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24 dicembre 2021

Buon Natale 2021


Buon Natale e Buon Anno Nuovo

Edo Bri'cho o Rish d'Shato Brich'to

عيد ميلاد سعيد وسنة ميلادية مباركة

Happy Christmas and Happy New Year

Feliz Navidad y Feliz Año Nuevo

Feliz Natal e Feliz Ano Novo

Joyeux Noël et Bonne Année

Fröhliche Weihnachten und Gutes Neues Jahr

God Jul och Gott Nytt År


By Baghdadhope*

Mons. Azad Sabri Shaba nuovo vescovo caldeo della diocesi di Dohuk

By Baghdadhope*

Mons. Azad Sabri Shaba è il nuovo vescovo della diocesi caldea di Dohuk fino ad ora retta da Mons. Rabban Alqas. La decisione di nominare un nuovo vescovo per la diocesi era stata comunicata al termine del sinodo della chiesa caldea svoltosi lo scorso agosto. 

Mons. Shaba è nato a Shaqlawa il 1 febbraio del  1966 e nel 1987 è entrato nel seminario a Mosul per poi trasferirsi presso il seminario di Baghdad dove l'11 gennaio del 1991 è stato ordinato sacerdote. Dopo un breve periodo di servizio a Shaqlawa, nel nord del paese, nel 2002 è tornato a Baghdad per dirigere il seminario minore di San Pietro fino al 2006. Nel 2007, dopo un breve periodo di servizio di nuovo a Shaqlawa, ha iniziato gli studi a Roma presso l'Accademia Alfonsiana dove nel 2009 ha conseguito la licenza in teologia morale. Nel 2010 ha fatto ritorno in Iraq dove è stato nominato vicario generale dell'arcidiocesi di Erbil. Nel 2011 è di nuovo a Roma per proseguire gli studi e nel febbraio 2014 è stato trasferito in Svezia per servire la comunità caldea di Stoccolma. Nel 2020 ha conseguito il dottorato in teologia morale presso l'Accademia Alfonsiana con una tesi dal tirolo:  "Le grandi personalità del dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani nella Chiesa d'Oriente: uno studio etico."
Dal 2019 è docente presso il Babel College e dell'Istituto per l'educazione cristiana ad Ankawa, nella regione autonoma del Kurdistan iracheno. Membro del comitato editoriale della rivista Najm al-Mashriq dal 2011 al 2019 Mons. Shaba è autore di diversi testi tra cui: Vita dei Padri Caldei e Chiese e Santuari di Erbil e di molti articoli pubblicati su riviste come Star of the East; Between the Two Rivers e Christian Thought. Mons. Shaba si è molto adoperato per la comunità caldea di Shaqlawa acquistando proprietà e terreni afferenti alla chiesa dell'Assunzione ed adoperandosi per la costruzione nel 2006 della chiesa dei Martiri consacrata dall'allora patriarca caldeo Mar Emmanuel III Delly. Dal 2010 ha inoltre supervisionato il progetto di una casa di riposo ad Ankawa che ha anche diretto per alcuni anni.

Di seguito il link alla pagina della Sala Stampa della Santa Sede con l'ufficializzazione della nomina di Mons. Azad Sabri Shaba come nuovo vescovo caldeo della diocesi di Dohuk e quello alla pagina del sito del Patriarcato caldeo.

23 dicembre 2021

Confermata la festività nazionale per Natale in Iraq

By Baghdadhope* - Patriarcato caldeo

La segreteria generale della presidenza del consiglio dei ministri iracheno ha annunciato che in occasione delle festività legate alla ricorrenza della nascita di Cristo domenica 26 dicembre sarà giorno festivo. 
Già lo scorso anno, in risposta alle specifiche richieste in tal senso fatte dal patriarca Cardinale Mar Louis Sako il giorno di Natale era stata decretata la festa nazionale.

Confermata la trasmissione in diretta della Santa Messa condotta dal Patriarca Sako sul canale TV pubblico iracheno a partire dalle ore 21.00 del 24 dicembre. 

Iraq: Gli auguri di Natale al patriarca caldeo da quello assiro

By Baghdadhope* - Patriarcato caldeo

Tra i molti auguri ricevuti nell'approssimarsi del Natale il sito del Patriarcato caldeo ha pubblicato anche quelli inviati al patriarca Cardinale Mar Louis Sako dal patriarca della chiesa Assira dell'Est Mar Awa Royel III.




   

Iraq: Aics e Upp, apertura nuovo reparto salute mentale e supporto psicosociale dell’ospedale Al Salam di Mosul est


Si inaugura oggi il nuovo reparto di salute mentale e supporto psicosociale dell’ospedale Al Salam di Mosul est. La realizzazione dell’opera è stata resa possibile grazie al finanziamento della Cooperazione Italiana (Aics) a sostegno del progetto “Salamtak 3” (La tua salute), implementato da Un Ponte Per (Upp). 
Prima dell’occupazione dello Stato Islamico e la completa distruzione dell’edificio nel 2017, l’ospedale Al Salam era il più grande dell’area di Mosul. 
Dalla fine del 2017 l’ospedale è stato ricettore di supporto esterno volto alla ricostruzione e al ristabilimento dei servizi essenziali. 
Il nosocomio riceve quotidianamente tra i 6.000 e i 10.000 pazienti da tutto il governatorato di Ninive. Da oggi il Dipartimento di salute mentale disporrà di circa 240 mq di nuovi spazi inclusivi, nuove attrezzature che permetteranno terapie cognitive, trattamenti farmacologici, valutazioni psicologiche e supporto ai comitati medici e scolastici. L’intero reparto è stato completamente spostato nel nuovo edificio che dispone di ben 7 sale, con l’aggiunta di 8 posti letto, dedicate alla varietà di servizi offerti. 
Dal mese di febbraio grazie al progetto sono state raggiunte oltre 10.145 persone, tra le quali molte presentavano stress post traumatico e disturbi di vario genere. Più di 3.000 donne, adolescenti e bambini hanno avuto accesso a servizi di salute riproduttiva e specifiche consulenze pediatriche, grazie alla presenza di psicologhe, ginecologhe, ecografiste e pediatri. Sono state inoltre garantite circa 1.000 sessioni di supporto psicosociale individuale e collettivo. 
Grazie al nuovo reparto l’ospedale Al Salam diventerà il centro nevralgico per la salute mentale della città di Mosul, a cui faranno capo anche gli altri due ospedali della città che forniscono questi servizi. “Salamtak 3” si inserisce in un più vasto quadro di interventi e servizi specialistici che Upp, grazie al sostegno di Aics, porta avanti in Iraq, ed in particolare nella Piana di Ninive e a Mosul, sin dall’inizio dell’emergenza umanitaria del 2014.

22 dicembre 2021

Santa Clause roams Christian town of Iraq, "putting smiles on children's faces"


Locals dressed up as Santa Claus roam the streets of al-Hamdaniya, a Christian town overrun by the Islamic State group in 2014, in the Nineveh governorate of Iraq, distributing sweets to children to "put a smile on their faces".

