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21 marzo 2016

Il “genocidio dei cristiani”: colpa dello Stato islamico, ma anche degli Usa

By Asia News
Bernardo Cervellera
 
Il segretario di Stato Usa John Kerry ha dichiarato che lo Stato islamico (SI) ha commesso genocidio contro yazidi, cristiani e sciiti in Siria e Iraq. Per questo egli chiede che si apra un’inchiesta indipendente internazionale che condanni coloro che sono responsabili di tali atrocità.
Nell’estate 2014, penetrando dalla Siria, le milizie dello SI hanno occupato Mosul e la Piana di Ninive, obbligando i cristiani alla fuga, o alla conversione all’islam, o al pagamento di una esorbitante tassa per i protetti (jizya). Oltre 100mila cristiani, terrorizzati dai massacri compiuti dalle milizie radicali islamiche, sono fuggiti verso il Kurdistan. Nell’agosto 2014 è stata la volta degli yazidi sul monte Sinjar, quasi al confine con la Turchia. Considerati “pagani” e “adoratori del diavolo”, per essi la condanna a morte era già segnata. Centinaia di uomini e giovani sono stati trucidati; le donne, ragazze e perfino bambine di pochi anni uccise, o utilizzate come schiave del sesso, o vendute come schiave nei mercati.
Kerry ha anche ricordato l’uccisione di cristiani in Libia, come pure quella di migliaia di sciiti in Siria e in Iraq (considerati eretici dal sunnismo radicale). La dichiarazione di Kerry avviene a pochi giorni dal voto del Congresso che ha approvato la definizione di “genocidio” per i crimini commessi dallo SI.
Questa è la seconda volta nella storia recente dell’amministrazione Usa che si dichiara un genocidio, dopo quella del 2004 sulla situazione del Darfur.
L’accusa potrebbe aprire una possibile azione del Consiglio di sicurezza Onu e coagulare ancora di più la comunità internazionale contro lo Stato islamico.
Un fatto che però non è considerato da Kerry è quanto gli Stati Uniti abbiano contribuito al genocidio ad opera dello SI. Magari non in modo diretto, ma perlomeno indiretto.
Non è un segreto che lo SI sia nato dallo Stato islamico dell’Iraq, cacciato in Siria ai tempi del gen. Petreus e ritornato in Iraq nel 2014 dopo anni in cui gli Stati Uniti hanno proibito ogni presenza di sunnita-saddamita nei gangli della società irakena. L’emarginazione dei collaboratori di Saddam Hussein (non solo generali, ma anche giudici, soldati, burocrati, …) voluta dagli Usa ha creato un partito favorevole all’Isis. E ora generali di Saddam Hussein, ben preparati, si trovano a comandare le milizie dei genocidari.
Non è nemmeno un segreto l’appoggio economico e militare che Arabia saudita – grande alleata degli Usa - con Qatar e Kuwait hanno dato ai gruppi di oppositori di Bashar Assad, sopraffatti e poi derubati dallo Stato islamico delle più avanzate armi tecnologiche, vendute a loro volta da Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania….
E non è nemmeno un segreto che gli Stati Uniti, pur a capo di una coalizione internazionale che combatteva (e combatte) lo SI, per molto tempo abbiano solo preferito “contenere” l’Isis e combatterlo in Iraq, ma non in Siria. Solo dopo l’intervento russo si è vista una qualche decisiva azione della coalizione a comando Usa.
Open Doors, una ong di origine protestante, ha stilato una classifica delle 50 nazioni dove i cristiani sono più perseguitati. Se la prima in classifica è la Nord Corea, la seconda è proprio l’Iraq, la quarta è l’Afghanistan; la quinta è la Siria; la Libia è al decimo posto. Tutti questi sono Paesi dove gli Stati Uniti – in coalizioni internazionali – sono intervenuti militarmente.
Nel 2004 l’Iraq di Saddam Hussein era al 32mo posto; la Siria, 10 anni fa, era al 47mo; la Libia al 22mo; l’Afghanistan all’11mo.
Open Doors afferma che nel 2015 più di 7mila cristiani sono stati uccisi per la loro fede. Questa cifra è quasi il doppio di quella del 2014.
Se dunque si deve giudicare di genocidio lo SI, occorre anche dire che ci sono “collaboratori” del genocidio, che tengono conto più dei propri interessi strategici o economici, che dei destini dei popoli con cui si viene a contatto.