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22 giugno 2015

Medio oriente “inquieto”. Cittadinanza piena per restituire diritti ai cristiani e aiutare l'islam


In Iraq, Siria e in tutto il Medio oriente la situazione “è inquietante per molte ragioni”, cominciando dall’invasione di Mosul e della piana di Ninive nel giugno scorso per mano dello Stato islamico (SI). Si tratta di un'offensiva che “ha provocato una catastrofe in seno alla comunità cristiana”. È quanto afferma ad AsiaNews Joseph Yacoub, assiro-caldeo originario della Siria, professore di scienze politiche all’Università cattolica di Lione ed esperto di cristianesimo mediorientale. Nell’area “non vi sono più cristiani”, aggiunge, e si registra un esodo continuo verso “Paesi vicini come Libano, Turchia e Giordania”, anche se “mancano garanzie diplomatiche, militari e politiche per restare sul luogo”. Ecco perché la meta finale, per molti di loro, diventa “l’Europa, gli Stati Uniti, il Canada o l’Australia”.  
Lo studioso nei giorni scorsi era a Roma, per partecipare a un convegno internazionale sul genocidio che ha riguardato le comunità assira, caldea e siriaca in Medio oriente negli anni della Prima guerra mondiale. Una tragedia sulla quale Yacoub ha scritto un libro e che si ripete ai giorni nostri, con le persecuzioni perpetrate dai jihadisti dello Stato islamico (SI) verso i cristiani - ma anche yazidi e altre minoranze - in Iraq e in Siria.  
Secondo il prof. Yacoub, per risolvere la crisi è necessario “trovare soluzioni di lungo periodo sul piano umanitario, militare, ma soprattutto politico”. Finora vi è stata una distribuzione puntuale degli aiuti, si è tentato di “contrastare sul piano militare” il movimento jihadista, ma nessuna guerra “ha mai avuto sinora esito positivo, per questo bisogna andare oltre e cercare soluzioni di fondo di natura politica”. E per far questo, aggiunge, è essenziale che “il mondo arabo analizzi in maniera rigorosa il malessere profondo che cova al suo interno a livello politico e ideologico”. 
Egli esorta a “interpellare” il mondo musulmano nelle sue “organizzazioni e strutture politiche”, partendo dal presupposto che “il nazionalismo arabo ha fallito” nel suo compito di garantire “una piena cittadinanza e pari diritti fra persone, senza distinzioni di razza, religione o ideologia”. Al suo interno, sottolinea il professore, “vi sono ambiguità che vanno affrontate sul significato e sulla nozione di cittadinanza, di appartenenza a un Paese a prescindere dall’etnia o dalla religione”. 
Egli ricorda la storia e la presenza millenaria dei cristiani in Medio oriente i quali affondano le loro radici in questa terra oggi così martoriata. Per questo, avverte, oggi è ancora più urgente “il lavoro di studio delle costituzioni e l’introduzione di un diritto di cittadinanza che non sia solo teorico, ma abbia un’applicazione pratica e reale che ponga tutte le persone su uno stesso piano”. 
Violenze e persecuzioni non riguardano solo cristiani e minoranze, ma hanno investito pure i musulmani “anch’essi vittime”, sottolinea lo studioso, secondo cui siamo di fronte a un “problema globale che tocca le ideologie costitutive di questo mondo in termini di uguaglianza”. A suo avviso è “fondamentale la questione riguardante l’istruzione e la parità di trattamento fra cittadini”, un compito che spetta “alle autorità politiche, rispettando le varie sensibilità religiose”. 
Per il docente la pace sarà possibile “se si discute gli uni con gli altri” anche se ad oggi “la situazione sembra senza uscita e priva di soluzione”. I i problemi sono “gravi e profondi”, ma vanno trovate alternative e iniziative “nella società civile e politica” dove vi sono ancora “uomini di buona volontà”, anche fra i musulmani, che “vanno sostenuti”. Fra i tanti, il prof. Yacoub conclude ricordando il centro Massarat a Baghdad, fondato dal leader sciita Saad Salloum, che lavora da tempo per il riconoscimento delle diversità in Iraq. Nel 2014 egli ha redatto un inventario dei luoghi cristiani, a conclusione del quale ha aggiunto un commento: “Se l’albero irakeno è musulmano, le sue radici sono cristiane. Ed è forse possibile per un albero sopravvivere senza le sue radici?”.