione internet nel 2005 ed essa era stata riattivata solo qualche mese fa (dopo l'interruzione dovuta al controllo dell'area da parte dell'ISIS.)
Secondo quanto dichiarato da un abitante del luogo, e riportato da Basnews, gesti simili sono stati già compiuti nel villaggio cristiano di Qaraqosh e secondo la sua opinione sono legati al fatto che la connessione internet è fornita dal governo regionale curdo.
La chiesa, secondo il sito Voce dell'Iraq, è quella siro-cattolica di San Giorgio.
Come riportato da IshtarTV l'attacco è avvenuto nella mattina del 12 luglio ed ha seminato il panico tra la popolazione. Secondo l'Osservatorio Assiro per i Diritti Umani nella Piana di Ninive si tratta di atti irresponsabili da parte dell'esercito iracheno che possono compromettere il ritorno degli sfollati alle proprie case proprio nella delicata fase che ancora segue la cacciata dell'ISIS. L'Osservatorio ha ribadito inoltre che i cristiani sono cittadini originari dell'Iraq ed elemento di stabilità del paese e di conseguenza non devono essere usati per regolare i conti tra le forze in conflitto (il governo centrale iracheno e quello regionale curdo) se non ne si vuole minare la fiducia nel governo e nelle forze di sicurezza. Per queste ragioni, chiede l'Osservatorio, il governo centrale dovrebbe spiegare l'accaduto e scusarsi pubblicamente con i cittadini di Bartella che già soffrono per i cambiamenti demografici registrati negli ultimi anni. Il riferimento è la trasformazione che sta investendo la città una volta quasi interamente cristiana e che sta ora diventando, come affermò a maggio Padre Emanuel Youkhana della Chiesa Assira dell'Est "una città sciita" dove si vedono "foto degli ayatollah iraniani Khomeini e Khamenei." Un cambio demografico "facilitato e protetto dalle milizie sciite" al soldo del governo centrale che, secondo il vescovo siro-ortodosso di Mosul, Mons. Nicodemus Daoud Sharaf, avrebbe lo scopo di "causare disordini e destabilizzare la situazione della sicurezza per estromettere i cristiani che ancora resistono ed appropriarsi delle loro terre."
Alla luce di questi fatti e queste ipotesi è chiaro che anche la sola distruzione dei mezzi di connessione ad internet è percepita dai cristiani del luogo come un ennesimo tentativo di "ripulire" la città dalla loro presenza.
Il complesso della chiesa aveva iniziato ad avere una connessione internet nel 2005 ed essa era stata riattivata solo qualche mese fa (dopo l'interruzione dovuta al controllo dell'area da parte dell'ISIS.)
Foto Ankawa.com |
La chiesa, secondo il sito Voce dell'Iraq, è quella siro-cattolica di San Giorgio.
Come riportato da IshtarTV l'attacco è avvenuto nella mattina del 12 luglio ed ha seminato il panico tra la popolazione. Secondo l'Osservatorio Assiro per i Diritti Umani nella Piana di Ninive si tratta di atti irresponsabili da parte dell'esercito iracheno che possono compromettere il ritorno degli sfollati alle proprie case proprio nella delicata fase che ancora segue la cacciata dell'ISIS. L'Osservatorio ha ribadito inoltre che i cristiani sono cittadini originari dell'Iraq ed elemento di stabilità del paese e di conseguenza non devono essere usati per regolare i conti tra le forze in conflitto (il governo centrale iracheno e quello regionale curdo) se non ne si vuole minare la fiducia nel governo e nelle forze di sicurezza. Per queste ragioni, chiede l'Osservatorio, il governo centrale dovrebbe spiegare l'accaduto e scusarsi pubblicamente con i cittadini di Bartella che già soffrono per i cambiamenti demografici registrati negli ultimi anni. Il riferimento è la trasformazione che sta investendo la città una volta quasi interamente cristiana e che sta ora diventando, come affermò a maggio Padre Emanuel Youkhana della Chiesa Assira dell'Est "una città sciita" dove si vedono "foto degli ayatollah iraniani Khomeini e Khamenei." Un cambio demografico "facilitato e protetto dalle milizie sciite" al soldo del governo centrale che, secondo il vescovo siro-ortodosso di Mosul, Mons. Nicodemus Daoud Sharaf, avrebbe lo scopo di "causare disordini e destabilizzare la situazione della sicurezza per estromettere i cristiani che ancora resistono ed appropriarsi delle loro terre."
