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18 novembre 2006

Nunzio Apostolico in Iraq presenta le credenziali al Presidente Jalal Talabani

Nunzio Apostolico in Iraq e Giordania dal 2001 al 2006, Monsignor Fernando Filoni, è stato sostituito nell’aprile dello stesso anno dall’indiano Monsignor Francis Chullikat che l’altro ieri ha finalmente presentato le sue credenziali al presidente iracheno Jalal Talabani.
Monsignor Chullikat ha riferito a Talabani il sostegno della Santa Sede agli sforzi di unificazione delle differenti visioni politiche in un momento così delicato per la storia dell’Iraq, e da parte sua Jalal Talabani si è impegnato a sostenere i cristiani iracheni al pari dei loro connazionali musulmani aggiungendo che gli attacchi degli insorti colpiscono ambedue le parti indifferentemente, ma che gli iracheni si opporranno ad ogni tentativo di rottura dei rapporti tra esse.

L'8 novembre Monsignor Chullikat ha rilasciato un’intervista a REPUBBLICA sulla sentenza di condanna a morte per Saddam Hussein pronunciata dal tribunale iracheno….


Repubblica 8 novembre 2006
di Orazio La Rocca
“La vita di Saddam Hussein va salvata”. Lo chiederanno "con forza” all'Onu, ai governanti Usa e alle attuali autorità dell'Iraq, i venti vescovi cattolici della Conferenza episcopale irachena. L'intervento anticipa a Repubblica l'arcivescovo Francis Assisi Chullikat, nunzio apostolico a Bagdad dal marzo scorso sarà fatto “a nome della sacralità della vita, dei diritti inviolabili dell'uomo e come gesto di pacificazione nei confronti di un paese, l'Iraq, che di tutto ha bisogno fuorché di condanne a morte”. Il tutto con la tacita "benedizione” delle autorità vaticane. L'appello sarà diffuso nei prossimi giorni, dopo una riunione collegiale che i presuli dell'Iraq terranno per analizzare il provvedimento capitale emesso lunedì scorso a carico dell'ex leader iracheno e studiare il da farsi.
Monsignor Chullikat, come rappresentante del Papa in Iraq che disposizioni ha avuto dalla Santa Sede dopo la condanna a morte di Saddam Hussein?
"Come è noto, la Chiesa cattolica da sempre è impegnata in prima persona indifesa della vita ed è totalmente contraria alla pena capitale per qualsiasi persona, al di là delle colpe commesse. Questo, perché, la vita è il dono supremo di Dio e va sempre difesa e salvaguardata. Su questa materia, quindi, la nostra posizione è nota e non si tratta di avere disposizioni per questo o quel caso. Condannare a morte un individuo e peccato, sempre. Nella Chiesa tutti lo devono sapere. Compresi, ovviamente, anche i nunzi. Ma già il cardinale Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio di Giustizia e pace, subito dopo la sentenza ha chiesto che la condanna a morte non venga eseguita. E' la nostra posizione".
Ma ci sarà, allora, qualche suo intervento diretto sulle autorità irachene per far almeno tramutare la pena capitale di Saddam in una pena più accettabile dalpunto di vista dei diritti dell'uomo?
"Su questo aspetto il riserbo, per ora, è comprensibile. Posso solo anticipare che, comunque, i cristiani di Bagdad non staranno fermi, a partire dai venti vescovi cattolici iracheni ai quali è stato demandato il compito di studiare tempi e modi per un intervento presso le autorità competenti in difesa della vita di Saddam. Nei prossimi giorni, saranno i vescovi iracheni a farlo sapere e a compiere i passi dovuti".
Eccellenza, si aspettava che una condanna così dura l'ex dittatore iracheno?
"Purtroppo, un provvedimento così drastico era nell'aria. Ma non voglio entrare nel merito della sentenza perché, mi preme sottolineare, noi rispettiamo la decisione del tribunale di Bagdad, però nello stesso tempo chiediamo il rispetto per la vita. Quello che non posso accettare come uomo e come vescovo è la pena di morte. E' un provvedimento che viola la sacralità della vita e che va contro la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, una carta, e bene ricordarlo, sottoscritta anche dagli Usa e dall'Iraq. Diritti contenuti anche nella Dichiarazione dei diritti islamici, dove è sancito che la vita appartiene solo a Dio, non agli uomini e, per questo, va sempre rispettata".
Se Saddam Hussein salirà sul patibolo cosa succederà all'lraq?"
"Va tutto visto nel contesto nazional-iracheno. E temo che non sarà un bel momento. L'Iraq non ha bisogno di altro sangue, ma di segni di pace, di distensione, di dialogo. E' bene che tutto venga ponderato con oculatezza perché non credo che l'esecuzione della condanna potrà contribuire alla ricostruzione del tessuto sociale di questo martoriato paese. Ma, al di là di qualsiasi calcolo socio-politico, non va mai dimenticato che la vita umana e sacra, sempre, e che va sempre salvaguardata. E' questa la nostra posizione".