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8 maggio 2007

La Chiesa Caldea cambia rotta: ai cristiani "devono" essere garantiti i diritti di cittadini iracheni a pieno titolo

Giorni fa il Rettore del Seminario Maggiore Caldeo di St. Peter, Padre Bashar Warda, e cinque vescovi caldei del nord dell’Iraq avevano invitato la comunità internazionale ad intervenire per fermare la “follia” che giornalmente colpisce gli iracheni innocenti, e chiesto alle stesse autorità religiose di far sentire la propria voce a difesa dell’Iraq intero e della comunità cristiana che mai come adesso si sente ed è minacciata. Il pressante appello è stato raccolto e diffuso da altri membri della chiesa prima attraverso le parole di Monsignor Shleimun Warduni, Patriarca Vicario, e poi di quelle dello stesso Patriarca, Mar Emmanuel III Delly che, di ritorno dagli Stati Uniti, ha trascorso qualche giorno in visita nel nord dell’Iraq, la zona dove a migliaia i cristiani del centro e del sud del paese stanno fuggendo alla ricerca della salvezza.
Mar Delly ha parlato ad Erbil, capitale della regione curda in occasione di tre eventi che proprio l’altro ieri coincidevano: il primo anniversario della consacrazione della chiesa caldea del Sacro Cuore, il nuovo nome deciso per la stessa chiesa, che ora è diventata la prima in Iraq dedicata a Mar Qardagh, martire della tradizione della chiesa d'oriente del III secolo, e la celebrazione del 34° anniversario della consacrazione sacerdotale dell’attuale amministratore patriarcale della diocesi di Erbil e vescovo di Amadhiya, Monsignor Rabban Al Qas.
In una chiesa piena di fedeli Mar Delly ha fatto sentire la sua voce in un discorso che segna una svolta nella politica fino ad ora adottata dalle massime autorità religiose caldee.
Pur non dimenticando la sorte che accomuna tutti gli iracheni a dispetto della loro fede, infatti, Mar Delly ha questa volta pronunciato quella che fino ad ora sembrava essere una frase vietata: persecuzione dei cristiani. Tacciati da subito di complicità con l’occupante straniero per comunanza di fede, i cristiani sono stati e sono vittime di una escalation di violenze nei loro confronti che ha reso necessario questo cambiamento di atteggiamento, visto che gli appelli precedenti, basati sull’appartenenza allo stesso paese e sul rispetto che tutti dovrebbero verso le minoranze non hanno sortito alcun effetto, e visto che la loro situazione precipita di giorno in giorno.
Sempre maggiori e diverse sono infatti le testimonianze di questo peggioramento che sta colpendo in questo periodo specialmente il distretto di Dora, a Baghdad, dove si sta compiendo una vera e propria “pulizia religiosa” nei confronti dei cristiani. Alle notizie di minacce ed omicidi, e della richiesta del pagamento della tassa di protezione, se ne aggiungono in questi giorni di peggiori. I cristiani sono costretti a lasciare le proprie case senza portare con sè nulla e pagando, anzi, una sorta di “pedaggio di uscita” di 250.000 dinari a persona e di 500.000 per ogni macchina. Le case che non vengono occupate abusivamente vengono legalmente cedute dai parenti di chi, sequestrato, verrà restituito alla famiglia solo dopo la registrazione del passaggio di proprietà. Una sola possibilità viene lasciata ai cristiani di Dora: potranno rimanere solo quelle famiglie che accetteranno di dare in moglie una figlia o una sorella ad un musulmano, un processo questo che se attuato porterebbe comunque alla progressiva conversione dell’intero nucleo familiare all’Islam.

Tutte queste ragioni hanno quindi spinto il clero caldeo a presentarsi non più come “mendicante” i diritti, ma come rappresentante di una comunità che li rivendica e pronto, come ha dichiarato lo stesso Patriarca, a farlo non solo nel nord, ma anche a Baghdad ed in sede di governo.
Se questa sarà la strada giusta sarà il tempo a dirlo, certamente però è una strada che può ridare la speranza a chi l’ha persa perchè, come ha dichiarato un sacerdote, “ora possiamo anche morire, ma almeno lo faremo sapendo di star facendo qualcosa, non solo aspettando la fuga dal paese o la sparizione della nostra comunità.”