Final Communiqué - Religious Consultation on Social Cohesion in Iraq



Invited by the World Council of Churches and the Middle East Council of Churches, 40 representatives of religious authorities and leaders of various Iraqi religions, congregations, and ethnic groups, came together in Beirut to follow up on recommendations of the 2017 conference held in Beirut under the title "Interfaith Consultation of Social Cohesion in Iraq", and to discuss emerging challenges and future prospects for social cohesion in Iraq.
The consultations were held between the 13th and the 15th of December 2021 in Beirut, and come on the heels of recent many changes and developments in Iraq, including: the protest movement that started in October 2019, the October 2021 parliamentary elections, regional and international developments, and the polarizations that have impacted the entire Middle East and Iraq in particular.
The discussions centered on three key issues with direct impact on social cohesion in Iraq:
The constitutional and legal reality
Education
Media
Participants agreed that the following principles would be the basis for joint action:
Human dignity
A civil state that protects the rights of everyone, promotes the principle of citizenship, and embraces diversity
Countering hate speech and extremism
Accountability, justice, and fighting corruption
The Human Fraternity document, the Pope's visit to Iraq, and the meeting with prominent religious leaders.
It was emphasized that the problem was not in the religious and ethnic diversity that already exist in Iraq, but in the politicized interpretations and religious practices, as well as the mismanagement of this diversity. Participants stressed the role of the state in providing protection for its citizens, preventing attacks based on their religious differences, securing restorative transitional justice, and suppressing hate speech.
The participants underlined the need to ensure sustainability of existence for all different groups, because, together, they constitute the wealth and richness of Iraq. This could be accomplished through the recognition that everyone has the right to be engaged in public affairs and decision-making mechanisms, especially on matters that directly affect their lives, as well as by building on the common history that brings Iraqis together and refining collective memory.
Attendees agreed on the need to incorporate scientific standards so as to accurately define legal terminology for better law enforcement in a practical manner that does not leave room for unaccountability and oppression.
In conclusion, participants expressed their commitment to continue to work together to promote and spread both the culture of diversity and peaceful coexistence in Iraq, with practical application in public policies, education, media, and other areas. Detailed recommendations are to be adopted and serve as the basis for next steps and a future action plan.

Christmas, a sign of coexistence in the Kurdistan Region

Goran Sabah Ghafour

A small Christian community in the heart of a Muslim country freely celebrates Christmas each year in Erbil, the capital city of Kurdistan Region.
December 25 is when the Kurdish Christian community celebrates Christmas, but the Kurdistan Regional Government (KRG) announced a public holiday from December 25 to January 2. This makes this year’s Christmas longer and, therefore, happier since families have more time to enjoy their reunion and celebrate.
Ankawa is a Christian District in Erbil where major Christmas celebrations take place and church bells ring. Ankawa’s population dramatically increased since 2014 when thousands of Christians left their homes in other Iraqi cities due to ISIS attacks and sought sanctuary there.
The KRG and the Kurdish society make sure that Christians celebrate Christmas with no worries whatsoever.
“My children and I have been living in Erbil since 2016, and we have had our best Christmas celebrations here because it is safe,” said Bashar Aprim, who settled in Ankawa after he left his home in Mosul in 2016 because of ISIS.
“The best Christmas celebrations happen here in Erbil,” Aprim added.
Church bells also ring in the other cities, towns, and villages of the Kurdistan Region.
“Christmas celebration in Kurdistan shows the rich culture of diversity and coexistence among different religions and peoples,” said Fazil Hashok, a local from Ankawa. “I see Muslims in our celebrations, and we also attend their feasts. We live like brothers, and we have no problems at all.”
The security situation in the Kurdistan Region ensures that all kinds of celebrations go smoothly.
“The most important thing is we feel safe,Aprim said. “Not only during Christmas, but at all times because the government provides us with very good security, and we feel good about it.”
Amir Othman, Manager of Religious Coexistence Department at the Kurdistan Regional Government’s (KRG) Ministry of Endowment, previously told Kurdistan 24 that only 250,000-300,000 Christians are left in Iraq. The vast majority of these Christians live in the Kurdistan Region.
“The number of Christians in Iraq before 2003 was estimated to be 1.5 million; while after 2003, especially after ISIS invaded Christian towns in the Nineveh Plain, a large number of them left Iraq, with 90 percent of those remaining moving to the Kurdistan Region, seeking a safe haven,” Othman said.
Religious and minority rights in Kurdistan Region are very well protected, a fact the KRG and the people of that region take pride in.
During his visit to Iraq last March, the first papal visit to the country, Pope Francis visited Kurdistan Region and hailed it for being a “home to those who fled Islamic State militants in Iraq.”
“It is because of the safety, peace, and good security that Pope Francis visited Kurdistan,” noted Hashok. “We felt proud about his visit.”
“We are even more proud that our Muslim brothers welcomed him too.”

Pechino costruirà mille scuole in Iraq

Il governo iracheno e quello cinese hanno firmato una serie di accordi che assegnano a due compagnie cinesi - Power China e Sinotech - il compito di costruire 1.000 scuole in tutto il Paese arabo entro i prossimi due anni. I costruttori cinesi si avvarranno della collaborazione di imprese irachene. Il patto, sottoscritto nei giorni scorsi, mostra una volta di più il profondo legame che unisce i due Stati, grazie anche al crescente disimpegno Usa nell’area. L’Iraq è ormai da tempo una delle principali destinazioni di investimenti cinesi in Medio oriente e, al tempo stesso, Pechino è il maggiore acquirente di petrolio iracheno.
Secondo quanto riferisce Hassan Mejaham, consulente del ministero iracheno dell’Edilizia, il Paese ha bisogno di almeno 8mila nuovi istituti per rispondere alle difficoltà e alle carenze del sistema educativo. Nonostante i proventi derivanti dalla vendita del petrolio, il quadro generale delle infrastrutture si presenta in condizioni critiche per decenni di guerre, la diffusa corruzione e il retaggio delle violenze jihadiste dello Stato islamico.
L’accordo complessivo fra Cina e Iraq è stato sottoscritto alla presenza del primo ministro Mustafa al-Kadhemi. Alla Power China è affidato l’incarico di realizzare 679 scuole, mentre alla Sinotech toccheranno le restanti 321. I lavori di costruzione dovrebbero cominciare a breve e terminare in due anni, ma già dal 2022 una parte degli istituti dovrebbe essere già agibile e disponibile all’uso per sopperire alle carenze del sistema. I due governi hanno già approntato una serie di passaggi successivi che prevedono nella seconda fase la costruzione di altre 3mila scuole e, nella terza e ultima, un lotto finale di 4mila.
Le difficoltà del sistema educativo e i problemi dell’edilizia scolastica sono da tempo al centro dell’attenzione degli esperti e delle organizzazioni internazionali. “Decenni di conflitti e sotto-investimenti in Iraq - ha sottolineato in una nota l’Unicef - hanno decimato quello che, un tempo, era il miglior sistema educativo della regione”, aggiungendo che “una scuola su due [nel Paese] è danneggiata o richiede una profonda opera di restauro”. Il fondo Onu per l’infanzia aggiunge che, in una nazione di circa 40 milioni di abitanti, “quasi 3,2 milioni di giovani iracheni in età scolare non frequentano le classi” e la stessa Banca mondiale avverte che la pandemia di Covid-19 ha acuito i già bassi livelli di istruzione.
Zhou Rong, esperto di finanza della Renmin University of China, spiega al Global Times che i progetti infrastrutturali sostenuti da Pechino in Iraq permetteranno di ampliare gli “spazi interpersonali e gli scambi culturali” fra i due Paesi, in un momento in cui Washington sta ritirando la sua influenza in Medio oriente. Tuttavia, il legame fra i due Paesi va ben oltre l’elemento culturale, con un volume commerciale che ha già raggiunto i 16 miliardi di dollari nei primi sei mesi del 2021 e una particolare attenzione per l’area del Kurdistan, considerata una miniera d’oro dagli investitori cinesi. Lo scorso anno l’Iraq è stato il terzo partner commerciale della Cina in Asia occidentale e Nord Africa con un interscambio commerciale di 30,1 miliardi di dollari, mentre Pechino ha importato più di 60 milioni di tonnellate di greggio iracheno.

