Fonte: SIR
“2.500 famiglie a Mosul sono dovute emigrare, la nostra situazione viene politicizzata, abbiamo gridato all’Europa perché parlasse di diritti. Il futuro dei cristiani in Iraq ora dipende dal futuro del Paese, che appare difficile, ma ci sono tutte le possibilità di un miglioramento”. Lo ha dichiarato ieri il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni nel corso della presentazione del documentario sui rifugiati cristiani iracheni prodotto dall’associazione “Salvaimonasteri”. Il vescovo ha ribadito l’auspicio espresso ancora ieri al Sir che le forze americane escano dall’Iraq “con responsabilità portando prima la pace e la sicurezza”. “E’ un dovere degli occupanti”, ha ribadito, “la democrazia non viene imposta, viene insegnata”.
Per mons. Georges Casmoussa, arcivescovo sirocattolico di Mosul, le difficoltà nel Paese, dopo l'arrivo degli americani sono “centuplicate, ma gli americani non sono il problema, prima o poi lasceranno il Paese. Il vero problema delle diverse comunità in Iraq è la negazione dell'altro”. “I cristiani in Iraq si considerano e sono cittadini di tradizione locale, non sono importati, e perciò non capiscono perché non possono essere riconosciuti a pieno titolo come cittadini. Questo è un problema anzitutto politico. Ci vogliono delle leggi che ora mancano e anche per far sì che i rifugiati ritornino nel Paese è necessario uno stato di diritto”.