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31 luglio 2009

Benedetto XVI. Intenzioni missionare per agosto 2009


"Perché a quei cristiani che sono discriminati e perseguitati in non pochi Paesi a causa del nome di Cristo siano riconosciuti i diritti umani, l'uguaglianza e la libertà religiosa, sì che possano vivere e professare liberamente la propria fede".

"That those Christians who are discriminated against and persecuted in many countries because of the name of Christ may have their human rights, equality and religious freedom recognised, in order to be able to live and profess their own faith freely".

"Pour que l'on reconnaisse les droits que sont l'égalité et la liberté religieuse des chrétiens, souvent discriminés et persécutés à cause du Christ, de sorte qu'ils puissent vivre libres et librement professer leur foi".

"Para que a los cristianos, que en no pocos países son discriminados y perseguidos a causa del nombre de Cristo, se les reconozcan los derechos humanos, la igualdad y la libertad religiosa, de modo que puedan vivir y profesar libremente su fe".

27 luglio 2009

Nuove forze per la chiesa caldea

By Baghdadhope

La crisi delle vocazioni, si sa, colpisce la chiesa cattolica in tutto il mondo e l'Iraq non fa eccezione. Sono vari i motivi che spingono i giovani a non avvicinarsi alla vita sacerdotale come in passato e tra essi l'emigrazione, che ha decimato la già poco numerosa comunità cristiana del paese, ha un ruolo imporante.
"Il più notevole" ha dichiarato a Baghdadhope Padre Fadi Lion, vice rettore del seminario caldeo di San Pietro che ad esso ha aggiunto anche l'incertezza nel futuro del paese.
Eppure la speranza non è svanita, tanto che dal 3 al 30 agosto nel monastero dedicato ai santi Addai e Mari ad Ankawa si terrà un incontro destinato "ai giovani che vogliono seguire Cristo da vicino come sacerdoti."
L'incontro, cui secondo Padre Lion potrebbero partecipare dagli 8 ai 10 giovani, sarà diretto da sacerdoti e formatori e si incentrerà su temi scelti concordemente con i superiori del seminario che, ricordiamo, ha come rettore Padre Bashar Warda.
"Questi incontri non sono una novità" ha spiegato Padre Lion, "già molti anni fa ne si organizzavano di simili nel seminario di Baghdad ma per la guerra e le difficoltà degli ultimi anni erano stati sospesi."
Il seminario maggiore caldeo nel gennaio 2007 fu trasferito per ragioni di sicurezza da Baghdad ad Ankawa, nel nord dell'Iraq e per ora, come lo stesso Padre Lion ha dichiarato, non è possibile pensare alla riapertura della sede originaria.

Sempre per rimanere in tema di vocazioni lo scorso
24 luglio nella cattedrale caldea di Mar Yousef a Baghdad 4 giovani novizie sono entrate nell'ordine delle suore caldee della Figlie di Maria nel corso di una solenne celebrazione tenuta dal Patriarca Cardinale Mar Emmanuel III Delly cui hanno partecipato anche il Nunzio Apostolico in Iraq e Giordania, Mons. Francis A. Chullikat, i vicari patriarcali Mons. Shleimun Warduni e Mons. Jacques Isaac ed il Corepiscopo Mons. Emad A. Albanna.

26 luglio 2009

New forces for the Chaldean Church

By Baghdadhope

It is known that the crisis of vocations affects the Catholic Church throughout the world and Iraq is no exception. Different reasons stop young people from undertaking the priestly life as it was in the past, and among them the emigration, which decimated the already rather small Christian community in the country, has an important role.
"The most remarkable" said to Baghdadhope Father Fadi Lion, vice rector of the Chaldean Seminary of St. Peter who added to that reason the uncertainty in the future of the country.
But the hope did not disappear so that between August 3-30 in the monastery dedicated to Saints Addai and Mari in Ankawa there will be a meeting for "young people who want to follow Christ closely as priests."
According to Father Lion from 8 to 10 young people will partecipate to the meeting that will be headed by priests and trainers and will focus on selected topics agreed with the superiors of the seminary whose rector, we recall, is Father Bashar Warda.
"These meetings are nothing new," said Father Lion, "many years ago similar meetings were organized in the seminary in Baghdad but for the war and the difficulties of the recent years they were suspended."
In January 2007 the Chaldean Major Seminary was moved for security reasons from Baghdad to Ankawa, in northern Iraq, and for now, as Father Lion said, it is unthinkable to reopen its original see.

Talking about vocations on July 24 in the Chaldean cathedral of Mar Yousef in Baghdad 4 young novices entered in the order of the Chaldean Sisters of the Daughters of Mary in a solemn celebration held by the Patriarch Cardinal Mar Emmanuel III Delly and attended by the Apostolic Nuncio to Iraq and Jordan, Msgr. Francis A. Chullikat, the patriarchal vicars Msgr. Shleimun Warduni and Msgr. Jacques Isaac and the Chorepiscop Msgr. Emad A. Albanna.

22 luglio 2009

World Council of Churches: alle chiese dell'Iraq

Fonte: World Council of Churches
Conseil œcuménique des Eglises
Consejo Mundial de Iglesias
Ökumenischer Rat der Kirchen

Ginevra, 14 luglio 2009

Tradotto ed adattato da Baghdadhope

Cari fratelli e sorelle in Cristo, i violenti attacchi alle chiese ed alle comunità cristiane a Baghdad, Mosul e Kirkuk della scorsa settimana, che hanno causato la morte di 4 persone ed il ferimento di altre 32, ci hanno profondamente rattristato e preoccupato.
A nome del World Council of Churches scrivo per esprimere la nostra preoccupazione per la perdita di vite e le costanti minacce che avete sofferto negli ultimi sei anni. Allo stesso tempo voglio assicurarvi il nostro sostegno in questi tempi turbolenti e difficili ed incoraggiarvi a continuare a testimoniare l'amore e la pace di Dio in Gesù Cristo anche tra l'odio e le aggressioni.
E' con questo spirito che organizzeremo una visita di alcuni rappresentanti del WWC alle chiese di Baghdad, Mosul e del nord dell'Iraq per mostrare la nostra solidarietà ed il nostro sostegno, per condividere le preoccupazioni e le speranze e per lavorare con voi per trovare delle soluzioni pacifiche.
A nome della comunità ecumenica esprimiamo le nostre sincere condoglianze e la nostra vicinanza al popolo dell'Iraq, in particolar modo alle famiglie di coloro che sono stati uccisi o feriti. Preghiamo per la pace e la riconciliazione in Iraq e per coloro che hanno dovuto lasciare le proprie case, coloro che soffrono le conseguenze di atti violenti, e coloro che si sforzano di restaurare la fiducia e la buona volontà tra le persone e le comunità.
In questi tempi tragici voi siete costantemente nei nostri pensieri e nelle nostre preghiere.

Vostro in Cristo
Rev. Dr Samuel Kobia
General Secretary

World Council of Churches: To the churches in Iraq

Conseil œcuménique des Eglises
Consejo Mundial de Iglesias
Ökumenischer Rat der Kirchen

Geneve, July 14, 2009

Dear sisters and brothers in Christ,We have been deeply troubled and saddened by the brutal wave of violentattacks on the churches and Christian communities in Baghdad, Mosul andKerkuk over this last week, which have left four people dead and 32 othersinjured.
On behalf of the World Council of Churches I am writing to express our deepest concern over the loss of life and the constant threats you have suffered over the past six years. At the same time, I am writing to assure you of our support as you pass through these turbulent and challenging times, and to encourage you to continue to witness to the love and peace of God in Jesus Christ even amidst hatred and aggression.
It is with this spirit that we are organizing a visit to the churches in Baghdad, Mosul and the North of Iraq by representative members of theWCC fellowship of churches, to demonstrate our solidarity and support, to share your concerns and hopes, and to work with you for peaceful solutions. On behalf of the ecumenical family, we express our sincere condolences and sympathy to the people of Iraq, especially to the families of those who were killed and injured. We pray for peace and reconciliation in Iraq, and for those who are displaced, for all others who suffer the consequences of violence and for all who are striving to restore trust and goodwill among people and communities.You are constantly in our thoughts and prayers as you pass through this tragic and critical time.