21 dicembre 2021

Iraq: card. Sako (patriarca caldeo), nel messaggio di Natale “appello alla pace e alla riconciliazione”


“Tra le preoccupazioni derivanti dal clima politico carico di tensioni e conflitti e dalle sfide post elettorali, dall’inquinamento ambientale, dal cambiamento climatico e dal Covid-19, la nascita di Cristo viene a ricordarci con forza il messaggio di speranza, di pace, fratellanza, amore, solidarietà di Dio. Il Natale è un’occasione speciale per ricaricare la nostra fede e rinnovare la nostra speranza ed entusiasmo ed è un appello alla pace e alla sicurezza, all’amore, alla misericordia, alla dignità, alla riconciliazione e al rafforzamento delle relazioni fraterne”. Comincia così il Messaggio di Natale del patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako, diffuso oggi dal patriarcato caldeo. La nascita di Cristo – si legge nel testo – ricorda la presenza di Dio in mezzo a noi. 
La sua nascita esprime l’amore del Signore per le persone di tutte le nazionalità, culture e di tutte le età, e la sua vicinanza e sollecitudine per loro. Dal Natale deriva l’impegno dei cristiani nel “servizio ai fratelli, specialmente quelli che sono i più poveri e fragili. La nascita di Cristo è un ritorno alle sorgenti per affrontare e correggere le questioni importanti nella nostra vita e per promuovere con più maturità e consapevolezza la fratellanza, la tolleranza, la pace e l’amore”. 
Il Natale, spiega Mar Sako, è foriero di “speranza quando si innesta nella missione politica e nel servizio elevandolo al livello delle aspirazioni dei cittadini attraverso una sincera visione nazionale e uno spazio solido di dialogo, nell’interesse della sicurezza, della democrazia e della dignità degli iracheni. Questa speranza – conclude Mar Sako – dovrebbe essere tradotta dagli iracheni sul campo rifiutando le differenze, rompendo l’affiliazione settaria, consolidando l’appartenenza nazionale e cercando insieme di costruire uno Stato civile, uno Stato di cittadinanza, di giustizia e di diritto. Uno Stato i cui cittadini vivono in libertà, dignità, sicurezza e uguaglianza”. 
Infine una preghiera: “a Natale preghiamo per la pace e la stabilità nel nostro Paese, in Iraq e nel mondo, e lasciamo che ognuno di noi irradi i valori della tolleranza, dell’amore, della pace, della vita e della fratellanza, affinché sia data gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra: la Vergine Maria interceda per noi”.

Cardinal Sako’s Message of Christmas

Christmas of Hope
 In the midst of our worries about the current political situation fraught with tensions and conflicts; environmental pollution and climate change; the consequences of Corona Pandemic; as well as the challenges posed by the Iraqi elections, Christmas comes this year reminding us powerfully of the message of HOPE, full of peace, fraternity, love, solidarity and God’s blessings.
Christmas is a special opportunity to recharge our faith, renew our hope and enthusiasm. The good news of this feast is: “Do not be afraid, for behold, I bring you news of great joy: Today, a Savior has been born to you; He is Christ the Lord” (Luke 2/ 10-11). It is an appeal of peace, stability, dignity, reconciliation and of enhancing our fraternal relations.

Christian Faith
 Christmas intensely signifies God’s presence among us. The birth of Jesus Christ expresses God’s love for people of all nations and cultures, at all times; and also shows His closeness and care about them. Christmas invites us to be opened to the Lord’s presence in order to fill our lives with hope, peace, joy and ultimately to perceive the heavenly kingdom on earth: “Glory to God in the highest and peace on earth” (Luke 2/ 14). Let us join Virgin Mary in saying: “I am the handmaid of the Lord, let it be to me according to your word” (Luke 1/ 38). 
The story of Christmas is the story of God with all His divinity for humankind: grace and blessing; love; fraternity; and fellowship. Don’t we chant in one of the Christmas hymns: “When myself “is melted” into God’s being, I am in Christmas”? Is there a grace greater than this? So, Christmas means that God looks at us to be born from Him (from HIGH) asking everyone to look honestly at others as brothers and partners. 
 Christmas is the foundation of Christianity and the “heart” of its theology. The starting point is to have Jesus be born in our lives through our prayers, commitment to His teachings, as well as serving others, especially the poorest and those who are fragile, so we can taste the sweetness of our sonship to God and our fraternal relations. Above all, this Christian vision is, an inner spiritual experience that is reflected on the outside and makes Christmas continue in human history. St. Ambrose, Bishop of Milan (339-397), says: “Every believing soul conceives and gives birth to the Word of God. May the soul of Mary dwell in each of us, to glorify God. If Christ has only one mother according to the flesh, then He remains the fruit of all, according to faith“. When we celebrate the Eucharist (the Mass), isn’t the peak of His presence – amalgamation in receiving the communion with faith, in order to be converted to Him? 
Celebrating Christmas every year is a celebration of faith and a return to springs, that enable us to correct the path of important matters in our lives. Also, to handle fraternity, tolerance, peace and mercy with greater awareness and maturity. 
So, we must also realize that the concept of the 2nd (eschatological) Coming of Christ, is not related to historical sense of time, but rather to the ongoing reflection of Jesus’ Gospel on our daily lives. Isn’t that the Book of Revelation refers to this ongoing reflection: “Behold, I am standing at the door, knocking. If anyone hears my voice and opens the door, I will come in to him…” (Revelation 3/ 20). 
Acceptance and rejection remain as it was at Jesus’ time. We do not discover Jesus’ presence by chance, it requires that we search for Him as the shepherds and Magi did, so that every one of us starts his life with Christ passionately and with confidence. Therefore, the Church to which His mission is entrusted, must be translated into the current culture following new methods and an understandable contemporary language, in order to attract people to Christ and His teachings. Such endeavor reflects Church vitality and its loyalty to Christ and to humanity.

Christmas for the world
The world will “rise” when human being listen to his conscience and to the calls of God in respecting others, achieving justice, spreading peace, security and mercy in the whole world, rather than searching for economic and political interests (consummation) only. The West, especially Europe, should not deny that its history is molded by Christian morals and spirituality. Christmas – Hope is a universal human experience that should translate its exalted meanings into public life.

Christmas for Iraq
 Christmas remains the HOPE, when the government political and services work, rises to the level of peoples’ aspirations, via a sincere national vision and a courageous dialogue in facing the accumulated crises and complicated problems in favor of security, stability, consolidating democracy, providing services and maintaining the dignity of Iraqis. This HOPE should be interpreted by Iraqis “on the ground” through self-reliance rather than depending on “outside”. Also, by rejecting differences and “breaking” sectarianism in order to consolidate the Iraqi nationality and “join-hands” together to build a civil state, a citizenship state, a state of justice and law, whose citizens experience equality, freedom, etc. Let us pray for peace and stability in our beloved country, Iraq and the whole world. Let us radiate values ​​of tolerance, mercy, peace, and fraternity, to live the “glory to God in the highest, and peace on earth”.

May the Blessed Virgin Mary intercede for us.
The last thing to die is HOPE
 Wishing you all a Merry Christmas, and Happy New Year

20 dicembre 2021

Chaldean priest: Christians in Syria are in desperate need of help

December 20, 2021

 

The Jazira Region is in northern Syria, east of the Euphrates, on the border with Turkey and Iraq, and is largely controlled by the Kurdish forces. Almost all Christians, mostly Assyrians, have left their villages. There are many churches in these 38 villages, but due to migration, only two are still active. Out of 21,000 Syriac Orthodox present in the area before the war, only 800 remain today.

