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15 ottobre 2010

Intervento del Rev. Raymond MOUSSALLI, Protosincello del Patriarcato di Babilonia dei Caldei (Giordania)

By Radiovaticana

Noi siamo parte della storia e della cultura di questa regione medio-orientale, e se saremo costretti ad abbandonarla perderemo la nostra identità nella prossima generazione. Per questo spero che dal Sinodo emerga la necessità di una più stretta collaborazione tra i capi delle varie Chiese nel dialogo reciproco con i fratelli musulmani moderati. Come sappiamo le nostre chiese con il clero in Iraq vengono attaccati. C’è una deliberata campagna per cacciare i cristiani al di fuori del paese. Ci sono piani satanici dei gruppi fondamentali estremisti che non sono solo contro i cristiani iracheni in Iraq, ma i cristiani in tutto il Medio Oriente.
I cristiani Caldei Cattolici sono la maggior parte della comunità dei profughi che ha come riferimento il vicariato del Patriarcato della Chiesa Caldea, sono circa 10.000 persone; inoltre ci sono Assiri-Siri-Armeni e altri circa 10.000 che vivono in Giordania con 350.000 musulmani iracheni profughi. Sono in condizioni di estrema povertà e senza alcuna speranza di tornare nella terra dei propri antenati. Da anni sono in situazioni di grande tribolazione spesso culminanti in atti di vera e propria persecuzione. Come Chiesa siamo impegnati con la Caritas, la missione pontificia, altre organizzazioni (educazione - catechismo - sanità - sociopastorali...) ma i nostri mezzi sono limitati. La maggior parte delle comunità dei profughi ci hanno consegnato alcuni documenti che contengono testimonianze scritte indirizzate a rappresentanze diplomatiche di paesi occidentali (in particolare Stati Uniti e Australia) e all'Ufficio di Amman dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Profughi (UNHCR) al fine di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiati. Secondo le loro fonti sono registrate circa 50.000 persone.
Vogliamo sensibilizzare la comunità internazionale che non può restare in silenzio davanti al massacro dei cristiani in Iraq, i Paesi di tradizione cattolica, affinché facciano qualcosa per i cristiani iracheni, a cominciare dalla pressione sul Governo locale. Stiamo attraversando un tempo catastrofico per l'emigrazione delle famiglie e la perdita del nostro popolo che parla ancora la lingua aramaica pronunciata da nostro Signore Gesù Cristo.