Pagine

1 aprile 2007

Ricordare il saccheggio del Museo Nazionale di Baghdad. Un'iniziativa di SAFE (Saving Antiquities for Everyone)

Il 10 aprile del 2003 iniziarono tre giorni terribili per Baghdad e per tutto l’Iraq. In quelle ore frenetiche in cui il regime si disgregò e le truppe americane presero possesso di tutta la capitale, nella completa indifferenza degli occupanti, il Museo Nazionale di Baghdad e la Biblioteca Nazionale vennero saccheggiati. Da essi scomparirono migliaia di pezzi di incalcolabile valore artistico e storico, memoria della Mesopotamia, la “culla della civiltà.” Molti capolavori sono stati restituiti ma molti, troppi, sono scomparsi, ingoiati dal mercato nero dell’arte che non si fa scrupoli di distruggere il patrimonio artistico di un paese e di tutta l’umanità.
Per attirare l’attenzione del mondo sui 7.000 pezzi ancora mancanti dal Museo Nazionale di Baghdad e sul saccheggio, tutt’ora in corso, di più di 10.000 siti archeologici nel paese, l’organizzazione senza fini di lucro SAFE/Saving Antiquities for Everyone organizza il 10, l’11 ed il 12 aprile 2007 un evento in cui è richiesto ai partecipanti di accendere una candela e di rispettare un minuto di silenzio.
L'iniziativa ha avuto l’appoggio del Dottor Donny George, ex Direttore Generale del Museo Nazionale di Baghdad che ora vive in America ed insegna presso la Stony Brook University di New York


Maggiori informazioni sull’iniziativa si possono trovare sul sito di a SAFE

Le scuole, le università e le organizzazioni che volessero aderirvi possono richiedere materiale informativo in varie lingue a SAFE vigil@savingantiquities.org

La promozione dell’evento è affidata anche ad un video: "Remember Iraq's Heritage, Our Heritage" http://www.youtube.com/watch?v=sOsOe-dfgpE

Ecco alcuni estratti dal video: (in inglese)

Dr. Donny George: “Il 13 aprile del 2003, sono tornato al museo. Era come se fosse stato colpito da un uragano. Ciò che non avevano preso era stato distrutto. Il problema maggiore però riguarda il saccheggio dei siti archeologici perché la rimozione dei pezzi archeologici dal terreno comporta la perdita definitiva delle informazioni storiche e culturali assicurate, invece, da scavi autorizzati. Non si tratta di oggetti che possono essere ricomprati. Si tratta della memoria del popolo iracheno, di tutta l’umanità. Uniamoci e cerchiamo di fare qualcosa perché la gente non dimentichi ciò che è successo. Accendiamo una candela perché sia un simbolo e perché non si dimentichi.”

L’appello di SAFE:
Ricorda il patrimonio artistico iracheno,
ricorda il nostro patrimonio

· Che tu viva in Cile o in Cina, in Uganda o negli Stati Uniti, chiama a raccolta gli amici, i parenti, i compagni di classe, i colleghi o i vicini.
· Stabilisci a data dell'evento in un qualsiasi momento del 10, dell’11 o del 12 aprile.
· Parlane e coinvolgi più gente che puoi.
· Facci sapere se stai organizzando un evento e se vuoi che qualcun’altro vi partecipi. Pubblicheremo il luogo e l’orario su questa pagina. vigil@savingantiquities.org
· Aggiungi il link di questa pagina al tuo website/blogspot per aiutarci a diffondere l’invito nel mondo.
· Fermati per un minuto di silenzio ed accendi una candela.
· Documenta l’iniziativa con immagini ad alta risoluzione o con un breve video digitale.
· Creeremo un Video Memorial con le immagini di tutte le iniziative, lo pubblicheremo sul nostro web site, e lo consegneremo alla Dottoressa Amira Edan, attuale Direttore del Museo Nazionale di Baghdad.


