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1 marzo 2022

Papa in Iraq, una visita indimenticabile fra profeti di unità nella diversità

Dario Salvi

Ad un anno dalla “indimenticabile” visita, papa Francesco ha ricevuto ieri in Vaticano “con emozione e gioia” i rappresentanti delle Chiese in Iraq sottolineando che “non è possibile immaginare” il Paese “senza i cristiani”. Il pontefice ha spiegato che l’affermazione “non si basa solo su un fondamento religioso”, ma anche e soprattutto su “evidenze sociali e culturali” perché essi “contribuiscono fortemente all’identità specifica” di un luogo in cui “convivenza, tolleranza e accettazione” sono fioriti dai primi secoli. Dopo averlo incontrato e visto con i propri occhi, il papa affida all’Iraq “la vocazione di mostrare, in Medio oriente e nel mondo, la pacifica convivialità delle differenze” come aveva fatto in precedenza Giovanni Paolo II col Libano.
Dai tempi apostolici, ricorda il pontefice, essi vivono “fianco a fianco con altre religioni” e spetta loro “un’altra imprescindibile vocazione” che è quella di mettere le religioni “a servizio della fraternità” in una terra che è “degli inizi”, ma anche “di esuli”. Persecuzioni e guerre hanno costretto molti a emigrare “portando in Occidente la luce dell’Oriente cristiano”. Pur avendo vissuto “momenti veramente tragici”, ha proseguito Francesco incontrando i leader cristiani iracheni, essi hanno offerto “coraggiose testimonianze di fedeltà al Vangelo” e “mi inchino” al cospetto di quanti “hanno custodito la fede, anche a prezzo della vita”. Il sangue dei martiri, conclude, sia “seme di unità fra i cristiani” che risplendono come “segno profetico di unità nella diversità”.

Dal papa dignità nuova ai cristiani
Il viaggio apostolico di papa Francesco dal 5 all’8 marzo 2021 è un ricordo “ancora vivo” nella memoria delle persone, perché il pontefice “ha colpito gli iracheni per i suoi gesti e i discorsi improntanti alla fraternità”.
A raccontarlo ad AsiaNews è il patriarca dei caldei in Baghdad e presidente della Conferenza episcopale irachena card. Louis Raphael Sako, secondo cui “tutto è rimasto” di questa esperienza unica, persino “nei francobolli che il governo ha emesso” nei mesi scorsi per celebrare l’evento. Alle stampe si unisce un libro scritto “con i leader delle altre religioni, dai musulmani ai sabei, i mandei, gli yazidi e i cristiani” in cui ciascuno “ha parlato della propria fede” inquadrandola in un’ottica di dialogo e integrazione che sarà presentato nei prossimi giorni.
Il papa in Iraq “ci ha portato oggi a essere considerati tutti come fratelli” in una prospettiva di “unità nella diversità e nella ricchezza della natura umana”. Tutti noi, spiega il porporato, “abbiamo la stessa fede” e una comune discendenza, che viene “manifestata in modo diverso. Crediamo in Dio e guardiamo ad Abramo come nostro padre comune”. Inoltre ancora oggi i discorsi e gli interventi del pontefice nelle sue giornate irachene “sono ripresi e trasmessi dalle televisioni” a testimonianza della loro attualità. “I cristiani - sintetizza il primate caldeo - hanno finalmente alzato la testa, vi è oggi un clima di accettazione generale fra la popolazione musulmana”.
La Chiesa irachena ha in programma alcuni eventi per la settimana in corso. Fra questi una solenne messa ecumenica nella stessa cattedrale in cui ha celebrato il pontefice, una tre giorni di incontri, confronti e discussioni sui temi della visita, un film che ripercorre le principali tappe toccate da Francesco in Iraq e un recital preparato da un gruppo di giovani di Baghdad. Alle iniziative, sottolinea con soddisfazione il patriarca Sako, “parteciperanno sia cristiani che musulmani”. Infine, l’ultimo giorno si terrà “un pellegrinaggio ad Ur dei Caldei, un cammino di pace e un viaggio all’ascolto della parola di Dio attraverso Abramo”. In questi tempi di conflitti, ultimo in ordine di tempo quello in Ucraina in seguito all’invasione russa, “dobbiamo rilanciare con forza l’appello alla pace, alla stabilità, al rispetto della vita perché sia dignitosa per tutti. Anche il governo ha aderito al programma e sarà presente a vario titolo”.
In tema di dialogo interreligioso, il patriarca Sako ricorda il forte impulso ricevuto dall’incontro fra il papa e il leader religioso sciita Ali al-Sistani, le cui parole “hanno il valore di una fatwa” e la “dichiarazione” in cui ha riconosciuto i cristiani come parte della nazione e del suo popolo “ha un valore legale per i musulmani” rafforzando l’invito alla fratellanza del papa. Intanto l’Iraq si avvia verso una riforma delle istituzioni, partendo dal voto alle elezioni politiche dell’ottobre scorso: “In Parlamento - spiega il cardinale - registriamo un fenomeno nuovo, con 200 deputati esordienti sul totale di 329. Serve tempo per arrivare alla formazione del nuovo governo e tutti i partiti devono operare pensando al bene comune, non al tornaconto personale. Dobbiamo uscire dalla logica dell’egoismo per guardare in modo nuovo al futuro”.