The causes of the exodus 
This massive escape started after an incident that occurred four years ago when 150 Christians, including a Chaldean family of five, were kidnapped by ISIS islamists. After 15 days the terrorists asked for ransom and, because it wasn’t paid, they subsequently released a video of the execution of three of the hostages.
The same video showed three other hostages, including a member of the Chaldean family, who had to read out a message addressed to Chaldean religious leaders asking them to pay the ransom. This time it was paid and 146 of the 147 survivors were subsequently released. However, one woman was held back by an ISIS leader who had chosen her as his wife and fathered two children with her. After the fall of the Caliphate, the woman was given the choice to leave, which she could not do as she feared she would be killed by her own family, even though she had been forcibly detained by her kidnapper.

The "business" of kidnappings 
Since that marking event and following other kidnappings, 80 percent of the Assyrians fled to Lebanon. “It was a business”, says Rev. Nidal Thomas, “They kidnapped Christians from Al-Hasakah, and collected the ransom money”. At the time none of the fighting parties in the region could protect Christians, the priest explains. Many others have left and continue to leave.
Today, many actors are present in the area. These include Turkey, who has occupied a strip of land just over its border, pro-Iranian Hezbollah, some French and Iranian soldiers, the Syrian army with its Russian ally, and the Kurds, supported by the US forces. The Kurds control the oil plants in the area bordering Iraq.
In this context some Christian groups have allied with the Kurds, while others fight with the Syrian army. This makes it even more difficult for Christians to stay, as they are always be suspected of supporting one side or the other and be targeted, Rev. Thomas explains. In addition to this, the Kurdish armed forces are recruiting people, especially young people, among Christians too to replenish their ranks.

Seven Christians out of ten leaving 
The situation of Christiansin the Jazira Region (‘the Island’, in Arabic) is consequently even more difficult athan in the rest of Syria. This is why seven Christians out of ten have chosen to leave, especially Assyrians.
For those who have remained in the region, where the war is not over, either by choice or by force, there is a further complication: getting hold of the money sent by family members living abroad. This money is essential to survive, considering the lack of work, the ongoing economic crisis and inflation.

Cry for help
This is why Rev. Thomas implores for help: "Everyone needs to know about our plight" he says. "Everyone here can't wait to leave. They ask their refugee relatives to help them flee, because here they face all sorts of difficulties and have no future ", concludes the Chaldean Patriarchal vicar for north-eastern Syria.

Dalla Chiesa caldea una giornata di digiuno e preghiera per l’Iraq


Il patriarcato caldeo ha indetto una giornata di digiuno e preghiera per l’Iraq, una nazione alla ricerca di un “nuovo equilibrio” e di un futuro di “sviluppo e sicurezza” dopo le violenze post invasione Usa e la follia jihadista dello Stato islamico (SI, ex Isis). A promuovere l’iniziativa in programma domani, 21 dicembre, è lo stesso primate, il card. Louis Raphael Sako, che si rivolge alla comunità cristiana e a tutte le persone che hanno a cuore il bene della nazione, musulmani compresi.
Nel messaggio, il porporato sottolinea che attraverso la preghiera e l’iniziativa di persone di “buona volontà” si cerca di “alleviare la crisi” lasciata dalle elezioni parlamentari e accelerare sulla “formazione di un governo nazionale”. L’obiettivo, aggiunge, è quello di lavorare in modo “saggio” per costruire un “vero stato democratico” e raggiungere “la pace e la stabilità”. Un impegno duplice, conclude la nota patriarcale, in questo periodo in cui i cristiani “stanno per celebrare la nascita di Cristo, messaggero di pace e amore”.
Ai primi di novembre aveva destato particolare preoccupazione l’attentato al primo ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi, rimasto illeso durante un attacco lanciato con droni alla sua abitazione. Analisti ed esperti avevano legato l’operazione alla recente tornata elettorale, contestata da una parte dello schieramento politico, in particolare dai movimenti sciiti filo-iraniani usciti sconfitti dalle urne. La crescente tensione aveva già fatto risuonare più di un campanello d’allarme fra i vescovi caldei, i quali avevano invocato a più riprese un governo forte per frenare la deriva violenta e una situazione di caos che farebbe precipitare il Paese nel baratro.
Nel lanciare la giornata pre-natalizia di digiuno e preghiera, la Chiesa caldea e l’arcidiocesi di Baghdad hanno promosso al contempo una distribuzione di aiuti per mille famiglie bisognose della capitale. Una iniziativa voluta con forza dallo stesso patriarca Sako, in collaborazione con gli attivisti di Caritas Iraq. Alle famiglie bisognose i leader cristiani hanno distribuito un cesto alimentare contenente beni di prima necessità e redistribuito i proventi di una raccolta fondi per l’acquisto di prodotti essenziali che ha portato a raccogliere 20 milioni di dinari iracheni (poco più di 12mila euro complessivi).

16 dicembre 2021

Insediato il nuovo vescovo caldeo del Canada: Mons. Robert Saeed Jarjis


Si è svolta lo scorso 14 dicembre nella cattedrale caldea del Buon Pastore a Toronto, in Canada, la cerimonia di insediamento del nuovo vescovo dell'Eparchia di Sant'Addai: Mons. Robert Saeed Jarjis.  
Mons. Jarjis è il quarto vescovo dell'eparchia eretta nel 2011 dopo Mons. Hanna Zora, ritiratosi nel 2014 e deceduto nel 2016; Mons. Emanuel Shaleta, dal 2017 vescovo della diocesi di San Pietro Apostolo con sede a San Diego (California) e Mons. Bawai Soro, ritiratosi lo scorso settembre. 
Alla cerimonia erano presenti: il cardinale Thomas Collins, Arcivescovo latino di Toronto; Mons. 
Ivan Jurkovič, Nunzio Apostolico in Canada; il vescovo della chiesa siro-cattolica in Canada, Mons. Paul Antoine Nassif; quello della chiesa copta ortodossa, Mons. Mina; quello della chiesa assira dell'Est, Mons. Emmanuel Yosip; Padre Paul Pearson, rettore del seminario cattolico di San Filippo; Padre Angelos Saad della chiesa copta ortodossa e Padre Walid El Khoury della chiesa maronita. 

Per la chiesa caldea erano presenti tutti i sacerdoti dell'eparchia: Padre Fawzi Hanna; Padre Bassim Shoni; Padre Niaz Toma; Padre Dheyaa ShammasPadre Sabah KamoraPadre Peter Korkis;  ed i Corepiscopi Mons. Daoud Bafro, Mons. Noel Farman, Mons. Raymond Moussalli e Padre Muhannad Al Tawil della diocesi caldea USA Est (Michigan) 

Tra i rappresentati delle autorità civili erano presenti: l'ambasciatore iracheno in Canada,
Dr. Wadih Batti ed i rappresentanti del parlamento canadese Dr. Aris Babikian; Dr. Francesco Sorbara e Dr. Sherif Sabawi che ha portato i saluti al nuovo vescovo da parte del primo ministro dell'Ontario, Doug Ford. 
Il discorso di benvenuto nella diocesi è stato tenuto da Mons. Emmanuel Shaleta mentre il vescovo dimissionario, Mar Bawai Soro ha donato al suo successore una croce che gli era stata donata da Papa Giovanni Paolo II nel 1996.
Mons. Jarjis ha poi ringraziato Papa Francesco, il patriarca della chiesa caldea Cardinale Mar Louis Raphael Sako ed il sinodo caldeo per la fiducia accordatagli nel destinarlo a guidare l'eparchia canadese così come i due vescovi che lo hanno preceduto con le parole: "Oggi inizia il mio viaggio nella mia nuova casa, il Canada, ed imparerò da voi."  