DATA
Non c’è una data specifica. Quando vuoi, il 10, l’11 o il 12 aprile, puoi restare in silenzio per un minuto, da solo o in compagnia.
LUOGO
All’aperto o al chiuso, in un’università o in un parco pubblico, in una piazza o di fronte ad un museo, in una classe, in un locale pubblico o in una casa privata, in ogni luogo, insomma, dove ci si possa riunire per qualche minuto in silenzio. Se organizzi una riunione che prevedi affollata non dimenticare di chiedere alle autorità il permesso di farlo.
PIANIFICA L’EVENTO
Se fai parte di una organizzazione contattaci, ti manderemo maggiori informazioni vigil@savingantiquities.org
REGISTRA L’INIZIATIVA
Le immagini ad alta risoluzione o i brevi video digitali dovranno esserci inviati a vigil@savingantiquities.org entro il 25 aprile 2007. Potrai inviarli anche via posta a: SAFE, 123 Town Square Place, #151 Jersey City, NJ 07310 USA

Se non puoi partecipare all’iniziativa – o preferisci aderirvi in modo privato – inviaci un messaggio, una poesia o una foto per esprimere il tuo sostegno. Cercheremo di includere il materiale che ci invierai nel Video Memorial.

SCARICA IL VOLANTINO DELL'INIZIATIVA IN . PDF IN ITALIANO DA:

http://www.savingantiquities.org/pdf/SAFEvigilposterItalian.pdf


informazioni sugli eventi occorsi il 10, l'11 ed il 12 aprile 2003 a Baghdad vai a: U.S. MNEMOCIDE WAR MACHINE - LA DISTRUZIONE DELLA STORIA IRAQENA

"...una rassegna di articoli della stampa internazionale su questo evento di gravità eccezionale." (Tradotti in italiano)

