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7 novembre 2014

Chiesa irakena: Liberare la piana di Ninive, garantire lavoro e diritto allo studio ai cristiani

Joseph Mahmoud

Mettere in campo "tutto l'impegno possibile" a ogni livello, "locale e internazionale", per ottenere la "liberazione della piana di Ninive" e consentire il rientro dei profughi cristiani nelle loro case. E impegnarsi per "trovare posti di lavoro" per i disoccupati e "fornire scuole" agli studenti, perché possa essere garantita loro l'istruzione e "non venga ostacolato il loro futuro". Sono questi i punti principali emersi nella riunione di emergenza dei rappresentanti delle Chiese cattoliche d'Iraq, tenuta nei giorni scorsi nella sede estiva del Patriarcato caldeo ad Ankawa, sobborgo a maggioranza cristiana a nord di Erbil, nel Kurdistan irakeno. A presiedere l'incontro sua Beatitudine Mar Louis Raphael I Sako, alla presenza del nunzio apostolico mons. Giorgio Lingua e di un gruppo di prelati fra i quali l'arcivescovo di Mosul mons. Amel Nona. Obiettivo del pariarca e dei vescovi quello di "unire gli sforzi" per fornire "suggerimenti e indicazioni" che possano aiutare "i nostri figli" a condurre "una vita decorosa".
I vertici della Chiesa irakena hanno ricordato in prima battuta "il miracolo" sinora fatto per garantire alloggi, riparo e conforto alle centinaia di migliaia di sfollati, in fuga dalle milizie dello Stato islamico che hanno conquistato ampie porzioni dell'Iraq e della vicina Siria. I prelati hanno ringraziato in particolare "il Papa per il suo incoraggiamento", le sue "dichiarazioni" di vicinanza e solidarietà, oltre che per "gli aiuti materiali e quanto altro fatto dalla Santa Sede" per il Paese e tutto il Medio oriente. 
Una occupazione stabile, residenze di lungo periodo e scuole per poter svolgere le lezioni restano ancora oggi, a mesi di distanza dall'inizio della crisi, le priorità che i vertici ecclesiastici devono affrontare e risolvere per garantire un futuro alla comunità cristiana d'Iraq. In primis, avvertono, è fondamentale proseguire "il programma di alloggi privati per i nostri figli, che vivono sotto tetti provvisori, per proteggerli dal freddo invernale e dalla pioggia". 
Affrontando il tema dell'emigrazione, il Patriarca Sako e i vescovi ricordano che la Chiesa "pur non incoraggiando" l'esodo, tuttavia "rispetta la decisione del popolo e delle famiglie che vogliono lasciare il Paese". La Chiesa irakena "non limita la libertà dei cittadini di scegliere il proprio futuro", tuttavia continua a "pregare il Signore" e a operare perché "la crisi sia breve e possa tornare la pace, come un tempo". 
Infine, i vertici cattolici irakeni rinnovano "la chiamata a vivere il comandamento dell'amore", seguendo l'esempio e la testimonianza viva di Gesù Cristo, perché anche in questo momento di "prova" si possano scorgere i segni di una rinnovata "speranza". E chiedono ai fedeli "pazienza e sostegno reciproco", perché le sofferenze si possano trasformare "in una forza positiva"