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13 gennaio 2016

Sacerdote giordano: Dopo il sostegno del papa, la comunità internazionale ci aiuti per i profughi


“Le parole di papa Francesco sono fonte di incoraggiamento per noi e un duplice messaggio alla comunità internazionale: siate come la Giordania, che mantiene aperte le porte ai rifugiati ma, al tempo stesso, aiutate il Paese nell’opera di assistenza e aiuto. Perché queste porte rimangano sempre aperte”.
È quanto afferma ad AsiaNews p. Rifat Bader, direttore del Centro cattolico per gli studi e i media di Amman, commentando le parole di elogio rivolte nei giorni scorsi dal pontefice alla Giordania, durante il discorso al corpo diplomatico presso la Santa Sede.
“Il nostro Paese -
aggiunge - è un modello di convivenza e dialogo grazie a una leadership saggia, i cristiani non sono perseguitati e la fede non costituisce un pretesto per conflitti e violenze”.
Fra i gesti avviati dalla Chiesa vi è il “Ristorante della misericordia”, promosso da Caritas Jordan e che, da fine dicembre, “offre un pasto gratuito a 500 persone bisognose, sia rifugiati che cittadini in difficoltà”. Un'iniziativa, aggiunge il sacerdote, che si inserisce nel solo delle opere attuate rispondendo alla chiamata del papa in occasione dell’anno giubilare. “È un simbolo di ciò che fa la Chiesa - afferma - e ne siamo orgogliosi”.
P. Rifat riferisce che “non si fanno differenze di religione” nell’aiutare i profughi, siano essi cristiani o musulmani, sempre nel solco della politica delle “porte aperte” promossa nel Paese e che fonte di “orgoglio, ma anche una responsabilità”. Fra gli altri esempi di aiuto, le borse di studio (finanziate dalla Cei, la Conferenza episcopale italiana) che “permettono a 2500 studenti, anche in questo caso cristiani e musulmani, di andare a scuola”.
Secondo fonti delle Nazioni Unite, in Giordania vi sono almeno 600mila rifugiati; per Amman la cifra è ancora superiore e pari a 1,4 milioni, circa il 20% del totale. Un quinto dei rifugiati vive nei campi profughi di d’Azraq et Zaatari, nel nord, mentre la grande maggioranza è nelle città. Per quanto concerne i profughi cristiani irakeni, giunti nell’estate del 2014 in seguito all’avanzata dello Stato islamico (SI) a Mosul e nella piana di Ninive, vi è la Caritas locale in prima fila nell’opera di assistenza.
Fra i vari centri che offrono riparo e accoglienza vi è quello di Nostra Signora della Pace ad Amman, diretto da p. Ala Nadim Alamat. “Musulmani e cristiani in Giordania - spiega il sacerdote  - fanno a gara per aiutare i profughi irakeni, che sono fuggiti dalla barbarie e dagli attacchi di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico]. I cristiani giordani hanno poi la possibilità di incontrare i cristiani d’Iraq che hanno dovuto lasciare tutto ciò che avevano alle spalle, eccettuato la loro fede in Gesù. E noi vogliamo ringraziare il Signore per questa enorme testimonianza”, perché essi sono una “occasione di fede, di incontro e di arricchimento personale”.
In questi giorni è in Giordania il Coordinamento delle Conferenze Episcopali per il sostegno alla Chiesa in Terra Santa (Coordinamento Terra Santa). La visita annuale, iniziata il 7 gennaio scorso, si concluderà domani. La delegazione di vescovi e prelati ha incontrato nei giorni scorsi la Società di St. Yves, a Betlemme, approfondendo a controversia relativa alla valle di Cremisan, compresa l’area di Beir Onah. Per l’occasione, il coordinamento ha incontrato alcuni proprietari le cui terre sono state confiscate in vista della costruzione del Muro di Separazione.
La delegazione, composta da prelati europei, nord-americani e sudafricani, oltre che da diversi rappresentanti ecclesiastici e laici di organizzazioni cattoliche, ha fatto tappa a Gaza e, in questi giorni finali della visita, la Giordania fra i campi profughi. L’obiettivo è testimoniare l’impegno della Chiesa verso le comunità di Terra Santa e di tutto il Medio oriente.