Clicca su "leggi tutto" per la traduzione tratta da U.S. MNEMOCIDE WAR MACHINE - LA DISTRUZIONE DELLA STORIA IRAQENA dell'articolo di Ann Talbot: "USA implicati nel furto preordinato dei reperti storici iraqeni"
"USA implicati nel furto preordinato dei reperti storici iraqeni"
Man mano che emerge la reale entità del saccheggio del Museo Nazionale di Baghdad, appare chiaro che non si è trattato affatto di qualcosa di accidentale. E' stato piuttosto il risultato di un progetto pianificato da tempo, per far bottino dei tesori storico-artistici conservati nei musei iraqeni. Se il Museo di Baghdad fosse stato messo a sacco da abitanti dei quartieri poveri, ciò sarebbe già stato abbastanza criminale, e la responsabilità sarebbe rimasta sulle spalle dell'Amministrazione USA, che si è rifiutata, nonostante ripetuti appelli, di provvedere alla sicurezza degli edifici culturali di Baghdad. Tuttavia, non appena il personale del Museo è stato in grado di comunicare con l'esterno, è risultato chiaro che il saccheggio non era casuale. Era opera di persone che sapevano cosa cercare e che erano venute con le attrezzature speciali adatte a svolgere il lavoro. Il Dr. Donny George del Museo di Baghdad ha detto: "Credo che fossero persone che sapevano quello che volevano. Hanno lasciato dov'era la copia dell'Obelisco Nero di Salmanassar, passando oltre. Questo significa che dovevano essere specialisti. Non hanno toccato le copie." Parlando a Channel Four, ha affermato -rivolgendosi al Dr. John Curtis del British Museum- che tra i pezzi rubati ci sono anche il vaso sacro di Warka, un vaso d'oro di 5000 anni fa trovato a Ur, una statua accadica ed una assira. Il Dr. Curtis ha ribattuto dicendo che "è come rubare la Monna Lisa". Solo dopo una settimana dal saccheggio il Dr. George è stato in grado di allertare gli archeologi di tutto il mondo su ciò che era stato rubato. Le autorità militari americane non hanno fatto alcun tentativo per impedire che gli oggetti lasciassero Baghdad, né hanno promosso una ricerca a livello internazionale dei reperti rubati. La riluttanza statunitense ad agire non può essere spiegata dalla mancanza di avvertimento. Archeologi professionisti e storici dell'arte avevano già detto in anticipo al Pentagono del pericolo di saccheggio. Il Dr. Irving Finkel del British Museum ha dichiarato a Channel Four che "il saccheggio era "assolutamente prevedibile e avrebbe potuto essere facilmente fermato." Il Museo è stato vittima di un assalto preordinato con cura. I ladri che hanno preso i materiali più preziosi sono arrivati equipaggiati di attrezzature per sollevare gli oggetti più pesanti, che il personale stesso del museo non avrebbe potuto rimuovere dalle sale, e avevano le chiavi delle camere blindate dove erano sistemati gli oggetti più preziosi. Un crimine del genere non veniva commesso dai tempi della sistematica spoliazione nazista dei musei d'Europa. La rivista online statunitense Business Week ripete la tesi della premeditazione e della cospirazione nel sacco dei musei iraqeni in un articolo del 17/4 intitolato "Erano già pronti i ladri d'antichità?", con sottotitolo "Sapevano ciò che cercavano perché i mercanti d'arte avevano ordinato i pezzi più importanti in anticipo". Il Business Week riporta: "E' stato come se gli esecutori stessero aspettando la caduta di Baghdad per muoversi. G. J. Stein, professore d'archeologia all'Università di Chicago, che ha condotto scavi in Iraq per decenni, è convinto che i mercanti avevano ordinato i pezzi in anticipo. "Stavano cercando esemplari molto specifici, sapevano dove guardare". Fin dalla precedente Guerra del Golfo del 1991 antichi reperti iraqeni sono apparsi sul mercato provenienti dai musei che furono saccheggiati allora e da siti archeologici spianati con i bulldozer. In questi siti le statue sono state tagliate in pezzi per poter essere esportate. La razzia dell'eredità culturale iraqena ha eccitato l'appetito dei collezionisti, i quali sono già responsabili per i saccheggi di siti in Estremo Oriente, America Latina, Italia. Con la recessione dei mercati globali, le opere d'arte e le antichità sono considerate sempre più un sicuro investimento, andando ad alimentare un già vasto traffico sotterraneo. Il commercio illegale di antichità è altrettanto lucrativo del traffico di droga, a cui peraltro è sovente associato. Secondo un rapporto del 2001 dal titolo "Il commercio illecito di antichità: la distruzione del patrimonio archeologico mondiale", Londra e New York sono i principali mercati di questo commercio. La Svizzera, che consente l'ottenimento di un titolo legale ad ogni opera d'arte che rimanga sul suo territorio per almeno 5 anni, è un punto di transito cruciale. Il Prof. Lord Renfrew of Kaimsthorn, direttore dell'istituto archeologico di Cambridge, ha dichiarato in una conferenza stampa di presentazione del suddetto rapporto che "il commercio continua perché il governo è alla mercè dei mercanti d'arte, che vogliono mantenere ininterrotto il flusso di reperti. E' uno scandalo." All'arrivo delle notizie sull'ultimo saccheggio, il governo laburista di Blair ha organizzato una conferenza stampa nel British Museum, in cui il Segretario agli Affari Culturali ha promesso sostegno ufficiale alla protezione dei reperti iraqeni. Intanto, mentre parlava, la Biblioteca Nazionale iraqena veniva saccheggiata. L'edificio, sede di rarissime copie del Corano vecchie di secoli ed altri esempi di calligrafia islamica, così come insostituibili documenti storici dell'epoca ottomana, è stato dato alle fiamme e un numero indicibile di testi è stato distrutto. Il giornalista Robert Fisk, che vide le fiamme, si precipitò dai marines USA nel tentativo di salvare parte della collezione, ma loro si rifiutarono di dare aiuto. Fisk ha scritto sull'Independent: "ho dato la mappa del posto, il nome preciso in arabo e in inglese, ho detto che si vedeva il fumo da cinque km di distanza e ci sarebbero voluti solo 5 minuti per arrivare là. Mezz'ora dopo non c'era neppure un americano sul posto e le fiamme si alzavano nell'aria per 70 metri." Dopo il destino del Museo di Baghdad, si può concludere che il saccheggio e il rogo della Biblioteca è servito a mascherare un crimine più sistematico, in cui selezionati manoscritti sono stati rubati per ricchi collezionisti. In questo quadro si spiega la connivenza nel rogo dei libri - un'altra pratica nazista.

