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28 maggio 2021

Termina la maratona di preghiera per invocare la fine della pandemia di Coronavirus

By Baghdadhope*

Le preghiere che, su invito di papa Francesco, sono state rivolte a Maria nel mese  di maggio perché intercedesse per la fine dell'epidemia di Coronavirus termineranno anche in Iraq lunedì 31 maggio.
A Baghdad la comunità caldea si riunirà nella chiesa dedicata alla Vergine, Protettrice dei raccolti, nel quartiere di Hay al-Bayaa' dove il patriarca, Cardinale Mar Louis Raphael Sako, alla fine della recita del Santo Rosario celebrerà la messa.

I dati riguardanti il Coronavirus in Iraq (circa 40 milioni di abitanti) sono ad oggi: 
1.186.309 infettati dall'inizio della pandemia,
16.289 morti dall'inizio della pandemia, 
549.969 dosi di vaccino somministrate che, considerando che alcuni  necessitano di doppia dose, e che ogni paese segue regole diverse per la tempistica di somministrazione della seconda, non vuol dire che lo stesso numero di persone siano ormai completamente immunizzate. 


27 maggio 2021

Iraq: card. Sako (patriarca) alle famiglie, “fate più figli. La vita è una benedizione”


Prime Comunioni questa mattina a Baghdad dove, nella cattedrale di san Giuseppe, il patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako, ha amministrato il sacramento a 18 tra ragazzi e ragazze.
Nell’omelia il cardinale ha parlato di questo giorno “come il più bello della vostra vita. Per questo dovete continuare a venire in chiesa per alimentarvi del corpo di Cristo e pregare insieme ai fratelli”.
Non è mancato un monito alle famiglie: “I genitori – ha detto il patriarca Sako – dovrebbero prestare sempre più attenzione all’educazione dei propri figli. Con responsabilità, saggezza, amore e gentilezza donino loro un’educazione sana e solida, soprattutto in queste complesse condizioni in cui viviamo e di fronte al predominio dei social media in tutti i settori. L’educazione e la formazione siano complete, profonde e consapevoli, anche nella loro dimensione intellettuale così da sviluppare le capacità dei ragazzi”.
Infine un’esortazione rivolta sempre alle famiglie: “Fate più figli, non accontentatevi solo di uno o di due. La vita è una benedizione”.

Iraq: card. Sako (patriarca), appello ai cittadini “vaccinatevi”


Foto Patriarcato caldeo
Vaccinarsi contro il Coronavirus Covid-19 è necessario: a ribadirlo è il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael Sako.
In una nota, diffusa attraverso i canali del Patriarcato, Mar Sako, ricordando le raccomandazioni dell’Oms, esorta i cittadini a non avere timore perché, afferma, “il vaccino è la garanzia più efficace per prevenire il contagio del Covid-19. Milioni di persone lo hanno già avuto”.
Il patriarca, che ha già ricevuto le due dosi di vaccino, chiede “ai vescovi e sacerdoti di incoraggiare le persone a vaccinarsi lanciando appelli anche nelle messe domenicali e a pregare affinché il Signore debelli questa piaga dalla faccia della terra”.

26 maggio 2021

Turkish bombardment damages church in Duhok village, terrifying villagers

Karwan Faidhi Dri
Additional reporting by Naif Ramadhan

Turkish forces bombed the vicinity of a Christian village in Duhok province in the early hours of Tuesday morning, damaging several buildings, including the village church, locals have told Rudaw.
“It was around 2:40 am when the rockets hit near the village. As you can see, it is only 100 meters away,” Dawoud Yukhanna, a villager from Miska, told Rudaw, adding that “people were terrified.”
“They could not sleep all night after hearing the loud sound of the bombs.”
Yukhanna also said that the windows of the church and several other houses in the village were broken in the bombardment. Miska is located in Amedi, and lies some 15 kilometers away from Kesta and Chalke - villages recently abandoned due to Turkish airstrikes.
Only eight families have returned to live in Miska.
The Turkish army launched two military operations in Duhok province's Avashin, Basyan, and Metina areas on April 23.
Their stated aim is to remove the Kurdistan Workers’ Party (PKK) fighters from these areas.
The PKK is a Kurdish armed group struggling for the increased rights of Kurds in Turkey.
It is considered a terrorist organization by Ankara which regularly carries out military campaigns against the group at home and in the Kurdistan Region.
The ongoing clashes between the PKK and Ankara have pushed many to flee their homes.
On Tuesday, Edine became the third village to be evacuated since Turkey launched new operations, with the four remaining families leaving their homes.
Most of the families have fled to elsewhere in the province.
A 20-year-old civilian was injured in Deshish village on Tuesday after Turkey bombed a nearby area.
Only three families remain in the village. 

Il Patriarca caldeo Sako ai politici cristiani: unite forze e strategie, liberatevi dai settarismi

Le sigle e i Partiti politici iracheni animati da attivisti cristiani devono far convergere le forze, le strategie e le linee politiche per affrontare insieme emergenze e problemi che pesano sulla vita delle comunità cristiane locali. In caso contrario, il loro attivismo “in ordine sparso” finirà per contribuire alla lenta erosione della presenza cristiana in terra irachena.
L’appello arriva dal cardinale Louis Raphael Sako, Patriarca di babilonia dei caldei, che in un intervento dai toni allarmati rivolge critiche dirette alle modalità con cui militanti e aspiranti leader politici cristiani si stanno muovendo in vista delle prossime elezioni politiche nazionali, in programma il 10 ottobre 2021. 
Nel suo appello, diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato caldeo, il Patriarca offre anche la sua disponibilità a convocare un incontro tra politici e gruppi civici che fanno riferimento alle diverse comunità cristiane, per avviare convergenze e configurare strumenti di coordinamento in vista dell’imminente appuntamento elettorale. 
Nel suo intervento, il Patriarca ribadisce, tra le altre cose, che le difficoltà per le comunità cristiane irachene sono aumentate dopo la caduta del regime di Saddam Hussein
Da allora, “gruppi criminali organizzati” e con connessioni esterne hanno commesso ai danni dei cristiani iracheni rapimenti, soprusi, intimidazioni, espropri illegali di beni e veri e propri massacri. 
Una pressione a cui si sono aggiunte le violenze subite ad opera dei gruppi jihadisti come Daesh, che hanno spinto centinaia di migliaia di cristiani a espatriare verso Paesi occidentali. 
Davanti a tale scenario – deplora il Patriarca – l’attività di tanti aspiranti politici cristiani appare connotata da laceranti competizioni politiche e spreco di energie, con scontri tra fazioni e contese agguerrite tra chi sembra sempre a caccia di denaro e di posizioni di potere.
 Alcuni dei Partiti con leader e militanti cristiani – rimarca il Primate della Chiesa caldea - sono diventati piccole e grandi centrali di fanatismo, concentrate esclusivamente nello sforzo di annientare i propri rivali politici in seno alle stesse comunità cristiane. 
Evitare le lacerazioni e gli scontri politici interni – commenta il Patriarca – sarebbe utile a tutelare in maniera efficace il diritto di cittadinanza dei cristiani, per “salvare il salvabile”. 
Ma purtroppo – lamenta il cardinale iracheno – ristretti interessi privati e brama di affermazione personale rende tanti politici cristiani incapaci di prendere iniziative volte a tutelare il bene generale delle comunità di appartenenza e dell’intera nazione. 
“Il numero di candidati cristiani alle prossime elezioni ha già raggiunto quota 34” – nota en passant il Patriarca - e questa è la conferma del grado di faziosità e della conseguente frammentazione” che connota le iniziative politiche dei cristiani in Iraq. 
Il Cardinale Sako ricorda al riguardo che l’attuale sistema elettorale iracheno riserva alle comunità cristiane cinque seggi (su un totale di 325) in Parlamento, a alla luce di questo dato i Partiti animati da leader e militanti cristiani avrebbero fatto bene a “sedersi insieme e concordare una lista di cinque persone” su cui far convergere unanimemente i voti. 
Come Chiesa caldea – mette in chiaro il Patriarca Sako, nella conclusione del suo intervento - “siamo pronti a contribuire e partecipare senza alcuna intenzione di sostituirci ai Partiti politici”. 
Nel recente passato, il Patriarca Sako aveva già stigmatizzato in più occasioni la frammentazione delle sigle politiche animate da leader e militanti cristiani, facendo notare che anche grazie a tali lacerazioni interne i Partiti politici iracheni con più potere erano riusciti a piazzato propri emissari anche nei seggi parlamentari riservati ai rappresentanti appartenenti alla componente cristiana.

