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22 maggio 2014

Patriarca caldeo a Ninive: Vocazioni, matrimoni e figli per rilanciare la presenza cristiana

Joseph Mahmoud

La visita pastorale è stata una "eccellente opportunità" per osservare "in modo diretto le vostre sofferenze e le vostre aspettative", perché "sentiamo nel profondo ciò che avvertite anche voi e meritate di più". È quanto ha sottolineato il Patriarca caldeo Mar Louis Raphael Sako I nella lettera pastorale inviata alla diocesi di Alqosh, e rilanciata da AsiaNews.
Dal 9 al 16 maggio scorso Mar Sako, assieme all'ausiliare di Baghdad mons. Shlemon Warduni, all'arcivescovo di Kirkuk mons. Yousif Thomas e all'arcivescovo di Bassora Habib Hormuz Al-Nofaly ha compiuto una visita ufficiale nella diocesi del nord. Mar Sako ha voluto ricordare il "passato glorioso" della regione e si è augurato che anche oggi possa svolgere "il medesimo servizio ecclesiastico, con una migliore competenza". 
Alqosh è una città del nord del Paese (poco distante dal confine con Turchia e Siria), nel Kurdistan irakeno, all'interno del governatorato di Ninive; nella zona, secondo un progetto promosso all'estero, ma osteggiato dal Patriarca caldeo sin dai tempi dell'episcopato a Kirkuk, si vorrebbe creare un'enclave cristiana per tutelare la minoranza da conflitti e violenze.
Essa sorge a circa 50 km a nord di Mosul, roccaforte del fondamentalismo sunnita wahabita, dove si ripetono con estrema frequenza attentati ed esplosioni. Al contrario Alqosh ("Il Dio della Giustizia", ndr), città antichissima risalente al VII secolo a.C., è uno dei principali centri del cristianesimo assiro-caldeo. A poco più di 3 km, sulle pendici della montagna, sorge il celebre monastero di Rabban Hormizd, sede dei patriarchi nestoriani dal 1551 al 1804 e, nel XIX secolo, principale monastero della Chiesa caldea.
Ad accogliere la delegazione del Patriarcato il vescovo locale mons. Mikhail Al-Makdesi, accompagnato da sacerdoti, suore, diaconi e fedeli. Nel corso della visita pastorale Mar Sako ha presieduto una processione eucaristica e partecipato a un incontro del clero caldeo, rilanciando gli obiettivi di solidarietà, unità e rinnovamento della comunità cristiana; sua Beatitudine ha inoltre discusso la situazione dei villaggi caldei nella piana di Ninive, a Zakho, Dohuk e Amadiyah, sottolineando con particolare attenzione il problema della migrazione, le sue cause e i fattori che possono contrastarlo. 
Nella lettera pastorale il Patriarca invia i "fratelli e sorelle" a "mantenere la loro autentica identità ed eredità cristiana orientale", preservando "la lingua, la cultura e i valori cristiani a dispetto di difficoltà e sfide". La Chiesa è una "comunità" di persone, aggiunge, e se non viene preservata rischia di "impoverirsi". Per questo serve una "partecipazione effettiva", in un contesto di "unità e cooperazione che è segno di speranza per molti". Mar Sako sottolinea inoltre di aver chiesto a vescovi, suore e monaci di "prendersi cura" delle vocazioni al sacerdozio o alla vita consacrata perché "segno della vitalità della Chiesa" ed è "necessario nominare un prete per ogni villaggio" rimasto privo di una guida pastorale. 
A fronte di una comunità cristiana pressoché dimezzata dall'invasione Usa del 2003 e rispetto a quanti premono per la creazione di un'enclave a Ninive, Sua Beatitudine incoraggia matrimoni e nuove nascite, perché "i bambini sono una benedizione e la migliore garanzia di un futuro". Mar Sako racconta anche gli incontri con le alte cariche della regione - sindaco della provincia di Ninive, presidente del Consiglio provinciale e rappresentante della regione Curda - e le richieste di misure per risollevare le condizioni di miseria e arretratezza della popolazione. Egli attende ora "atti concreti" fra cui opportunità di impiego e alloggi soprattutto per i giovani; ma richiama la comunità alla solidarietà e alla tradizionale "accoglienza" che ha mostrato in secoli di storia. "Da parte nostra - conclude Mar Sako - abbiamo un dovere morale e storico verso i villaggi di questa regione" e "li seguiremo da vicino" per l'enorme impatto che avranno "sulla sopravvivenza dei nostri figli e per mettere fine alla continua emigrazione". Il benessere della Chiesa e della gente, insiste, consiste "prima di tutto" nel poter vivere in pace "nella propria patria".