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7 settembre 2018

Bassora, coprifuoco e violenze. Arcivescovo caldeo: situazione ‘pessima’

By Asia News

La situazione “resta pessima: gli uffici governativi sono stati incendiati, in fiamme ieri anche le sedi di partiti politici” e la mancanza cronica “di infrastrutture, acqua potabile ed elettricità” alimenta la protesta. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Alnaufali Habib Jajou, arcivescovo caldeo di Bassora, nel sud dell’Iraq, teatro da giorni di gravi violenze. Testimoni oculari confermano l’incendio di locali appartenenti all’organizzazione Badr, le milizie sciite in prima linea contro l’Isis. Nel mirino anche la sede di Firat Tv, vicina al partito sciita Ammar al-Hakim. “Le manifestazioni - sottolinea il prelato - riguardano diversi punti dentro e fuori la città”. 
“Molti leader tribali - afferma l’arcivescovo di Bassora - sono in cerca di vendetta per la morte di almeno una decina di giovani, rimasti uccisi negli scontri dell’ultima settimana. Centinaia i feriti, oltre 22mila persone sono state avvelenate [dall’acqua inquinata] e soffrono di disturbi vari, in particolare dissenteria. Alcune fra loro appartengono alla nostra comunità”.
Da tempo la metropoli del sud dell’Iraq, colpita da una grave crisi idrica, è teatro di manifestazioni di piazza da parte di cittadini che protestano contro la pessima qualità dei servizi pubblici, la disoccupazione (10% secondo i dati ufficiali, ma con punte fino al 60% fra i giovani) e la corruzione endemica.
Gli scontri in atto hanno causato solo negli ultimi giorni almeno 10 morti e decine di feriti. 
Nella regione di Bassora si trova circa il 90% delle risorse di idrocarburi del Paese. Tuttavia, solo l’1% della forza lavoro proviene dalla zona. Nel tentativo di arginare la spirale di violenze, le autorità hanno imposto il coprifuoco in tutta la città. Intanto il Parlamento irakeno ha annunciato per domani una seduta straordinaria per “discutere dei problemi, delle soluzioni e dei recenti sviluppi” a Bassora.
A causa delle sanguinose protese (23 le vittime accertate dall’8 luglio), la Chiesa locale aveva deciso di sospendere le attività culturali e il catechismo. Un provvedimento che rimane in vigore, a tutela dell’incolumità dei fedeli. 
Il prelato conferma le pessime condizioni in cui versano piante e animali, “in continuo peggioramento ogni giorno che passa”. A questo si aggiunge la “mancanza di lavoro e l’assenza dei diritti umani di base!”. In questa situazione, avverte, “la tensione è destinata a perdurare. Il timore è che possa crescere e diffondersi a tutto il sud dell’Iraq”.
Vi sono elementi, osserva il prelato, che “parlano e agiscono a nome dei manifestanti, ma non hanno una personalità così forte da emergere in qualità di leader della protesta”. Anche perché, aggiunge, “qui prevale la logica tribale e si tende a seguire il leader della propria tribù, o i capi delle milizie, qualcuno anche l’esercito”. Una situazione molto frastagliata, in cui non vi sono elementi carismatici in grado di unire. Resta il fatto, conclude mons. Habib, che “da luglio si registra un progressivo peggioramento e le pressioni di nazioni dell’area e potenze mondiali non aiuta”. 
Tensione e violenze hanno coinvolto anche Baghdad: questa mattina tre colpi di mortaio sono caduti nella Green Zone, l’aerea blindata della capitale irachena, dove hanno sede gli edifici delle autorità federali e l’ambasciata degli Stati Uniti. L’attacco non avrebbe causato vittime o danni e non è stato ancora rivendicato da alcun gruppo. Tuttavia, l’episodio desta preoccupazione perché l’area è blindata da imponenti misure di sicurezza ed è raro che accadano incidenti.