24 maggio 2021

Una bella notizia da Mosul: ritrovata anziana donna cristiana di cui si erano perse le tracce ai tempi dell'ISIS

By Baghdadhope*

Il sito del Patriarcato caldeo ha riportato la commovente storia di due donne, Camilla Haddad e Mary Fatohi Weber, delle cui esistenza si erano perse le tracce durante l'occupazione di Mosul da parte dell'ISIS.
Solo ora, infatti il Patriarca Cardinale Louis Raphael Sako ha appreso che la signora Haddad di 98 anni vive nella stessa città presso la casa di un signore musulmano, Elias Abu Ahmed, che ha nascosto le due donne presentandole di volta in volta come sua nonna e sua zia per salvarle e prendendosene cura così come fa con le sue due mogli ed i suoi 14 figli.   



La signora Weber è purtroppo venuta a mancare nel 2015 ma la signora Haddad, che secondo il suo ospite ha una sua stanza e rimane sveglia fino a tardi, ha potuto scambiare qualche parola al telefono con il patriarca che aveva conosciuto sia lei che le sue sorelle Najeeba ed Eileen quando aveva prestato servizio sacerdotale a Mosul e che infatti le si è rivolto presentandosi non con il titolo di patriarca o quello di cardinale ma con quello di "Abuna Louis" Padre Louis, come è probabile che la donna lo ricordi.   
Mar Sako ha potuto così sincerarsi delle condizioni di salute della signora Haddad che alla domanda su come stesse ha risposto "sto bene ma mi fanno male le gambe," un'affermazione tranquillizzante considerando l'età, mentre alla proposta di farla trasferire in altro luogo per ricevere assistenza l'anziana donna ha risposto ringraziando ma affermando anche la sua volontà di rimanere in casa di Abu Ahmed.    
Il Patriarca ha quindi promesso di andare a visitare le donna che ha risposto che sarà un grande onore per lei e che ha solo bisogno della benedizione di Dio.    

21 maggio 2021

Project to rebuild Mosul’s historic landmarks approaching new phase

WAM/Hassan Bashir/Hazem Hussein

The project, supported and financed by the UAE, to rebuild the Great Mosque of al-Nuri, the Conventual Church of Our Lady of the Hour and Al Tahira Church is approaching a new phase, as the city of Mosul, Iraq, is close to regaining its historic and cultural significance as a beacon of tolerance and human coexistence.
The Ministry of Culture and Youth in the UAE and the Iraqi Government are participating in an exhibition showcasing the project, under the patronage of the United Nations Educational, Scientific and Cultural Organisation (UNESCO) and on the sidelines of the 17th Venice Biennale of Architecture, which will take place from 22nd May to 21st November, 2021.
The UNESCO joint commission responsible for restoring the Great Mosque of al-Nuri, the Conventual Church of Our Lady of the Hour and Al Tahira Church will decide, on 6th May, the future steps for restoring these key three landmarks in Mosul.
The project, supported by the UAE, aims to restore and rebuild historic landmarks in Mosul, most notably the Great Mosque and its famous Al-Hadba Minaret measuring 45 metres in height, which were built over 840 years ago.
The UAE is keen to strengthen its ties with UNESCO and support its activities, initiatives and programmes, to benefit the world’s peoples and promote the values of compassion, peace and tolerance.
The UAE is the sixth leading donor to UNESCO and finances many local, regional and global projects.
The current crisis caused by the COVID-19 pandemic led to the commission’s fifth meeting to be held online, with the attendance of Noura bint Mohammed Al Kaabi, Minister of Culture and Youth, Dr. Hassan Nadhem, Iraqi Minister of Culture, Ernesto Ottone Ramírez, Assistant Director-General for Culture of UNESCO, and representatives of relevant local authorities.

Christian scholar to head Kurdistan Region's human rights board

May 18, 2021
Khazan Jangiz

The Kurdistan Region's parliament on Tuesday voted a Christian lawyer as head of the Independent Human Rights Board.
Muna Youkhanna, 50, was chosen out of 11 candidates and received 71 votes from MPs. In an interview with Rudaw on Tuesday, Youkhanna said she has published 33 books and research papers on human rights, and has been teaching law for more than 20 years at Erbil’s Salahaddin University.
The current head of the human rights board, Ziya Petros, is also a Christian. While the population is predominately Sunni Muslim, Christians are spread throughout Kurdistan Region. Almost 138,000 Christians were displaced to the Kurdistan Region when the Islamic State (ISIS) took over swathes of Iraq in 2014.
In late April, Kurdistan Region President Nechirvan Barzani told Vatican ambassador Mitja Leskovar the rights of Christians will be protected in the Region’s constitution, as “Christians are integral part of the Kurdistan Region and play a significant role in serving, building, developing and fostering a culture of coexistence in the Kurdistan Region.”
The Kurdistan Region hosts many Iraqi Christians who fled their homes when ISIS took control of Mosul and the Nineveh Plains in the summer of 2014.
Many more have left Iraq altogether, with the number of Christians in Iraq currently estimated at 300,000, down from 1.5 million before 2003, according to Erbil's Chaldean Archbishop Warda.
Ano Jawhar Abdulmasih Abdoka was sworn in as the Minister of the Kurdistan Regional Government's (KRG) Transportation and Communications in 2019, using a bible that was burned by ISIS militants in the Nineveh Plains, wanting to demonstrate that Christians will remain an essential part of the Kurdistan Region.
A Christian MP criticised Youkhanna’s appointment, citing her alleged involvement in a protest over the Assyrian village of Nahla, where residents claim their land is being subject to land-grabbing attempts.
Farid Yaqub Eliya, a Christian MP from al-Rafidain party, voiced his discontent, saying it “doesn’t suit the principles of democracy and coexistence.”

20 maggio 2021

Patriarca Sako: uno Stato civile contro l'uso politico della religione


Includere la religione nella politica è “una distorsione” perché sono due elementi “diversi”; la democrazia “non è un orpello”, ma garanzia di “libertà, diritti umani e dignità, un modo per diffondere la cultura della vita e far prosperare l’economia”.
È quanto ha sottolineato il primate caldeo, il card. Louis Raphael Sako, durante una conferenza organizzata dall’università di Erbil all’insegna dello slogan “Unità e Costituzione nella regione del Kurdistan (irakeno)”.
All’evento, promosso ieri, erano presenti il presidente Nechirvan Barzani, il premier Masrour Barzani, ministri e deputati della regione autonoma. “Per il progresso e l’unità dei popoli - ha aggiunto il porporato - è necessaria l’istituzione di una vera democrazia, con una Costituzione civile protetta da istituzioni statali competenti, che rispetti la libertà di individui e gruppi”.
Foto Patriarcato Caldeo
Le riflessioni del patriarca caldeo giungono a oltre due mesi dalla storica visita di papa Francesco in Iraq e in vista delle elezioni parlamentari. La tornata elettorale è in programma il prossimo 10 ottobre, se non interverranno ulteriori rinvii, visto che in un primo momento si dovevano tenere a giugno. Col voto verranno scelti i 328 membri della Camera dei rappresentanti, i quali saranno poi chiamati a indicare il futuro presidente della Repubblica e il primo ministro, col nuovo governo.
Il primate caldeo torna dunque a invocare la separazione fra religione e Stato nella futura Costituzione, del Kurdistan e dell’Iraq, con una impronta “civile” che riconosca il pluralismo e la diversità a livello di fede ed etnia. Una Costituzione civile, afferma il card. Sako, che sia in armonia “con una nuova realtà” e basata su “principi riconosciuti a livello universale” e che si identificano “con il diritto internazionale e i diritti umani” fra cui “pluralismo, genere e diversità”.
Egli avverte che “l’inclusione della religione nella politica è una distorsione [della fede] e dei suoi valori sublimi”.
Il patriarca caldeo ha rivolto un ringraziamento finale alla classe dirigente della regione del Kurdistan irakeno, per aver accolto centinaia di migliaia di famiglie cristiane (e musulmane) da Mosul e dalla piana di Ninive in seguito all’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis) nell’estate del 2014.
“Lo Stato civile - ha concluso - è il sistema di gestione degli affari pubblici che abbraccia tutte le religioni, culture, gruppi e lingue e gestisce in modo equo i loro affari pubblici, e non interferisce con le scelte religiose dei suoi cittadini”.