Yours in Christ,
Rev. Dr Samuel Kobia
General Secretary

Cronache da Kirkuk. Indovina chi viene a cena

Di Alessandro Ciquera

I personaggi che compongono il desolante romanzo che rappresenta l'Iraq odierno sono variegati e complessi, avremo storie di amori e tradimenti, di promesse, di illusioni, di minacce, di violenze. Questo è il Medio Oriente, questi sono i suoi pregi e i suoi difetti. Una menzione particolare tuttavia va fatta verso quella categoria di persone che pagherebbero per avere la possibilità di essere corrotte: i leader religiosi, politici e tribali che hanno trovato (con la confusione seguita alla caduta di Saddam Hussein) la loro fortuna e il loro successo, uno di questi risponde al nome di Moqtada al Sadr, non esattamente il genere di uomo che una coppia di genitori sarebbe felice di vedere a cena in compagnia della figlia. Il ritratto di questo curioso e pericoloso personaggio conserva nelle fasce sciite della popolazione un fascino ed un'attrazione potente. Senza la fine del regime probabilmente sarebbe rimasto un emerito sconosciuto, una semplice pedina Iraniana infiltrata in campo avverso. La Seconda Guerra del Golfo tuttavia lo ha portato agli onori degli altari, con l'entrata a Baghdad delle truppe statunitensi ha visto la possibilità della gloria eterna, ed ha dichiarato la nascita dell'Esercito del Mahdi, organizzazione che negli ultimi sei anni si è occupata di creare disordini, ribellioni nei vari distretti della capitale, autobombe, attentati alla risoluzione democratica della Nazione. Le opinioni comuni che hanno gli iracheni è che Moqtada rappresenti il perfetto "nemico" dei marines, il classico volto di terrorista barbuto che le televioni occidentali propinano prima di pranzo: proprio per questo motivo non esiste alcuna reale intenzione ad eliminarlo. Se si dovesse distruggere chi è identificato come la causa di tutti i mali non rimarebbe più nessuna scusa per giustificare il fatto che questo è un Paese in fiamme, dove l'occupazione sarebbe stata gestita meglio da un criceto militarizzato con divisa e gradi. Le organizzazioni insorgenti sono state lasciate libere di colpire, uccidere, torturare tutte le minoranze presenti sul territorio, dagli omosessuali ai transessuali, fino ad esponenti di altre religioni, senza che nessuno si preoccupasse realmente delle dimensioni che poteva raggiungere in termini di portata un simile fenomeno. Le ultime dichiarazioni rilasciate da Al Sadr sono le seguenti: "L' Omosessualita' e' una male che va sradicato con l'insegnamento", non si capisce bene in che modalità dovrebbe essere effettuato questo insegnamento, visto che a Baghdad (e non solo) sono in azione da mesi Squadroni della morte, fuoriusciti proprio dal suo Esercito, con elenchi dettagliati di vittime predestinate che vengono sequestrate e uccise, per poi essere abbandonate sui portoni dell'obitorio centrale della città. Le indagini della polizia non sono arrivate a carpire i volti di questi assassini, ma un fatto è certo, non si tratta di cadaveri scollegati tra di loro, esattamente come non sono sconnesse tra di loro le morti di Kirkuk e di Mosul: la causa di tutto ciò è la mancanza di una volontà vera di individuare i colpevoli, perchè il disordine da sempre indica un forte desiderio di ordine, ed ecco giustificata la presenza di eserciti privati in Iraq, che sostituiscono i marines in alcune operazioni, e vengono pagati dall' amministrazione U.S.A stessa, per compiere atti che i soldati ufficiali non possono effettuare. Sono molti gli iracheni che affermano che alcune delle bombe che fanno strage le mettono gli strategi americani."Probabilmente non tutte, ma una buona percentuale sì, ogni volta che devono giustificare un'azione che devono compiere hanno bisogno di una motivazione, e non possono assolutamente aspettare che venga da sola". Le opinioni si ricorrono, gli amici diventano nemici. Le logiche di spartizione sono le seguenti: esiste chi detiene il potere, e chi è troppo debole per usarlo, non esiste il male o il bene. Urgono inchieste per cercare la verità e la giustizia, perchè là dove sembra ci sia troppa Luce in realtà le Ombre sono più profonde.

Iraq: Forze speciali per le chiese, Warduni (Baghdad) "Non sappiamo ancora nulla"

Fonte: SIR

“Fino ad oggi non sappiamo nulla di questa decisione. Tuttavia ritengo che ogni scelta politica volta a favorire la sicurezza, se ben pensata ed attuata, è utile. L’importante è che duri nel tempo”. Così mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad commenta al SIR la notizia della creazione, da parte del Governo iracheno, di una forza speciale destinata alla protezione dei luoghi di culto cristiani dopo l’ondata di attentati del 12 luglio scorso. Secondo quanto riferito da fonti governative questa forza di difesa sarà dotata di attrezzature moderne per scoprire esplosivi e formata da uomini adeguatamente preparati. “Nei giorni scorsi – aggiunge Warduni - con il patriarca, card. Mar Emmanuel III Delly, abbiamo incontrato il premier Nuri Al Maliki che ci ha invitato a rivolgerci all’ufficio governativo preposto alle religioni per ottenere aiuti per ricostruire le chiese danneggiate dagli attacchi”. “La popolazione è stanca – conclude il vicario caldeo – la nostra gente è sfiduciata ed ha paura ma nonostante ciò continua a riempire le chiese. E questo, credo, è un segno positivo di speranza in un futuro migliore”.

Iraq: A special corp for the churches, Warduni (Baghdad) "We know nothing yet"

Source: SIR

“So far we have not heard anything about this decision. However, I think any political choice aimed at promoting security, if well thought out and implemented, may help. The important thing is that it may last”. This is how mgr. Shlemon Warduni, Chaldean patriarchal vicar of Baghdad, comments with SIR the news that the Iraqi Government would have created a special corps for protecting the Christian places of worship after the wave of attacks of July 12th. According to governmental sources, this defence corps will be provided with modern equipment to detect explosives and will be composed of appropriately trained men. “Over the last few days – Warduni adds –, the patriarch, card. Mar Emmanuel III Delly, and I met the Prime Minister, Nuri Al Maliki, who invited us to contact the governmental office in charge of religions to be helped rebuild the churches damaged by the attacks”. “The population is tired – the Chaldean vicar concludes –, our people have lost confidence and are scared, but despite this they keep filling the churches. And this, I think, is a positive sign of hope in a better future”.

21 luglio 2009

Iraqi Government engages itself to protect and rebuild the churches

Source: ADNKronos

In an interview to ADNKronos the spokesman of the Iraqi Ministry of Interior, Ahmed Abu Raghif, said that Minister of Interior Jawad Al-Bulani ordered the creation of a special force for the protection of the Christian places of worship after the last wave of bombings of July 12. A special committee led by Major General Hikmat Moussa, Undersecretary of State for Police Affairs, will monitor the operations. According to Ahmed Abu Raghif the protection of the places of worship is necessary to oppose the attempts of terrorists to undermine the security achieved after the withdrawal of American troops from the cities, and to affirm the role of Iraqi security forces. About the expected course of the operation the explosives expert of the Ministry, General Jihad Aljabari, said that the forces responsible for the protection of the places of worship have been given modern equipment to detect the explosives, and that the men were trained for their use. In a statement to ADNkronos Aljabari said that the terrorist attacks to the places of worship are part of a scheme aiming at giving the impression that the situation is still far from being normalized. Meanwhile Iraqi Prime Minister Nuri Al Maliki, who in recent days met the Patriarch of the Chaldean Church, Cardinal Mar Emmanuel III Delly, said that the government is working to ensure the protection of the places of worship of all religions practiced in Iraq, and engaged the Government in the reconstruction of those damaged by the attacks, including churches.

Il governo iracheno si impegna a proteggere ed a ricostruire le chiese

Fonte: ADNkronos

In un'intervista alla ADNkronos il portavoce del Ministero degli Interni iracheno, Ahmed Abu Raghif , ha dichiarato che il Ministro degli Interni Jawad Al-Bulani ha ordinato la creazione di una forza speciale destinata alla protezione dei luoghi di culto cristiani dopo l'ultima ondata di attentati del 12 luglio. Uno speciale comitato guidato dal Maggior Generale Hikmat Moussa, Sottosegretario di Stato per gli Affari di Polizia, seguirà le operazioni.
Secondo Ahmed Abu Raghif la protezione dei luoghi di culto è necessaria per opporsi ai tentativi dei terroristi di minare la sicurezza raggiunta successivamente al ritiro delle truppe americane dalle città ed affermare il ruolo delle forze di sicurezza irachene.
A proposito del previsto svolgimento dell'operazione l'esperto di esplosivi del ministero Generale Jihad Aljabari ha dichiarato che le forze responsabili della difesa dei luoghi di culto sono state dotate di moderne attrezzature in grado di scoprire gli esplosivi e gli uomini sono stati preparati al loro uso. Aljabari, nella dichiarazione all'ADNkronos, ha dichiarato che gli attacchi terroristici ai luoghi di culto sono parte di uno schema che mira a far credere che la situazione è ancora lontana dall'essere normalizzata.
Intanto il Primo Ministro iracheno Nuri Al Maliki, che nei giorni scorsi ha incontrato il Patriarca della chiesa caldea Cardinale Mar Emmanuel III Delly, ha dichiarato che il governo si sta impegnando per assicurare la protezione dei luoghi di culto di tutte le religioni praticate in Iraq, ed ha impegnato lo stesso governo nell'opera di ricostruzione di quelli danneggiati dagli attacchi, comprese le chiese.