Di seguito la biografia di Mons. Robert Saeed Jarjis pubblicata dalla Sala Stampa della Santa Sede nel giorno della sua nomina: 
S.E. Mons. Robert Saeed Jarjis è nato a Baghdad il 23 ottobre 1973.
Ha studiato medicina veterinaria all’Università di Baghdad ottenendo la licenza e un master.
È entrato nel Seminario Patriarcale di Baghdad e ha studiato al Babel College.
È stato poi inviato a Roma, al Pontificio Collegio Urbano De Propaganda Fide, come seminarista, per continuare la formazione presso la Pontificia Università Urbaniana ed è stato ordinato sacerdote a Roma il 27 aprile 2008.
Successivamente ha studiato al Pontificio Istituto Biblico e ha ottenuto la licenza in Teologia Biblica nel 2001.
Rientrato a Baghdad è stato Parroco di Santa Maria Assunta e della Cattedrale di San Giuseppe. Eletto Vescovo titolare di Arsamosata ed Ausiliare dell’Arcieparchia Patriarcale di Baghdad dei Caldei, è stato consacrato il 18 gennaio 2019.
 Parla l’arabo, l’italiano, il siriaco e l’inglese.

15 dicembre 2021

La Collegiata di Moncalieri accoglie la Vergine di Batnaya – Iraq


Foto ACS
Descrizione
: La Collegiata di Moncalieri accoglie la Vergine di Batnaya – Iraq

di seguito il programma delle celebrazioni e degli incontri:
Venerdì 17 dicembre 2021 la chiesa della Collegiata a Moncalieri accoglie alle 21 con la Messa presieduta dall’Arcivescovo Nosiglia la statua della Beata Vergine Maria di Batnaya – Iraq.
Sabato 18 dicembre alle 8.30 Messa e preghiera dell’Angelus in particolare per studenti e lavoratori; alle 17.30 Rosario e Messa; alle 21 «Una preghiera in canto…»: preghiera mariana con la Corale «G. Verdi».
Domenica 19 dicembre il tradizionale orario festivo delle Messe e alle 18. Rosario e Messa; alle 21 Veglia Mariana e catechesi.
Lunedì 20 dicembre alle 7 Messa e preghiera dell’Angelus in particolare per studenti e lavoratori; alle 17.30 Rosario e Messa; alle 21 Veglia Mariana e Catechesi.
Martedì 21 dicembre alle 7 Messa e preghiera dell’Angelus in particolare per studenti e lavoratori esposizione di alcune fotografie realizzate in occasione della visita di Papa Francesco in Iraq e in Kurdistan nel marzo 2021. Ore 17.30 Rosario e Messa e alle 21 «Tacciano le armi– Tra poeti e costruttori di pace. Voce e immagini di chi ha visto la terra insanguinata». Con la partecipazione di Adriana Fara, Stefano Stranges e Marioluca Bariona.
Mercoledì 22 dicembre alle 7 Messa e preghiera dell’Angelus in particolare per studenti e lavoratori; alle 17.30 Rosario e Messa; alle 21 «La voce di Maria…», Veglia Mariana.
Giovedì 23 dicembre alle 7 Messa e preghiera dell’Angelus in particolare per studenti e lavoratori; alle 12 Rosario e saluto alla sacra immagine della Vergine ferita in partenza.

Indirizzo: Piazza Vittorio Emanuele II, 10024 Moncalieri, Piemonte Italia

Le offerte che verranno raccolte in questi giorni saranno destinate ad Aiuto alla Chiesa che Soffre per completare la ricostruzione dell’asilo gestito dalle suore di Santa Caterina a Batnaya (per maggiori info clicca qui).

13 dicembre 2021

Iraq: il card. Sako (patriarca caldeo) ricevuto dal presidente curdo Barzani

By AgenSIR - Patriarcato caldeo

Foto Patriarcato caldeo
Il presidente curdo Masoud Barzani ha ricevuto ieri, a Erbil, capoluogo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, il card. Louis Sako, patriarca caldeo. Secondo quanto riferito dal Patriarcato caldeo, “i due hanno parlato della situazione politica e dei recenti sviluppi in Iraq ribadendo l’impegno a lavorare per la stabilità nel Paese”.
Il cardinale, che era accompagnato dall’arcivescovo caldeo di Erbil, Bashar Matti Warda, ha potuto anche “discutere della situazione dei cristiani in Iraq e nella regione del Kurdistan, ponendo l’accento sul tema della convivenza religiosa e nazionale e su quello della fratellanza tra le varie componenti della società curda e irachena”.

Da Anbar a Mosul, le mine anti-uomo dell’Isis continuano a uccidere


 Il dramma delle mine anti-uomo è ancora oggi di stretta attualità nel nord dell’Iraq, come emerge dalle cifre ufficiali delle Nazioni Unite: da gennaio a settembre di quest’anno, almeno 100 bambini sono morti o feriti in modo grave a causa dello scoppio di ordigni inesplosi nel sottosuolo. Almeno una persona su quattro è esposta al rischio, in una delle nazioni con il più alto “tasso di contaminazione” in base alle denunce di diverse ong presenti sul territorio. Un fenomeno alimentato dai vari conflitti che si sono succeduti negli anni, dalla guerra con l’Iran negli anni ‘80 del secolo scorso all’invasione Usa nel 2003, fino all’ascesa e (successiva) sconfitta dello Stato islamico (SI, ex Isis).
L’Orient-Le Jour (LOJ) ha raccolto la storia di Awad Qado, originario del sobborgo di Hassan-Jalad, una cinquantina di case poco distanti da Mosul, a lungo roccaforte jihadista. Nel 2017 la sua famiglia è stata sconvolta dallo scoppio di una mina che ha causato la morte di due nipoti a guardia del bestiame; ferito anche un figlio dell’uomo, mentre una quarta persona ha subito l’amputazione delle gambe, senza contare le perdite fra vacche e montoni. “Abbiamo molta paura per i nostri bambini” racconta, per questo “diciamo loro quali strade prendere e quali aree evitare”. Non si contano gli avvertimenti a non raccogliere fili elettrici o qualsiasi altro resto trovino per terra.
In un anno una squadra di esperti di Gcs, azienda privata specializzata nello sminamento, ha rinvenuto oltre 1.500 esplosivi ancora pronti a colpire. In questa zona, aggiunge Awad Qado, “ogni casa ha una storia da raccontare. Sono molti i bambini morti” per gli ordigni innescati dagli animali che vagano per campi e pascoli. E a poco valgono i cartelli di allerta disseminati ovunque, ma che non sono bastati a evitare molti incidenti nelle province di Mosul e Anbar, le più colpite. Nell’abbandonare le loro roccaforti, i miliziani dell’Isis si sono lasciati alle spalle un oceano di mine: sottoterra, collegati a frigoriferi, porte, finestre, nascosti sotto macerie, giocattoli, elettrodomestici come emerge da un rapporto dell’ong Handicap international. Oggi a pagarne le conseguenze è la popolazione civile, soprattutto i più piccoli. Ecco perché l’unica risposta possibile, e praticabile al momento in attesa di una vera opera di bonifica, è quella della sensibilizzazione.
Mons. Paolo Thabit Mekko, per molti anni sacerdote nella piana di Ninive e responsabile della comunità cristiana di Karamles, da poche settimane vescovo coadiutore di Alqosh (Kurdistan iracheno) conferma ad AsiaNews l’enorme quantitativo di ordigni nel sottosuolo. “Una questione aperta - spiega - in tutte le zone occupate un tempo dall’Isis. Non di rado si sentono notizie relative allo scoppio di mine antiuomo” sebbene in alcune zone la situazione sia “migliorata”. 
Il prelato riporta l’esempio di quella che è stata a lungo la sua comunità, a Karamles: “Nell’area hanno compiuto una profonda operazione di sminamento dei terreni, sapevamo essere una zona pericolosa ma l’hanno ripulita. Al contempo, abbiamo invitato nelle scuole e nelle parrocchie ong e associazioni che hanno promosso un’opera di sensibilizzazione fra i bambini, perché fossero consapevoli dei pericoli”.
Il tema delle mine disseminate nei terreni e delle bombe inesplose è sempre stato al centro delle attenzioni della stessa Chiesa irachena, con il patriarca caldeo Louis Raphael Sako intervenuto a più riprese per invocare operazioni di bonifica nella piana di Ninive. In una lettera appello del settembre 2016, il card. Sako aveva ricordato come prima di ricostruire case, chiese e ospedali è “essenziale” compiere un’opera di pulizia dei terreni.