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Presentato il programma del Congresso eucaristico internazionale in Ungheria

By ACI Stampa

Si apre il 5 settembre prossimo il Congresso Eucaristico internazionale ed è prevista la partecipazione del Papa.
Lo hanno confermato gli organizzatori presentando il programma dell’evento che inizia con una grandiosa cerimonia di apertura, con la partecipazione di un coro di mille membri a Budapest in Piazza degli Eroi.
Sarà la liturgia dell’inizio dell’anno scolastico per le scuole cattoliche e una vera festa eucaristica, la prima comunione molto solenne per tutti quelli si sono iscritti.
Le celebrazioni religiose si alterneranno con diversi eventi e molti sono gli ospiti di diverse parti del mondo, come l’arcivescovo di Cebu nelle Filippine, il cardinale Andrew Yeom Soo-jung, l’arcivescovo di Seul, il primo leader cattolico che nel maggio del 2014 da vescovo ha attraversato il confine della dittatura della Corea del Nord. Presente l’arcivescovo Piero Marini, Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali per decenni cerimoniere del Papa San Giovanni Paolo II.
Presente anche il cardinale brasiliano Orani João Tempesta è sopravvissuto a due rapine a mano armata e ad una sparatoria in strada. 
Tanti altri relatori arrivano da paesi dove giorno per giorno sperimentano l’oppressione dei cristiani, oppure di più, anche la persecuzione, come il patriarca di Babilonia dei caldei, patriarca cattolico dell’Iraq, Louis Raphael Sako.
Il momento culminante sarà l’arrivo del Papa il 12 settembre.
Sono trascorsi 83 anni dall’ultima volta nella quale l’Ungheria ha organizzato un Congresso Eucaristico Internazionale (NEK).
L’evento era previsto nel 2020 ma a causa della pandemia è slittato di un anno.
Nella storia dei congressi iniziata nel 1881 intervalli forzati sono capitati solo a causa della prima e della seconda guerra mondiale.
È stata la prima volta che un congresso veniva ostacolato da una pandemia.
Il 52° Congresso Eucaristico Internazionale sarà preceduto da una consultazione professionale, scientifica, dal Simposio Teologico che si svolgerà dal 2 al 4 settembre a Esztergom.
Nell’ambito del dialogo ebreo-cristiano il 4 settembre verrà organizzato un concerto comune dell’Orchestra da Camera Solti, la Sezione di Albertfalva della Scuola di Canto di Budapest, il Coro Misto ETUNAM, András Gábor Virágh, László Fekete, Péter Dobszay e Dániel Rudas alla Grande Sinagoga della via Dohány.
Tra le testimonianze quella di Konstantin Szabó dalla Transcarpazia.
Padre Kosztyu, come la gente lo chiama, ha fatto il seminario clandestino e anche la sua ordinazione è stata clandestina.
Il 7 settembre possiamo incontrare l’arcivescovo Csaba Ternyák e il cardinale Gérald Lacroix che per anni in Colombia, nelle regioni colpite dalle guerre alla droga andava spesso su un asino a compiere il suo servizio tra le parrocchie.
La santa messa di martedì sarà celebrata dall’arcivescovo di Cebu, José Palma che arriva dalle Filippine, luogo del congresso eucaristico precedente.
Tra i relatori il matematico Jean-Luc Moens, padre di sette figli, l’ex moderatore del CHARIS, servizio per il Rinnovamento Carismatico Cattolico e Johannes Hartl che da hippy ribelle è diventato leader cattolico.
Il 9 settembre il vescovo Massimo Camisasca terrà una relazione con il titolo ”Il martirio dei preti italiani dopo la seconda guerra mondiale”, il cardinale Jean-Claude Hollerich e il cardinal Angelo Bagnasco condividono i loro pensieri al pubblico in una relazione con il titolo ”L’Eucaristia, evangelizzazione, impegno sociale in Europa”.
La Statio Orbis, la santa messa celebrata per la città e per il mondo il 12 settembre.

17 maggio 2021

Alle Elezioni politiche 2021 parteciperanno almeno 34 candidati cristiani

15 maggio 2021

Sono almeno 34 i candidati cristiani presenti nelle liste elettorali che si contenderanno i 325 seggi del Parlamento alle prossime elezioni politiche irachene, in programma il prossimo 10 ottobre.
Il website ankawa.com ha reso noti i nomi dei 34 candidati cristiani, che solo in parte saranno inseriti all’interno di liste partitiche (il sistema elettorale prevede anche la presenza di candidati singoli che competono per singoli seggi). La campagna per le prossime elezioni legislative irachene è già cominciata. Alla tornata elettorale è prevista la partecipazione di circa 44 coalizioni, in cui si raggruppano 267 Partiti. 
I candidati in lizza potrebbero essere più di 3500, dei quali solo poco più di mille saranno presentati da Partiti e coalizioni (anche se sono ancora in corso le verifiche sulla ammissibilità alla competizione elettorale di ogni singolo aspirante parlamentare). Le coalizioni che avevano concorso alle precedenti elezioni del 2018 si sono sfaldate nel tempo. 
Tra i Partiti legati alla comunità sciita maggioritaria non si sono ancora delineate coalizioni definite. Gli analisti prefigurano un arretramento consistente del Partito Da’wa - che per più di tre lustri è stato determinante nella scelta dei Primi Ministri – e una affermazione della coalizione che fa capo al leader sciita Muqtada al Sadr. Il sistema elettorale iracheno riserva alle minoranze cristiane una quota minima di 5 seggi in Parlamento, assegnati singolarmente nelle 5 province di Baghdad, Kirkuk, Erbil, Dohuk e Ninive.

13 maggio 2021

En Irak, l'histoire engloutie par le désert, les pluies et la gabegie de l'Etat

By Challenges

L'église Al Aqiser. Photo As-Sharq al-Awzat
Dans le désert, l'une des plus vieilles églises du monde s'effrite: après la venue du pape, les Irakiens ont rêvé de touristes et de bus de tour-opérateurs, mais dans un pays meutri par des années de guerre, les vestiges disparaissent dans l'indifférence.
A Aïn Tamer, au sud-ouest de Bagdad, il ne reste de l'église Al Aqiser, vieille de plus de 1.500 ans, que des murs de terre rouge à demi-écroulés.
Pour l'archéologue Zahed Mohammed, ce délabrement s'explique par "les conditions climatiques, le fait que cet endroit a été transformé en champ de tirs militaires sous Saddam Hussein et par l'absence de rénovations régulières".
"Un tel entretien réclame énormément d'argent mais nous ne recevons que de maigres enveloppes", rétorque Raëd Fadhel, maire d'Aïn Tamer.
A 60 kilomètres plus à l'est, les sanctuaires chiites de Kerbala attirent chaque année des millions de pèlerins.
Autant de visiteurs potentiels pour les cités mésopotamiennes, églises antiques et autres "ziggourat" babyloniennes, si l'Etat entretenait et assurait la publicité de ces lieux, se lamentent habitants et responsables.
En fait, assure à l'AFP Abdallah al-Jlihaoui, qui habite la province voisine de Diwaniya, "les étrangers s'occupent plus de notre patrimoine que nous".
Mais des étrangers, cela fait longtemps que Diwaniya n'en a pas vu. - Investissements vitaux - "Jusque dans les années 80, une université américaine fouillait ici. Nos parents et grands-parents ont travaillé dans ces chantiers, mais tout s'est arrêté" avec l'embargo international décrété en 1991 contre le régime de Saddam Hussein, soupire-t-il.
Le gouverneur Zouheir al-Chaalane recense plus de 2.000 sites et voit dans chacun d'eux une possibilité d'amorcer le décollage économique que les Irakiens attendent toujours près de 20 ans après l'invasion américaine qui promettait démocratie et prospérité.
Parmi ces sites se trouve Nippur, qui, avec ses temples, ses bibliothèques et ses palais, était il y a 7.000 ans un des principaux centres religieux des Akkadiens, et plus tard des Babyloniens. "Investir dans ces sites créerait des emplois dans notre province où les opportunités d'investissement sont rares", affirme à l'AFP M. Chaalane.
Le taux de pauvreté a doublé en Irak en 2020, à 40%.
Comme d'autres, il a vu une lueur d'espoir dans la venue d'une mission archéologique italienne au début de l'année.
Puis dans celle du pape François, qui a sillonné l'Irak, se rendant notamment à Ur, cité natale d'Abraham proche de Diwaniya.
 De quoi redonner des couleurs à un patrimoine qui a fondu entre vol, contrebande ou démolitions par les jihadistes qui jugent toute forme d'art hérétique.
 Mais même si de nouveaux sites étaient mis au jour ou réhabilités, "où iraient les touristes?", s'interroge M. Jlihaoui. "Il n'y a rien de prévu pour eux: la route n'a pas été goudronnée depuis les années 80, les poteaux électriques datent des années 70", énumère-t-il dans un pays qui subit pénuries de courant et d'eau potable depuis des décennies.