IL RUOLO DELL'ACCP
Dopo questi due devastanti attacchi alla cultura, l'attenzione si è focalizzata sulle attività dell'ACCP (American Council for Cultural Policy). Anche la stampa inglese, che lavora sotto alcune delle più dure leggi antidiffamazione del mondo, ha riportato che l'ACCP può aver influenzato la linea del governo USA in merito agli oggetti d'arte iraqeni. L'ACCP è stato costituito nel 2001 da un gruppo di ricchi collezionisti d'arte, per far pressione contro la Legge statunitense di Regolamentazione della Proprietà Culturale, che tenta di mettere regole al mercato dell'arte, fermando il flusso di beni rubati verso gli Stati Uniti. L'ACCP ha difeso in giudizio il mercante d'arte, poi dichiarato colpevole in forza della Legge sulla Proprietà Nazionale rubata; la medesima associazione si oppone all'uso in giudizio della sentenza del 1977 "U.S. contro McClain" come precedente legale nei casi riguardanti il possesso e il trasferimento di oggetti d'arte rubati. Nel caso McClain un giudice statunitense diede responso favorevole al fatto che tutta l'arte e i monili precolombiani portati negli USA senza l'espresso consenso del Governo messicano fossero proprietà rubata. La legge messicana considera tutti i reperti archeologici come Proprietà dello Stato e ne vieta l'esportazione. Il Messico è solo uno di molti paesi che hanno questo tipo di legislazione. Ashton Hawkins, uno dei maggiori avvocati d'arte e fondatore dell'ACCP, considera questo tipo di legislazione "protezionista". Ha condannato i paesi "fonte" archeologicamente ricchi per il tentativo di proteggere con tali misure i loro musei e siti archeologici, lamentando che sotto l'amministrazione Clinton tali politiche protezioniste sono arrivate a dare impronta alla politica del governo USA.Hawkins ha gli occhi puntati ai grandi musei mediorientali. Ha auspicato che le antichità egiziane conservate al Museo del Cairo vengano disperse: "Vorrei proporre" ha detto, "che il Museo del Cairo offrisse l'opportunità ai musei di tutto il mondo di acquisire fino a 50 oggetti ciascuno per le loro collezioni. In cambio i musei esteri darebbero un cospicuo contributo per la costruzione del nuovo museo ai piedi dell'altipiano di Giza, un milione di dollari ciascuno per esempio." Il meeting inaugurale dell'ACCP ha avuto luogo nella casa sulla 5°Strada di Guido Goldman, un collezionista di tessili uzbeki. Tra i presenti c'era Arthur Houghton, l'ex curatore del Museo Getty di Malibu in California, che è notoriamente un espositore di opere di dubbia provenienza. Hawkins stesso è andato in pensione nel 2000 dalla carica di vicepresidente del consiglio d'amministrazione del Metropolitan Museum of Art di New York, museo che - secondo il suo precedente direttore Thomas Hoving - conserva molti manufatti saccheggiati da tombe etrusche. Prima che la guerra cominciasse, membri dell'ACCP hanno avuto un incontro con i funzionari del Pentagono, in cui hanno dichiarato la loro grande preoccupazione per le antichità iraqene. Cosa questa preoccupazione significhi è evidente dalle osservazioni di William Pearlstein, il tesoriere del gruppo, che descrive le leggi iraqene sul patrimonio archeologico come "protezioniste". L'ACCP nega di volere un cambiamento nelle leggi iraqene, ma i saccheggi del museo e della biblioteca di Baghdad avranno come effetto concreto di aggirare questo problema, se la Legge statunitense sul furto d'oggetti d'arte e materiale archeologico verrà modificata. Il Prof. John Merryman della Scuola Giuridica di Stanford e membro dell'ACCP, ha auspicato una "applicazione internazionale selettiva dei controlli sull'esportazione" nei tribunali statunitensi. In altre parole, sarebbe perfettamente legittimo importare oggetti trafugati a Baghdad se un tribunale USA sceglie di non riconoscere la legislazione iraqena. Merryman ha stabilito i principi dell'organizzazione in un testo del 1998, in cui sosteneva che il fatto che un oggetto artistico fosse stato rubato non era in sé un impedimento all'importazione legale negli Stati Uniti.E nella sua rivendicazione si spinge anche oltre: "L'esistenza di un mercato preserva gli oggetti d'arte, che altrimenti potrebbero essere distrutti o trascurati, fornendo loro un valore di mercato. Nel quadro di un commercio legittimo e aperto, gli oggetti possono spostarsi verso le persone e le istituzioni che li valutano di più, e che per tale ragione sono più adatti a prendersene cura". Questa è un'argomentazione autogiustificativa che puzza molto di ipocrisia. I ricchi collezionisti possono ora additare il caos per le strade di Baghdad, il saccheggio del museo e il rogo della biblioteca come prova che gli Iraqeni, troppo poveri o troppo ignoranti, sono incapaci o non interessati a prendersi cura dei loro tesori artistici, tesori che sarebbero dunque meglio protetti nei musei Americani o nelle collezioni private. Le idee dell'ACCP rappresentano gli interessi di settori particolarmente rapaci della classe dirigente USA, che operano sul principio che tutto - persino oggetti di incalcolabile valore artistico o scientifico - è definito dal suo "valore di mercato". Loro intendono il prezzo, naturalmente, dato che il vero valore degli oggetti trafugati dal Museo di Baghdad e dalla Biblioteca Nazionale Iraqena è incalcolabile. Questi sono letteralmente gente che capisce IL PREZZO DI TUTTO E IL VALORE DI NIENTE. L'auspicio che il mercato determini il possesso e l'accesso alle opere d'arte e ai reperti archeologici metterebbe questi oggetti nelle mani di una facoltosa minoranza, e renderebbe la possibilità di pubblico accesso dipendente dalla buona volontà dei ricchi possessori. Nonostante il fatto che molti membri dell'ACCP abbiano fatto parte di istituzioni pubbliche, il loro intento è profondamente contrario alla pubblica diffusione dell'arte e dell'archeologia. Stanno tentando non solo di cambiare le leggi degli altri paesi, ma lavorano contro le tradizioni più progressiste della società americana, che hanno sempre premiato i musei pubblici.