Baghdad resta sola


N° 30 del 26 luglio 2009

di Fulvio Scaglione

Le divisioni etniche e politiche, la spartizione del petrolio, le mire della guerriglia, le interferenze iraniane. Il Paese è chiamato a fare a meno delle truppe americane. Ce la farà?
Gli americani se ne vanno, gli iracheni festeggiano, i cristiani muoiono. Il riassunto è un po’ brutale, ma non è falso. A fine giugno i generali americani hanno ceduto ai loro colleghi iracheni il controllo di quasi 200 basi e avamposti creati nei sei anni passati dall’attacco a Saddam Hussein, e hanno concentrato i loro 130 mila soldati nelle grandi città dell’Irak. Se il programma fissato dal presidente Obama sarà rispettato, entro l’agosto 2010 se ne andranno dal Paese 90 mila uomini Usa, che entro il dicembre 2011 saranno raggiunti a casa dagli altri 35 mila.
In modo sorprendente per noi, ma tipico per il Medio Oriente, i politici e i militari iracheni hanno festeggiato come un trionfo quel primo, parziale ritiro. Il loro regime nemmeno esisterebbe se non ci fosse stato l’intervento americano e nel 2008 più di 2 milioni e mezzo di iracheni (su 29 milioni di abitanti) hanno tirato avanti grazie ai 207 milioni di dollari di aiuti umanitari delle agenzie Onu. Eppure, il premier Nur al Maliki ha parlato di «grande vittoria», di «cacciata degli occupanti» e ha paragonato l’evento all’insurrezione contro gli inglesi degli anni Venti. Al popolo iracheno, con tutto quel che ha passato, si possono solo fare gli auguri. Ma i fatti concreti non possono essere ignorati.
Il primo, il più drammatico ed evidente, è la ripresa del terrorismo. Negli ultimi venti giorni, almeno 500 morti e molte centinaia di feriti, in aperta sfida alla nuova autonomia dell’Irak. Attacchi mirati, frutto di piani stesi a tavolino e non di faide o vendette rabbiose. Stragi preordinate a Baghdad, nel quartiere di Sadr City, bastione degli sciiti; a Kirkuk, città del petrolio, snodo di oleodotti, capoluogo di una regione ricca di giacimenti, da anni contesa tra i curdi (che vorrebbero inglobarla nel loro Kurdistan, regione ormai un po’ più che autonoma rispetto al Governo centrale) e gli arabi che, siano sciiti o sunniti, vogliono tenerla alle redini di Baghdad. E poi, ancora, l’assalto ai cristiani: 6 chiese caldee e 3 siro-ortodosse colpite con bombe, dinamite, benzina. Il più grave a Baghdad, in Palestine Street, dove un’autobomba contro la chiesa della Vergine Maria (dove tra l’altro risiede il vescovo Shlemon Warduni, vicario patriarcale, ha fatto 4 morti e decine di feriti tra i fedeli.

Obama non è convinto

È una ripresa in grande stile degli attacchi a sfondo religioso che, negli anni scorsi, hanno dimezzato la comunità cristiana, costringendo centinaia di migliaia di persone all’esilio. E se fossero anche confermate le notizie in arrivo da Mosul e diffuse dal sito Baghdadhope (http://baghdadhope.blogspot.com), di solito bene informato, i fedeli cristiani non sarebbero gli unici nel mirino: là, infatti, la bomba è stata posta tra la chiesa cattolica e la moschea sciita, costruite fianco a fianco, proprio per non far capire quale fosse il vero bersaglio.
È facile pensare che dietro tutto questo ci sia la mano dell’Iran. Barack Obama, quando si parla delle ambizioni nucleari iraniane, insiste sul negoziato perché sa bene che il regime degli ayatollah, pur scosso alle radici dalla protesta dopo le elezioni-farsa, troverebbe proprio in Irak un terreno perfetto per un’eventuale "guerra preventiva". La Casa Bianca ha bisogno che la transizione irachena proceda senza troppe scosse per concentrare truppe ed energie sul non meno pericolante Afghanistan, oltre che per dare un impulso alla pace tra israeliani e palestinesi e, con questo, proseguire sulla strada della distensione con il mondo islamico.
Anche per questo Obama ha lasciato più volte trapelare un certo scontento per gli scarsi progressi politici realizzati dal regime di Al Maliki nei rapporti di potere tra sciiti (che fanno la parte del leone) e sunniti (i cui capi tribù avevano stipulato un patto di ferro con il generale Petraeus) e tra arabi e curdi.
La prima questione influisce sulla pacificazione del Paese. L’arruolamento dei sunniti nelle milizie filoamericane (i Figli dell’Irak, i Consigli del Risveglio), con tanto di armamenti e salari, è stato il segreto della clamorosa riduzione degli attentati, calati dell’80% tra 2007 e 2008. Ma il dissidio tra arabi e curdi influisce sulla spartizione delle riserve petrolifere, decisiva per il futuro dell’Irak che ha 115 miliardi di barili di riserve accertate, punta a una produzione di 6 milioni di barili al giorno (per un confronto: nel 2008 la Russia era sui 10 milioni di barili al giorno) entro il 2017 ma per il momento è fermo a 2,5 milioni di barili, ai livelli della disastrata industria dei tempi di Saddam Hussein.
Nelle scorse settimane Hussein al Sharistani, ministro del Petrolio, ha messo all’asta i contratti per lo sfruttamento di sei giacimenti di petrolio e due di gas, con l’Eni interessata al greg-gio dell’area di Nassiriya, a noi italiani tragicamente nota. Ma il vice premier, il curdo Tareq al Hashemi, ha subito annunciato il boicottaggio della gara, mentre il Kurdistan da tempo sfrutta le proprie risorse naturali senza rispondere al Governo di Baghdad. Non a caso, l’asta di Al Sharistani ha visto assegnati i contratti per tre soli giacimenti.
Su tutto aleggia poi lo spettro delle elezioni politiche di gennaio 2010. Fino ad allora saranno frenetiche le trattative per la spartizione del potere: tra gli sciiti, tra sciiti e sunniti, tra arabi e curdi. Chi non sarà soddisfatto della "fetta" ottenuta potrebbe voler sfruttare la minore efficienza dell’esercito e delle forze dell’ordine iracheni per mandare a chi di dovere messaggi di distruzione e magari di morte. La vera speranza sta nella maturità del popolo iracheno, che vede come una disgrazia l’eventuale smembramento del Paese e ha troppo sofferto per accettare passivamente un ritorno alle violenze etniche e settarie.

UNA GRANDE SFIDA PER I CRISTIANI
«I cristiani non costituiranno milizie private per difendere le chiese». Monsignor Benjamin Sleiman, arcivescovo dei cattolici di rito latino di Baghdad, dopo gli ultimi attentati e i morti davanti alle chiese cristiane della capitale irachena, spiega che le milizie private «sono un problema per la società irachena: lo è ogni arma nelle mani dei cittadini». Sleiman è di orgine libanese e sa bene a cosa può portare la "giustizia fai-da-te". Nella sede della Caritas italiana a Roma fa il punto sulla situazione del Paese: «Il problema più grave è la riconciliazione tra le etnie e la divisione del Paese su base etnica, prospettata dal Governo di Baghdad e appoggiata dagli america-ni, che non porterà alla pace, ma a una nuova guerra. Nessuno da noi ha esperienza di uno Sato federale».
Secondo monsignor Sleiman gli attentati alle chiese sono un tentativo di spingere i cristiani fuori dalla capitale. Il progetto di divisione del Paese assegna ai cristiani una zona intorno a Ninive, sulla strada che porta verso il Kurdistan, ma la Conferenza episcopale, per due volte, l’ha già respinto: «Non vogliamo fare da cuscinetto tra un Kurdistan autonomo e le altre regioni». Oggi la metà dei cristiani presenti in Irak prima della guerra ha lasciato il Paese e gli altri, conferma il vescovo, «sognano di partire».
La Chiesa irachena, attraverso la Caritas, sta dando aiuto, tuttavia, non solo alle famiglie dei cristiani. In 12 centri sparsi per il Paese dà da mangiare a quasi 24 mila bambini denutriti e a 8 mila mamme incinte. Un programma specifico di aiuti alimentari è stato predisposto per anziani e handicappati anche con il sostegno finanziario delle Caritas di Brescia e di Bergamo. Poi c’è un progetto di formazione per giovani che mette la pace e la riconciliazione al primo posto. Spiega Nabil Naisam, direttore laico della Caritas irachena: «Dobbiamo occuparci di far crescere una società civile, per ricostruire un tessuto sociale dove i diritti umani e il rispetto della libertà, non solo religiosa, siano effettivi».
di Alberto Bobbio

Iraqi Priest Serves People of Basra

Source: DVIDS

Multi-National Division-South
by Sgt. Frank Vaughn

CONTINGENCY OPERATING BASE BASRA, Iraq – Though small in stature, his smile and his presence filled the room as he entered. He paused to shake hands and exchange kisses with U.S. military leaders. He posed for a few photographs, then settled into a couch to begin a meeting with Maj. Gen. Richard Nash, commanding general, Multi-National Division-South, and key members of his staff.
Bishop Imad Al Banna, a Chaldean priest and native of Basra, came to Contingency Operating Base Basra, July 13, to share insight with Nash and his staff on his efforts to minister to the people of Basra.
"I work for all people in Basra, not only Christians," said Al Banna, who is officially recognized by the Roman Catholic Church as acting Archbishop of Basra. "Our goal is to create a peaceful coexistence among all religions."
Lt. Col. John Morris, command chaplain, 34th Red Bull Infantry Division, said Al Banna has endured hardship while working to make this vision a reality. "There was a peaceful coexistence until [Operation Iraqi Freedom] began in 2003," said Morris. "Things got worse starting in 2005 and peaked in 2008. He stayed through all the violence and continued to work. This is a great example of a faithful shepherd."
Al Banna is responsible for a number of humanitarian initiatives in Basra presently, including two schools and a pharmacy. "We give free medicine to sick people in Basra," Al Banna said. "We give 97 percent of our medicine to Muslim patients and 3 percent to Christians."The schools are also predominantly used by Muslims in Basra, according to Al Banna. The aim of these institutions is to cultivate a generation of Iraqis who are both educated and aware of their roles in society. "We do this to support students in Basra and give a good foundation of language, values and social behavior," Al Banna said. "Our children are the future and hope of Iraq."
Al Banna said he believes his message of values and respect are making a difference in Basra. "When the priest gives people a good foundation of instructions and values, they have to respond very positively to me," he said. "These teachings [are meant to] reach all people in society."Al Banna said he is grateful for the positive feedback he receives from Christians and Muslims alike in Basra. He vowed to continue his work among the people in his community. Though these ministry initiatives are aimed at people of all faiths in Basra, Al Banna also provides ministry through the Chaldean Christian Church to members and officiates services there on a regular basis. "We have activities for college students, choirs and a program that resembles Sunday School on Fridays," he said. "We also participate in an international Catholic charity organization through our church."Whether ministering to Christians, Muslims or some other faith group within Basra, Al Banna has dedicated his life to one thing: serving the people of Basra and improving their quality of life.