- Urgence climatique -
 Pour Mohammed Taha, qui vit à Kirkouk, dans le centre de l'Irak, "ni les autorités, ni même des organismes privés ne font quoi que ce soit pour le patrimoine".
 Il en veut pour preuve la "qechla", citadelle ottomane au dôme autrefois turquoise.
Aujourd'hui, des carreaux de mosaïque sont tombés et des pans entiers de murs menacent de s'écrouler.
 La citadelle vieille de 3.000 ans s'écroule, éloignant un peu plus ses chances de se maintenir, avec Nippur, dans la liste indicative pour entrer au patrimoine mondial de l'Unesco.
 La faute aux pluies, denses et fréquentes dans cette région montagneuse, assurent les autorités locales.
 Partout en Irak, l'un des pays les plus menacés par le changement climatique, la question environnementale est vitale.
 A terme, la désertification galopante dans le pays --déjà à 50% désertique-- menace la vie.
Elle a déjà signé la mort de ruines mésopotamiennes et même de constructions plus récentes.
 "Dans les années 60, 70 et 80, les ruines étaient protégées par la ceinture verte", affirme à l'AFP M. Jlihaoui. Les arbres qui faisaient barrage au vent ont été brûlés, arrachés par les obus des guerres à répétition ou coupés pour faire place à des villes à la construction anarchique.
La fraîcheur qu'apportait leur feuillage a disparu tout comme les digues que constituaient leurs racines. Les températures ont augmenté de quelques degrés, ce qui est néfaste pour les habitants car au-delà de 50 degrés, les tempêtes de sable se sont multipliées et les pluies d'hiver sont devenues plus denses. Autant d'agressions contre des ruines faites de briques. Des poussières qui après avoir fait les cités mésopotamiennes... redeviennent poussières.

Christians Displaced As Turkey Launches Airstrikes On Iraqi Province During Anniversary Of Ottoman-Era Genocide

Olivia Cavallaro

Residents of two villages were forced to evacuate when Turkish forces attacked an Iraqi province on the anniversary of the Ottoman-era genocide of Christians.
The Christian residents of two villages in the Duhok Province of Iraq were forced to flee as Turkey launched airstrikes in the area. Residents of Kesta Village evacuated by May 3 with some retreating to the nearby Chalke Village, which was then evacuated over the weekend save for one person.
According to International Christian Concern, Turkey's airstrikes became increasingly aggressive in April, enabling their forces to establish new military bases in the area. The timing is believed to coincide with the anniversary of Ottoman-era genocide of Christians.
Officials reportedly said Turkey also deployed chemical weapons at least three times in the area since the military operation began, claiming that these were part of national security operations against the PKK terrorist group inside Iraq.
Footage from the two Christian villages showed families evacuating as the airstrikes continued in the background. The community traveled through a rural, mountainous region, often over difficult roads together with their farming livelihood. Iraqi media showed footage of the airstrike damage.
One man who refused to leave the Chalke Village vowed that he would not abandon his home despite the airstrikes.
"I have not abandoned my house and will not until I die. I sleep in my house, disregarding the constant bombardment," Yousef Zayya, the man who stayed behind, told Rudaw.
The Anadolu Agency reported over the weekend that the Turkish security forces discovered a four-room cave in the Avasin-Basyan region which housed PKK terrorists in northern Iraq. They also found that the cave, which could house up to 50 terrorists, also had a "separate room with a steel door for hostages."
Turkish security forces confiscated nine improvised explosives and ammunition for 10 mortars. In a separate operation, Turkish security forces also seized weapons and ammunition in a cave in the Avasin-Basyan region where they neutralized six PKK terrorists in an anti-terror operation held on Sunday.
According to Daily Sabah, the Turkish Armed Forces (TSK) that launched airstrikes in the Gara region were able to eliminate at least 16 of 19 terrorists in two separate operations in northern Iraq. The ministry said that operations are continuing in the area to eliminate PKK terrorist groups. The TSK's large-scale military operation against the said group began in northern Iraq on April 23.
Turkey reiterated that it would not tolerate terrorist threats and called upon Iraqi officials to contain the threat. PKK's 40-year terror campaign against Turkey has led many countries to label it as a terrorist organization, including the United States and the European Union.
In April, President Joe Biden spoke with Turkey's President Recep Tayyip Erdogan before the U.S. President recognized the Ottoman-Era genocide in April 1915. According to NPR, President Biden said in a statement, "Each year on this day, we remember the lives of all those who died in the Ottoman-era Armenian genocide and recommit ourselves to preventing such an atrocity from ever again occurring."
Turkey has rejected historians' definition of the 1915 event as a genocide, which is why Biden's declaration may cause friction between the two nations despite the U.S. President's wishes to create a "constructive bilateral relationship with expanded areas of cooperation and effective management of disagreements" with Turkey.

