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24 giugno 2014

Patriarcato di Baghdad: Unità nazionale e dialogo politico per risolvere la crisi irakena


Il Patriarcato caldeo lancia un appello a "tutte le persone di buona volontà", perché sia raggiunta una "soluzione politica" al conflitto irakeno. In un comunicato ufficiale inviato ad AsiaNews la leadership cattolica locale sprona le parti in causa "all'uso della ragione", per arrivare alla formazione "di un governo di unità nazionale che rappresenti tutti" i cittadini.
"Serve una soluzione politica alla crisi attuale - aggiungono dal Patriarcato - una crisi che costituisce un grave rischio "per l'unità della nazione e rendendo sempre più alto e probabile "il rischio concreto di una guerra civile". Con il perdurare "dell'attuale situazione", avvertono, "non ci sarebbero infine né vinti, ne vincitori, perché a perdere saranno tutti, in primis l'unità nazionale irakena e le diverse etnie andranno perdute per sempre". Pur osteggiata da sempre dalla Chiesa cattolica irakena, la possibile divisione in tre parti (sciita, sunnita e curda) della nazione annunciata dal premier curdo nei giorni scorsi è una possibilità che si fa sempre più concreta.

Questa mattina il segretario di Stato Usa John Kerry è atterrato a Baghdad, per una visita lampo a sorpresa che conferma le preoccupazioni di Washington in merito alla crisi irakena e, in particolare, nell'ovest del Paese. Nel fine settimana l'esercito governativo ha perso il controllo di altre città - Anbar, Rawah e Ana - e di alcuni valichi strategici lungo i confini con la Siria e la Giordania; Amman, in risposta, ha chiuso le frontiere col vicino.

Ora i miliziani dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis, formazione jihadista legata ad al Qaeda) puntano alla città di Haditha; si tratta di un centro dall'enorme significato strategico perché snodo principale della rete elettrica nazionale e sede di una mega diga, la cui distruzione creerebbe devastanti allagamenti. 

L'incontro fra Kerry e il premier Nouri al-Maliki arriva in un quadro di forte tensione fra Washington e Baghdad, con il governo statunitense che preme per un cambio di rotta in seno alla leadership irakena. Gli Stati Uniti esercitano una pressione diplomatica costante sull'esecutivo sciita, stretto alleato di Teheran, perché sia più "inclusivo" verso i sunniti; l'obiettivo è disinnescare un alleato importante del fronte jihadista. 

Nel suo appello, il Patriarcato caldeo avverte che "le potenze straniere" perseguono solo "i propri interessi", non quelli "del nostro Paese". In questa fase critica, aggiungono i vertici cattolici, "tutti devono essere incoraggiati ad ascoltare la voce della ragione"; se continuiamo a "perseguire i nostri interessi, resteremo divisi" e "se la politica fallisce, allora i diritti del popolo saranno perduti". La leadership caldea invita a nutrire "maggiore fiducia nei nostri politici" che devono ascoltare "la voce della ragione e promuovere il dialogo", al fine di formare "rapidamente" un "governo di unità nazionale", che sia autorevole e rispettato da tutti gli irakeni.