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26 novembre 2023

Teheran, neo-arcivescovo caldeo: ‘padre e pastore’ di una comunità che cerca stabilità

Dario Salvi 
21 novembre 2023

“I fedeli si aspettano che il vescovo sia per loro padre e pastore”. Quando parliamo di padre, si vanno a toccare “i bisogni” e le “aspettative” dei figli, per questo il vescovo “è un padre per tutta la comunità” e guarda ai suoi “figli con tanta cura e profonda sincerità, con amore e con umiltà”.
È quanto racconta ad AsiaNews il neo arcivescovo caldeo di Teheran, mons. Imad Khoshaba Gargees, ordinato ai primi di novembre dal patriarca e (sic) card. Louis Rapahel Sako dopo la nomina - con assenso del papa - a fine settembre scorso. Un momento di festa per una comunità, quella dei cristiani della capitale iraniana, che da tempo attende un nuovo pastore, che il neo vescovo desidera scoprire “non avendola mai visitata sinora”, sebbene al momento “non vi sia una data certa” per l’ingresso. “Dopo l’approvazione di papa Francesco - ricorda - sono corso subito in chiesa a pregare davanti al santissimo, affidando la mia vita [e la missione] nelle mani del Signore”.

Un pastore atteso a lungo
Il 26 settembre scorso il pontefice ha espresso il proprio assenso all’elezione della Chiesa patriarcale di Baghdad di mons. Imad Khoshaba Gargees, del clero dell’eparchia di Duhok, nel Kurdistan iracheno, ad arcivescovo di Teheran dei caldei. 
Il prelato è nato il 4 aprile 1978 a Komane (Amadiyah-Duhok), nella regione semi-autonoma del nord, e ha studiato filosofia e teologia al Babel College di Baghdad fra il 1997 e il 2004. L’8 giugno dello stesso anno riceve l’ordinazione sacerdotale a Komane ed è stato ascritto all’eparchia di Duhok. Dal 2004 al 2010 è segretario del vescovo e parroco di Amadiyah. A Roma consegue la licenza e il dottorato in Diritto canonico presso il Pontificio Istituto Orientale. Dal 2016 al 2022 ricopre l’incarico di parroco della cattedrale Mar Ith Alaha a Duhok, prima di essere trasferito nel 2022 a Mangesh come parroco.
La comunità cattolica della capitale iraniana, racconta il neo-vescovo, ha accolto con gioia la nomina e “ho ricevuto molte congratulazioni e messaggi di auguri” sia dai caldei che “da altri vescovi” a Teheran e nel Paese. “Nella società iraniana - spiega - vi è grande rispetto reciproco e, in questo elemento, si gioca ed è racchiusa in sintesi la nostra missione: essere testimoni e fratelli” gli uni con gli altri, cristiani e non, con “ogni essere umano”. “Gran parte del mio nuovo lavoro - aggiunge - si baserà sulla cura dei fedeli e dei loro bisogni” che intende conoscere e approfondire “una volta che sarò arrivato” in diocesi. Al centro dell’opera, afferma, vi sono “i fedeli e la comunità”.
L’arciepachia caldea di Teheran ha sede nella cattedrale di san Giuseppe, anche se la prima sede nel 1854 è stata Sanandaj e solo nel 1944 è avvenuto il trasferimento nella capitale. Nel novembre 1970 i fedeli hanno accolto Paolo VI, unico pontefice a visitare la Repubblica islamica sebbene i rapporti fra ayatollah e Santa Sede siano consolidati e il Vaticano abbia spesso svolto il ruolo di interlocutore privilegiato con Teheran anche nei momenti più critici.

