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10 febbraio 2014

Baghdad. Beyt Anya. Mar Sako: "Una candela in un tunnel buio"

By Baghdadhope*

La XXII giornata internazionale del malato che cadrà domani, 11 febbraio, è stata celebrata a Baghdad lo scorso 8 febbraio nella chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza, teatro nel 2010 del più efferato attacco alla comunità cristiana irachena dall'invasione americana del paese nel 2003.
Durante la Santa Messa presieduta dal vescovo siro cattolico di Baghdad, Mar Ephrem Yousef, ed alla quale era presente anche il Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq, Mons. Giorgio Lingua, il patriarca della chiesa caldea, Mar Louis Raphael I Sako, ha tenuto un discorso in presenza di molti fedeli ma diretto soprattutto ai malati, specialmente quelli che dal 2000, anno della sua nascita, sono ospitati da Casa Beyt Anya, una casa di riposo e cura che accoglie persone in difficoltà a dispetto della loro religione o appartenenza etnica, e che basa la sua opera sul volontariato di decine di collaboratori che da anni, anche quelli più difficili della storia irachena, le assistono, guidate da una consacrata, Alhan, che ha dedicato loro la vita.
Il discorso di Mar Sako - di cui Baghdadhope pubblica i passi più importanti - ha trovato spunto nelle parole di Gesù nel Vangelo di Matteo (25:35/36) "Perché avevo fame e voi mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato dell’acqua, ero straniero e mi avete ospitato nella vostra casa, ero nudo e mi avete dato dei vestiti, ero malato e in prigione e siete venuti a trovarmi!" ed in quelle che Gesù rivolse a Paolo: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" (Atti 9:4) per arrivare alla conclusione che il prossimo che ha bisogno del nostro aiuto è Gesù stesso, e che la fede cristiana è nell'amare concretamente il prossimo perchè la domanda cruciale rimane quel "che cosa hai fatto a tuo fratello?" sulla base della cui risposta saremo tutti giudicati.
L'amore per il prossimo ha trovato, secondo Mar Sako, espressione piena in Alhan, da egli definita "segno illuminato della nostra attuale situazione"  che dovrebbe essere "incoraggiata e sostenuta perché il suo è un lavoro umanitario che supera il settarismo ed in questo senso favorisce la pace e la fraternità tra musulmnani e cristiani in una società dove, invece, tutto è regolato dall'appartenenza settaria."
Ricordando le sue visite a Beyt Anya Mar Sako ha definito l'istituzione una "esperienza straordinaria del vivere insieme in spirito di armonia e collaborazione" ed ha sottolineato di essere stato colpito dalle testimonianze delle donne musulmane che lì vivono a riprova del fatto che "tutti siamo chiamati a fare del bene, anche nel nostro piccolo, proprio come fa Alhan con il suo gruppo di collaboratori, e che non bisogna aspettare trovando scuse per negare il nostro aiuto a chi ha bisogno perché il bene fatto è come una candela che illumina il tunnel lungo e buio che stiamo attraversando."