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9 maggio 2007

La chiesa irachena si unisce nella richiesta di protezione e maggiori diritti per i cristiani perseguitati

La chiesa cattolica caldea accoglie il maggior numero di fedeli cristiani in Iraq.
Il paese, dove convivono diverse confessioni cristiane, cattoliche e non, ospita solo due sedi patriarcali, quella dell’Antica Chiesa dell’Est, una comunità molto piccola guidata da Mar Addai II, e quella caldea che con il Patriarca Mar Emmanuel III Delly rappresenta la “faccia pubblica” del cristianesimo iracheno, la più conosciuta. Per questa ragione era logico che i primi a dichiarare pubblicamente che è ora che il governo iracheno protegga i cristiani perseguitati fossero proprio i caldei.
Ma i toni infuocati usati da Mar Delly nel discorso di domenica scorsa ad Erbil ora cominciano avere degli echi. “Forte” ha definito una fonte del clero iracheno il discorso che oggi ha fatto Mar Dinkha IV, Patriarca della Chiesa Assira dell’Est con sede a Chicago che ha condiviso le parole del Patriarca caldeo e le ha addirittura rafforzate con appelli ancora più diretti rivolti ai rappresentanti politici e religiosi iracheni attraverso il canale satellitare Ishtar Tv, e “forte” è stato anche il discorso del Vescovo Siro Ortodosso di Aleppo, in Siria, Mor Gregotios Yohanna Ibrahim, che si è concentrato soprattutto sui danni derivati dall’invasione dell’Iraq.


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Discorso di Mar Dinkha IV, Patriarca della Chiesa Assira Ortodossa

“Siamo venuti a conoscenza di ciò che in questi giorni sta succedendo alla comunità cristiana irachena, specialmente a Baghdad e Mosul. Che i terroristi che operano nel distretto di Dora chiedono alle famiglie cristiane di convertirsi all’Islam, o di pagare la tassa di protezione o di lasciare le proprie case abbandonando tutti i loro averi. Sapere che molte famiglie sono state obbligate a fuggire, e che in alcuni casi le donne cristiane siano state obbligate a convertirsi con la forza ci intristisce. Noi cristiani viviamo in Iraq, in Mesopotamia, da 2000 anni e siamo quindi abitanti originari di questa terra ma ora, nel XXI secolo, assistiamo a questi atti disumani compiuti nei nostri confronti. Noi cristiani orientali abbiamo sempre rispettato l’autorità e per questa ragione chiediamo al governo di spegnere il fuoco in cui tutti gli iracheni, senza distinzione, stanno bruciando.

I partiti ed i gruppi musulmani che compiono atti violenti contro i cristiani sono lontani dall’Islam e perciò chiediamo al premier iracheno, Signor Nuri Al Maliki, ed ai membri del consiglio dei deputati di compiere i passi necessari a fermare le violenze che colpiscono tutti i figli dell’Iraq ed i cristiani in particolare. Violenze che non hanno risparmiato neanche i luoghi di culto, in particolar modo a Baghdad e Mosul. Noi non taciamo, e chiediamo alle Nazioni Unite ed alle organizzazioni per i diritti umani di far rispettare i diritti dei popoli perseguitati e di aiutarci a fermare questi atti disumani.
Più di due anni fa i nostri fedeli di Dora sono rimasti senza chiesa, attaccta e distrutta. Perchè, chiediamo, nel centro del potere e dell’autorità di Baghdad vengono compiuti tali atti contro i cristiani?
Noi chiediamo ai responsabili del governo iracheno ed ai capi religiosi sciiti e sunniti di fermare le violenze e le persecuzioni nei confronti dei cristiani, e che facciano di tutto perchè gli iracheni possano tornare a vivere insieme nella casa comune come una sola famiglia, in amore, pace e senza paura.
Noi siamo infelici sapendo che così tanti cristiani sono costretti ad abbandonare le proprie case, e ringraziamo l’autorità della regione del Kurdistan per l’aiuto che sta offrendo loro con la costruzione di case e villaggi dove possono trovare rifugio. In particolare ringraziamo Sarkis Aghajan, figlio della nostra chiesa e della nostra nazione, e chiediamo che Dio assicuri la pace a tutti gli iracheni, cristiani e musulmani, che insieme vivono ed hanno sempre vissuto nel nostro caro e benedetto paese che è la casa di tutti.”