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Erbil, Chiesa Cattolica Caldea di Mar Qardagh, 6 maggio 2007

L’intervento di Mar Delly è stato preceduto dalle parole di Monsignor Rabban Al Qas circa le sofferenze dei cristiani ed i problemi che essi, come rifugiati lontani dalle loro case, incontrano nell’affrontare un futuro quanto mai incerto. Sofferenze che il presule ha paragonato al martirio di Mar Qardagh, citato come esempio di vita da seguire per continuare a testimonaire la propria fede cristiana.

Al termine della Santa Messa l’intervento di Mar Delly:

Per prima cosa il Patriarca ha salutato i presenti: i fedeli, Monsignor Al Qas, Padre Rayan P. Atto, parroco della chiesa di Mar Qardagh, Sarkis Aghajan, rappresentante del Governo Regionale Curdo, i sacerdoti e gli studenti del Seminario maggiore Caldeo di Ankawa, i monaci e le suore.
Egli ha poi proseguito raccontando il dolore provato sia per aver visitato il villaggio di Tellesqof dove, lo scorso 23 aprile, un attentatore suicida ha causato più di dieci morti e più di cento feriti, sia per la notizia dell’attentato che ha insanguinato il quartiere di Al-Bayya, a Baghdad. Un dolore che, ha detto, lo accompagna anche nei momenti felici, come il caso della cerimonia nella chiesa di Mar Qardagh, e che è causato dalla mancanza di pace e sicurezza per le quali lo stesso Patriarca ed i fedeli hanno chiesto l’intercessione di Mar Qardagh e di Mar Addai, due tra i padri fondatori della chiesa d'Oriente.
I cristiani, ha continuato Mar Delly, sono oggi perseguitati in un paese dove tutti lottano per i propri interessi personali. Essi vivono da sempre in Iraq, e nel tempo hanno fatto tutto il possibile per contribuire al suo sviluppo, operando con amore e sacrificio insieme ai loro fratelli musulmani perchè come loro figli dell’Iraq e non stranieri.
Le persecuzioni cui i cristiani sono soggetti, ha aggiunto il Patriarca, sono di due tipi: interne ed esterne. La persecuzione interna è quella operata dai loro stessi fratelli che li stanno scacciando dalle loro case e dalle loro terre, e della quale sono responsabili tutti coloro che, al potere, non hanno fatto e non fanno nulla per fermare tale tragedia.
La persecuzione esterna è quella che ha toccato la dignità stessa di tutto il popolo iracheno le cui moschee, chiese ed istituzioni sono state distrutte o occupate, senza alcun rispetto per la fede, ed a questo proposito Mar Delly ha ricordato come la chiesa caldea si sia dichiarata contraria alla trasformazione del'edificio del Babel College a Baghdad da parte delle truppe americane in una base militare.
Per queste ragioni “chiediamo a tutti coloro che hanno la responsabilità di preservarli che ci siano riconosciuti i nostri diritti.” Come cittadini iracheni, ha voluto ribadire Mar Delly, i cristiani hanno sempre adempiuto ai loro doveri ed ora è giunto il momento di reclamare i diritti che spettano loro. E’ il tempo che coloro che ricoprono ruoli di responsabilità e che ben conoscono le sofferenze dei cittadini iracheni cristiani facciano qualcosa a proposito, una richiesta che viene non solo dal clero ma anche, ed a gran voce, da tutti i fedeli.
Tutti devono riconoscere che i cristiani sono figli della terra d’Iraq come tutti gli altri, e per questa ragione chi è al potere deve aiutarli, mettere fine alla loro tragedia, deve agire e non solo assistere inerte a ciò che è sotto gli occhi di tutti: ai cristiani minacciati, cacciati dalle loro case, uccisi. “Coloro che hanno incarichi di responsabilità devono mettere fine alla persecuzione dei cristiani perchè tutti noi, musulmani e cristiani facciamo parte di una sola famiglia, siamo figli della stessa terra.”
“Dio”
ha terminato il Patriarca, “ci ama e ci protegge e per questo non dobbiamo avere paura, Lui non ci lascerà soli perchè noi siamo i figli della speranza e dopo il buio ritornerà il sole. Dio ci manda anche i segni tangibili del suo aiuto e proprio oggi ho incontrato il Signor Sarkis Aghajan che mi ha parlato dei progetti di costruzione di case e villaggi in grado di accogliere più di 7000 famiglie perseguitate che hanno trovato rifugio nel nord per sfuggire alla violenza ed alla morte.”

Il testo del discorso di Mar Delly è stato trasmesso telefonicamente da Padre Rayan P. Atto, parroco della chiesa di Mar Qardagh, Erbil.


By Baghdadhope