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27 novembre 2018

Baghdad, patriarchi d’Oriente: Uniti contro persecuzioni, estremismo e migrazione

By Asia News

Rafforzare l’unità fra i cristiani d’Oriente, per rispondere alle molte sfide che minacciano la sopravvivenza stessa delle comunità nei vari Paesi della regione, fra cui persecuzioni, estremismo e migrazione. Con questo obiettivo si è aperta ieri la 26ma Conferenza dei patriarchi d’Oriente, in programma (per la prima volta nella storia) a Baghdad, in Iraq, fino al 30 novembre. All’evento sono presenti i più importanti leader delle Chiese orientali: il patriarca maronita card Beshara Raï, il greco-cattolico Youssef Absi, il siro-cattolico Ignace Joseph III Younan, il rappresentante del patriarcato latino di Gerusalemme mons. Shomali e il padrone di casa, il patriarca caldeo card Louis Raphael Sako che tenuto il discorso di apertura.
Ecco, di seguito, i passaggi salienti del discorso introduttivo del patriarca caldeo, inviato per conoscenza ad AsiaNews: 
La convocazione della 26ma Conferenza dei patriarchi cattolici d’Oriente, che si tiene per la prima volta in Iraq, riveste un impatto significativo sulla nostra presenza, in quanto cristiani, in circostanze così difficili e a fronte di sfide mai affrontate prima per la loro portata. 
La vostra presenza qui, oggi, come Leader e Padri delle Chiese antiche è davvero una forte manifestazione di solidarietà, un testimoniare che siete uniti a noi in tutto ciò che abbiamo affrontato: persecuzioni, sfollamento, abbandono, migrazioni forzate… Questa assemblea che si tiene in Iraq, in un momento così particolare, ci riempie di speranza e incoraggia le famiglie a tornare e restare nella loro terra di origine mantenendo salda la nostra fede, la nostra identità, l’etica, le tradizioni e la lingua. 
In apertura del Sinodo dei vescovi che si è tenuto a Roma (3-28 ottobre 2018) sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, Sua Santità papa Francesco ha ricordato l’importanza del Sinodo in un’ottica di “risveglio dei nostri cuori!” per essere “estremamente fecondo in ordine a generare speranza”. In base a questo, permettetemi di augurare che questo nostro incontro sia un momento di svolta in un’ottica di “grazia e benedizione” per i cristiani e per i nostri concittadini in questo Oriente “agitato”, con la speranza che vi sia un futuro migliore di pace, di stabilità e una società prosperosa. 
Oggi, siamo chiamati a creare una visione unitaria del cristianesimo in Oriente che abbia un piano strategico finalizzato a sostenere la nostra esistenza e il nostro ruolo in questa parte del mondo. E per farlo serve: essere più forti delle “divisioni”; rimuovere le barriere psicologiche e storiche; inoltre, rispettare le diverse idee e opinioni, che sono un fatto del tutto naturale. Capire che questa unità delle nostre Chiese è “necessaria” e cruciale […] a fronte di sfide “pressanti” che dobbiamo affrontare, come l’emigrazione e “l’estremismo religioso” che è il problema più grave. 
Dunque, questa collaborazione di tutte le Chiese della regione è chiamata a “sottolineare” le necessità teologiche e spirituali degli sfollati e dei migranti; la teologia del ritorno e la celebrazione di una ricostruzione e di un rinnovamento. Inoltre, noi tutti - uniti - dobbiamo lavorare per questo, perché rappresenta il “riflesso” della speranza cristiana che dobbiamo far crescere e diffondere. 
Questa conferenza è un messaggio “vitale” a tutti gli irakeni, ai cittadini del Medio oriente affinché lottino per eliminare l’intolleranza, si facciano carico del bisogno di dialogo, diffondano i valori della pace e della cittadinanza, consolidino i principi della coesistenza attraverso il riconoscimento, l’accettazione e il rispetto della privacy, che è quasi del tutto “scomparsa” dalla nostra società. 
Nello spirito di un ambiente così benedetto, di vero rinnovamento per un futuro migliore, nutriamo la speranza che il nuovo governo irakeno - formatosi di recente - dia priorità a un piano “serio” finalizzato alla riconciliazione fra comunità; una strategia basata sulla cittadinanza, sulla legge, l’uguaglianza e la garanzia di servizi per tutti gli irakeni perché possano vivere in libertà, dignità e in piena giustizia sociale.