Discorso di Mor Gregotios Yohanna Ibrahim, vescovo siro ortodosso di Aleppo

“Le parole pronunciate da Sua Beatitudine, il Patriarca Caldeo Mar Emmanuel III Delly, ci hanno commosso. Mentre noi viviamo in Siria, paese dell’amore, della pace e dell’unità nazionale vorremmo che così fosse anche per i cittadini dell’Iraq, paese vicino, amico e fratello con il quale abbiamo antiche e buone relazioni.
Il discorso di Mar Delly ci ha particolarmente commosso quando ha parlato dei cristiani scacciati dalle loro case, dal paese in cui hanno sempre vissuto a fianco dei fratelli musulmani. L’emigrazione forzata dei cristiani è terribile e non accettata nè dall’Islam, nè dal Cristianesimo, e nè dall’uomo ragionevole che difende il proprio paese. Chi come noi vive in un paese, a dispetto della sua fede religiosa ne è parte, ne garantisce l’unità e ne rappresenta anche la sicurezza. In Iraq c’è chi vuole sfruttare questa situazione pr cambiare la stuttura sociale del paese anche attraverso le minacce, le uccisioni e l’allontanamento forzato di una parte della sua popolazione. Tutto ciò fa pensare che ci sia un piano preciso teso a minare l’unità nazionale irachena, il mosaico culturale, religioso ed etnico formato da tutti i suoi cittadini. Io penso che sia normale che chi invade un paese voglia che i suoi figli lottino tra loro e perseguitino i gruppi più deboli così da abbattere le mura della civiltà di quel paese, poterne rubare i beni e distruggerne ogni speranza di sviluppo agendo contro la volontà di Dio e dei suoi comandamenti.
Come Sua Beatitudine Mar Delly anch’io affermo che l’invasore non teme Dio e non conosce i valori umani e la morale ma persegue solo i propri interessi. A questo riguardo Mar Delly conosce la situazione meglio di noi, specialmente quando riferisce delle violenze commesse contro le case del Signore, le moschee e le chiese, e contro le istituzioni culturali ad esse legate. Come lui diciamo che gli atti compiuti dagli invasori sono inumani e non possono essere accettati da Dio e dagli uomini che vogliono vivere secondo la Sua volontà.
L’invasore ha occupato il nostro paese per portare a compimento i piani malefici che riguardano il controllo delle sue risorse energetiche e dei suoi beni. Un importante uomo di religione come Mar Delly però non perde la speranza e l’amore neanche di fronte a tali tragici avvenimenti. Come responsabili e come uomini di fede - patriarchi, vescovi e sacerdoti - abbiamo il dovere di essere a fianco dei fedeli, agli uomini di Dio, a coloro che lavorano per il bene del paese. Le parole di Mar Delly sono giuste perchè sono basate sull’insegnamento divino e sui libri sacri, noi non dobbiamo avere paura anche se l’attuale situazione ci si presenta come una nuvola nera perché un giorno tornerà il sole, e quel giorno sentiremo che Dio è con noi, con tutto il paese e con tutti i suoi cittadini, musulmani e cristiani.
Come ha fatto Mar Delly vogliamo ricordare che Dio agisce in vari modi, anche attraverso le persone come Sarkis Aghajan di cui conosciamo l’operato non solo in Kurdistan ma anche ovunque ci sia qualcuno da aiutare. Se Mar Delly ha citato ciò che Sarkis Aghajan ha fatto non lo ha fatto solo a suo nome, ma a nome di tutti coloro che conoscono la sua generosità ed i suoi sforzi per assicurare la pace la sicurezza a chi si trova in gravi difficoltà. Chiediamo a Dio di allontanare queste difficoltà e questo dolore dalla regione, di dissolvere le nuvole e riportare la pace nel nostro amato Iraq perchè i suoi cittadini di ogni religione, etnia e cultura possano tornare a convivere pacificamente.”


Il testo dei discorsi di Mar Dinkha IV e di Mor Gregotios Yohanna Ibrahim sono stati trasmessi telefonicamente da Padre Rayan P. Atto, parroco della chiesa di Mar Qardagh, Erbil.

By Baghdadhope