Kurdistan: le verità nascoste


di Alessandro Ciquera

Il conflitto Iracheno negli ultimi due anni ha avuto una svolta, un cambiamento di scelte e di tattiche. Il baricentro dei conflitti e degli attentati si e' spostato verso alcune citta' cardine, simboli della multietnicita' di questa nazione e delle sue fazioni. Le roccaforti sciite a sud, incoraggiate dal pugno di ferro degli ayatollah iraniani, sono diventate veri e propri inferni di fuoco, con situazioni, come quella presente a Bassora, dove gli attacchi hanno subito un tasso di incremento notevole: le dichiarazioni rilasciate dal Clero sono: "gli ultimi episodi devono rappresentare un risveglio collettivo".
Nel Nord del Paese tuttavia le violenze sono dovute a contesti etnici e sociali. In questo quadro sono emersi episodi ancora non del tutto chiariti dalle forze della coalizione, che potrebbero rappresentare il lato buio dell' invasione. Kirkuk e' oggi una delle citta' piu' povere di tutto l' Iraq, la gente abita in case antiche, decrepite, spesso in rovina. La vita quotidiana non esiste, il bazar in centro e' spesso un luogo a rischio. Le ipotesi che interessi forti abbiano intenzione di non lasciare che l' esistenza dei cittadini migliori, per fomentare odio e tensioni sociali non sono del tutto infondate: le comunita' presenti soffrono per la situazione di stallo, e dubitano le une delle altre. Uno dei punti di condivisione tuttavia e' che questo scenario di desolazione a Kirkuk, non sia del tutto dovuto alla Seconda Guerra del Golfo. Le testimonianze degli abitanti sono chiare e precise: un filo bianco lega alti apparati dell'esercito degli Stati Uniti con frequentazioni terroristiche. Sono stati, e vengono ancora oggi, utilizzati metodi di intimidazione e di rappresaglia verso civili, vigili urbani, pashmerga, medici, giudici, insegnati. La tecnica e' spesso la stessa, vengono utilizzate Bmw, veloci e leggere, e si colpisce dal finestrino, tramite l'uso di pistole silenziate, difficili da indivuare, letali.

Ahmed e' curdo, non vuole divulgare troppe informazioni, ha paura delle conseguenze, ma la sintesi e' la seguente, riportata in questa intervista:
Cosa sai delle morti a Kirkuk?
"Ogni abitante sa cosa sta succedendo, i soldati americani sono stati piu' volte avvistati a fare violenze su passanti, le poche volte in cui le automobili, portatrici di morte, sono state catturate dalla polizia, i conducenti sono stati identificati come graduati dell' esercito U.s.a, non semplici camerati, ma ufficiali addestrati appostitamente per un processo di destabilizzazione territoriale, i casi si sono ripetuti in piu' occasioni. La connivenza con i terroristi e' evidente, anche se tutto e' classificato come tattica di guerra"
Puoi fare esempi precisi?
"Un anno fa, girava per le strade una Bmw rossa, ogni giorno uccideva, le indagini degli inquirenti tuttavia sono riuscite ad individuarla ed a tenderle un agguato, posti di blocco gli hanno sparato addosso in ogni quartiere, costringendo l'automobile a scappare nella statale esterna che porta ai villaggi piu' piccoli, si e' diretta ad una velocita' incredibile verso Qara Angir, le volanti del posto sono state allertate ed una volta avvistata la macchina carica di terroristi hanno aperto il fuoco con ogni strumento disponibile, fino a bruciarle il motore. Dalla carcassa fumante sono usciti tre uomini: in divisa, con le stellette dell Esercito deglio Stati Uniti d' America. Questa non e' una storia popolare, ma un dato di fatto con centinaia di testimoni, la conclusione e' ancora piu' amara: un elicottero e' atterrato pochi attimi dopo e ha tratto in salvo i tre criminali, trasportandoli nell' aereoporto militare di Kirkuk, inaccessibile ai civili. Hanno trasportato via la carcassa della Bmw e hanno sparso una polvere per cancellare i segni neri dal terreno. Sembrava non fosse avvenuto nulla. Il Capitano di polizia che ha dato l'ordine di fermare la loro corsa e' stato arrestato, e ha fatto tre mesi di prigione, anche questo e' un triste dato di fatto"
Quale puo' essere lo scopo di queste azioni?
"Gettare la gente nello sconforto, indurla a non uscire di casa, a non interessarsi a faccende politiche, ad avere paura. Gli arabi, i curdi e i turcomanni si stanno studiando a vicenda, siamo in bilico. Non stiamo parlando di giochetti, Kirkuk e' una citta' molto estesa, con piu' di un milione di abitanti, e' una polveriera, se non stai attento si fa in fretta a morire, poi e' troppo tardi per tornare indietro. Gli assassini che stanno dietro a questi piani non hanno una morale, non gli interessa se a morire in un azione di disturbo sara' anche un semplice caporale dei Marines. Mandando i ragazzi giovani allo sbaraglio ne hanno fatti morire a centinaia, con le loro stesse mani, molti piu' di quelli dichiarati"
Barzan e' piu' sbrigativo nel colloquio, piu' diretto, parla fumando una sigaretta, in un locale dove cucinano Kebab.
Mi racconti cosa hai visto?
"Sono dei terroristi, la gente ha paura di loro..quelle..come si chiamano..? Bmw! ecco, si! Quelle Bmw hanno ucciso sotto i miei occhi un padre e un figlio che si stavano spostando a piedi, a Kirkuk, nel quartiere Azadi. Non e' stato l'unico caso, ogni angolo della citta' e' battuto dalle loro auto, nell'ultima settimana hanno fatto venti morti, questa e' una notizia, ma nessuno ne parlera' mai, a nessuno interessa davvero il nostro destino".
La connessione tra queste esperienze e' evidente, ma non sono le sole, sono in tanti ad avere qualcosa da raccontare, le certezze sono tali: se si dovessero fare indagini piu' approfondite su alcuni operati i risultati sarebbero spaventosi, per tutto l'Occidente. Il petrolio e le fonti energetiche portano ad uccidere ancora, molti innocenti sono morti e molti moriranno nel silenzio piu' totale. Nella citta' occupata. Questo e' Fort Apache.

16 luglio 2009

Uno scisma di sangue

Fonte: Liberal

di Marta Allevato

«Avevamo scelto il silenzio, sperando ci lasciassero vivere. Invece ci uccidono lo stesso e allora è meglio smettere di tacere e se dobbiamo essere vittime allora facciamolo con una voce, gridando forte i nostri diritti». La comunità cristiana irachena, ferita tra sabato e lunedì dall’ennesima raffica di attentati contro le sue chiese riflette sul suo destino.
La catena di esplosioni contro nove obiettivi tra Baghdad, Mosul e Kirkuk - che ha fatto cinque morti e oltre quaranta feriti - ha gettato di nuovo nel terrore i fedeli ma ha sollevato anche pesanti interrogativi sull’efficacia della linea di basso profilo scelta dai vertici della Chiesa locale. Ordigni rudimentali nascosti in scatole di carta, autobombe o incendi dolosi si sono susseguiti in 48 ore contro obiettivi simbolo, e non casualmente, nel giorno più sacro ai cristiani: la domenica.
Secondo le agenzie di stampa, le chiese attaccate sono sei, ma il ben informato sito Baghdadhope parla di nove parrocchie...

Per leggere l'intero articolo clicca qui (pag 14) e qui (pag 15)

Iraq: Kana (Deputato cristiano) "Attacchi sistematici contro i cristiani"

Fonte: SIR

"Si tratta di attacchi sistematici e organizzati da gruppi di militanti che vogliono colpire gli iracheni e i cristiani in particolare”. A parlare è Younadem Kana, unico deputato cristiano dell’Assirian democratic mouvement, presente nel parlamento iracheno. “Il loro scopo – spiega Kana – è dire al mondo che la situazione è insostenibile e che il Governo iracheno non è in grado di mantenere la sicurezza dopo il ritiro delle truppe Usa iniziato lo scorso 30 giugno”. Chiaro il riferimento agli attacchi alle chiese cristiane di Baghdad e Mosul nello scorso fine settimana. A tale riguardo Kana lancia un appello al Governo affinché offra protezione ai luoghi di culto iracheni ed aumenti gli sforzi di intelligence per sgominare i terroristi. Dal canto suo Kamal Sido, consulente per il Medio Oriente dell’ong tedesca “Society for Threatened People” (Gfbv), spiega che gli attacchi vogliono favorire la fuga dei cristiani dall’Iraq. “Nella sola Baghdad sono rimasti – afferma – circa 100 mila fedeli, rispetto ai circa 400 mila che vi abitavano nel 2003, al tempo dell’invasione Usa”. Da qui l’appello dell’ong affinché si mettano in campo progetti per sfollati e rifugiati iracheni cristiani, anche per quelli che si sono rifugiati in Giordania e Siria. Secondo stime Onu in Siria ci sarebbero 1,3 milioni di rifugiati iracheni dei quali il 20% sono cristiani. In Giordania sarebbero il 16%.