Les mines et les restes explosifs de guerre continuent de faucher des vies sur le sol irakien

MohammAd Salim/AFP
10 décembre 2021

Au hameau de Hassan-Jalad, dans le nord de l’Irak, chaque maison ou presque a un drame à raconter. Les mines ont fauché un fils, un neveu, un frère, quand elles n’empêchent pas de cultiver les champs ou de faire paître les bêtes. En Irak, 100 enfants ont été tués ou blessés entre janvier et septembre à cause des mines et autres restes explosifs de guerre, d’après l’ONU. Avec près d’une personne sur quatre exposée au risque selon des ONG, le pays présente un des « taux de contamination » les plus élevés au monde. Spécificité irakienne : les conflits successifs ont laissé un héritage mortel à travers le pays, de la guerre Iran-Irak dans les années 1980, jusqu’à la défaite en 2017 des jihadistes du groupe État islamique.
C’est en 2017 que la famille de Awad Qado a été frappée par l’explosion d’une mine au hameau de Hassan-Jalad, rassemblant une cinquantaiine de maisons près de Mossoul, ancien bastion jihadiste. Deux neveux de M. Qado ont été tués alors qu’ils gardaient leur troupeau. Son fils a été blessé et un quatrième homme amputé des jambes. Sans compter les pertes parmi les vaches et les moutons.
« On a peur pour les enfants. On leur indique les routes à prendre, les endroits à éviter, on leur dit de ne pas ramasser ce qu’ils trouvent par terre, un fil électrique ou quelque chose », raconte-t-il.
En l’espace d’un an, plus de 1 500 explosifs ont été retrouvés dans le secteur, reconnaît Alaa al-Din Moussa, chargé des opérations pour la compagnie de déminage privée GCS. « Dans cette région, chaque maison a une histoire, lâche-t-il. Plusieurs enfants sont morts. Des centaines de bêtes ont pénétré dans des champs et ont activé des explosifs. »

Zones urbaines contaminées
En attendant d’être désamorcées, les trouvailles sont déposées sur un terrain désertique entouré d’un bandeau « STOP ». Les explosifs sont classés par catégories : roquettes 107 mm, projectiles 23 mm, mines VS500. Mossoul, mais aussi la province d’al-Anbar, font partie des zones les plus touchées, comme tous les anciens fiefs de l’EI. En abandonnant leurs bastions, les jihadistes ont laissé derrière eux un océan de mines pour ralentir l’avancée des forces irakiennes soutenues par la coalition internationale. « Il y a une forte contamination dans des zones urbaines », confirme Pehr Lodhammar, chef en Irak du service d’action antimines de l’ONU (UNMNAS). « Le danger fait en sorte qu’il est beaucoup plus difficile pour les gens de rentrer dans leur maison et de reprendre une vie normale », ajoute-t-il, dans un pays qui compte encore 1,2 million de déplacés. En Irak, différentes strates d’explosifs témoignent des conflits successifs.
La guerre Iran-Irak, les deux guerres du Golfe, les conflits internes... Par conséquent, les zones frontalières avec l’Iran, le Koweït et l’Arabie saoudite restent contaminées, selon un rapport de l’ONG Handicap international. « L’Irak est considéré comme un des pays les plus contaminés par des engins explosifs au monde », rappelait le rapport, qui évoque « 3 225 km2 de terres » où subsisteraient des explosifs.
Soit un danger pour 8,5 millions de personnes, dans un pays de 40 millions d’habitants.
Les explosifs sont « n’importe où : enterrés sous terre, reliés aux réfrigérateurs, aux portes, aux fenêtres, dissimulés sous des décombres, dans des jouets, des appareils électroménagers », ajoute le rapport.

Sensibilisation au danger
Un défi essentiel : la sensibilisation, qui permet aux habitants de modifier leurs comportements face au danger.
Grâce aux séances conduites auprès des enfants et des adultes, il y a des « success-stories », explique Ghaith Qassid Ali, du programme sensibilisation de GCS dans la province de Mossoul. Il se souvient d’enfants qui jouaient dans un champ. « Ils ont vu un projectile, se sont souvenus des photos qu’une équipe leur avait montrée et nous ont prévenus. » Il reconnaît le handicap que représente ce phénomène pour l’économie : « La majorité des habitants de ce village sont des agriculteurs, or la plupart des terrains sont contaminés par des restes explosifs de guerre. »
À seulement 21 ans, le cas de Abdallah Fathi illustre le drame. En 2014, il gardait un troupeau quand une mine a explosé. Il a perdu ses deux jambes, sa main gauche et plusieurs doigts de la main droite. « Avant je travaillais, maintenant je ne peux rien faire, rien porter, pas même des blocs de ciment », déplore-t-il. Le moral en a pris un coup, reconnaît-il. « Je reste à la maison toute la journée, je ne sors pas. »

10 dicembre 2021

Iraq: vescovi caldei, “preservare l’unità del Paese e la coesione sociale. Accelerare composizione nuovo Governo”


Foto Patriarcato caldeo
“Preservare l’unità e l’azione comune, stare lontani dall’individualismo e da tutto ciò che crea tensioni nella Chiesa. Invitare le autorità a diffondere uno spirito di rassicurazione, pace, tolleranza e amore, evitando tutto ciò che alimenta quelle controversie che potrebbero dare adito a divisioni che mettono in pericolo la coesione nazionale e la pace civile”.
 
Sono questi i principali punti che emergono dal comunicato finale dell’assemblea dei vescovi caldei iracheni che si è tenuta l’8 dicembre ad Ankawa (Erbil), nel Kurdistan iracheno. 
I presuli hanno ribadito il loro impegno nel campo pastorale e, in questo ambito, hanno preso in considerazione l’organizzazione di un evento riservato ai giovani caldei in Iraq. 
Ribadito anche l’invito al Governo a “proteggere le proprietà dei cristiani nella regione e a garantire il loro diritto al lavoro e all’uguaglianza come cittadini, alla pari degli altri, e di tradurlo sul campo e non limitarsi a discorsi e slogan”. Sul piano civile e politico i vescovi hanno fatto riferimento alla fase cruciale che sta attraversando il Paese, dopo le elezioni legislative. Da qui l’esortazione ai funzionari a “diffondere lo spirito di rassicurazione, pace, tolleranza e amore, evitando tutto ciò che alimenta quelle controversie che potrebbero dare adito a divisioni che mettono in pericolo la coesione nazionale e la pace civile”. Per i vescovi caldei esiste “una responsabilità nazionale e morale verso il dialogo tra tutti i fratelli per la comprensione pacifica e l’accelerazione della formazione di un governo nazionale, composto da persone competenti e coerenti, con una strategia unitaria che fornisca gli ingredienti per una vita dignitosa per i cittadini e capace di guidare il Paese verso la pace, la sicurezza e la stabilità”. 
Il comunicato finale si chiude con gli auguri natalizi di salute, sicurezza, pace e stabilità per l’Iraq.

