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30 marzo 2021

Media arabi: un “comitato governativo” lavorerà sui suggerimenti emersi durante la visita di Papa Francesco


Un comitato inter-ministeriale è stato incaricato dal governo iracheno di lavorare alla realizzazione di suggerimenti e proposte emersi durante la recente visita di Papa Francesco in Iraq.
Lo riferisce la testata araba Al Araby Al Jadeed, citando in forma generica e anonima “fonti di alto livello” della compagine governativa irachena. Le “raccomandazioni” contenute nel dossier al centro del lavoro del Comitato governativo – riferisce la fonte citata, facendo riferimento anche ai colloqui di Papa Francesco con il Presidente iracheno Barham Salih e con il Premier Mustafa al Kadhimi durante la visita papale - puntano a suggerire soluzioni a problemi di sicurezza, sostenibilità economica e ricostruzione post-bellica che pesano in particolare sulla condizione delle comunità cristiane e su altre componenti sociali soprattutto nei governatorati di Ninive e di Baghdad. La fonte governativa citata dalla testata con base nel Regno Unito fa in particolare riferimento ai problemi relativi alla sicurezza e attribuiti al permanere di milizie organizzate su base confessionale ancora operanti nel Governatorato di Ninive e nella Piana che porta lo stesso nome, area di radicamento storico delle comunità cristiane autoctone. Del dossier allo studio del Comitato governativo farebbero parte anche la questione delle proprietà immobiliari sottratte illegalmente negli ultimi anni a famiglie cristiane costrette da conflitti e violenze a trasferirsi in altre aree del Paese o a emigrare all’estero. 
All’inizio del 2021, come riferito dall’Agenzia Fides, il leader sciita iracheno Muqtada al Sadr (a capo della formazione politica sadrista che gode di una forte rappresentanza nel Parlamento di Baghdad) aveva disposto la creazione di un Comitato ad hoc, incaricato di raccogliere e verificare notizie e reclami riguardanti i casi di esproprio abusivo di beni immobiliari subiti negli ultimi anni da proprietari cristiani in diverse regioni del Paese. La decisione era stata resa nota con un comunicato in cui si indicavano i nomi dei collaboratori di Muqtada al Sadr scelti come membri del Comitato, e erano riportati anche gli indirizzi di posta elettronica e gli account whatsapp a cui i cristiani potevano inviare i documenti di proprietà riguardanti beni immobiliari – case e terreni – abusivamente accaparrati negli ultimi anni da altre persone o gruppi di persone. L’intento dell’operazione sponsorizzata dal leader sciita – si leggeva nel comunicato - era quello di ristabilire la giustizia, ponendo fine alle violazioni lesive dei diritti di proprietà dei “fratelli cristiani”, anche quando a commetterle siano stati membri dello stesso movimento sadrista. La richiesta di segnalare casi di espropriazioni illegali subite era estesa anche alle famiglie di cristiani che hanno lasciato il Paese negli ultimi anni, con la richiesta di far pervenire al comitato entro la fine del prossimo Ramadan le segnalazioni delle usurpazioni fraudolente subite. Il fenomeno della sottrazione illegale delle case dei cristiani ha potuto prendere piede anche grazie a connivenze e coperture di funzionari corrotti e disonesti, che si mettono a servizio di singoli impostori e gruppi organizzati di truffatori. Il furto “legalizzato” delle proprietà delle famiglie cristiane è strettamente collegato all'esodo di massa dei cristiani iracheni, seguito degli interventi militari a guida Usa per abbattere il regime di Saddam Hussein. Tanti truffatori si sono appropriati di case e terreni rimasti incustoditi, contando sulla facile previsione che nessuno dei proprietari sarebbe tornato a reclamare i propri beni. In questa cornice, (da) parte sua, il sacerdote Albert Hisham, dell’ufficio comunicazione del Patriarcato caldeo, interpellato da Al Araby Al -Jadeed ha riferito che fino ad oggi non sono state fornite notizie precise e ufficiali su avvenute restituzioni ai legittimi proprietari di beni sottratti illegalmente a famiglie cristiane irachene, e non sono state ancora rese note nemmeno eventuali procedure e diposizioni messe in atto a tal riguardo dal governo di Baghdad.