By SIR
Daniele Rocchi
Daniele Rocchi
Domenica 20 novembre Papa Francesco ha celebrato la conclusione del
Giubileo della Misericordia e chiuso la Porta Santa della basilica di
san Pietro. Ma c’è una Porta santa che resterà aperta a oltranza, è
quella che si trova nel santuario nazionale di Nostra Signora del Monte,
ad Anjara, una piccola città di 20mila abitanti, in larghissima parte
musulmani, – i cristiani sono solo 1200 – nell’angolo nord della
Giordania, non distante dal confine con la Siria, dove si sta consumando
una delle più gravi tragedie umane dopo la fine della Seconda guerra
mondiale. Dal 2011 centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi,
rifugiati e sfollati interni e un cancro, lo Stato Islamico, che divora
dall’interno. Nei giorni scorsi la parrocchia è stata visitata da un
gruppo di giornalisti della Fisc, la Federazione che riunisce i
settimanali diocesani, partecipanti al viaggio Fisc-8×1000 “Senza
frontiere”.
Una piccola porta di misericordia aperta sul grande e
generoso cuore della Giordania, paese di circa 7 milioni di abitanti,
che oggi accoglie oltre un milione e mezzo tra rifugiati siriani e
profughi iracheni. “Qui la comunità – dice il parroco padre Hugo
Alvaniz, argentino, religioso della Famiglia Religiosa del Verbo
Incarnato – è molto attiva e cerca di rispondere anche concretamente ai
bisogni delle persone, non solo rifugiate. Abbiamo una scuola
con oltre 200 alunni, cristiani e musulmani, un centro di assistenza
medica e psicologica per disabili e le loro famiglie e un orfanotrofio
che accoglie in totale 38 bambini, alcuni abbandonati a causa della
povertà”.
La zona non offre infatti sbocchi lavorativi particolari e la
maggior parte degli abitanti vive di agricoltura. Sono molte le famiglie
che vivono con salari bassi. Sulle pareti della scuola ancora campeggia
un enorme striscione che mostra la stretta di mano tra Papa Francesco e
il re Abdullah II di Giordania, memoria della storica visita del maggio
del 2014. Nel piazzale gli studenti si ritrovano prima di entrare in
classe, un grande vociare, cui fa da contrappunto il silenzio delle madri che portano i loro piccoli nella
saletta dove è stato organizzato un presidio per disabili, in
collaborazione con il centro “Nostra Signora della Pace” di Amman. I
medici che vi alternano cercano di fornire tutto il necessario anche
alle famiglie della città e dei villaggi circostanti. I bisogni primari
sono legati soprattutto all’udito e alla vista.
“L’accoglienza, la condivisione e il dialogo”
rappresentano una strategia vincente e un esempio di convivenza tra
cristiani e musulmani. “Il nostro lavoro non si ferma qui – continua il
parroco – siamo impegnati anche nelle carceri. Da pochi anni abbiamo
aperto anche un piccolo centro culturale luogo di ritrovo per i giovani
di tutte le fedi ed etnie”.
“La convivenza e la conoscenza
reciproca vengono insegnate sin da piccoli in classe – afferma la
preside della scuola, Basemah Farah Rabadi – i giovani sono il futuro
della nazione. Per questo devono apprendere il rispetto dell’altro,
qualunque sia la sua fede e la sua provenienza”.
“Per i più grandi la parrocchia ha avviato dei progetti per la
produzione e il commercio di olio e vino, con la speranza – dice il
parroco argentino – che possano trovare un’occupazione”.
In questo sforzo i cristiani locali non sono soli. Al
loro fianco sono presenti la fondazione Avsi e la Cei che finanzia, con i
fondi dell’8×1000 diversi progetti solidali. Come quello relativo al
miglioramento della educazione e della protezione dei minori delle
comunità locali e dei profughi siriani. Questo prevede 200 borse di
studio per la scuola primaria e 100 per quella secondaria. Dal 2014 al
2017 sono stati stanziati dalla Cei 300mila euro. Il progetto è rivolto
anche agli insegnanti, spiegano i due rappresentanti Avsi, il country
manager Simon Suweis e il suo vice, il lombardo Nicola Orsini. “Agli
insegnanti diamo la formazione necessaria in modo tale che possano
migliorare la qualità della loro docenza. Migliorano così anche i
rapporti con gli studenti e le loro famiglie, la maggioranza delle quali
sono di fede islamica”.
“Non facciamo miracoli, quelli li fa il Signore – dice sorridendo padre Hugo – Per questo teniamo sempre aperta la porta santa”.
“Non facciamo miracoli, quelli li fa il Signore – dice sorridendo padre Hugo – Per questo teniamo sempre aperta la porta santa”.
Ad Anjara, in questi angolo di Giordania,
misericordia fa rima con accoglienza. Nello stile di Papa Francesco:
“amare coloro che sono emarginati e rifiutati dalla cultura dello
scarto”. La porta santa del santuario di Anjara resta aperta per tutti.
“La rivoluzione della tenerezza” non esclude nessuno. Ad Anjara si
combatte così la guerra giusta alla “cardiosclerosi”.