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8 maggio 2020

La Chiesa siro cattolica mette a disposizione il seminario di Mosul per la cura dei contagiati Covid-19

By Fides
7 maggio 2020

48 camere singole per ospitare le persone contagiate dal Coronavirus che non hanno bisogno di sottoporsi a terapia intensiva o devono trascorrere in isolamento il periodo di quarantena dopo la guarigione. Le ha messe a disposizione l’arcidiocesi siro-cattolica di Mosul, offrendo alle autorità politiche e sanitarie della Provincia di Ninive, chiamate a gestire l’emergenza Covid-19, i locali e le strutture che in passato hanno ospitato il seminario patriarcale, presso una parrocchia siro-cattolica della città nord-irachena, rimasta per lunghi anni sotto il controllo dei jihadisti dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh).
L’arcidiocesi siro cattolica ha preso anche l’impegno di garantire vitto e assistenza logistica ai malati e ai convalescenti che verranno ricoverati nella struttura, ricevendo il ringraziamento del direttore del dipartimento della sanità pubblica della provincia di Ninive, che nei giorni scorsi ha verificato di persona l’idoneità dei locali messi a disposizione. Nella struttura dovrebbero essere ricoverati in particolare i contagiati provenienti da Qaraqosh, città della Piana di Ninive un tempo abitata in maggioranza da cristiani.

Nel mese di aprile 2020, come riferito dall’Agenzia Fides a Mosul sarebbero dovuti iniziare i lavori di ricostruzione e restauro della chiesa siro cattolica di San Tommaso, devastata - ma non completamente distrutta - nel tempo in cui la metropoli irachena era sotto il controllo jihadista. La ricostruzione del luogo di culto cristiano doveva essere sostenuta dall’Unesco, grazie soprattutto a un cospicuo finanziamento fornito dagli Emirati Arabi Uniti.

Dopo gli anni dell’occupazione jihadista di Mosul, e più di un anno e mezzo dopo la sua liberazione, proprio la chiesa di San Tommaso, ancora ingombra di macerie, aveva (vedi Fides 1/3/2019) celebrata dall’Arcivescovo siro cattolico Boutros Moshi. Dopo la liberazione dal dominio jihadista, il ritorno degli sfollati nelle proprie aree di tradizionale insediamento è stato sempre indicato come una priorità per le autorità locali irachene. Non di meno, già prima dell’esplosione dell’emergenza sanitaria diverse ricerche e indagini sui processi di contro-esodo concordavano nelll’indicare come piuttosto bassa la percentuale di sfollati cristiani ritornati alle proprie case a Mosul e nella Provincia di Ninive.