9 dicembre 2021

Four years after liberation, Mosul's destroyed churches lie in ruins

By Rudaw

 

Days before the fourth anniversary of the defeat of the Islamic State (ISIS) in Iraq on December 10, 2017, churches still lie in ruins across the Nineveh Plains.
Emad Sabri, who lives in Al-Shifa district near Mosul's Old City, is sad to see that calls for the renovation of the Al Tahira Church where his family and ancestors before him used to visit have so-far gone unanswered.
"We used to pray at this church. Our family were destroyed when Daesh [ISIS] came. We were displaced," Sabri told Rudaw, mourning the destruction of the church under ISIS.
"I hope this church will be renovated by philanthropists. With the help of God, I hope everyone will return to Mosul including those who have fled abroad."
The extremist group first swept through Iraq in 2014, capturing cities across northern and central Iraq, including Mosul, Iraq's second-largest city and the capital of Nineveh province, where the group declared its so-called caliphate.
ISIS destroyed more than 30 churches in Mosul and 40 across the Nineveh Plains. Most Christians fled to the Kurdistan Region as the terror group advanced.
Mosul was severely damaged and some neighborhoods were all but demolished during an offensive by Iraqi, Kurdish, and global coalition forces to retake the city.
Control was finally taken from the terrorist group in the summer of 2017.
More than 1.5 million Christians lived in Iraq before 2003.
Only 350,000 remain, according to figures provided by Chaldean bishop Najib Mikhael and MP Klara Odisho Yaqub.

7 dicembre 2021

Mustafa Al-Kazemi: Christians in Iraq are an authentic component and we will preserve it.

December 6, 2021

Photo by Al Sharqiya
Iraqi Prime Minister
Mustafa Al-Kazemi confirmed that the Iraqi security services are continuing to make all efforts to preserve the property of Iraqi Christians and their legal rights. Al-Kazemi said during his meeting with Patriarch Mar Awa III Ruel, on the occasion of his inauguration as head of the Assyrian Church of the East in Iraq and the world. 
He said that it is the government's duty to provide security for Christians and other components in Iraq, whether they are inside or outside the country. Al-Kazemi expressed Iraq's pride in all the authentic components and their sects, including the Christian spectrum, whose presence in Iraq extends to the depths of history, stressing the need to preserve religious and ethnic diversity in Iraq.

Iraq: card. Sako (patriarca) al clero e ai vescovi, “macchiare la reputazione della Chiesa è atto malvagio”


“Le nostre circostanze sono difficili, così come quelle della nascita di Gesù. Questo tempo ci richiede di lavorare tutti come una squadra armoniosa, di restare accanto ai nostri fedeli e non permettere l’isolamento e la divisione”:
così il card. Louis Raphael Sako, patriarca caldeo di Baghdad, ha aperto ieri ad Ankawa (Kurdistan) l’annuale incontro spirituale e culturale dei vescovi e dei sacerdoti caldei in Iraq, in preparazione alle celebrazioni del Natale.
“Ci sono quelli che macchiano la reputazione della Chiesa e indeboliscono la fiducia in essa senza motivo – ha avvertito il cardinale – e questo è un atto malvagio. I sacerdoti devono lavorare in comunione con i loro vescovi con fiducia, dedizione e rispetto per le varie opinioni”. Per Mar Sako “è inaccettabile che un sacerdote ‘lavori in proprio’. Vescovi e sacerdoti devono lavorare in armonia con il loro patriarca e con il Sommo Pontefice. Noi siamo parte della Chiesa universale e non ne siamo separati”. Da qui il monito: “Non sprechiamo le conquiste avvenute nelle nostre diocesi con cose futili. Queste conquiste sono motivo di gioia. La nostra Chiesa è presente nella comunità irachena, ecclesiastica e internazionale. Grazie a Dio per tutto ciò che è stato raggiunto nonostante le sfide”. Infine il ringraziamento: “Grazie per la vostra partecipazione, impegno e dedizione. Dobbiamo rafforzare questa presenza con responsabilità, amore e umiltà, e non indebolirla! Siamo missionari e servitori del Vangelo, nient’altro. Camminiamo insieme, come ha esortato Papa Francesco, in maniera sinodale”.

Iraq: ritiro natalizio dei vescovi e clero caldeo. Card. Sako, “preparare al meglio le celebrazioni”

6 dicembre 2021 

Prende il via oggi a Baghdad, l’annuale incontro spirituale e culturale dei vescovi e dei sacerdoti caldei in Iraq, in preparazione alle celebrazioni del Natale. In una nota diffusa dal Patriarcato caldeo, il card. Louis Raphael Sako, patriarca caldeo di Baghdad, offre degli spunti di riflessione sul Natale e sul modo di celebrarlo degnamente così da toccare i cuori dei fedeli che parteciperanno alle varie liturgie. Punto centrale del ritiro sarà proprio la nascita di Cristo. 
Lo scopo è motivare i fedeli “a mantenere vivi i significati della preghiera liturgica e ad aiutarli a partecipare a questo evento mentalmente e spiritualmente per sperimentare la grazia e la salvezza di Dio. La liturgia è un’azione divina e un’esperienza religiosa che aiuta i fedeli a sentire la presenza del Signore in mezzo a loro, la liturgia li aiuta a maturare spiritualmente e umanamente nella loro ascesi verso Dio”. 
Per Mar Sako, “la Chiesa dovrebbe cercare nuove vie di creatività per rendere la liturgia dinamica e fruttuosa, piuttosto che limitarsi a statici e rigidi riti” senza venire meno alla “cura del suo patrimonio autentico che va tradotto nella cultura attuale”. 
I temi del linguaggio, del legame e della ‘connessione’ con le radici, con la missione, con la ricchezza della tradizione devono essere tenuti presenti per legare insieme “passato, presente e futuro”. 
Nel testo Mar Sako offre anche alcune indicazioni per la preparazione del Natale: “Digiunare per uno o più giorni, praticare esercizi spirituali per giovani, famiglie e fedeli in generale, celebrazioni penitenziali volte a favorire la confessione individuale, curare gli addobbi della Chiesa”. 
Su questo ultimo punto il patriarca caldeo ricorda che sull’altare “è preferibile mettere le candele, mentre gli addobbi floreali vanno posizionati sotto l’altare. Presepe e albero natalizio vanno posti ai lati dell’altare e non al centro”. 
Il porporato consiglia anche di celebrare una messa speciale per i bambini che potranno poi ricevere regali da Babbo Natale e dai loro genitori. Particolare cura deve essere prestata alla lettura dei passi biblici. “I lettori e il diacono – rimarca il patriarca – non devono leggere in modo veloce ma devono far ascoltare bene le parole ai fedeli. L’omelia – infine – deve essere breve, 10 minuti, ben preparata e calata nella vita quotidiana dei fedeli”.