UNA TRADIZIONE SCIENTIFICA
Lo sviluppo dei musei pubblici è avvenuto di pari passo con lo sviluppo di una comprensione scientifica dei manufatti archeologici e delle società che li hanno prodotti. I musei a finanziamento pubblico hanno rappresentato una rottura con la vecchia tradizione di tesaurizzazione privata. Le esposizioni avevano lo scopo di mostrare gli oggetti del passato in modo scientifico e razionale. L'accumulo di reperti archeologici in mani private tende a disgregare il lavoro scientifico, dato che il materiale si disperde ed è perciò difficile da catalogare, senza contare che molto di esso rimane sconosciuto agli studiosi del campo specifico. I musei pubblici sono tali non solo per il loro finanziamento e per il fatto che aprano le sale ai visitatori, ma soprattutto nel senso che rendono disponibile a tutti la conoscenza, cioè qualcosa che è riconosciuto come requisito primario del processo scientifico, fin dalla rivoluzione scientifica del 17° secolo. Uno degli effetti del saccheggio del museo di Baghdad è stata la distruzione del catalogo cartaceo del museo e dei relativi dati digitali sul patrimonio conservato nelle sale del museo. Questo ha reso non solo più difficile il tracciamento degli oggetti, ma ha anche minato alla base intere generazioni di paziente lavoro archeologico. Distruggere un simile catalogo significa rendere privata una collezione, sia in senso simbolico che concreto, dato che il suo contenuto diventa sconosciuto al mondo esterno. Mentre gli oggetti più importanti sono ben conosciuti a livello internazionale, i dati contenuti in un museo vanno molto oltre queste spettacolari opere d'arte. Includono tutti i ritrovamenti minori degli scavi archeologici, che in sé stessi non sono appariscenti, ma se studiati tutti insieme producono l'immagine di una società che non potrebbe essere ottenuta altrimenti solo dalle opere d'arte.Gli archeologi passano il loro tempo a setacciare i detriti delle civiltà passate, anche in senso letterale. Possono passare al setaccio tonnellate di terra cercando ali di scarabeo o semi. Antiche latrine e mucchi di rifiuti producono ricchezza conoscitiva. Ciò che viene gettato o scartato fornisce il contesto dei reperti di grandi templi, palazzi e tombe reali. Un recente libro sulla Mesopotamia di Petr Charvat contiene immagini di pezzi d'argilla con impronte di stuoie di giunco intrecciate. Questa non è roba che può abbellire la teca di un collezionista, ma rivela importanti informazioni sulle capacità artigiane e sul modo di vita degli antichi abitanti della Mesopotamia.