Cristiani e libertà religiosa
Un nodo che riguarda le minoranze religiose è quello della libera pratica del culto, in una realtà in cui vi è un controllo dello Stato sulla popolazione e sulle manifestazioni di dissenso, in particolare dopo la morte della 22enne curda Mahsa Amini nel settembre 2022. La giovane è stata fermata dalla polizia della morale a Teheran per non aver indossato correttamente il velo (hijab) ed è stata uccisa durante la detenzione in circostanze mai chiarite. La repressione delle proteste ha rafforzato i controlli anche sulle religioni, come denuncia il rapporto 2023 della US Commission on International Religious Freedom, che invita riclassifica l’Iran come “nazione di particolare preoccupazione” per “violazioni sistematiche ed eclatanti”. Inoltre in sette settimane, fra giugno e luglio scorso, decine di cristiani, in maggioranza convertiti dall’islam ma non mancano casi di assiro-caldei battezzati sin da piccoli, sono stati arrestati dalle autorità. Gli attivisti di Article18, sito specializzato nel documentare le repressioni in atto per mano degli ayatollah contro le minoranze religiose, riferiscono di almeno 69 persone trattenute in stato di fermo. E almeno 10 di esse - quattro uomini e sei donne - sono state incarcerati. Per quanti hanno ottenuto la libertà su cauzione, le famiglie hanno dovuto versare importi variabile da 8mila fino a 40mila dollari. La maggioranza delle persone fermate sono neo-convertiti dall’islam, ma non mancano - almeno due i casi accertati - di arresti a carico di armeni iraniani, che professano la fede cristiana sin dalla nascita. L’ondata di arresti è coincisa con una nuova repressione che ha colpito pure la comunità baha’i, che insieme ai convertiti cristiani è un altro gruppo religioso minoritario non riconosciuto da Teheran.

Le molteplici sfide
“Il nostro mondo di oggi - sottolinea mons. Imad Khoshaba Gargees - sta affrontando sfide diverse e molteplici, e tutti devono collaborare per potersi aiutare l’uno con l’altro. Certo, le problematiche variano da una società all’altra e da un luogo all’altro, ma come cristiani viviamo sempre nella speranza per poterle superare” con “la fede e la preghiera”. A guidare la missione saranno i principi della “sincerità e della serietà”, del rispetto della “coscienza” consapevole di operare in una realtà in cui i cristiani sono minoranza in una società a larga maggioranza musulmana. E in un Paese spesso in contrasto con le potenze occidentali e oggetto di sanzioni che ne hanno minato l’economia.
Secondo le ultime stime ufficiali in Iran vi sono circa 22mila cattolici, mentre i cristiani di tutte le confessioni raggiungono quota 500mila circa a fronte di un totale complessivo di quasi 84 milioni di abitanti, in larghissima maggioranza musulmani sciiti. Essi superano il 90%, con una piccola quota del 5% circa di sunniti, soprattutto nelle zone del sud-est dove vivono le minoranze etniche fra le quali i beluci. A livello di Chiese vi sono caldei, armeni e comunità di rito latino, che si sommano a europei o latino-americani che vivono per lavoro nella Repubblica islamica. Secondo la Costituzione iraniana (art. 13) cristiani, zoroastriani ed ebrei sono liberi di praticare il culto “nel rispetto” delle leggi ispirate alla fede musulmana. Inoltre i cristiani hanno di diritto dei rappresentanti in Parlamento (Majlis). In tutto il Paese vi sono solo due arcidiocesi assiro-caldee, una diocesi armena e un’arcidiocesi latina in un territorio assai vasto e di difficile amministrazione.
Sulla situazione dei cristiani in Iran era intervenuto nel luglio del 2020 lo stesso patriarca caldeo, il quale aveva inviato una lettera pastorale alla comunità e ai fedeli in una fase complicata per la Chiesa locale per la persistente mancanza di un pastore. I fedeli, aveva sottolineato già tre anni fa il card. Sako, devono affrontare “molteplici sfide”, la prima delle quali è l’emigrazione. Un tempo erano almeno 15mila i caldei nella Repubblica islamica, adesso sono solo 4mila fra Teheran e Urmia, e il dato “è preoccupante”.
Durante l’omelia della messa di ordinazione di mons. Imad il primate ha ricordato che “il vescovo è padre di tutti”, specialmente di “poveri e oppressi” di cui comprende “paure, speranze e aspirazioni” seguendo e risolvendo “le crisi con amore e saggezza”. “Ogni vescovo - ha sottolineato il patriarca - nella chiesa non è solo per la sua comunità, ma per tutti i cristiani e per tutte le persone. Si apre a loro, le ama, le sostiene, collabora e difende i loro diritti e la loro dignità”. Parole che guideranno la missione del neo-vescovo, che attende fiducioso di poter prendere possesso della diocesi: “Sto aspettando - conclude mons. Imad - che siano completate le procedute [burocratiche] per potere arrivare a Teheran e iniziare a lavorare con la nostra comunità. Ma a tutti, anche ai lettori di AsiaNews, chiedo preghiere perché mi sostengano nella missione e perché il Signore conceda pace e stabilità in tutto il mondo”.