Alla luce di questi fatti e queste ipotesi è chiaro che anche la sola distruzione dei mezzi di connessione ad internet è percepita dai cristiani del luogo come un ennesimo tentativo di "ripulire" la città dalla loro presenza.
12 luglio 2018
Are Iraq's Christians Facing a Critical Juncture Post-Election?
By International Christian Concern
Claire Evans
On July 1, Iraq officially became an interim government without a functioning parliament. The contested results of the May election left the country unable to form a new government. As the country manually recounts the ballots, a lack of governance has opened the doors for armed groups to fulfill the role of authority.
Claire Evans
On July 1, Iraq officially became an interim government without a functioning parliament. The contested results of the May election left the country unable to form a new government. As the country manually recounts the ballots, a lack of governance has opened the doors for armed groups to fulfill the role of authority.
The implications of
this situation on the country's ever-shrinking Christian community
cannot be ignored. One only needs to look toward history for comparison.
Each time that Iraq has experienced a crisis of governance, the
country's Christians were the first to suffer.
Many recall the turmoil in the early 2000s caused by armed groups
attempting to fill the vacuum of power. Since Christians were unarmed,
they were vulnerable to violence and became easy targets, often by their
Muslim neighbors.
"The general theme of life in Baghdad for
Christians during Saddam time was beautiful. We were safe unless you
have something confusing the government, so the rule was stay far from
the politics and always appreciate the government," recalled Kasim.
Life
for Christians, however, would change significantly when Iraq was left
without governing institutions. Kasim "moved from Baghdad to Erbil in
2006 when the civil war between Sunni and Shia in Baghdad was at the top
level. We used to live in Dura district which was the best area to live
before 2003. Unfortunately, it became the worst during the civil war."
"We
should be home before the darkness comes because unknown militias were
randomly building temporary fake checkpoints and if the checkpoints were
Shia then they are looking for Sunni and vice versa. But as a
Christian, we were afraid more of the Sunnis' checkpoints," he added.
"In
early 2006, we forcibly left our house because we got an envelope
telling us, 'You have to leave within 48 hours, all you have to take is
your clothes, if you take anything else we will kill you," shared Seza,
another Christian from Baghdad. His family was targeted by an armed gang
and his Muslim neighbors played a role in their displacement. He added,
"Still, I have the envelope and the three bullets we received from the
gang."
Unfortunately, these kinds of stories are not relegated to
the past and are increasingly common as Iraq's crisis of governance
grows.
Mohammed converted from Islam to Christianity in 2004. He
would immigrate from Iraq in 2013 after years of pressure from his
tribe, which made violent threats against him because of his conversion.
Although he has lived outside of Iraq since then, he has maintained a
home there. Recently, this home was violently targeted by one of the
country's strongest militias.
"My friend contacted me and told me
that an armed group took the house. He was afraid to take a shot (photo)
of the house and send it to me," said Mohammed. The militia had written
on the external wall that this was an "apostate's house."
"I
can't control and sell the house in Baghdad... I don't have any support
in Baghdad. Most probably I would be killed if I am there and the
governmental law protects the militias rather than protecting me because
the militia pay the government back and support them on elections," he
added.
This incident happened before the election, when militias
were hoping to exert their influence through the electoral process. Now
that the electoral process is under dispute, militias are exerting their
influence through other means.
The armed group with the most to
gain and lose from the election is the Iranian-backed Hashd al-Shaabi
militia. This militia is led by Haider al-Amiri, whose political
alliance won the second most seats in parliament. Thus, he is a
contender for a high-level government position, including the position
of prime minister.
Many Christians are worried. Haitham, who lives
in Baghdad, said, "It is a disaster having al-Amiri in that position.
We (Christians) had the worst experience when Amiri was minister (of
transportation) ... Hashd is the little dog of Iran and they stand
against ISIS, so they want their reward for that."