12 maggio 2021

Iraq's Upcoming Election Likely to Disenfranchise Indigenous Assyrians | Opinion

Neil Joseph Nakkash

Recently, Iraq's Independent High Electoral Commission (IHEC) canceled election participation for citizens abroad, disenfranchising nearly 1 million Iraqi citizens in advance of early parliamentary elections set for October.
In a public statement, IHEC announced that the ruling comes as a result of "several technical and financial, legal, and health obstacles" that could prevent applicants abroad from receiving their biometric voting cards by Election Day.
The commission's decision was met with mixed reactions, with many Iraqis in support. They argue that citizens in diaspora should not be making decisions for a country they do not reside in—a belief popularized since 2003 due to the corruption and failures of expatriates, who played a dominant role for Iraqis in the U.S.-led invasion and subsequent formation of the current government and constitution.
Although this stance has some validity, it fails to consider the negative effects the decision will have on Iraqis living outside the country, particularly on Indigenous minority groups such as the Assyrians.
Ethnic Assyrians comprise the majority of Iraq's Christians, with many identifying with their church classifications, such as Chaldean or Syriac. As a consequence of the U.S.-led invasion, the group suffered from disproportionate rates of forced displacement and religious persecution perpetrated by sectarian and extremist armed groups.
Assyrians made up nearly 40 percent of Iraq War refugees. Their population in Iraq plummeted from an estimated 1.5 million in 2003, to as little as about 142,000 today, according to the Shlama Foundation.
As a result, Assyrians in Iraq have relied on their diasporan counterparts to help elevate their voices through advocacy and international forums, but also at home by voting in the parliamentary elections from their adopted countries.
Since 2010, Iraq's ethno-sectarian quota system reserves five parliamentary seats for Christians out of the total 329. While this allocation is meant to guarantee representation for Iraq's most disadvantaged, loopholes in the system have left it open to exploitation.
Parliamentary ballots permit non-Christian citizens to vote for Christian candidates, denying Assyrians their right to elect their own representation. Dominant political parties use this as an opportunity to appropriate minority voices and secure more seats.
The Kurdistan Democratic Party (KDP) and more recently the Badr Organization have recurrently benefited from this systematic fault. The two powers operate nominally Christian proxy-parties, such as the Chaldean Syriac Assyrian Popular Council, Chaldean Coalition and Babylon Movement, contesting authority over reserved seats.
Although these offshoots are represented by Christian politicians, Assyrian and other Christian constituents minimally vote for them. Instead, the KDP mobilizes its supporters, overwhelmingly Kurdish Muslims, to vote for the Christian nominees it endorses. The KDP has consistently wielded its influence and military power to infringe upon the representation of Assyrians—from committing voter suppression in six major Assyrian towns in the January 2005 elections to unilaterally installing a KDP loyalist as mayor of Alqosh in July 2017—in pursuit of its long-term aim to engulf the Nineveh Plains into the Kurdistan region of Iraq. The Badr Organization acquires support for its proxy, Babylon Movement, using a similar method: campaigning to Shiite Arabs and Shabaks in Iraq's southern provinces, which have dwindling or almost no Christian populations. The Babylon Movement's affiliated militia, known as the Babylon Brigades, has occupied the Chaldean Catholic town of Tel Kaif in Iraq's north since its liberation from ISIS in early 2017. Mostly comprised of non-local Shiite Arabs, the force's presence has deterred the return of displaced Assyrians—a clear indication that the Babylon Movement's interests are far removed from Iraq's Assyrian community.
With competition and deliberate interference from external parties amid ongoing population drain, Assyrians have struggled to secure legitimate representation. The results of the 2018 Iraqi parliamentary elections suggest that Assyrians have been effectively excluded from the political process. Only one allocated seat—held by the Assyrian Democratic Movement—was earned through grassroots mobilization, without endorsement or funding from ruling parties.
The other four seats are currently occupied by proxies of the KDP and Badr Organization principally voted in by members of majority groups. These co-opted representatives are more focused on their respective party's agendas and Baghdad-Erbil disputes than catering to the needs of the community they purportedly represent.
This situation leads to serious challenges concerning Assyrian representation, as organic community voices are deliberately undermined by individuals acting on behalf of a community that did not elect them as their representatives. It often results in Christian representatives communicating and promoting the interests of dominant parties to the Assyrians, rather than the other way around.
Assyrians have long called for measures to protect the meaning and purpose of the minority quota system—with proposed solutions ranging from separate ballots to special elections—but the Iraqi state has repeatedly disregarded all signs of electoral abuse. Additionally enabling these harmful practices, the United States and other Western actors often legitimize co-opted representatives, despite voicing their commitment to promoting democracy and protecting minorities.
The exploitation of the minority quota system has widened the gap between communities and their political representatives. Many Assyrians sense the marginalization and have consequently grown disillusioned with the political process—which explains the steep decline in voter turnout in Assyrian areas during Iraq's most recent elections. The low turnout reflects widespread distrust in the electoral system.
Unlike predominant groups, independent Assyrian parties heavily rely on expatriate voters to secure their seats in Iraq's parliament. IHEC's decision to cancel expatriate voting is likely to have a disproportionate effect on this demographic and further deter Assyrians in Iraq from casting their ballots this fall. The 2018 elections proved their dwindling numbers simply cannot compete with dominant Arab and Kurdish entities intent on co-opting their parliamentary seats to advance their own agendas.
As new measures are necessary to strengthen the integrity of Iraq's elections, the precarious situation Assyrians face must be taken into account. IHEC should reconsider its decision, as it pertains to voting in the minority quota, and take additional steps to protect elections for all Iraqis.
For years, Iraq's Indigenous Assyrians have watched in frustration as their representation was appropriated, reinforcing their second-class status in the country. The struggle against electoral injustice has made an already arduous effort to preserve the group's presence in Iraq more difficult. By denying expatriated Assyrians their right to vote, the state excludes them from the opportunity to help shape the conditions that could one day enable their return.

Neil Joseph Nakkash is an assistant researcher at the Assyrian Policy Institute.

P. Samir: gli ‘angeli della pandemia’ per cristiani e musulmani malati di Covid

By Asia News
Samir Youssef 

Contrarre il virus “è un po’ come una stigmate sociale: prima si cercava di nascondere il cancro” mentre ora, se uno sta male, preferisce dire che “è un tumore per celare il Covid-19”.
È la testimonianza, affidata ad AsiaNews, di p. Samir Youssef, parroco di Enishke, nella diocesi di Amadiya (Kurdistan irakeno), che nell’ ultimo periodo ha registrato una escalation di contagi. Il sacerdote ha vissuto in prima persona la malattia, così come la madre che si è affidata alla preghiera nei momenti di difficoltà. Fondamentale, prosegue, “la carità cristiana” nel bisogno che si è manifestata grazie all’impegno volontario di decine di giovani corsi in aiuto di famiglie cristiane e musulmane costrette all’isolamento perché contagiate.

Ecco, di seguito, la sua testimonianza:
Nei nostri villaggi cristiani del Kurdistan irakeno abbiamo avuto molti casi nell’ultimo periodo, vi sono famiglie intere colpite dal nuovo coronavirus e io stesso ho vissuto momenti difficili.
Mia madre Asia Sadoq, di 87 anni, ha contratto il Covid-19 ma grazie alle cure di mio fratello medico e alla preghiera è riuscita a superare la malattia. Per i primi 10 giorni ha sperimentato grande stanchezza in tutto il corpo, non aveva voglia di mangiare. Ogni tre giorni le facevamo gli esami del sangue e le controllavamo la saturazione. Non le abbiamo detto che era coronavirus, per non impaurirla, perché anche la parte psicologica - assieme alle preghiere - sono importanti per guarire. Ogni giorno pregava per i malati, non sapendo lei stessa di esserlo.
Qui da noi contrarre il virus è un po’ come una stigmate sociale: prima si cercava di nascondere il cancro, adesso se uno sta male dice che forse è un tumore per celare il Covid-19. Molti si infettano e aspettano, non agiscono, non vogliono sapere di averlo per paura di perdere il lavoro pur sapendo di poter contagiare altri. E poi vi è anche il problema dei test: negli ospedali pubblici ci viole molto tempo per farli, mettere quelli rapidi o i tamponi da privati costano fino a due o trecento dollari, troppo per il reddito di queste povere famiglie. Intanto il virus corre.
In queste settimane abbiamo avvertito forte la necessità di qualcuno che portasse cibo alle persone malate o in quarantena, accompagnasse in ospedale i bisognosi, che si mettesse a disposizione per aiutare gli altri.
La carità cristiana ha risposto attraverso gli “angeli della pandemia”, come li ho ribattezzati. Si tratta di gruppi di ragazzi e ragazze delle varie parrocchie, dai 18 ai 40 anni, universitari o lavoratori, sparsi per i vari villaggi di cui una quarantina solo del nostro centro pastorale di Enishke. Mi hanno aiutato molto in queste settimane, con un servizio di volontariato attivo a favore delle famiglie cristiane, musulmani, yazidi nel bisogno. A loro si aggiungono i miei amici curdi musulmani, che mi hanno aiutato a portare i malati più seri a Dohuk, perché qui in zona non abbiamo ospedali specializzati per contrastare le derive più gravi del virus.
I nostri giovani, alcune famiglie facoltose che hanno stanziato denaro, inviato soldi e aiuti, ci hanno permesso di prenderci cura di gente che non aveva nessuno che li aiutasse, dal consulto medico all’acquisto di farmaci alla consegna di cibo. Io stesso, seppur in forma leggera, ho fatto il Covid-19 e questi ragazzi hanno sopperito alle restrizioni che ho dovuto impormi per evitare di diffondere il virus. Sono intervenuti loro, andando a trovare le famiglie e ricevendo i bisogni di tutti. Una partecipazione attiva, che si unisce alla preghiera perché ogni settimana ci troviamo nel giardino del centro parrocchiale per la recita del Rosario.
Un esempio del lavoro di questi “angeli” è il sostegno dato a un villaggio di 18 famiglie, tutte con uno o più membri all’interno positivi al coronavirus. Ogni giorno abbiamo portato pane, acqua, scorte di cibo ogni tre giorni facendo in modo che non dovessero uscire per le loro necessità. Sul fronte della scuola non tutte hanno chiuso, o lo hanno fatto solo per brevi periodi, perché la didattica a distanza è difficile, se non impossibile e non funziona molto. Alle famiglie con figli in età scolare abbiano dato soldi per il trasporto a scuola dei figli.
Del resto dal 2011, con l’arrivo dei primi profughi siriani, la vocazione da queste parti è all’azione, alla evangelizzazione attraverso le opere, cercando di essere presenti nel sociale e di rispondere ai bisogni. Delle vittime della guerra e di quanti sono colpiti dal virus in maniera diretta o indiretta: oggi le difficoltà sono accresciute, molta gente che guidava bus o taxi, i dipendenti dei ristoranti, gli operai dei cantieri edili hanno perso il lavoro perché tutto è bloccato a causa dei lockdown, delle restrizioni e delle chiusure. Vi sono famiglie numerose, con bambini e anziani, e i soldi non bastano mai. Vi è poi la questione più dolorosa, che è quella delle vittime di Covid-19, perché da qualche tempo ogni giorno abbiamo un funerale di una persona deceduta a causa del virus. Sono il solo sacerdote rimasto, perché uno si è ammalato e l’altro è andato in America, e la situazione si fa sempre più difficile e dolorosa. La speranza è che continuino ad arrivare gli aiuti da tutto il mondo, nonostante l’emergenza tuttora vi sono parrocchie e sacerdoti che ci aiutano dall’Italia così come è stata fondamentale la campagna lanciata da AsiaNews “Adotta un cristiano di Mosul” che continua a dare i suoi frutti. Anche se le somme no sono ingenti, ancora oggi riusciamo a distribuire ogni mese cesti di cibo a 175 famiglie cristiane, musulmane e yazidi, siano esse profughi o persone nel bisogno a causa di questa terribile pandemia.