Mosul, dall’Isis alla rinascita
Uno dei simboli di questa rinascita è Mosul, metropoli del nord dell’Iraq, un tempo roccaforte dello Stato islamico (SI, ex Isis) e oggi laboratorio culturale dove si sperimenta, seppur a fatica, un cammino di riconciliazione e di ripresa della vita comune. In questo mese di marzo dovrebbero partire i lavori finanziati da Unesco ed Emirati Arabi Uniti (Eau) di ricostruzione di alcuni dei più importanti luoghi di culto della città, cristiani e musulmani. Si tratta del minareto di Al-Hadba, della chiesa di al-Saa’a (Nostra Signora dell’Ora, dei padri domenicani) e della chiesa siro-cattolica di al-Tahera (dell’Immacolata). Di recente, scavi archeologici alla moschea di al-Nouri hanno permesso il ritrovamento di un edificio dedicato alla preghiera, precedente al luogo di culto islamico e risalente al 12mo secolo; secondo gli studiosi potrebbe essere la prova che la moschea sia sorta sopra quella che un tempo era una chiesa.
Una rinascita di Mosul che è religiosa quanto culturale, come mostra il lavoro in atto per restituire agli antichi fasti la biblioteca dell’università, che un tempo ospitava un milione di libri ed è stata in gran parte devastata dallo Stato islamico. Migliaia di testi di filosofia e diritto, di scienza e poesia che in qualche modo contraddicevano la loro visione estremista del mondo sono andati in fiamme, mentre altri titoli fra i più preziosi e ricercati venduti al mercato nero. Oggi, a cinque anni dalla sconfitta militare dei jihadisti esperti, studiosi e appassionati stanno cercando di restituire la città ai fasti letterari di un tempo. “Mosul, come tutto l’Iraq - ricorda il patriarca Sako - deve guardare al messaggio del papa: siamo fratelli, ma diversi, e dobbiamo sapere accettare e valorizzare queste differenze che devono arricchire, non dividere”. Per la comunità cristiana un passaggio fondamentale è il ritorno in modo stabile del vescovo e di un prete, che si prendono cura delle famiglie rientrate in città e curano i progetti di ricostruzione già avviati. “Nonostante le difficoltà e i sacrifici - conclude il porporato - questo piccolo gregge dei cristiani, come lo ha chiamato il papa, è ancora presente e la Chiesa è forte e viva. Da qui dobbiamo partire per guardare al futuro con fiducia e speranza, continuando a rafforzare l’appartenenza all’Iraq”.