15 luglio 2009

Gli iracheni cristiani hanno bisogno di maggior protezione dichiara l'inviato delle Nazioni Unite dopo le bombe

Fonte: UN News Centre

Tradotto ed adattato da Baghdadhope


13 Luglio 2009 – L'inviato delle Nazioni Unite in Iraq ha chiesto oggi un raddoppiamento degli sforzi a protezione dei cristiani del paese, così come delle altre comunità minoritarie, a seguito di una serie di attacchi "orchestrati" che nel fine settimana hanno colpito molte chiese. Gli attacchi nella capitale e nella città settentrionale di Mosul hanno causato la morte di quattro persone ed il ferimento di dozzine di altre, inclusi bambini.
“Questa campagna mira a terrorizzare i gruppi vulnerabili ed ad impedire la coesistenza pacifica dei diversi gruppi religiosi in quella che era una delle culle mondiali della diversità etnica e religiosa" ha dichiarato Ad Melkert, il neo nominato rappresentante speciale del Segretario Generale (delle NU) in Iraq. Mr. Melkert che è anche a capo della Assistance Mission for Iraq delle NU (UNAMI) si è appellato a tuute le parti, incluso il governo, perchè raddoppino gli sforzi a protezione delle minoranze nel paese. Protezione che contribuirà a preservare la diversità culturale, etnica e religiosa dell'Iraq. Un'ondata di attacchi, minacce ed intimidazioni ha costretto più di 12.000 cristiani a fuggire da Mosul, la seconda città dell'Iraq, lo scorso ottobre. Alcuni di loro vi sono successivamente ritornati dopo aver sentito di un miglioramento delle condizioni di sicurezza.

Iraqi Christians need better protection, UN envoy says after deadly bombings


13 July 2009 – The top United Nations envoy to Iraq today called for a redoubling of efforts to protect the country’s Christians, as well as its other minority communities, following a series of “orchestrated” bombings over the weekend that hit several churches.
The weekend attacks in the capital, Baghdad, and the northern city of Mosul reportedly killed at least four people, and injured dozens more, including children.
“This campaign is aimed at terrorizing vulnerable groups and preventing the peaceful coexistence of different religious groups in what is one of the world’s cradles of religious and ethnic diversity,” said Ad Melkert, the newly-appointed Secretary-General’s Special Representative for Iraq.
Mr. Melkert, who also heads the UN Assistance Mission for Iraq (
UNAMI), called on all parties, including the Government, to redouble their efforts to protect minorities in the country.
This will contribute to preserving Iraq’s cultural, ethnic and religious diversity, he added.
An upsurge in attacks, threats and intimidation had forced more than 12,000 Christians to flee Mosul – Iraq’s second largest city – last October. Some of them later returned after hearing that the security situation had improved.

UE, Mauro: "Urgente ingerenza umanitaria per tutelare la libertà religiosa"


Strasburgo - 14/7/2009 -

"Di fronte agli ennesimi episodi nei quali ci si avvale dello spargimento di sangue innocente per far desistere l’uomo che ricerca la fede e dimostra nuovamente le continue persecuzioni ostili e barbare che si perpetrano ogni giorno nei confronti dei cristiani in molte parti del mondo chiedo alla Commissione europea e al Consiglio se e in che modo intendono sollecitare la Comunità internazionale ad una vera e propria ingerenza umanitaria negli Stati dove la Libertà Religiosa è sistematicamente calpestata".
Questo il contenuto della prima interrogazione parlamentare depositata nella nuova legislatura dal Capodelegazione del Popolo della Libertà , On. Mario Mauro, dopo i gravissimi episodi accaduti in Iraq e in Somalia - "Alla luce di questi fatti - conclude Mauro - si comprende facilmente come la salvaguardia della libertà di religione, una libertà che da sola garantisce una piena realizzazione della dignità umana, diventa sempre più urgente".

Iraq: Mons. Warduni (Baghdad) "Un vero inferno sulla terra"

Fonte: SIR

“Un vero inferno sulla terra”. Mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale di Baghdad, racconta così, al SIR, i momenti dell’esplosione nella sua chiesa, quella di Santa Maria, una delle sette nella capitale irachena attaccate lo scorso fine settimana. “Al termine della messa, ci siamo recati nel cortile dove ho salutato alcune persone. Mi ero da poco trasferito nel mio ufficio sito nel retro, quando ho udito un boato, una voce dall’inferno accompagnata da urla, pianti, e grida dei bambini e poi tanto fuoco e tanto fumo. Subito dopo sono arrivati ad aiutarci persone del vicinato, anche musulmani. Sono stati momenti terribili che hanno lasciato a terra due nostri fedeli e tanti feriti”. “Ieri sera – prosegue il vescovo caldeo - abbiamo celebrato i funerali dei due fedeli morti nell’attentato. Fuori della chiesa esercito e polizia mandati dal Governo. Abbiamo pregato ancora per la pace e con noi c’erano anche molti musulmani. A loro ho detto che la presenza musulmana in questo triste momento è la prova che niente e nessuno potrà dividere il popolo iracheno. Purtroppo un certo miglioramento nelle condizioni di vita non elimina la paura nel domani. Prestissimo con il card. Delly parleremo con esponenti del Governo e vedremo cosa ci diranno. Cristiani e musulmani devono restare saldi nel coraggio e nell’amore reciproco. Solo così potremo costruire un nuovo Iraq, pacifico, riconciliato e giusto”.

Iraq: Warduni (Baghdad) "A veritable hell on heart"

Source: SIR

“A veritable hell on earth”. This is how mgr. Shlemon Warduni, Patriarchal Vicar of Baghdad tells to SIR about the explosion occurred in his church, the church of Saint Mary, one of the seven of the Iraqi capital that were attacked last weekend. “At the end of Mass, we went into the courtyard where I greeted some people. I had just moved to my office at the back as I heard a boom, a voice from hell, with shouts, screams and children crying, and then lots of fire and lots of smoke. Just after that, people from the neighbourhood, even Muslims, came to help us. Those were terrible moments that killed two of our devotees and injured lots of people”. “Last night – the Chaldean Bishop goes on –, we celebrated the funeral of the two devotees that died in the attack. Out of the Church, there were the army and the police sent by the Government. We prayed for peace again, and there were lots of Muslims with us. I told them that the presence of Muslims at this sad time proves that nobody and nothing can split the Iraqi population. Unfortunately, some improvement in the living conditions will not remove the fear of the future. Very soon, card. Delly and I will meet some Government leaders and we will see what they tell us. Christians and Muslims must remain strong in their courage and in their mutual love. That’s the only way for us to build a new, peaceful, reconciled and fair Iraq”.