Se Francesco aiuta l’Islam a riconoscere il valore del pluralismo

Riccardo Cristiano

Non si può non notare che, pur essendoci forze ostili all’incontro, dopo mesi di evidente lavorio su cosa dovrebbero dire e magari firmare al-Sistani e al-Tayyeb, sauditi e iraniani hanno avviato negoziati attesi da decenni, mentre le guerre divorano milioni di vite. Gli interlocutori di Francesco stanno cercando, grazie al papa, di riportare la fede dalla parte dei credenti e non dei cantori dell’odio
Il 4 febbraio del 2019, quando il vescovo di Roma, Francesco, e la principale autorità teologica dell’Islam sunnita, lo sceicco dell’università islamica di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, hanno firmato ad Abu Dhabi il “Documento sulla fratellanza umana”, pochi si sono presi la briga di andarselo a leggere, pur essendo un testo non lungo.
Il principale esponente teologico di quell’Islam che per secoli ha imposto una tassazione ai cittadini di fede non islamica per godere di una protezione pubblica che gli consentiva di non adeguarsi alle leggi islamiche, ha firmato un documento nel quale si dice: “La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”.
Si tratta del principio di cittadinanza, che rende tutti uguali davanti alla legge e quindi separa legge civile e legge religiosa, come più avanti il testo chiarisce.
Questa cittadinanza ovviamente non si riferisce solo a cittadini di fedi diverse, ma anche a chi appartenendo alla stessa fede aderisce a diverse visioni: cattolici e protestanti, o, riferito al mondo arabo islamico, sunniti e sciiti. 
Quello tra sunniti e sciiti è divenuto un tema presente nel nostro discorso sull’Islam per via dei recenti incendi che oppongono proprio i sunniti, predominanti in Arabia Saudita e molti altri Paesi, e gli sciiti, predominanti in Iran e in altri Paesi. 
In Iran e Arabia Saudita si tratta di religioni di Stato.
Il 5 marzo di quest’anno il vescovo di Roma si è recato in Iraq, dove sempre nel nome dell’idea di fratellanza (nelle diversità) ha incontrato l’ayatollah al-Sistani, principale esponente sciita per via del fatto che guida la scuola teologica che si trova nella città santa di Najaf, dove è nato lo sciismo. 
Senza Najaf, e la vicina Karbala, non esiste sciismo. La visita ha avuto rilievo perché molti hanno visto un nuovo rapporto tra il Vaticano e questa scuola sciita che ha sempre respinto l’eresia teocratica khomeinista, ma soprattutto perché si è sperato che il viaggio nel nome della fratellanza potesse aprire le porte a un incontro tra i due poli dell’Islam in conflitto: sunniti e sciiti.
Senza rifare la sartoria millenaria dell’Islam noi oggi vediamo che tutti i conflitti che insanguinano il Medio Oriente arabo sono all’ombra di opposti imperialismi che contrappongono sciiti e sunniti. È così in Iraq, in Siria, in Libano, nello Yemen, per non parlare poi delle azioni che i soggetti coinvolti con i loro mercenari propongono in altri attigui scenari. 
Ognuno ha la sua storia e la sua versione delle responsabilità di tutto questo, ma certamente il wahhabismo, eresia alleata dei Saud dalla fondazione dello Stato, esportato dai sauditi per controllare i fedeli e il khomeinismo, eresia teocratica che ha lanciato l’esportazione delle rivoluzione, vi hanno contribuito enormemente. La scuola di Najaf non ha mai piegato la testa davanti alla teocrazia, rimanendo fedele alla visione sciita classica.
La speranza di un incontro tra il sunnita, al-Tayyeb, che ha firmato il documento di cui abbiamo accennato, e che quindi deve vedere quei principi come validi anche per i musulmani sciiti, e l’ayatollah al-Sistani, che con il papa ha pubblicamente apprezzato l’idea di fratellanza, appariva chimerica, contenendo il riconoscimento dell’altro e non la sua condanna come “nemico della fede” su cui si fondano le azioni degli opposti e analoghi estremisti.
Pochi giorni dopo la conclusione del viaggio di Francesco in Iraq, le principali autorità istituzionali dell’Iraq hanno ufficialmente e formalmente invitato lo sceicco al-Tayyeb a visitare il Paese, invito che lui ha accolto con entusiasmo. Sono seguite settimane di silenzio, poi il viaggio in Iraq del ministro degli esteri iraniano, Zarif, da molti considerato un moderato rispetto ai tetragoni esportatori della rivoluzione khomeinista, i pasdaran. Durante la sua permanenza a Baghdad Zarif ha incontrato anche il patriarca caldeo, cardinale Louis Sako, vero promotore e organizzatore del viaggio papale, che accompagnò Francesco a Najaf, all’incontro con al-Sistani.
Ora il sito on line vicino al Vaticano, Il Sismografo, ha notato un’intervista rilasciata dall’erede del padre storico della scuola di Najaf, al-Khoei, vero mentore a suo tempo dell’ayatollah al-Sistani. L’intervista è apparsa su al-Arabiya.net, saudita. Nel colloquio, che ha avuto luogo a Najaf, l’autorevolissimo accademico sciita ha detto, tra le altre cose, che si sta lavorando alacremente a un incontro tra l’ayatollah al-Sistani e lo sceicco al-Tayyeb. 
Che sarebbe un evento epocale, che sarebbe l’accettazione da parte islamica della propria stessa pluralità, è evidente. Tanto evidente che lo stesso al-Khoei, dopo aver detto che “l’Islam vola sulle ali di sciismo e sunnismo” avverte che l’opportunità va tenuta lontano dai riflettori. Infatti non sorprende che poche ore dopo nell’altra località santa sciita, Karbala, due giovani in motocicletta hanno ucciso a pistolettate un noto attivista per i diritti di cittadinanza e la fine dell’ingerenza miliziana iraniana. Ne è divampata una protesta di sciiti che sono giunti fino a Najaf, dove si è tentato di assalire l’ambasciata iraniana.
Le forze ostili all’incontro ci sono e sono terribili, ma non si può non notare che dopo mesi di evidente lavorio su cosa dovrebbero dire e magari firmare al-Sistani e al-Tayyeb, sauditi e iraniani hanno avviato negoziati attesi da decenni, mentre le guerre divorano milioni di vite. Chi ha bisogno di un nemico per sopravvivere è contrario, ma questa volta gli interlocutori di Francesco stanno proprio cercando, grazie al loro interlocutore, di riportare la fede dalla parte dei credenti e non dei cantori dell’odio.

11 maggio 2021

Iraq: In preparazione incontro storico tra il Grande Ayatollah sciita Ali al-Sistani e il sunnita Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb

By Il Sismografo Blogspot
10 maggio 2021

Dopo il graduale, riservato e delicato, riavvicinamento tra Iraq e Arabia Saudita e dopo lo storico incontro a Najaf tra Papa Francesco e Ali al-Sistani, all'interno del mondo islamico si profilano nuove svolte, in particolare nel delicatissimo campo dei rapporti bilaterali - sunniti e sciiti - in pratica inesistenti da secoli.