UN DURO COLPO ALLA COMUNITA' SCIENTIFICA MONDIALE
Il Museo di Baghdad era più di un semplice luogo d'esposizione di manufatti. Tutti gli scavi condotti in Iraq da squadre internazionali di archeologi vi erano riportati. Il museo possedeva un database di conoscenza accessibile a tutti i ricercatori del mondo, ed era il centro di una vasta rete cooperativa. Il saccheggio e la distruzione di tutti i dati sono un colpo per la comunità internazionale degli studiosi. Questo minaccia di riportare indietro l'orologio a più di 150 anni fa, prima dell'inizio dell'archeologia scientifica in Mesopotamia. I primi scavi non furono "scientifici" per gli standards attuali, gli archeologi stavano ancora imparando la propria disciplina attraverso un processo per prove ed errori. Una delle lezioni più elementari di questo processo d'apprendimento fu che IL CONTESTO è tutto in archeologia. Un manufatto può raccontare la sua intera storia solo se è conosciuto il contesto in cui è stato ritrovato.Per contesto si intende la posizione fisica dell'oggetto nel terreno, la sua relazione con altri manufatti, e gli strati di terreno intorno. Da questa informazione è possibile determinare la datazione relativa di un oggetto e considerevoli altre informazioni sul suo uso pratico e sul significato sociale. Strappato dal suo contesto, perde molto del suo significato. Persino la più bella opera d'arte può essere meglio apprezzata quando il suo contesto e le condizioni sociali del suo creatore sono conosciute. In senso lato, la comprensione del contesto di un oggetto significa comprendere le sue relazioni con l'intero sito in cui è stato trovato, con altri siti vicini, e con l'ambiente storico di cui fa parte. Se i sentimenti nazionalistici vengono spesso evocati per giustificare il mantenimento dei reperti nel loro paese d'origine, in realtà la ragione scientifica più importante per farlo è che il contesto del manufatto viene preservato proprio mantenendolo vicino a dove è stato ritrovato. E' ancora possibile vedere nell'Iraq attuale case costruite con metodi simili a quelli usati dagli antichi costruttori, e vedere barche costruite con modelli simili. Il vero significato dei reperti mesopotamici può essere apprezzato solo guardandoli nel contesto dello straordinario paesaggio dell'Iraq moderno, un paese dove ogni collina che si alza sulla pianura è stata originata da strati e strati successivi di mattoni di fango che testimoniano intere generazioni di occupazione del sito.L'amministratore coloniale americano, il generale in pensione Jay Garner, ha tentato di cooptare l'impatto emotivo del paesaggio per i suoi scopi politici, tenendo i suoi meeting sotto una grande tenda eretta presso la ziggurat di Ur di 4000 anni fa, che serviva da piattaforma del tempio del dio lunare Nanna. Ma permettendo il saccheggio del museo di Baghdad, le autorità statunitensi hanno mostrato chiaramente di non avere alcun riguardo per la vera importanza dell'Iraq nella storia umana. Quando i cartografi medievali europei disegnarono nel 13° secolo la mappa del mondo, misero l'Asia in testa perché per loro era il continente più importante. C'erano le terre della Bibbia. Gerusalemme era al centro della loro visione del mondo, e poco oltre si stendeva Babilonia, il luogo della prigionia ebraica, la Torre di Babele e la casa di Abramo nella città di Ur. Nella mente degli europei l'immagine biblica del mondo era così scolpita che i primi scavatori di antichi siti in questa regione cercarono una conferma della Bibbia. Persino nel 20° secolo Leonard Woolley si riferiva ai suoi scavi a Warka con il nome biblico di Ur dei Caldei. Eppure il materiale che venne fuori dagli scavi scosse la visione biblica del mondo. Una importante scoperta fu che la storia narrata nella Bibbia di Noè e del Diluvio ebbe origine in Mesopotamia molto prima che la Bibbia venisse scritta. Quando la scrittura cuneiforme di migliaia di tavolette d'argilla fu decifrata, ci si rese conto che molte civiltà complesse ed avanzate erano esistite in Mesopotamia, e di una antichità mai immaginata prima. Il vero quadro della storia apparve chiaro solo con la messa a punto delle tecniche di datazione al carbonio14. Nella seconda metà del 20° secolo ci si rese conto che l'agricoltura stanziale in Medioriente risaliva a 11 millenni prima di Cristo.