Kirkuk, le speranze nella Gerusalemme curda

Fonte: NuovaSocietà

di Alessandro Ciquera

Da questa settimana incomincia la collaborazione tra NuovaSocietà e Alessandro Ciquera, che si trova in Kurdistan per un progetto di cooperazione. Attraverso le sue parole, i suoi articoli i lettori potranno approfondire un argomento spesso dimenticato dai media
L'Iraq di oggi, per come lo conosciamo, è un insieme di notizie e ricordi lontani, legati ad un passato che ci ha visto incollati al televisore, quando nel 2003 gli Stati Uniti dichiararono guerra a Saddam, ma che successivamente, pian piano si sono andati affievolendo; l'interesse della cronaca per questa nazione ha avuto un respiro sempre più breve, simile a quello di un malato terminale, fino ad oggi. Ci sono molti elementi che presto potrebbero far tornare i riflettori su queste terre desolate: partendo da una città contesa, la Gerusalemme curda: Kirkuk. Essa conta più di un milione di abitanti, tra capoluogo ed omonima provincia, divisi in quattro diverse etnie: curda, araba, turcomanna e caldea (cristiani assiri). Ognuna di esse rivendica le proprie radici sul territorio, ognuna di esse si sta avviando verso forme sempre più pressanti di intolleranza verso i vicini. L'atmosfera sta fermentando, il Parlamento nazionale ha concesso ai curdi una regione autonoma federata al resto del paese, con capitale Erbil, governata attualmente da Barzani.
Il governo curdo ha approvato una nuova costituzione il 25 giugno scorso, in cui si rivendicano le contestate provincie di Ninive ma soprattutto la pericolosa Kirkuk, ricca di interessi e giacimenti petroliferi, ago della bilancia per quanto concerne gli equilibri politici. Per precisazione stiamo parlando di vera e propria stabilità interna: pur di annetterla infatti molti si dichiarano pronti ad imbracciare ancora una volta le armi, per dichiarare guerra al governo del Primo Ministro iracheno, Nuri al Maliki, per espandere il territorio con la forza. Il contesto attuale è frutto dell'esilio che Saddam impose ai curdi durante gli anni del regime fino alla sua disfatta, Kirkuk fu letteralmente "arabizzata". Casa per casa, furono inviate numerose famiglie arabe e ne furono deportate al nord, altrettante curde. Ora purtroppo antichi odi e profondi rancori stanno tornando a colpire. Barzani ha concesso incentivi a tutti i curdi che sceglieranno di tornare nella loro città natale, tuttavia il nucleo arabo non è intenzionato ad abbandonare i propri quartieri. Tutti si accusano a vicenda di esproprio e le violenze hanno subito un tasso di incremento notevole negli ultimi sei mesi. I Turcomanni, per bocca dei loro leader, fanno sapere che pur di difendersi, dopo i gravissimi attentati di Taza e di Mosul, saranno pronti a mettere in azione uomini armati, come è già stato fatto in passato, quando fu posta un autobomba durante una manifestazione curda a Kirkuk e soggetti mascherati spararono sulla folla. Il bilancio fu pesante: più di 150 morti. L' anarchia non e' ancora arrivata, ma se non si prende seriamente in analisi la questione l'Iraq diventerà una nuova Bosnia, partendo proprio da Kirkuk. Le giornate nella città trascorrono tra caldo, lavoro e sudore, ma sono in molti a muoversi preparandosi ad un conflitto. Gruppi paramilitari legati al leader radicale sciita Muqtada al Sadr girano per le strade a bordo di Bmw (dal motore potente) e sparano con pistole silenziate su civili, pashmerga, medici, vigili urbani e qualsiasi cosa abbia a che fare con l'Occidente: il tragico bilancio e' di quasi venti morti in meno di una settimana, sono Fantasmi della Morte, invisibili e letali, senza pietà. La gente ha paura a fare qualsiasi cosa, non si fida a sbottonarsi troppo sulle proprie opinioni, è in attesa, in un limbo dalle pareti bianche, in cui ognuno perde la propria identità, per trasformarsi in un automa, capace solo di lavorare e correre a casa una volta finito il proprio mestiere; c'è pochissima vita mondana, i pochi ristoranti sono spesso presi di mira dai terroristi, se non pagano vengono fatti saltare in aria. In questo ambiente vivono tanti ragazzi giovani, con un'immensa voglia di vivere, abituati al clima di tensione, ma che sognano, ogni giorno, i loro miti: Cristiano Ronaldo e Francesco Totti. C'è qualcosa che sa di tenerezza nei loro sguardi, nella voglia di andare avanti sempre e comunque, perché non potrà piovere per sempre.

14 luglio 2009

Perchè la Gran Bretagna deporta i cristiani perseguitati?

Fonte: Telegraph Blogs
Di Ed West, 13 luglio 2009

Tradotto ed adattato da Baghdadhope

Recentemente, durante un incontro interreligioso in Siria (era tutto in arabo e quindi non potevo annoiarmi) ho ricevuto un gentile rimprovero da un vescovo maronita che mi ha spiegato come le relazioni musulmano-cristiane fossero buone in Siria ma che, come ovunque in Medio Oriente, fossero influenzate da ciò che succedeva in Occidente.
Ogni volta che l'Europa aveva irritato il mondo islamico, una cosa non difficile, i cristiani del Medio Oriente le avevano prese. Il vescovo mi ha rimproverato per i commenti di Papa Benedetto a Ratisbona e per la faccenda delle vignette danesi, episodi che avevano creato tensioni (non è entrato nei dettagli) e mi ha dato un colpetto sul braccio.
Ad essere onesti la cosa mi ha un pò seccato dato che (a) non sono il Papa, (b) non sono un vignettista danese e (c) per quanto mi riguarda noi Europei possiamo dire cosa accidenti vogliamo delle religioni, la nostra compresa, senza essere minacciati. Ciò che il vescovo voleva dire è che i cristiani nei paesi islamici sono praticamente degli ostaggi, e che ogni volta che noi ci mostriamo irrispettosi loro ne pagano il prezzo.
Attualmente i siriani cristiani stanno abbastanza bene, almeno fino a quando la famiglia Assad manterrà il controllo, ma la situazione in Iraq ed Egitto è triste. Questo fine settimana sono scoppiate delle bombe fuori da 6 chiese in Iraq secondo quanto riportato dall'Assyrian International News Agency, il che porta il numero degli attacchi alle chiese in quel paese dal momento della "liberazione" a più di 60. Come ho già detto gli iracheni cristiani sono segnati se gli USA si ritireranno, e forse lo saranno ugualmente nel lungo periodo.
In Egitto la minoranza copta continua a soffrire - un'altra chiesa bruciata nel weekend - sebbene se lavori per una testata cristiana queste storie di violenza anti cristiana in Egitto dopo un pò diventano noiose.
A lungo termine i cristani non hanno futuro in Medio Oriente. Se non saranno gli estremisti saranno l'incapacità economica ed il miraggio dell'Occidente a spingerli fuori. Eppure, come scrive Cranmer, la Gran Bretagna sembra stia facendo il possibile per mantenere viva la fede nella sua culla rifiutando di punto in bianco di accettare i rifugiati cristiani provenienti dal mondo islamico.

Hany Ayoub Mansour, sua moglie Samah ed i loro figli Nardin 10 anni, Karin sette, i gemelli di tre Bishoy ed Anastasia, e la piccola Angela di un anno sono stati catturati da uomini armati del servizio immigrazione nel corso di un'incursione nella loro casa all'alba.
Una famiglia cristiana quindi a breve si ritroverà su un volo per l'Egitto per andare incontro ad un futuro incerto. Non sa se sarà ancora perseguitata dagli estremisti ,ma questo non interessa al governo di Sua Maestà.
Eppure è strano che quando un terrorista musulmano rischia la deportazione la preoccupazione che il criminale possa rischiare di essere maltrattato nel suo paese natale sia sufficiente a fermare il processo di espulsione.
Diritti umani. Alcuni gruppi sembrano averne di più. Cranmer augura sinceramente ogni bene alla famiglia Mansour e prega che non sia soggetta di nuovo alle persecuzioni che l'hanno portato nel Regno Unito. Ma la situazione per i copti è sempre più problematica, in effetti essi sono soggetti a "pulizia" sistematica.

Tutto ciò può apparire strano dopo i miei post di critica all'immigrazione, ma penso che sia probabilmente nel nostro interesse far entrare i cristiani mediorientali, una minoranza costituita in grandissima parte da appartenenti alla classe media professionale, la cui religione assicurerebbe lealtà verso il nostro paese. Chi si occupa della politica dell'immigrazione però non la pensa così.
Come recita un detto arabo: "Meglio essere nemico che amico degli inglesi. Se sei loro nemico cercheranno di comprarti, se sei loro amico ti venderanno certamente."

Why is Britain deporting persecuted Christians?

Source: Telegraph Blogs

By Ed West, July 13, 2009

In Syria recently at an inter-faith gathering (it was all in Arabic so it couldn’t annoy me), I received a mild ticking-off from a Maronite bishop. He explained that Muslim-Christian relations were good in Syria but that, as elsewhere in the Middle East, they were affected by what went on in the West.
Whenever Europe did something to upset the Islamic world, which isn’t very difficult, Middle Eastern Christians got it in the neck. He castigated me for Pope Benedict’s comment at Regensburg and for the activities of the Danish cartoonists, both of which led to unpleasantness (he didn’t go into details), and gave me a gentle rap on the knuckles (well, my arm).
This rather annoyed me, to be honest, since (a) I’m not the Pope, (b) I’m not a Danish cartoonist and (c) as far as I’m concerned we Europeans can say what we damn well like about any religion, ours included, without the threat of violence. What the bishop was saying is that Christians in Muslim countries are basically hostages and every time we showed disrespect they would pay the price.
Actually the Syrian Christians have it pretty good, so long as the Assad family keep control of things, but the situation in Iraq and Egypt is grim. This weekend there were bombs outside six churches in Iraq, according to the Assyrian International News Agency, which brings the number of church bombings in that country since “liberation” to over 60. As I’ve said before, the Iraqi Christians are doomed if the US pulls out, and probably doomed anyway in the long run.
In Egypt the minority Copts continue to suffer - another church was burned down over the weekend - although if you work in the Christian press these stories of Egyptian anti-Christian violence become deadening after a while.
In the long term, Christians have no future in the Middle East. If extremists don’t get them, then the effects of economic incompetence, plus the lure of the West, will push them out. Still, as Cranmer reports, Britain seems to be doing its best to keep the faith alive in its cradle by refusing point blank to accept Christian refugees from the Islamic world.

Hany Ayoub Mansour, his wife Samah and children Nardin, 10, Karin, seven, three-year-old twins Bishoy and Anastasia, and one-year-old Angela, were seized by armed immigration officers in a dawn swoop on their home.
Now a Christian family will shortly find itself on a plane to Egypt to face an uncertain future. They do not know whether they will be subject to further persecution by extremists, but this is of no concern to Her Majesty’s Government.
Yet it is strange that when a Muslim terrorist faces deportation, concerns that the criminal might face ill treatment on arrival in his native country are sufficient to halt all deportation proceedings.
Human Rights, you see. Some groups seem to have more of them. Cranmer sincerely wishes the Mansour family well, and prays that they will not suffer a repeat of the persecution that drove them to the UK in the first place. But the situation for Copts is increasingly fraught; indeed, they are being systematically ‘cleansed’.

This might seem strange after my posts criticising immigration, but I think it’s probably in our best interests to allow in Middle Eastern Christians, who are a disproportionately middle-class, professional minority whose religion ensures their loyalty to this country. But our immigration policymakers don’t think that way.
As the Arab saying goes: “Better to be the Englishman’s enemy than his friend. If you’re his enemy, he will try to buy you. If you’re his friend, he will most certainly sell you."