Jawad Al-Khoei, Segretario generale dell''Istituto Al-Khoei', nipote del Grande Ayatollah Abu Al-Qasim Al-Khoei (1899 - 1992), dal 1970 autorità suprema dei musulmani sciiti nel mondo dopo la morte del predecessore Muhsin al-Hakim, pochi giorni fa ha anticipato pubblicamente che si prepara un incontro tra Ali al-Sistani e al-Tayyeb.J.
Al-Khoei, una delle poche persone presenti in buona parte dell'incontro tra Papa Francesco e al-Sistani (6 marzo scorso a Najaf), lo ha rivelato durante un'ampia e approfondita conversazione con alcuni giornalisti di 'Alarabiya.net'. In questo contesto l'accademico islamico sciita ha detto che Najaf approva e sostiene il riavvicinamento tra Baghdad e Riad e al tempo stesso ha confermato, per la prima volta in forma pubblica, che si sta lavorando alacremente alla preparazione di un incontro - sempre a Najaf, 150 km a sud della capitale irachena - tra il Grande Ayatollah, massima autorità mondiale dei musulmani sciiti e l'alto dignitario sunnita Grande Imam di al-Azhar (Egitto). Al-Khoei, una delle più importanti figure musulmane nella preparazione dell'incontro tra il Papa di Roma e la guida sciita Ali al-Sistani, per quanto riguarda quello possibile e probabile tra il Grande Ayatollah e l'Imam di Al-Azhar, ha sottolineato che per ora occorre tenere la vicenda lontana dai riflettori per evitare ostacoli mediatici. Entrando in alcune materie più rilevanti in questi tempi e usando l'espressione "riferimento a Najaf" (città sede di al-Sistani, considerata sacra dai sciiti) ha precisato: "Najaf crede in uno stato civile non religioso" e rifiuta i "partiti islamici politici".
Jawad Al-Khoei, ha poi aggiunto: "L'Islam vola con le ali dei sunniti e degli sciiti. I nostri contributi sono tanti e hanno come fine la promozione di valori come la giustizia, la convivenza e la cittadinanza. Ho incontrato più volte lo sceicco di Al-Azhar, Ahmed Al-Tayyeb, e abbiamo avuto dialoghi franchi e amichevoli".

Christian delegation discusses religious coexistence in southern Iraqi provinces

Sura Ali
May 9, 2021

A Christian delegation headed by the Iraqi Minister of Migration and Displacement held mass in Maysan and Dhi Qar provinces on Saturday, discussing religious coexistence with local officials, according to a statement from the minister.
Minister Evan Jabro, accompanied by the Patriarch of Antioch of Syriac Catholics Mar Ignatius Yusef III, visited Maysan to meet with governor Ali Douai t0 discuss religious coexistence in the province, Jabro’s office said in a statement.
"The visit of the Patriarch of the Syriac Catholic Church of Antioch to Iraq is a historic visit as it is a good initiative for all Christians in Basra, Amarrha and Nasiriyah," said the minister, who added that the visit aims to protect and “maintain” the Christian presence in Iraq.
The delegation also visited the ancient city of Ur in Dhi Qar province, the birthplace of the Prophet Abraham, where Pope Francis met with religious leaders during his March visit.
The pontiff visited various locations across Iraq and the Kurdistan Region during his trip. He is the first pope to ever visit the country.
According to data from Erbil’s Chaldean Archbishop Bashar Warda, there were more than one million Christians in Iraq before 2003. Fewer than 300,000 remain today.

7 maggio 2021

Australia: Iraqi-born priest takes on new national role


Foto ACMRO
Fr Marogi
replaces long-time director Fr Maurizio Pettenà CS, who will complete his time with the agency next month. Among the key tasks of the Australian Catholic Migrant and Refugee Office (ACMRO) is collaboration with dioceses and religious institutes to support visa applications for clergy and religious arriving from overseas. 
Fr Marogi, who ministered to the Chaldean Catholic community in Sydney and Melbourne for more than a decade before moving to work in Port Pirie Diocese, has been overseeing that visa process for the regional South Australian diocese in recent years. He also served as chaplain to the three prisons in Port Pirie Diocese, as well ministry at a Catholic school and within local Aboriginal and Torres Strait Islander communities. 
He also started visiting refugee and asylum-seeker families and unaccompanied minors at a South Australian detention centre that reopened during this time in Port Augusta. 
Having lived in Iraq during the First Gulf War, one of a small number who stayed at the seminary in Baghdad while bombs rained down, Fr Marogi understands well the issues refugees and asylum-seekers face. 
The ACMRO each year issues a statement and various resources for World Day of Refugees and Migrants, something the Catholic Church has commemorated for more than a century. Fr Marogi said the Church’s approach to people seeking to live in Australia, regardless of their circumstances, is one of care and compassion. “Whatever the policies might be, and whether the people are genuine refugees or not, the key thing is treating them with dignity and with respect,” he said.


ACMRO News April 2021
Appointment of Fr Khalid Marogi as the next Director of the Australian Catholic Migrant and Refugee Office.

6 maggio 2021

Repubblica Ceca. Domenica 9 maggio speciale raccolta fondi per aiutare i cristiani in Medio Oriente


Una raccolta speciale per finanziare le necessità delle comunità cristiane residenti in Medio Oriente, è la speciale iniziativa intrapresa per questa domenica, 9 maggio, dai vescovi cechi e moravi attraverso la Caritas nazionale. Come specifica il sito della Conferenza episcopale della Repubblica Ceca informando sull’iniziativa, la data è stata scelta in occasione delle Giornata di preghiera per i cristiani perseguitati.
I fondi di questa raccolta andranno ad aiutare i cristiani sofferenti e perseguitati nei territori governati da estremisti islamici. 
I proventi degli anni precedenti sono stati utilizzati, ad esempio, per sostenere il rinnovamento della città cristiana di Karakoš, nel nord dell’Iraq, in cui è tornata quasi la metà della popolazione.
Nel corso della precedente edizione della raccolta, sono state raggiunte 11.396.029,92 corone ceche, pari a circa 425mila euro. 
Di questi fondi, una parte è stata utilizzata per migliorare le condizioni di vita e aumentare la resilienza delle famiglie rimpatriate più vulnerabili nel distretto di Hamdaniya nel Governatorato di Ninive sempre in Iraq, e un’altra consistente quota per finanziare mezzi di sussistenza sostenibili per famiglie di ritorno vulnerabili nella piana di Ninive, in Iraq.

5 maggio 2021

Iniziative per rilanciare i pellegrinaggi a Ur dei Caldei, dopo la visita di Papa Francesco


Una dozzina di esponenti di diverse Chiese cristiane provenienti da tutto il mondo è attesa nei prossimi giorni a Ur dei Caldei, la località irachena da dove, secondo la tradizione, è iniziato il viaggio del Patriarca Abramo, Padre di tutti i credenti. Sabato 8 maggio, i membri della delegazione pregheranno insieme presso la dimora di Abramo, in un singolare pellegrinaggio che esprime anche l’auspicio di veder ripartire e crescere in quell’area il flusso di pellegrinaggi, quando anche il Paese sarà uscito dalla crisi pandemica. 
L’occasione della visita degli esponenti cristiani a Ur è fornita dall’insediamento ufficiale del vescovo siro cattolico Firas Mundher Drdr come Esarca patriarcale di Bassorah e Golfo. 
La cerimonia di insediamento avverrà a Bassora venerdì 7 maggio, e verdrà la partecipazione del Patriarca di Antiochia dei siro cattolici, Ignace Youssif III Younan
Il giorno successivo, sabato 8 maggio, il Patriarca e gli altri ecclesiastici presenti all’insediamento dell’Esarca Firas Drdr compiranno la loro visita a Ur. 
Come rileva il website ankawa.com, la visita della delegazione di ecclesiastici si inquadra nel tentativo – sostenuto anche dalle autorità locali e nazionali – di valorizzare l’area di Ur dei caldei come meta di pellegrinaggi, dopo che quel luogo cruciale per la storia della salvezza ha ospitato uno dei momenti chiave della visita di Papa Francesco in Iraq (5-8 marzo 2021). 
L’auspicio di veder crescere il turismo religioso e archeologico a Ur e in tutto il governatorato iracheno di Dhi Qar è stato già al centro di colloqui tra rappresentanti ecclesiastici e autorità civili locali e nazionali, insieme alla sollecitazione a dedicare maggior attenzione e risorse al settore del turismo. L’Ispettorato per le antichità di Dhi Qar ha già sondato la possibilità di coinvolgere anche ONG e organismi internazionali come potenziali partner in progetti volti a sviluppare infrastrutture turistiche intorno all’antica città di Ur. La collocazione a Ur della casa di Abramo rappresenta un potenziale, innegabile incentivo a incoraggiare il turismo religioso nell’area. 
Il website ankawa.com riporta al riguardo anche le dichiarazioni del portavoce del ministro degli esteri iracheno Fuad Mohammed Hussein, ricevuto lunedì 3 maggio in Vaticano da Papa Francesco. 
Nelle dichiarazioni riportate da sito web iracheno si sottolinea l’importanza di curare e valorizzare le aree archeologiche in Iraq, anche coinvolgendo società e imprese straniere nella costruzione e gestione di opere necessarie a garantire il rilancio di tali aree anche come poli d’attrazione turistica. 
 Il più grande pellegrinaggio compiuto da cristiani iracheni negli ultimi anni è stato proprio quello che nell’aprile 2016 ha visto circa 200 caldei di Baghdad recarsi fino a Ur. Vescovo caldeo Basilio Yaldo e da sette sacerdoti, i cristiani appartenenti a diverse comunità e parrocchie di Baghdad vissero quel pellegrinaggio come “momento forte” nello spirito dell'Anno della Misericordia. 
In quell’occasione, una Liturgia eucaristica fu celebrata nel sito archeologico, non lontano dallo Ziggurat sumerico, sotto una tenda innalzata a ricordo di quella di Abramo.