LA CULLA DELLA CIVILTA'
[..] (N.d.T.:ho omesso alcune note storiche per non allungare troppo la lettura, vedere articolo originale)
In quell'epoca in Iraq lo sviluppo delle tecniche di irrigazione aumentò di molto la produttività agricola, il surplus della quale a sua volta favorì l'emergere della prima civiltà urbana del pianeta, proprio in quella terra che oggi le forze militari congiunte di USA e Gran Bretagna stanno riducendo a un deserto. [..] Grazie alla produttività di questo sistema di irrigazione in Mesopotamia si sono succedute molte civiltà. Persino i Greci erano in soggezione davanti alle conquiste intellettuali della Mesopotamia.Uno dei ministeri che sono stati sistematicamente distrutti nei recenti giorni di razzia, è stato il Ministero dell'Irrigazione. Potremmo dire che con questo atto l'amministrazione USA vuole ricondurre l'Iraq ai secoli bui, tranne il fatto che l'Iraq non ha mai conosciuto secoli bui (nel senso in cui l'Europa li ha conosciuti). Gli imperi potevano succedersi, nascere e cadere, ma finchè il sistema di irrigazione continuava a funzionare la terra tra i due fiumi poteva produrre più cibo di quanto ne abbisognasse. Attaccando il sistema di irrigazione, l'amministrazione USA ha causato più danno in poche settimane di quanto abbia fatto ogni altro invasore nella storia. Il significato culturale dell'Iraq non ebbe fine con la caduta dell'impero persiano. Attraverso le epoche buie dell'Europa, rimase un porto sicuro di cultura, preservando - sotto i Califfi Abbasidi - i testi classici ormai persi in Occidente. L'erudizione e il valore scientifico islamico si rivelarono vitali per il riemergere della filosofia aristotelica in Europa e per il Rinascimento. La misura reale delle perdite si rivelerà pienamente quando verrà fatto il conto degli esemplari alla Biblioteca Nazionale. Ciò che è già chiaro fin da ora invece è che un enorme crimine è stato commesso, non solo contro il popolo iraqeno, ma CONTRO L'UMANITA' INTERA, dato che la storia dell'umanità è stata attaccata. Per questa ragione il sacco di Baghdad segna un punto significativo nella traiettoria dell'amministrazione Bush del suo tentativo di sprofondare il pianeta nella nuova barbarie, che cancellerebbe tutto ciò che la storia ci mostra del passato.