Haitham has
just opened a business in Baghdad, but given the uncertainty surrounding
the election and the subsequent rise of armed violence, he is uncertain
about its future and is considering fleeing to Erbil. However, because
he spent $60,000 to open his business, he is "waiting at least to see a
formed government. I am afraid of selling everything with less than half
value if I decided to leave... He (Amiri) is a war man."
Another
believer voiced his concerns that the political situation is forcing
Christians toward another critical juncture. "I think we are at the
point where we cannot go back. Before 2003, just my older brother was
living outside Iraq. But right now, my sister and I are the only ones
left in Iraq. All the rest have left due to the bad situation, lack of
education, different groups control [over] the country... so the only
solution is to leave one day and I believe it is similar for most of
Christians all over Iraq."
Time will tell what the future will
bring for Iraq's Christian community. Predictions on how long Iraq will
continue in a governing vacuum range from weeks to months. However, we
know that history has shown how Christians fared under similar
circumstances:
In 2003, Iraq's government under Saddam collapsed.
In 2005, Iraq passed through a transitional stage while waiting for the creation of a constitution and new government
In 2010, Iraq broke the world record of failing to form a government by surpassing 207 days.
In 2014, Iraq completed an election and formed a new government.
"Christian
immigration passed through three main stages," explained a former
resident of Baghdad to ICC. "The first was from 2005-2007, [the] second
was in 2010 when some extremists attacked [a] church during Sunday mass
and the third stage was in 2014 when ISIS attacked [the] Nineveh Plain."
Sadly, the present circumstances offer similar warnings.
We Should Live the Evangelical Austerity in these Difficult Circumstances
Patriarch Cardinal Louis Raphael Sako
In His speech, to the participants at the 91st plenary assembly of aid agencies for the oriental Churches (ROACO) on 22 June 2018, His Holiness Pope Francis stated that: “In the Middle East, there is a sin of incompatibility between life and faith, our sin lies in the existence of some – perhaps not many priests, bishops and monastic institutions, who pretend poverty, but they actually live in luxury, so I hope that these “epuloni rich” whether they are clergy or ordinary Christians to give up some of their (clothes/materials) for the benefit of their underprivileged and vulnerable brothers and sisters”.
Frankly,
our Chaldean Church and other Iraqi Churches have lived through its
history periods of persecution, asceticism and poverty. For instance, we
do not have yet a patriarchate or bishop residence that looks like a
palace as we see it in the West, nor we do have cathedrals and basilicas
that resemble museums. Our headquarters are simple and our Churches are
modest. Until today, we do not even own our patriarchate building, (our
present residence is a property of the Mary’s Daughters Congregation
and was one of their schools). Currently, the new patriarchate
headquarters, has been for seven years under construction. The
Government has completed 70% of it so far and unfortunately stopped the
work claiming a lack of money. I hope that the building will be modified
into a service project for the common good.
We,
as a church, have no political authority, wealth or charm, even though
we can find few cases of greedy individuals. Historically, until the
seventeenth century, our patriarchs and bishops were consecrated monks
and their residence used to be called as “Qallaya” i.e. hermitage cell,
and we were called “servants” rather than the “prince” of the church. We
used to live on people’s donation until 1974, when we started, in
Mosul, the monthly salary, for about seven Iraqi dinars only ($21),
while today, is one million and one hundred thousand Iraqi dinars
($850). The idea behind that was to “serve” the Church Sacraments for
free, which become later on the way to serve people throughout Iraq.
The
speech of Pope Francis is warning us, and I strongly agree with him, to
remain faithful to the Gospel, and to our priestly vocation, so as to
“be guided by the Spirit” (Galatians 5: 16-25). Therefore, we as priests
in all of our orders and monastic institutions must share the
evangelical austerity in such difficult economic situation with our
people, who are suffering from poverty, sickness, unemployment, poor
services, not to mention orphans and widows, all of which is an extra
burden imposed upon them that ultimately forces them to migrate.
Therefore,
we must share their fears and worries, especially at this time and help
them to stay at their homeland and have a hope for a better future, by
implementing projects that serve them, instead of being busy in creating
“investment” projects for the benefit of our church institutions. On
the other hand, I must compliment on what the Church has achieved during
the displacement “disaster” of Mosul and Nineveh Plains inhabitants and
how we contained them responding to their urgent needs, and also by the
restoration of their homes to speed up their return.