Qaraqosh, la Prima comunione di 121 bambini 'speranza per il futuro'

Una festa per una comunità che, poco meno di due mesi fa, aveva incontrato papa Francesco e che in questi giorni si è riunita nella chiesa di san Giovanni Battista per celebrare le prime comunioni di 121 bambini della città (nelle foto). Per i cristiani di Qaraqosh, il più importante centro della piana di Ninive, nel nord dell’Iraq, anche questo rappresenta un momento di passaggio dopo gli anni bui delle violenze jihadiste dello Stato islamico (SI, ex Isis) che aveva impresso il proprio dominio con la violenza e il terrore. 
Interpellato da AsiaNews p. Majeed Attalla, parroco della cattedrale siro-cattolica dell’Immacolata Concezione di Qaraqosh, che ha celebrato le comunioni, conferma il clima di festa e partecipazione che ha caratterizzato le celebrazioni.
“Le prime comunioni hanno coinvolto - sottolinea - i bambini di due chiese, ma ne mancano altre sette. Questa è la prima parte, con 121 bambini, ma ce ne sono altri 400 in attesa nelle prossime settimane. Ringraziando Dio abbiamo molti bambini e questo è fonte di gioia, perché danno la forza e la speranza di continuare, essi rappresentano il futuro”. 
Bambini e bambine della prima comunione “si sono preparati con grande partecipazione. Il Covid-19 ha bloccato il mondo, ma per fortuna non ha interrotto la vita della comunità. Siamo felici di aver visto bambini pieni di gioia, che hanno ancora negli occhi e nel cuore la visita di Papa Francesco, fonte di coraggio per tutti noi. Ogni tanto intonano i canti per il papa e ridono”. 
Il campanile della chiesa di san Giovanni Battista era stato distrutto dai miliziani di Daesh (acronimo arabo per lo SI), ma la comunità locale lo ha voluto ricostruire per testimoniare che la fede è più forte della morte e delle distruzioni. Qaraqosh è il più importante centro cristiano della piana di Ninive, con il 90% dei suoi 50mila abitanti che professa la fede in Gesù. Sotto l’occupazione jihadista, fra il 2014 e il 2016, la cattedrale siro-cattolica dell’Immacolata Concezione era usata come un tiro a segno, tanto da lasciare un tappeto di bossoli sul terreno e fori di proiettili sulle pareti e le colonne. 
Durante la visita il papa aveva esortato la comunità locale a ricostruire, perché “anche in mezzo alle devastazioni del terrorismo e della guerra possiamo vedere, con gli occhi della fede, il trionfo della vita sulla morte. “Adesso è il momento di ricostruire e ricominciare” aveva aggiunto il pontefice, “affidandosi alla grazia di Dio, che guida le sorti di ogni uomo e di tutti i popoli. Non siete soli! La Chiesa intera vi è vicina, con la preghiera e la carità concreta”. Per farlo, ha concluso il papa, è fondamentale “il perdono” che definisce “una parola chiave [...] per rimanere nell’amore, per rimanere cristiani”.

3 maggio 2021

Papa Francesco riceve il Ministro degli Affari Esteri dell'Iraq. Dichiarazione della Sala stampa vaticana

By Sala Stampa Vaticana in Il Sismografo Blogspot 

Rispondendo alle domande dei giornalisti, il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha affermato:
“Confermo che questa mattina Papa Francesco ha incontrato in udienza il Ministro degli Affari Esteri dell’Iraq, Fuad Mohammed Hussein.
Durante la loro conversazione, durata circa 30 minuti, il Santo Padre ha avuto modo di ricordare con gratitudine l’accoglienza ricevuta nel corso del suo recente viaggio e ha rivolto un saluto affettuoso all’Iraq, a tutte le sue componenti, rinnovando l’auspicio che ciascuna possa ‘crescere nella solidarietà e nella capacità di riconoscersi responsabile della fragilità dell’altro’”.

Il Sismografo Blogspot
Il portavoce del Ministero degli Esteri iracheno ha annunciato, oggi sabato 1° maggio, che il Ministro Fuad Hussein incontrerà Papa Francesco lunedì prossimo in Vaticano.
"Una delegazione diplomatica irachena guidata dal ministro degli Esteri Fuad Hussein si è recata questa mattina nella capitale italiana, Roma, per tenere un giro di importanti incontri e dialoghi con membri del governo e naturalmente con le autorità vaticane" ha detto il portavoce Ahmed Al-Sahhaf, a Russia Today il quale ha poi precisato che "il ministro degli esteri iracheno incontrerà il Pontefice e discuterà sulla recente visita in Iraq dal 5 all'8 marzo". 

Per l'alto funzionario iracheno i frutti di questa visita sono di grande rilevanza sia per il Vaticano sia per il Paese e più in generale per tutti i credenti iracheni.
Fuad Hussein Fuad Mohammed Hussein (Khanaqin, 1º luglio 1949) è Ministro degli Affari esteri dell'Iraq dal 6 giugno 2020. È curdo, musulmano sciita e sposato con una moglie olandese di religione cristiana. Si trasferì nella capitale nel 1967, laureandosi all'Università di Baghdad nel 1971. Nello stesso periodo entrò a far parte dell'Unione degli studenti curdi e poi nel Partito Democratico del Kurdistan. Nel 1975, in seguito alla sconfitta curda nella seconda guerra curdo-irachena, Hussein si trasferì nei Paesi Bassi, dove iniziò un dottorato in relazioni internazionali. Dal 1976 guidò l'Unione degli studenti curdi all'estero e nel 1987 divenne vice-direttore dell'Istituto curdo di Parigi. In Olanda ha sposato una cristiana protestante olandese, discendente della famiglia italiana dei Montessori. Dopo la rimozione di Saddam Hussein, lavorò come consigliere del Ministero dell'Educazione occupandosi di riforma del programma istruttivo. Nel settembre 2018, il Partito Democratico del Kurdistan lo propose come Presidente dell'Iraq. Secondo la tradizione confessionalista irachena, la presidenza sarebbe difatti spettata a un curdo, essendo risultato il PDK il principale partito politico curdo alle elezioni generali del maggio 2018. Anche l'Unione Patriottica del Kurdistan nominò però un proprio candidato, Barham Salih, e pertanto i due partiti non riuscirono a trovare un accordo. La decisione venne dunque deferita a uno scrutinio segreto dei deputati neoeletti nel Consiglio dei rappresentanti, ove Salih vinse con 219 voti a favore e 22 contro. Meno di un mese dopo, Hussein fu nominato come candidato del PDK al Ministero delle Finanze, venendo confermato dal parlamento il 24 ottobre 2018. Dal 6 giugno 2020 ricopre l'incarico di ministro degli esteri.
(Scheda Wikipedia)