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18 febbraio 2022

"Patriarcato dei caldei in Baghdad." Sparito il riferimento a Babilonia e punto fermo nel contrasto tra la sede di Baghdad e l'eparchia statunitense della California.

By Baghdadhope*

Il punto 9 del
comunicato finale del sinodo della chiesa caldea tenutosi a Baghdad dal 9 al 14 di agosto del 2021 riguarda la denominazione accettata dai membri sinodali di "Patriarcato Caldeo" al posto di "Patriarcato di Babilonia dei caldei" 
La spiegazione di questa scelta fu data successivamente dal patriarca cardinale Mar Louis Sako che ben chiarì che l'aggiunta del riferimento alla città di Babilonia è relativamente recente visto che risale al 1724, ma che non ha giustificazione storica visto che quella città non è mai stata sede patriarcale e neanche episcopale ed è oggi un centro esclusivamente abitato da musulmani. 
Anche le giustificazioni bibliche addotte da chi ha criticato la decisione sinodale non sono accettabili visto che la Babilonia citata altro non è - ha spiegato Mar Sako - che la metafora della Roma persecutrice dei cristiani ed assassina di Pietro e Paolo.
Con una nota pubblicata il 17 febbraio dal sito del Patriarcato è stata resa pubblica l'approvazione da parte del Santo Padre della decisione presa nel corso del sinodo del 2021. 
Il nome ufficiale del Patriarcato è quindi da oggi "Patriarcato dei caldei in Baghdad" (in italiano nel testo in arabo).
Come si legge infatti, a partire dal 1553, cioè dall'anno in cui una parte della Chiesa dell'Est chiese ed ottenne l'unione con Roma, le sedi patriarcali della chiesa caldea sono state le attuali città turche di Dyarbakir, Sirte, e Cizre e le irachene Mosul e Baghdad e mai Babilonia. 
Questa decisione sinodale e la successiva approvazione papale travalica le questioni burocratiche e storiche e può mettere il punto finale al complicato rapporto tra il patriarcato caldeo di Baghdad ed una delle due eparchie degli Stati Uniti. 
Un rapporto che durante il patriarcato di Mar Emmanuel III Delly, iniziato nel 2003 e terminato con le dimissioni per motivi di salute nel 2012, sembrava sbilanciato a favore dei vescovi degli Stati Uniti, ed in particolare dell'allora vescovo dell'eparchia con sede in California, Mons. Sarhad Jammo che fin dalla caduta del regime iracheno nel 2003 aveva guidato il movimento che mirava al riconoscimento della "nazione caldea," e quindi dei caldei contemporanei, come entità autonoma nel nuovo panorama politico del paese in quanto eredi diretti dell'impero babilonese di Nabucodonosor. Una posizione che mal si conciliava con le diplomatiche dichiarazioni di Mar Delly che nell'Iraq "liberato" continuava a parlare di una nazione simile ad un prato fiorito dove ogni fiore ha un suo colore e contribuisce all'armonia del tutto, sottintendendo come la linea da seguire fosse non tanto quella della rivendicazione dell'unicità quanto quella della creazione di uno stato in cui ogni fiore avrebbe dovuto e potuto avere la stessa importanza degli altri.
Linea sposata dal successore di Mar Delly, l'attuale patriarca Mar Louis Sako, che fin dall'inizio ha dichiarato come indispensabile il concetto di "cittadinanza irachena" in grado di superare e sanare i conflitti tra le diverse etnie e le diverse religioni che la caduta del regime aveva esacerbato. 
Quando Mar Louis Sako divenne patriarca nel 2013 il contrasto tra Baghdad e San Diego si spostò poi su un ulteriore livello. 
Complice la salute malferma del patriarca Delly alcuni sacerdoti e monaci caldei durante gli ultimi tempi del suo patriarcato avevano lasciato l'Iraq e si erano trasferiti negli Stati Uniti, nella diocesi allora guidata da Mar Sarhad Jammo, senza l'approvazione del proprio superiore o vescovo o addirittura con scuse pretestuose. 
Fin dalla sua nomina il patriarca Sako decise però di porre rimedio a questa "fuga" che avrebbe potuto rappresentare un pessimo esempio per i giovani sacerdoti che ancora vivevano in un Iraq ben lontano dall'essere "pacificato." La questione che convolse anche il Vaticano si risolse a favore del patriarcato con l'allontanamento di alcuni dei chierici coinvolti che non avevano accettato di far ritorno in patria. 
Con la cancellazione del riferimento a Babilonia dal nome e dallo stemma patriarcale si chiude quindi un periodo turbolento che nel 2015 fece addirittura temere uno scisma all'interno della chiesa cattolica caldea quando, esasperato dal rifiuto di Mar Jammo di favorire il rientro dei sacerdoti il patriarca Sako arrivò ad auspicare le dimissione del vescovo perché altrimenti: "
sarò io a lasciare la carica patriarcale che non avrebbe più nessun senso, se non quello di un titolo onorifico cui non tengo."
Il ritiro nel 2016 per raggiunti limiti di età di Mons. Sarhad Jammo, il prevalere della linea che auspica la piena cittadinanza degli iracheni tutti che ha trovato nuovo impulso dalla visita nel paese di Papa Francesco la cui prima conseguenza è stata un nuovo e più profondo rispetto per la sua componente cristiana, e il termine delle fughe dei sacerdoti verso lidi più sicuri hanno quindi di fatto riportato l'ago della bilancia caldea ad est, a Baghdad. 
Questo, unito alla normalizzazione verso la quale il paese sta procedendo seppure con fatica e che può significare la fine dei flussi migratori che hanno finora nutrito la diaspora, al ritorno in patria della sede patriarcale della Chiesa assira dell'est dopo decenni di esilio americano, ed alla recente scomparsa del patriarca della Chiesa antica dell'Est che insieme a quella caldea ha mantenuto la propria sede in Iraq può significare una nuova pagina per la cristianità in terra mesopotamica che ha trovato, ahimè, attenzioni da parte dell'Occidente grazie alle guerre ed alle sofferenze inflittegli più che alla bellissima frase di Papa Giovanni Paolo II che già nel 1980 ricordava che: «Non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone; bisogna aver due polmoni, cioè quello orientale e quello occidentale». "