"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

11 giugno 2024

Il patriarca caldeo, Cardinale Louis Raphael Sako, torna a vedere riconosciuto il suo ruolo di capo della chiesa e garante dei suoi beni


Il patriarca caldeo, Cardinale Mar Louis Raphael Sako, ha ricevuto oggi nella sede patriarcale di Baghdad Hazem Watan e Qahtan al-Kaabi, consiglieri del primo ministro iracheno Mohammed Shia al-Saudani.
I due esponenti politici erano latori di una lettera a firma dello stesso primo ministro con la quale si riconosce la validità del decreto di tradizione plurisecolare che vuole che il patriarca sia a capo dei fedeli della sua chiesa in Iraq e nel mondo ed anche garante dei beni della stessa chiesa.
Il decreto infatti era stato ritirato nel luglio dello scorso anno per decisione del presidente della repubblica irachena, Abdul Latif Rashid, che aveva di fatto annullato la decisione in proposito presa dal suo predecessore, appellandosi alla sua incostituzionalità visto che nel 2018 le autorità giudiziarie e costituzionali avevano stabilito che il presidente della repubblica non avesse il potere o l'autorità di emanare decreti che riguardassero i capi delle denominazioni religiose.
La decisione del presidente fu, ovviamente, contestata dal patriarca che per farlo si appellò alla storia plurisecolare del riconoscimento del patriarca come capo della chiesa e responsabile dei suoi beni che risale addirittura al periodo della dominazione ottomana, e sottolineò come un attacco così diretto e grave da parte del governo al maggior rappresentante di una chiesa avrebbe potuto favorire la decisione dei suoi fedeli di abbandonare il paese.
Seguirono mesi infuocati, il patriarca Sako a metà settembre si trasferì ad Erbil, nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, e non mancò di accusare più volte il presidente di essersi piegato alla volontà di Rayan il Caldeo, il capo della Brigata Babilonia da lui avversato fin dai suoi esordi sulla scena irachena.
Quando nel 2014 i miliziani dell'ISIS guidati da Abu Bakr al Baghdadi conquistarono prima Mosul, esattamente il 10 giugno, ed ad agosto i villaggi cristiani della Piana di Ninive la massima autorità sciita del paese, quell'Ayatollah Ali al.Sistani che nel 2021 avrebbe ricevuto con tutti gli onori Papa Francesco in visita apostolica in Iraq, si appellò ai suoi fedeli perché li combattessero e così nacque un'organizzazione formata quasi interamente da milizie sciite ma anche da una cristiana, la Brigata Babilonia, appunto, guidata da Rayan il Caldeo che fin da subito venne sconfessata dal patriarcato.
Combattere contro i miliziani dell'ISIS era giusto, ma sarebbe stato meglio farlo nell'abito degli eserciti iracheno o curdo e non in una brigata la cui stessa esistenza avrebbe rischiato di attirare maggiori violenze sui cristiani vista la sua composizione confessionale. Seguirono mesi di accuse reciproche ma Rayan il caldeo non perse terreno ed anzi, nelle elezioni del 2021, il braccio politico della Brigata Babilonia conquistò 4 dei 5 seggi riservati alla minoranza cristiana ed un ministero, anche se non di primo piano, nel nuovo governo. Una vittoria ottenuta, sempre secondo il patriarcato, grazie non ai voti dei cristiani ma a quelli di elettori di fede sciita, la confessione che di fatto controllerebbe la Brigata ed il Movimento Babilonia il cui scopo sarebbe quello di creare un'enclave cristiana nella Piana di Ninive e per i quali il revocare al patriarca Sako il diritto al controllo dei beni della chiesa era un passo necessario allo scopo.
Alla luce della notizia appena battuta della lettera del primo ministro che riconferma il decreto che vuole il patriarca caldeo a capo della chiesa in Iraq e nel mondo e responsabile dei suoi beni è ancora presto per spiegarne i motivi che l'hanno giustificata e certamente saranno di più di quelli che ufficialmente verranno dichiarati.
Di certo c'è che con il pieno riconoscimento del suo ruolo ed il suo ritorno nella sede patriarcale di Baghdad il patriarca Sako potrà concentrare ora maggiori energie nella sua battaglia storica: la sopravvivenza in patria della comunità irachena cristiana in generale e cattolica caldea in particolare. 
Una comunità, quest'ultima, che già ieri, il giorno prima della notizia sul decreto quindi, aveva avuto quella del prossimo sinodo che si svolgerà a Baghdad tra il 15 ed il 19 luglio prossimi. 

Ed un sinodo non si può svolgere senza il patriarca a presiederlo.