How Do We Make the Christmas Liturgy Fruitful

Iraq: Baghdad, festa della chiesa dell’Annunciazione. Tre giorni di eventi

4 dicembre 2021

Inaugurata ieri sera la festa della chiesa dell’Annunciazione a Baghdad, evento di tre giorni ricco di incontri, preghiera e spettacoli. Erano presenti i vescovi ausiliari di Baghdad, i monsignori Shlemon Warduni e Basilio Yaldo, insieme ad alcuni sacerdoti e suore un gran numero di fedeli.
A prendere la parola all’inizio della festa padre Myasser Behnam che ha parlato del patrimonio religioso caldeo cui hanno fatto seguito alcune performance organizzate dai vari gruppi giovanili con a tema l’amore per il Paese e la speranza che non muore mai. Al termine della giornata è stato inaugurato un mercatino natalizio di beneficenza. La festa si chiuderà domani con la messa del patriarca, card. Louis Raphael Sako.

3 dicembre 2021

‘Turning point’ reached for survivors of ISIL crimes in Iraq, Security Council hears


Delivering his first briefing to ambassadors, Special Adviser Christian Ritscher said evidence collected so far is capable of supporting trials. “Through our effective engagement with survivors and witnesses, and by exploiting the extensive digital fingerprints left behind by its members in battlefield evidence, we can already tie the actions of individuals to the commission of these crimes,” he said.

A new landscape
The team, known as UNITAD, works to secure evidence of ISIL’s crimes against various Iraqi communities, which include mass executions and use of chemical and biological weapons, committed during its reign of terror from June 2014 to December 2017.
“Knowing from experience the challenges national authorities face in pursuing justice for these crimes, I believe we now stand at a turning point, a moment of perhaps unexpected hope,” Mr. Ritscher told the Council.
“We can now envision a new landscape in which those who believed themselves to be out of reach of justice are held accountable in a court of law.”

Working with authorities
Mr. Ritscher reported on recent activities carried out by UNITAD and Iraqi authorities to exhume bodies from a mass grave outside the city of Mosul, located in the north of the country.
The victims were executed by ISIL at Badush Central Prison in June 2014. They were separated based on their religion and at least a thousand predominantly Shia prisoners were killed.
Analysis of digital, documentary, testimonial and forensic evidence, including internal ISIL documents, has led to the identification of several individual ISIL members responsible for these crimes.
Having finalized the initial case-brief, Mr. Ritscher said the conclusion is these actions constitute crimes against humanity and war crimes.
The evidence from the Badush Prison attacks further underlines the detailed planning undertaken by ISIL in carrying out atrocities.

Chemical weapons programme
This also applies to the group’s development and use of chemical and biological weapons which Mr. Ritscher said was “not an opportunist exploitation of fortunate circumstances” but rather “a strategic priority implemented in line with a long-term vision.”
“Our evidence shows that ISIL clearly identified and then seized chemical weapon production factories and other sources of precursor material, while also overtaking the University of Mosul Campus as a hub for research and development,” he said.
“Small teams of qualified technical and scientific experts, some brought in from abroad, worked to adapt and enhance the programme.”
The arrival of new expertise also led to the chemical weapons programme becoming more diversified and sophisticated. More than 3,000 victims have been identified to date.
Furthermore, analysis of detailed records left behind by ISIL has led to the identification of those members allegedly responsible for leading the development of the programme, and implementing major attacks.
“I can inform the Council today that in my next briefing I will present the results of a structural case-brief detailing our findings in relation to ISIL’s use of chemical weapons including legal characterization of the crimes committed in its implementation,” said Mr. Ritscher.

Follow the money
It is also essential that those who financially supported and profited from ISIL crimes are brought to justice, he added, and investigations have uncovered the inner workings of the group’s central treasury.
“We have identified a network of senior ISIL leadership that also acted as trusted financiers, diverting wealth that ISIL gained through pillage, theft of property from targeted communities and the imposition of a systematic and exploitative taxation system imposed on those living under ISIL control,” said Mr. Ritscher.
“This work has underlined the extensive financial exploitation by ISIL of the most vulnerable communities of Iraq for the personal benefit and profit of its most senior members.”

From impunity to justice
Mr. Ritscher highlighted the opportunity to “turn the tide from impunity to justice” through maintaining international commitment and unity.
He pointed to a landmark conviction in Germany this week, where an ISIL member was prosecuted for the crime of genocide in a case involging a young girl from Iraq's Yazidi community.
“We now have the chance, collectively, to make such prosecutions the norm, not a celebrated exception,” he told the Council.

2 dicembre 2021

Mundelein at 100: Assyrian Catholic students found a home at seminary

Michelle Martin 

The University of St. Mary of the Lake counts plenty of Catholic prelates among the men who studied there. 
Now, it can count the leader of the Assyrian Church of the East. 
Mar Awa Royel, born in Chicago, was elected patriarch in Erbil, Iraq, in September. “We believe that the patriarchal election is a gift from the Lord, so therefore we depend on his blessings and the grace of God and the prayers of the faithful. That is a very sublime and very high responsibility, but the Lord gives it as he wills,” the new patriarch was quoted as saying by the Assyrian International News Agency after his election.
“The Assyrian Church would like to stress the fact that our roots are here in Iraq, and in this blessed land, in the region as well.”
The church returned its seat to Iraq in 2006 after several decades in the United States.
Mar Awa Royel — then Deacon David Royel — was one of at least three young clerics of the Assyrian Church of the East to attend the University of St. Mary of the Lake’s Pontifical Faculty of Theology, said Father Leo Lefebure, now a professor at Georgetown University. He was dean of the University of St. Mary of the Lake’s Ecclesiastical Faculty of Theology from 1992 to 1998. The new patriarch earned a baccalaureate in sacred theology in 1999, the year he was ordained a priest. He went on earn a licentiate and a doctorate at the Pontifical Oriental Institute in Rome. While Lefebure said he isn’t familiar with other Catholic seminaries in the United States educating clergy for members of other churches, it is common for eastern Christian churches to send students to be educated in Rome, according to Paulist Father Ron Roberson, associate director of the U.S. Conference of Catholic Bishops’ Secretariate for Ecumenical and Interreligious Affairs.
“The idea of having Orthodox students studying at Catholic institutions at Rome isn’t new,” Roberson said. “It’s a way of strengthening relationships between churches in the long run, getting to know one another on another level.”
The students came to USML after Pope John Paul II signed the Common Christological Declaration with Mar Dinkha IV, then the Catholicos Patriarch of the Assyrian Church of the East, in 1994, resolving a theological dispute and creating warmer ecumenical relations between the churches, Lefebure said.
Mar Dinka IV had studied at the Angelicum, the Pontifical University of St. Thomas Aquinas, in Rome.
Lefebure said he had been asked by Father Thomas Baima, now provost of USML, whether the university could educate students the leaders of Assyrian Church of the East had identified as future candidates for the episcopacy. “The presence of these students in our community helped broaden the ecumenical horizons of all of us,” Lefebure said. “One of their bishops came to celebrate evening prayer with us during the Week of Prayer for Christian Unity.” Seminarians studying for the Catholic priesthood benefited by meeting members of and learning about a church they had previously known mostly through its history, Lefebure said.
“They’re the church that spread across central Asia into China in the seventh century,” he said. “People knew of their church from early church history, but they hadn’t been part of our lived awareness for most of us at the seminary.”
During the time the Assyrian students were there, USML also hosted some ecumenical conferences in which leaders of the Assyrian Church of the East took part. Lefebure said he wasn’t sure how members of the Assyrian Church first got in touch with USML, but Baima, who was very active in ecumenical and interreligious affairs, would have known them, and Mar Dinka IV lived in Morton Grove, so he likely would have been familiar with the seminary.