Attacchi alle chiese in Iraq. Il Papa prega per la conversione degli attentatori

Fonte: Radiovaticana

In risposta ai tragici attacchi in Iraq contro i luoghi di culto cristiani è giunto l’appello del Papa alle autorità irachene, affinché fermino le violenze, dietro le quali si teme un disegno criminale preordinato. Il servizio di Roberta Gisotti.

Benedetto XVI, vicino spiritualmente alla comunità cattolica e ortodossa in Iraq, “prega per una conversione del cuore degli autori della violenza”. In un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, inviato ieri al patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, il Papa “incoraggia le autorità a fare tutto il possibile per promuovere una coesistenza giusta e pacifica di tutti i settori della popolazione irachena”. “Siamo dispiaciuti - ha fatto eco al Santo Padre il cardinale Delly - perché oggi sono obiettivo degli attentati luoghi che, in passato come durante la guerra, servivano da rifugio per cristiani e musulmani”.
Ricordiamo che 5 persone sono state uccise ed oltre 40 sono rimaste ferite in una catena di attacchi eseguiti tra sabato sera e ieri mattina a Baghdad, Mossul e Kirkuk, nel nord del Paese, contro obiettivi e personalità cristiane. Sette le chiese colpite nella capitale: quelle di Notre Dame, di San Giuseppe, di San Giorgio, del Sacro Cuore e di San Giacomo di rito caldeo; quella dei Santi Pietro e Paolo di rito siro-ortodosso e quella di Santa Maria di rito assiro; oltre alla chiesa della Madonna di Fatima di rito siro-cattolico a Mossul.
“Si tratta di attacchi perpetrati con lo scopo di spingere i cristiani fuori dall’Iraq”, ha dichiarato mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo dei Latini a Baghdad, e questa è l’opinione largamente condivisa tra gli esponenti della comunità cristiana irachena, almeno 800 mila fedeli prima dell’invasione statunitense nell’aprile 2003 ed ora - secondo stime - ridotta a meno di 500 mila. Intanto le autorità irachene, da due settimane responsabili della sicurezza nei centri abitati dopo il ritiro definitivo delle truppe Usa hanno imposto il coprifuoco in alcuni sobborghi a maggioranza cristiana nei pressi di Mossul e rafforzato la protezione alle 35 chiese di Baghdad. Tra le chiese colpite nella capitale irachena quella di Santa Maria, dove officia mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare caldeo a Baghdad. Ascoltiamo il racconto commosso di quegli accadimenti tragici. L’intervista al presule è di Marie Duhamel della nostra redazione francese.

R. – Avevo quasi previsto che sarebbe accaduto qualcosa alle chiese: nella notte erano già state bombardate le chiese di San Giuseppe lavoratore e poco prima delle cinque della mattina mi hanno telefonato che anche la chiesa di San Giorgio era stata attaccata. Io avevo allora telefonato a vescovi e sacerdoti avvertendoli di stare attenti; avevo parlato anche con alcuni responsabili dell’esercito, per avvisare anche loro. Quindi sono andato a celebrare la Messa, e nel corso della celebrazione abbiamo pregato per la pace e per la sicurezza; al termine della Messa, siamo usciti nel cortile della chiesa dove ho salutato alcune persone. Poi, alcuni mi hanno invitato a recarmi nell’ufficio vicino, e dopo appena un minuto abbiamo sentito questa voce dall’inferno che ci ha fatto sussultare, perché tanti strillavano, tanti piangevano, i bambini gridavano e poi il fuoco, il fumo dall’altra parte … non sapevamo cosa fare! Quindi sono arrivate le forze del governo e poi alcuni nostri vicini di casa, anche musulmani, e abbiamo visto che due giovani – poveri! – mancavano all’appello: erano morti e c’erano 25-30 feriti …
D. – C’è un messaggio che lei oggi vuole far giungere ai cristiani che sono ancora in Iraq?
R. – Certamente! Noi siamo figli della speranza, e dobbiamo per questo avere fiducia nel Signore e andare avanti, perché il nostro Dio è un Dio d’amore, è un Dio che ama gli uomini, che li ha creati per essere felici in questo mondo, non per vivere una vita di malinconia, di sofferenza. Ed il popolo iracheno sta soffrendo da tanti anni, ed i cristiani soffrono insieme a tutto il popolo da duemila anni … Il nostro Paese è il Paese dei martiri: quanti martiri! Per questo, cerchiamo di vivere con fiducia e con tranquillità!

13 luglio 2009

Aggiornamenti da Baghdad (2)

By Baghdadhope

L’interpretazione su ciò che succederà dopo gli ultimi attentati alle chiese di Baghdad e Mosul è uninanime: molti fuggiranno.
A dichiararlo è
Mons. Shleimun Warduni da Baghdad che ammette che gli episodi spaventeranno i cristiani che avranno paura di frequentare le funzioni e che forse lasceranno il paese, ed anche Mons. Louis Sako da Kirkuk che interpreta gli attacchi come un messaggio rivolto anche ai cristiani che il paese lo hanno già lasciato: non farvi ritorno.
La situazione intanto va normalizzandosi nella provincia di Mosul dove alle 14.00 ora irachena il
divieto di entrata ed uscita in auto dai paesi a maggioranza cristiana vicini alla città è stato revocato

Baghdad updates (2)

By Baghdadhope

The interpretation of what will happen after the recent attacks on the churches in Baghdad and Mosul is uninanimous: many of them will flee. To say this is
Msgr. Shleimun Warduni from Baghdad who admits that the episodes will frighten the Christians who will fear attending the functions and perhaps will leave the country, and Msgr. Louis Sako from Kirkuk, who reads the attacks as a message addressed to the Christians who already left the country: do not come back.
Meanwhile the situation is bettering in the province of Mosul, where at 14:00 Iraqi time the
car ban to and from the villages inhabited by a Christian majority near the city has been lifted.

Aggiornamenti da Baghdad

By Baghdadhope

Secondo
una fonte di Baghdadhope a Baghdad tutte le chiese sono attualmente circondate dalle forze di polizia che impedisce alla stampa a visitare i siti degli attentati e, di conseguenza, la copertura delle notizie. Confermato l'incendio della chiesa caldea di Saint Jacob in Dora già attaccata nel 2004 e nel 2007, e l'uso di dinamite e benzina per l'attacco alla chiesa caldea di San Giovanni nello stesso distretto.

Baghdad updates

By Baghdadhope

According to a source of Baghdadhope in Baghdad all the churches are presently surrounded by the police forces who prevent the press to visit the sites of the attacks and consequently the covering of the news.
Confirmed the burning of Saint Jacob Chaldean church in Dora already attacked in 2004 and 2007, and the use of dynamite and gasoline for the attack at Saint John Chaldean church in the same district.

Photos of the Virgin Mary Chaldean church. Baghdad



Church of the Virgin Mary in Baghdad. Palestine Street.


Photo by Fr. Douglas Al Bazi for Baghdadhope



Forse la chiesa a Mosul colpita per errore

By Baghdadhope

Secondo quanto riferito a Baghdadhope da Mons. Philip Najim l'attacco alla chiesa di Mosul potrebbe essere il frutto in realtà di un attacco alla vicina moschea.
Secondo quanto Padre Amer Youkhanna, sacerdote dell'Arcidocesi di Mosul attualmente a Roma che ha parlato con una fonte di Mosul, ha riferito a Baghdadhope la bomba è stata intenzionalmente posta tra la chiesa siro cattolica e la vicina moschea sciita per colpire entrambi gli edifici senza lasciare tracce di quale dei due fosse il vero bersaglio. Padre Youkhanna ha anche riferito che le forze di polizia di Mosul hanno avvertito le chiese, i monasteri ed i conventi della città di alzare la guardia in vista di possibili attacchi.
L'altalenare delle notizie dimostra come la situazione sia ancora molto tesa.

Maybe the church in Mosul hit by mistake

By Baghdadhope

According to what referred to Baghdadhope by Msgr. Philip Najim the attack to the church in Mosul could be the result of an attack to the nearby mosque.
According to what Father Amer Youkhanna, priest of the Archdiocese of Mosul presently in Rome who talked to a source in Mosul, told to Baghdadhope, the bomb was placed intentionally between the Syriac Catholic church and the Shia mosque to damage both the buildings without leaving precise traces of which of the two was the target. He referred too that the Iraqi police forces in Mosul warned the churches ,monasteries and convents of the city to be careful due to the danger of attacks.
The swing of the news shows how the situation is still very tense.

Gli attacchi alle chiese di Baghdad sono iniziati già sabato. Una chiesa colpita anche a Mosul.

