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12 maggio 2016

Patriarcato caldeo: a Mosul non ci sono famiglie cristiane, voci false sul pagamento della tassa

 
A Mosul da tempo “non vi sono più famiglie cristiane”, ma solo alcuni singoli individui che “non sono riusciti a scappare” nell’estate del 2014 con l’ascesa al potere dello Stato islamico (SI) e che ora sono costretti a vivere nella roccaforte irakena del sedicente Califfato. È quanto afferma ad AsiaNews il patriarcato caldeo, precisando alcune notizie riportate da organi di stampa locali e internazionali, secondo cui alcune famiglie cristiane pagherebbero la tassa ai miliziani jihadisti per rimanere in città. 
Nei giorni scorsi l’agenzia curda BasNews, con base a Erbil, nel Kurdistan irakeno, aveva citato fonti interne a Mosul, secondo le quali vi è ancora oggi “un numero di famiglie cristiane” che vivono “all’interno di Mosul” e pagano la jizya allo SI. Esse verserebbero ogni anno a testa sino a 170 dollari nelle casse dei miliziani. Le famiglie cristiane sarebbero rimaste perché “impossibilitate” a partire per le “precarie” condizioni economiche.
La jizya è l’imposta di “compensazione” chiesta dal Corano ai non-musulmani “protetti” tuttavia dalla umma [l’insieme dei fedeli, ndr] islamica. La tassa è stata riscossa dall’Impero ottomano fino al suo crollo nel 1918.  Nel recente passato sono emersi tentativi di reintrodurre la tassa per le famiglie cristiane. Nel marzo 2007 le moschee di Baghdad e Mosul - città che negli anni successivi avrebbe subito una progressiva islamizzazione, con il rapimento e la morte del vescovo mons. Rahho e l’uccisione di un sacerdote, p. Ragheed Ganni - hanno dato l’ordine di reintrodurla.  
Il patriarcato caldeo spiega però che non vi sono più famiglie cristiane a Mosul. In una nota inviata ad AsiaNews, i vertici della Chiesa irakena affermano che tutte sono fuggite in seguito all’ascesa dello SI. Nella seconda città per importanza dell’Iraq “sono rimasti circa 50 cristiani portatori di handicap”, che “vivevano in un centro” di accoglienza e “non sono riusciti a scappare”. E non è stato sinora possibile recuperarli. A questi si aggiungono “alcuni cristiani rapiti” da Daesh [acronimo arabo per lo SI] e che sono ancora oggi nelle loro mani, “ma nessun nucleo familiare”.
Intanto a Baghdad i jihadisti tornano a colpire, piazzando un’autobomba in un mercato del distretto settentrionale di Sadr City, uccidendo almeno 64 persone e ferendone altre 87. Il movimento estremista sunnita torna così a colpire gli sciiti nella capitale, uccidendo anche donne e bambini. Per l'attentato è stato usato un suv imbottito di esplosivo, piombato tra le bancarelle e saltato in aria vicino un salone di bellezza. L'esplosione - di stamane alle 10 - ha devastato anche negozi ed edifici vicini.