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15 maggio 2014

Il silenzio sul martirio dei cristiani le comunità più perseguitate nel mondo

di Andrea Riccardi

Papa Francesco andrà tra poco in Giordania, Israele e nei Territori palestinesi. Saranno a riceverlo i Patriarchi cattolici orientali. Incontrerà i Patriarchi ortodossi, Bartolomeo di Costantinopoli e quello di Gerusalemme. Sono tutti testimoni della crisi dei cristiani nella regione. Non si tratta solo di un declino dovuto a motivi storici, spesso c’è una vera persecuzione. In Iraq i cristiani erano molto più di un milione prima della guerra di Bush a Saddam Hussein: oggi ne restano poco più di 300.000, sottoposti a una forte pressione. Molti sono emigrati, taluni sono stati uccisi perché cristiani. I cristiani della Piana di Ninive, nel Nord Iraq adiacente al Kurdistan, cercano un modus vivendi con i curdi per garantirsi la sopravvivenza. Ma sono soli in questo loro tentativo.
La grave situazione siriana è sotto gli occhi di tutti. Nelle zone controllate dagli islamisti, la vita dei cristiani è impossibile. Il gesuita italiano, Paolo Dall’Oglio, è ancora prigioniero. Lo sono altri religiosi, come Mar Gregorios Ibrahim, siro-ortodosso, e Paul Yazigi, greco-ortodosso. Da Aleppo assediata e senz’acqua da giorni, giungono le voci disperate dei cristiani, terrorizzati di finire nelle mani islamiste. Forse, tra qualche anno, il Medio Oriente, che ha visto nascere il Cristianesimo, sarà vuoto di cristiani. Del resto i territori della Turchia attuale, un tempo abitati da folte comunità cristiane e ebraiche (più del 19% nel 1914), registrano una presenza cristiana ridotta allo 0,2 % della popolazione turca. Nel 2015 si compiranno cent’anni dalla strage degli armeni, una questione che vede un duro dibattito tra la storiografia turca che nega il genocidio e quella armena. Si dimentica spesso che, nel 1915, furono uccisi con gli armeni in Turchia anche mezzo milione di cristiani siriaci, caldei, cattolici, assiri, prefigurando una vera strage cristiana. A cent’anni da quella dolorosa storia, sarà forse necessario che le Chiese cristiane s’interroghino assieme se c’è futuro nella regione, piuttosto che procedere in ordine sparso e senza visione. Anche questo è ecumenismo.
La persecuzione dei cristiani da parte dei musulmani (o dei gruppi islamisti) non può essere spiegata con lo scontro tra Occidente e Islam. Ghassan Tuéni, grande giornalista libanese, ricordava che i musulmani si uccidono soprattutto tra loro, mentre i cristiani sono un obiettivo secondario. Sono colpiti nel Nord Nigeria da parte di Boko Haram, che attacca pure i musulmani (le giovani recentemente rapite appartengono a tutte le religioni). I cristiani si trovano in una difficile condizione non solo nei Paesi musulmani. In alcuni Stati dell’India soffrono la pressione dei fondamentalisti induisti e la vittoria elettorale del BJP di Narendra Modi, fondato sull’ideologia nazionalista dell’Hindutva, fa molto temere. In tante situazioni le minoranze cristiane rappresentano l’«altro», che si vuole sopprimere per il suo messaggio pluralistico. Come sostiene il libanese musulmano Mohammed Sammak, tante società, private della minoranza cristiana, sono a rischio di totalitarismo religioso.
Già i totalitarismi del Novecento avevano percepito la presenza cristiana come una forte resistenza al loro dominio sui popoli. Giovanni Paolo II, che aveva conosciuto da vicino il nazismo e il comunismo, parlò del Novecento come di un secolo del martirio. Nella solenne celebrazione al Colosseo, nel 2000, evocò i martiri di tutte le confessioni cristiane, ricordando come nel sangue i cristiani fossero già uniti in un ecumenismo dei martiri. Papa Wojtyla ha avuto un ruolo decisivo nel risvegliare la coscienza cristiana e occidentale distratta di fronte a questo dramma. All’Occidente, preso dai sensi di colpa, sembrava eccessivo — quasi vittimista — parlare di persecuzione dei cristiani. Oppure parlarne serviva fondare la teoria dello scontro di civiltà e di religione. Ma i cristiani non sono solo occidentali. Abitano i Paesi del Sud del mondo, sono spesso minoritari. La loro condizione d’insicurezza rivela quanto il Cristianesimo sia cambiato: è una religione che prevalentemente vive in quello che un tempo veniva chiamato il Terzo Mondo, una realtà di poveri, non protetta da istituzioni o da legami internazionali. Le storie di questi cristiani sono spesso ignorate, come quella dei cattolici laotiani costretti ad abbandonare una regione del Paese sotto la congiunta pressione buddista e comunista. Perché in Asia restano anche i drammatici problemi delle minoranze cristiane con i governi comunisti. I cristiani nel mondo sono tutt’altro che un’estensione dell’Occidente cristiano, anche se vengono considerati tali dai loro persecutori a fini di propaganda. La Chiesa cattolica nel 2025 — secondo alcune proiezioni — vivrà per il 74% nel Sud e solo per il 26% in Europa e in Nord America. Non va dimenticato che anche nella cattolica America Latina, religiosi e religiose sono colpiti dalle mafie o dalla violenza diffusa perché, con una vita pacifica e generosa, ostacolano il dominio dei poteri oscuri.
Oggi la sensibilità al dramma dei cristiani è cresciuta. Le istituzioni europee, fino a ieri riservate nel parlarne, riconoscono che ormai i cristiani sono la comunità più perseguitata nel mondo. L’ebraismo italiano ha mostrato grande attenzione a questa realtà. Non è un problema confessionale, ma di coscienza civile. Quello che uccide, dopo i colpi dei persecutori, sono il silenzio e l’ignoranza. Per questo bisogna parlare di questo dramma e sensibilizzare l’opinione pubblica. Resta una grave questione per la Chiesa cattolica che si deve interrogare su come essere solidale con i cristiani in difficoltà. Il prestigio di Francesco può essere influente, come possono esserlo il dialogo e i rapporti personali. Rimane la responsabilità degli Stati che intendono dare spazio ai diritti umani nella loro politica internazionale. Sono scenari nuovi che chiedono nuove responsabilità.
Questa sera il Colosseo si spegne per accendere i riflettori sui cristiani perseguitati nel mondo: alle 19,45 la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità ebraica di Roma, con il sostegno del sindaco Ignazio Marino, si riuniranno sotto l’Anfiteatro Flavio assieme alla cittadinanza per esprimere solidarietà ai cristiani che rischiano la vita per professare la propria religione.