"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

12 luglio 2009

Mons. Najim (Roma): "Mirano a far sparire i cristiani dall'Iraq"

By Baghdadhope

"Non c'è dubbio, questo è un attentato che mira a far sparire i cristiani dall'Iraq."
Sono queste le parole con le quali Mons. Philip Najim, Procuratore della Chiesa Caldea presso la Santa Sede, ha descritto la serie di attentati che ieri hanno colpito 6 chiese a Baghdad causando due morti e decine di feriti secondo le prime stime non ufficiali.
In una dichiarazione rilasciata a Baghdadhope Mons. Najim ha sottolineato come "il colpire i luoghi di culto dopo le celebrazioni della domenica pomeriggio è prova del fatto che chiunque sia stato è un senza Dio, qualcuno che non rispetta l'essere umano in quanto creatura di Dio, il Dio di tutte le religioni."
Perchè Mons. Najim? Perchè attaccare le chiese con uno schema identico a quello usato già altre volte come negli attacchi del 1 agosto 2004? Attacchi combinati, di domenica e dopo le funzioni?
"E' chiaro che non si tratta di episodi legati alla resistenza contro un invasore ma di un processo violento che mira a rallentare lo sviluppo del paese, la sua pacificazione. Si vuole un Iraq debole, sotosviluppato, che con la scomparsa della sua componente cristiana perderebbe una parte importante della società cui sempre i cristiani hanno contribuito con il loro sapere e la loro funzione stabilizzatrice."
Chi vuole un Iraq così?
"Lo ripeto ancora una volta e ne sono certo. Si tratta di forze oscure esterne al paese. Non è opera di iracheni. Queste forze, colpendo i luoghi di culto, hanno per prima cosa attaccato la religione in sè, e non solo quella cristiana. Hanno mirato a distruggere la tolleranza riportando nel paese un clima di reciproco sospetto ed hanno anche mirato a distruggere l'immagine dell'Iraq presso l'opinione pubblica internazionale."
Come nel 2004 è prevedibile un'ennesima fuga dei cristiani da Baghdad?
"Certamente. Inizierà domani mattina."
E dove andranno? La comunità internazionale non potrà ne vorrà accoglierli tutti e la fuga nei paesi limitrofi ha dimostrato in questi anni di essere null'altro che una fuga verso la lenta agonia dell'attesa di un visto verso l'occidente che nella maggior parte dei casi non arriverà mai. Forse molti fuggiranno in Kurdistan..
"Forse. In ogni caso anche la soluzione Kurdistan non è ideale. E' vero, sono stati costruiti nuovi villaggi per accogliere i profughi cristiani ma sono solo case in mezzo al nulla. Non ci sono infrastrutture - niente scuole, niente ospedali, niente economia - non è stato elaborato un progetto organico per accoglierli ed integrarli. Iracheni cristiani che hanno vissuto tutta la propria vita professionale nelle città si sono ritrovati improvvisamente trasformati in contadini senza saperlo fare."
Ed allora? Quale sarebbe la soluzione?
"In una democrazia i cittadini devono essere protetti dallo stato. L'iracheno cristiano è vulnerabile perchè non è protetto. Non ci bastano più le promesse del governo che è incapace di garantire la sicurezza senza la quale la democrazia è solo una bella parola. E questo vale anche per tutte le componenti del paese, etniche e religiose."
Mons. Najim, la premessa che il governo abbia il dovere di proteggere tutti i suoi cittadini è giusta. Gli attentati delle ultime settimane a Baghdad, Kirkuk, Tell Afar dimostrano una falla gravissima nel sistema Iraq ma in questo caso, attentati mirati e concertati non attribuibili ad azioni suicide, contro una ormai esigua minoranza cosa dovrebbe fare il governo per farla sentire meno vulnerabile?
"Voglio ricordare che per quanto minoranza gli iracheni cristiani sono a tutti gli effetti cittadini del paese. A questo punto è necessario che il governo crei e renda effettivamente operativo un sistema di intelligence in grado di scoprire i colpevoli di questi atti criminosi ed inumani ed assicurali alla giustizia. Solo così la comunità cristiana, ma in realtà l'iracheno in genere, saprà che un governo esiste e potrà acquistare fiducia in esso. Lo ripeto, non c'è democrazia senza sicurezza."

La convinzione di Mons. Najim sulla colpevolezza di forze esterne al paese nel caso degli attentati non è però condivisa da tutti. Secondo una fonte di Baghdadhope dall'Iraq che ha chiesto - per ovvie ragioni legate alla sicurezza - di mantenere l'anonimato, un'altra trama sarebbe intravedibile. Come nel caso degli attentati del 2004 che diedero il via alla fuga dei cristiani anche questa volta a beneficiarne potrebbe essere il governo regionale curdo. (KRG)
Lo scorso 24 giugno il parlamento del KRG ha approvato a schiacciante maggioranza la bozza di costituzione che avrebbe dovuto essere approvata per referendum il prossimo 25 luglio in concomitanza con le elezioni parlamentari e presidenziali. Una costituzione che ha trovato una fiera opposizione tra i parlamentari del governo centrale che si oppongono al tentativo curdo di annettere alcune zone geografiche contese tra le quali ci sono alcuni villaggi della Piana di Ninive. La costituzione curda, per disposizione dell'Indipendent High Electoral Commission non sarà votata per referendum il 25 luglio e lo stesso parlamento curdo riunito in sessione straordinaria il 9 di luglio ha accettato obtorto collo di posporla a data da destinarsi.
Eppure prima o poi quella costituzione dovrà essere approvata.
Secondo la teoria esposta a Baghdadhope se migliaia di cristiani dovessero nuovamente affluire in Kurdistan, e venissero un giorno chiamati ad approvarla o ad abrogarla, la gratitudine verso chi ha offerto loro ospitalità nel momento di massimo pericolo potrebbe favorire l'annessione del territorio conteso della Piana di Ninive al Kurdistan. Se è vero - come ha dichiarato anche Mons. Najim - che la vita in Kurdistan non è un paradiso potrebbe essere altrettanto vero che gli iracheni cristiani potrebbero far prevalere al momento del voto non considerazioni politiche ma quelle più pratiche legate alla sicurezza personale.
Senza contare che nuovamente molti cristiani diventerebbero comoda forza lavoro a buon mercato nell'esplosiva economia dell'"altro Iraq" come il Kurdistan definisce se stesso, e che la loro accoglienza "rinfrescherebbe" l'immagine del Kurdistan terra di tolleranza e generosità tanto preziosa nei confronti dell'estero ma minata da accuse di non rispetto dei diritti umani, di corruzione dilagante ed assolutismo.