By Baghdadhope

"La chiesa caldea di Saint George, nel quartiere di Ghadeer, è stata attaccata sabato con una granata stordente, una bomba sonora che non produce danni ma un fortissimo spavento causato dall'enorme rumore prodotto. Gli altri attacchi sono avvenuti invece ieri."
Così Padre Douglas Al Bazi ha spiegato a Baghdadhope un conto che non tornava
Secondo le agenzie di stampa le chiese attaccate sono 6 ma ad un confronto tra Padre Douglas e Baghdadhope risultavano essere 9, per la precisione 6 chiese caldee e tre siro ortodosse tra Baghdad e Mosul:
Saint George (Ghadeer)
Saint Joseph Patron of Labourers (Nafaq al-Shorta)
Saint Jacob (Hay al-Asia - Dora)
Sacred Hearth of Jesus (Garage Amane)
Virgin Mary (Palestine St.)
Saint John (Dora)
Saints Peter and Paul (Al Sinaa St.)
Saint Matti (Ghadeer)
Chiesa siro ortodossa a Mosul

Il fatto che il primo attacco sia avvenuto sabato non fa che rendere la situazione ancora più grave. Non importa che tipo di ordigno sia stato usato. In questi casi come in altri quando, ad esempio, le chiese furono attaccate durante la notte, lo scopo non è uccidere quando diffondere il terrore. I morti sono, e dispiace dirlo, "effetti collaterali" di un piano che non mirava specificatamente alla loro vita ma alla sopravvivenza della comunità.
L'ultimo bilancio comunque è di tre morti, due giovani cristiani ed una bambina musulmana, colpiti nell'attacco alla chiesa di Palestine St. e di circa 20 persone ferite nella stesso attacco. Per quanto riguarda le altre chiese non sono riferite perdite ma danni ancora da valutare mentre non ci sono altre notizie sulla chiesa di Mosul.
Il Patriarca della chiesa caldea, Mar Emmanuel III Delly, al momento degli attacchi era ad Amman per poi volare ad Erbil nel Kurdistan iracheno. In varie interviste a televisioni irachene come Al Iraqiya ed Al Sharqiya ha deplorato gli avvenimenti appellandosi alla tolleranza del popolo iracheno verso i fratelli cristiani, cittadini dello stesso stato.
Baghdadhope si terrà in contatto con l'Iraq per riferire notizie più dettagliate.
Per quanto riguarda la chiesa attaccata a Mosul Padre Rayan P. Atto, parroco della chiesa di Mar Qardagh ad Erbil, ha riferito a Baghdadhope che si tratta di una chiesa siro cattolica dedicata alla Vergine di Fatima, che ci sono stati solo danni materiali, ma anche che è difficile confermare la notizia perché è per ora impossibile contattare i sacerdoti a Mosul, e perché il paese di Qaraqosh, vicino a Mosul, dove la maggioranza della popolazione è siro cattolica è stato chiuso a contatti esterni per ragioni di sicurezza.

Attacks to the churches in Baghdad began on Saturday. A church attacked also in Mosul.

By Baghdadhope

"The Chaldean church of Saint George, in the district of Ghadeer, was attacked on Saturday by a stunning grenade, a sound bomb that did not cause victims but spread the panic caused by the huge noise produced. The other attacks occurred yesterday."
So Father Douglas Al Bazi explained to Baghdadhope an incongruity in the reports of the attacked churches. According to many news agencies the churches are 6 but a comparison beteween Father Douglas and Baghdadhope reached the number of 9 between Chaldean (6) and Syriac Orthodox (3) in Baghdad and Mosul:
Saint George (Ghadeer)
Saint Joseph Patron of Laborers (Nafaq al-Shorta)
Saint Jacob (Hay al-Asia - Dora)
Sacred Heart of Jesus (Garage Amane)
Virgin Mary (Palestine St.)
Saint John (Dora)
Saints Peter and Paul (Al-Sinaa St.)
Saint Matti (Ghadeer)
An unknown Syriac Orthodox church in Mosul
The fact that the first attack happened on Saturday worsens the situation. No matter what type of bomb was used. In these cases as in others, for example when the churches were attacked during the night, the purpose is not to kill but to spread terror. The deaths are, sorry to say, "collateral effects" of a plan not intended specifically to take their lives but to the survival of the community. The last news, however, is of three killed, two young Christian boys and a Muslim girl, and about 20 wounded in the attack to the church of Palestine St.
As for the other churches in Baghdad are not reported killed or wounded persons but damages still to be assessed while there are no other news about the church in Mosul.
The Patriarch of the Chaldean church, Mar Emmanuel III Delly, at the time of the attacks was in Amman before flying to Erbil in Iraqi Kurdistan. In several interviews with Iraqi television such as Al Iraqiya and Al Sharqiya he regretted the events appealing to the tolerance of the Iraqi people toward the Christian brothers, citizens of the same state.
Baghdadhope will keep in contact with Iraq to report more detailed news. As for the church attacked in Mosul Father Rayan P. Atto, parish priest of Mar Qardagh church in Erbil, told to Baghdadhope that it is a Syriac Catholic church dedicated to the Virgin Fatima, that there have been only material damages but also that it is difficult to confirm the piece of news because it is by now impossible to contact the priests in Mosul and because the village of Qaraqosh, near to Mosul, where the majority of the population is Syriac Catholic has been closed to external contacts for security reasons.

Msgr. Najim (Rome): "They aim to make Christians disappear from Iraq"

By Baghdadhope

"There are no doubts, this is an attack aiming to make Christians disappear from Iraq."
These are the words with which Msgr. Philip Najim, Procurator of the Chaldean Church to the Holy See, described the series of attacks that yesterday hit 6 churches in Baghdad, causing two deaths and dozens of wounded according to the first unofficial reports.
In a statement issued to Baghdadhope Msgr. Najim said that "hitting the places of worship after the celebrations on Sunday afternoon proves that whoever is the culprit is someone who has no God, someone who does not respect the human being as a creature of God, the God of all religions."
Monsignor Najim, why? Why attacking the churches following the same pattern used other times as in the attack of August 1, 2004? Combined attacks on Sunday and after the functions?
"It is clear that these attacks are not related to episodes of resistance against an invader, but to a violent process aiming to slow the development of the country, its peace. They want a weak and underdeveloped Iraq that with the disappearance of its Christian component looses an important part of the society to which Christians always contributed by their knowledge and their stabilizing function."
Who wants such a weak Iraq?
"I repeat once again and I am sure. These are dark forces coming from outside the country. It is not the work of Iraqis. These forces, hitting the places of worship, attacked the religion itself, and not only the Christian one. They want to destroy the tolerance in the country bringing a climate of mutual suspicion and they also want to destroy the image of Iraq in international public opinion."
Is another flight of Christians from Baghdad expected as it was in 2004?
"Absolutely. It will begin very soon."
And where will they go? The international community will not be able or willing to accept them all, escaping to neighboring countries has shown over the years to be nothing but a flight toward the slow agony of waiting for a visa to the West that in most cases will never arrive. Maybe many will flee to Kurdistan .. "
"Maybe. In any case, the ideal solution is not Kurdistan. It's true, new villages have been built to accommodate the Christian refugees, but they are nothing more than houses in the middle of anything. There are no infrastructures - no schools, no hospitals, no economy - there was not an organic plan to welcome and integrate them. Iraqi Christians who lived their entire lives in the cities were suddenly turned into peasants without knowing that job."
And then? What would be the solution?
"In a democracy citizens must be protected by the state. The Iraqi Christian is vulnerable because it is not protected. We don't need other empty promises by the government that is unable to guarantee the security without which democracy is just a beautiful word. And this is applied to all ethnic and religious componentes of the country."
Monsignor Najim, the premise that the government has a duty to protect all its citizens is right. The events of recent weeks in Baghdad, Kirkuk, Tell Afar shows a serious flaw in the "system Iraq" but in this case, targeted and concerted attacks not attributable to suicide actions, against a now small minority what should the government do to make it feel less vulnerable?
"I recall that even as part of a minority the Iraqi Christians are in fact citizens of the country. At this point it is necessary for the government to create and make operational a system of intelligence capable of discovering the perpetrators of these criminal and inhuman acts and bring them to justice. Only in this way the Christian community, but in reality the Iraqi in general, will be aware of the government existance and will gain confidence in it. I repeat, there is no democracy without security."

The conviction of Monsignor Najim on the guilt of external forces in case of the attacks is not shared by all. According to a source of Baghdadhope who asked - for obvious reasons related to security - to maintain anonymity, another plot can be read.
As in the case of the terrorist attacks of 2004 that gave way to the flight of Christians to benefit from it would be the Kurdish Regional Government. (KRG) On June 24 the parliament of the KRG overwhelmingly approved the draft constitution that had to be approved by referendum on July 25 in conjunction with the parliamentary and presidential elections. A constitution that has found a fair contrast among the MPs of the central government who object the Kurdish attempts to annex some areas of still disputed areas among which there are some villages in the Nineveh Plain. The Kurdish constitution, for the disposal of the Independence High Electoral Commission will not be voted on by referendum on July 25, and the Kurdish parliament on July 9 agreed to postpone it to a date to be decided. Yet sooner or later the constitution will be approved.
According to the theory exposed to Baghdadhope if thousands of Christians should again flee to Kurdistan, and one day be called to approve or repeal the constitution, the gratitude toward who offered them hospitality in the moment of maximum danger could lead to the annexation of the disputed territory of the Nineveh Plain to Kurdistan. If it is true - as Msgr.Najim said- that life in Kurdistan is not a paradise, it might be equally true that among the Iraqi Christians called to vote not political but practical reasons related to their personal safety could prevail.
Not to mention that many Christians would again become cheap labour forces in the explosive economy of the 'other Iraq' as Kurdistan defines itsself, and that the Kurdish hospitality copuld "refresh" the image of Kurdistan as a land of tolerance and generosity, so precious towards the outside but undermined by accusations of disrespect for human rights, rampant corruption and absolutism.