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4 maggio 2022

Card. Sako: Stato ‘civile e democratico’ contro l'emigrazione


Instaurare uno Stato “civile e democratico”, nel quale tutti i cittadini sono “uguali” per diritto e cultura, a prescindere “dalla affiliazione religiosa, dall’etnia o dal genere”, perché “non esiste una vera democrazia” in un Paese privo di istituzioni “forti”.
È quanto scrive il primate caldeo, card. Louis Raphael Sako, in una riflessione pubblicata sul sito del patriarcato in cui torna a discutere delle migrazioni, un “fenomeno del nostro tempo”. Nel documento, il porporato attacca quanti “mescolano” religione e politica per “distorcerle”, come avviene “per l’islam politico” o il cristianesimo “nel Medioevo”. E non risparmia critiche alla “cultura delle quote” che ostacolano la nascita di uno “Stato moderno” che abbraccia tutti.
Più volte il primate caldeo ha approfondito la questione delle migrazioni, che tocca da vicino la comunità cristiana irachena - ridotta ad un terzo dall’invasione Usa del 2003, passando da quasi un milione e mezzo a meno di 500mila - e che tanto ha sofferto le persecuzioni. Egli ha lanciato ripetuti appelli per un futuro che va costruito fondandosi su “garanzie” e una “base comune” rappresentata dalla cittadinanza. Mentre la sfida dell’emigrazione può essere vinta solo “restituendo un tessuto sociale e politico” alle persone sul quale “ricostruire la propria vita”.
Il card. Sako sottolinea l’importanza “dell’impegno educativo” che scaturisce da valori “umani fondamentali” e “principi morali” come fratellanza, amore e tolleranza. Per costruire una nazione salda servono un “obiettivo comune” e una “educazione comune” che siano “basi” di convivenza, e fondate su “cittadinanza, uguaglianza e giustizia”. Il porporato attacca poi il sistema delle quote che ha regolato a lungo la vita sociale, politica ed economia e che ha spesso favorito l’interesse di parte, mentre un rappresentante delle istituzioni deve “rappresentare e difendere tutti gli iracheni”.
Del resto l’emigrazione spesso è frutto di scelte dolorose che portano ad allontanarsi “dalla propria terra, dalla famiglia, dalla società e dalla cultura”. Un esodo, prosegue, che è causato da “conflitti e guerre assurde”, da “corruzione e assenza di democrazia, giustizia e uguaglianza” come accaduto in Iraq, Siria, Libano e “quello che sta accadendo oggi in Ucraina”, in seguito “all’assurda guerra” lanciata dalla Russia. Il primate caldeo si sofferma poi “sull’emigrazione dei cristiani iracheni”, legata a molteplici fattori, dalle violenze confessionali all’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis) nel nord.
Fino agli attacchi in atto ancora oggi di milizie sciite nella piana di Ninive, che rischiano di provocare uno stravolgimento demografico in un’area storicamente a maggioranza cristiana. I cristiani sono “il popolo originario” di questa terra, presenti “prima dell’avvento dell’islam”. Essi hanno svolto un “ruolo importante” prima e dopo l’ascesa dei musulmani “nella costruzione della civiltà” affermando il “comandamento dell’amore” che deve abbracciare anche i nemici in una prospettiva comune “di pace e di tolleranza”, lontani “da odio e vendetta”.
Il card. Sako rivolge infine un pensiero ai cristiani rimasti in Iraq, che “desiderano continuare la loro vita” nel Paese e partecipare “alla sua costruzione, al suo progresso e alla sua prosperità”. Ciononostante, essi devono affrontare attacchi, abusi, violazioni, discriminazioni che, in alcuni casi, sfociano in “cambiamento demografico di interi villaggi” o “nell'abbandono del patrimonio e dei beni” di fronte alla prospettiva di essere vittime sacrificali “perdendo così fiducia nel futuro”. “Il governo e la Chiesa - conclude - devono analizzare attentamente il fenomeno e trattarlo in modo serio, lontano da quello attuale, promulgando una nuova legislazione che renda uguali i cittadini e crei le prospettive per una vita dignitosa”.