13 marzo 2025
Un appello per “rendere giustizia a tutti quei cristiani che sono stati costretti, con minacce di morte, a convertirsi all’Islam da membri di al-Qaeda o dell’Isis e che vogliono tornare a professare la loro fede originaria senza per questo essere dichiarati apostati”.
A lanciarlo è il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, raccogliendo le testimonianze di alcuni di questi fedeli.
“Queste persone hanno confermato di essere state forzate e che non hanno nessuna educazione religiosa islamica. La loro adesione all’Islam, di cui non sanno nulla, è frutto solo di costrizione” spiega al Sir il cardinale, ribadendo quanto già espresso in una sua nota diffusa attraverso i canali patriarcali.
“La legge – aggiunge il patriarca – vieta loro il ritorno alla fede cristiana anche se la Costituzione irachena del 2005, all’articolo due prevede che non può essere emanata alcuna legge che sia in conflitto con i diritti umani e le libertà fondamentali sanciti dalla stessa Carta. Inoltre, la Costituzione garantisce il pieno diritto di tutti gli individui alla libertà di credo e di culto”.
Si tratta di un divieto che risale alla tradizione islamica e che, secondo Mar Sako, “confligge anche con lo stesso Corano che proclama la non costrizione nella religione e il rispetto per gli altri”. “Ci sono versetti nel Corano che attestano che non esiste costrizione nella religione – sottolinea il patriarca caldeo – e che non sono soggetti alla dottrina dell’‘abrogante e dell’abrogato’ (utilizzata nell’esegesi coranica, ndr.) e dunque sempre validi”. “Questi cristiani costretti alla conversione all’Islam continuano a vivere nelle loro famiglie di origine che ben conoscono la situazione dei loro congiunti. Gli sforzi di questi ultimi per tornare ad essere registrati come cristiani sono vani perché, come detto, la legge lo vieta. Per questo non possono, per esempio, contrarre un matrimonio cristiano. Ecco perché la legge deve essere cambiata”.
Da qui l’appello di Mar Sako alle Autorità musulmane e al Governo iracheno “affinché studino la questione e trovino una soluzione concreta”.
Come Chiesa, ricorda il cardinale, “rispettiamo la scelta di chiunque di cambiare consapevolmente e liberamente la propria religione da professare nella vita quotidiana, frutto di convinta adesione e non di costrizione. Nel cristianesimo la fede è una libertà personale, e la Chiesa non prende alcuna decisione contro coloro che si convertono ad altre fedi e credenze. La religione non deve essere imposta”. “Siamo nel XXI secolo, la società e la cultura sono cambiate. Queste tradizioni dovrebbero essere rilette con una mentalità più aperta e illuminata, e questi casi dovrebbero essere affrontati in uno spirito di tolleranza e non di odio, come hanno fatto molti paesi islamici, tra cui, ma non solo, la Turchia”.
Un appello per “rendere giustizia a tutti quei cristiani che sono stati costretti, con minacce di morte, a convertirsi all’Islam da membri di al-Qaeda o dell’Isis e che vogliono tornare a professare la loro fede originaria senza per questo essere dichiarati apostati”.
A lanciarlo è il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, raccogliendo le testimonianze di alcuni di questi fedeli.
“Queste persone hanno confermato di essere state forzate e che non hanno nessuna educazione religiosa islamica. La loro adesione all’Islam, di cui non sanno nulla, è frutto solo di costrizione” spiega al Sir il cardinale, ribadendo quanto già espresso in una sua nota diffusa attraverso i canali patriarcali.
“La legge – aggiunge il patriarca – vieta loro il ritorno alla fede cristiana anche se la Costituzione irachena del 2005, all’articolo due prevede che non può essere emanata alcuna legge che sia in conflitto con i diritti umani e le libertà fondamentali sanciti dalla stessa Carta. Inoltre, la Costituzione garantisce il pieno diritto di tutti gli individui alla libertà di credo e di culto”.
Si tratta di un divieto che risale alla tradizione islamica e che, secondo Mar Sako, “confligge anche con lo stesso Corano che proclama la non costrizione nella religione e il rispetto per gli altri”. “Ci sono versetti nel Corano che attestano che non esiste costrizione nella religione – sottolinea il patriarca caldeo – e che non sono soggetti alla dottrina dell’‘abrogante e dell’abrogato’ (utilizzata nell’esegesi coranica, ndr.) e dunque sempre validi”. “Questi cristiani costretti alla conversione all’Islam continuano a vivere nelle loro famiglie di origine che ben conoscono la situazione dei loro congiunti. Gli sforzi di questi ultimi per tornare ad essere registrati come cristiani sono vani perché, come detto, la legge lo vieta. Per questo non possono, per esempio, contrarre un matrimonio cristiano. Ecco perché la legge deve essere cambiata”.
Da qui l’appello di Mar Sako alle Autorità musulmane e al Governo iracheno “affinché studino la questione e trovino una soluzione concreta”.
Come Chiesa, ricorda il cardinale, “rispettiamo la scelta di chiunque di cambiare consapevolmente e liberamente la propria religione da professare nella vita quotidiana, frutto di convinta adesione e non di costrizione. Nel cristianesimo la fede è una libertà personale, e la Chiesa non prende alcuna decisione contro coloro che si convertono ad altre fedi e credenze. La religione non deve essere imposta”. “Siamo nel XXI secolo, la società e la cultura sono cambiate. Queste tradizioni dovrebbero essere rilette con una mentalità più aperta e illuminata, e questi casi dovrebbero essere affrontati in uno spirito di tolleranza e non di odio, come hanno fatto molti paesi islamici, tra cui, ma non solo, la Turchia”.