Finally,
I would like to highlight the importance of living “volunteered”
austerity, self-denial and free service with joy. So that our witness as
Christian would be more effective and expressive. Also, to be a sign of
hope, as Pope Francis stated: “This is the core of the spiritual life
that must be lived”.
10 luglio 2018
‘It is not possible to imagine a Middle East without Christians’
By Aid to the Church in Need
Raquel Martin
“IT IS NOT POSSIBLE to imagine a Middle East without Christians. It would not be the Middle East; it would be something else. [We must do all we can so that] communities of different faiths can live together, mutually respect one another and build up the country together.” These are the words of Archbishop Alberto Ortega, papal Nuncio for Iraq and Jordan.
Raquel Martin
“IT IS NOT POSSIBLE to imagine a Middle East without Christians. It would not be the Middle East; it would be something else. [We must do all we can so that] communities of different faiths can live together, mutually respect one another and build up the country together.” These are the words of Archbishop Alberto Ortega, papal Nuncio for Iraq and Jordan.
In the Middle East, he explained, Christians have always had the
mission to be “instruments of peace and reconciliation, of unity and
development. It is a mission that requires us to be silent witnesses,
since over there we cannot openly preach the presence of the Lord.”
And yet, he said: “this very simple and very discreet mission can
transform the situation and touch people’s hearts. And it is revealed in
the various activities of the Church—her schools, dispensaries,
hospitals; all the charitable activity of the Church.”
Archbishop Ortega just took part in the Consistory (June 29, 2018)
for the creation of new cardinals, among whom was the Chaldean Patriarch
Louis Sako I.
In his estimation, the Pope making the patriarch a cardinal is a
gesture of “support for the Christians of Iraq, of all the Middle East,
of the entire region,” said the archbishop, adding: “The news was very
well received, not only by the Christians, but also by many Muslims.
There have been a huge number of expressions of appreciation and support
sent to the Patriarch by the Muslims, starting with the President of
Iraq, the Iraqi Prime Minister and the Minister of external affairs, and
also including ordinary people who see this appointment as a gesture of
the Pope’s closeness to the country and also to the Christians.”
As a cardinal Patriarch Sako will now have “a stronger and more
sustained voice, with still greater moral authority” in support and
defense of the Christians in this country, the papal Nuncio affirmed.
Speaking of Iraq, the Nuncio confirmed that the situation in the
country is now “somewhat better” and that gradually the Christians are
returning to their former homes on the Nineveh Plains, “thanks to the
support of organizations such as Aid to the Church in Need (ACN) and
others, and the help of some governments.”
The archbishop reported that “almost half the Christians have now
returned to their homes, and this is good news. In Qaraqosh, the town
with the largest Christian population, more than 5,000 families have
returned, and little by little, in some of the Christian villages, life
is beginning to resume its normal pattern.”
Nonetheless, he added that “much remains to be done” and expressed
his hope “that the aid may continue to come in, because people can
return only if they have homes and can find work—and consequently it is
essential to continue the international aid, and the support of the
Church, for these people have lost everything for the sake of their
faith.”
The archbishop said that the Christians of Iraq simply wish “to be
fully recognized as citizens, with the same rights and duties as the
rest of the population, and to be appreciated for the work that they do
on behalf of all. Very often it is the Muslims themselves, their own
neighbors, who tell them they want them to stay and not to go away,
because things are better with them there.”
According to the Nuncio, the Christians of Iraq have given two
important lessons to the entire universal Church: “the value of the
faith, and their union with the Lord, for the sake of whom they have
lost everything without a second thought and given up their homes and
their work.”
Plus, he added, there is their “spectacular lesson of forgiveness. To
hear these Christians forgiving and praying for those who persecuted
them is a testimony to the action of the Lord. Humanly speaking, it is
extremely difficult to forgive someone who has driven you out of your
home, who has caused you to lose everything or murdered one of your
loved ones.”
From 2011 to June 2018, ACN gave almost $47M for pastoral projects and emergency aid in Iraq. ACN is the most actively involved aid organization on the Nineveh Plains.
From 2011 to June 2018, ACN gave almost $47M for pastoral projects and emergency aid in Iraq. ACN is the most actively involved aid organization on the Nineveh Plains.
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