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16 dicembre 2020

Francesco in Iraq dal 5 all'8 marzo 2021: Il Papa incontrerà il leader sciita Al-Sistani?

Maria Grazia Moretti

 Nel corso dei viaggi papali, che nella storia contemporanea iniziano con Paolo VI (Terrasanta - 1964), uno dei pochissimi Paesi non visitati da un Pontefice è l’Iraq. Quindi, se i primi di marzo prossimo, il viaggio pontificio si farà come annunciato giorni fa, mancano 80 giorni circa. E sarà un evento storico poiché Francesco porta con sé e nel suo magistero la memoria dei suoi Predecessori molto attesi ma impossibilitati ad andarci.
*** Venti anni fa ci aveva provato Giovanni Paolo II, nella prospettiva del grande Giubileo del 2000, ma alla fine la risposta negativa di Saddam Hussein - in severo conflitto con gli Stati Uniti e l'Occidente in generale - chiuse definitivamente le porte alla realizzazione della Visita e Papa Wojtyla dovette accettare di compiere un "pellegrinaggio ideale" a Ur dei Caldei, la terra di Abramo, padre del monoteismo, al quale dedicò la Catechesi dell'Udienza generale del 16 febbraio 2000 (Catechesi - Sulle orme di Abramo) e l'omelia del 23 febbraio 2000 (Abramo, Padre di tutti i credenti).
Nel caso di Papa Benedetto XVI, gli eventi, dopo l'arresto, processo ed esecuzione di Saddam Hussein (2003-2008), portarono agli anni del terrore dell’Isis (Daesh) che controllava militarmente un ampio territorio dell’Iraq e della Siria, bloccando qualsiasi possibilità di pellegrinaggio pontificio e la questione venne tolta definitivamente dall'agenda internazionale.
La fine dell'Isis, in particolare la sua sconfitta militare e il pontificato di Jorge Mario Bergoglio contribuirono, insieme ad altri eventi internazionali, a riproporre l'eventualità del pellegrinaggio del Pontefice.
*** Ora sappiamo che Papa Francesco visiterà l’Iraq dal 5 all’8 marzo 2021. Lo ha annunciato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, il 7 dicembre scorso.
In attesa della pubblicazione del Programma detagliato, si sa già che Francesco visiterà Bagdad, la piana di Ur, la città di Erbil, così come Mosul e Qaraqosh nella piana di Ninive. Uno dei temi di cui parla la stampa irachena è il possibile incontro tra Papa Francesco e il grande Ayatollah Al-Sistani, incontro caldeggiato da numerosi intellettuali e religiosi iracheni e ritenuto da più parti un evento rilevante non solo per il Paese ma anche per i rapporti con l’Islam in generale.
Ma chi è Ali Al-Sistani? Sayyed ʿAli Hoseyni Sistāni è l'attuale Ayatollah maggiore o Grande Ayatollah, guida spirituale e politica dell'Iraq, riferimento per milioni di fedeli sciiti tanto all’interno quanto all’esterno del Paese e dirige la "Hawza" (NdR: seminario religioso) della città di Najaf. Il termine Ayatollah significa “segni di Allah” o “segni di Dio”. L’Ayatollah è una figura di spicco nel sistema clericale sciita e questo tiolo si può ottenere soltanto dopo un considerevole numero di anni di studio in una Hawza, sotto la costante guida di un dotto e solo grazie al consenso degli altri ayatollah, quale riconoscimento delle sue autorità di guida spirituale e del suo sapere. Solo pochi dei più importanti Ayatollah vengono riconosciuti come Grandi Ayatollah ovvero come "fonte di emulazione". Solitamente ciò avviene quando i seguaci di un Ayatollah fanno riferimento a lui in moltissimi casi e quindi gli chiedono di pubblicare un testo giuridico-religioso che possa fungere da codice di comportamento per i casi più comuni della vita di un musulmano. 
 Nato a Mashhad in Iran il 4 agosto 1930, Al-Sistani è stato allevato in una famiglia molto nota per la sua importanza religiosa. Suo nonno era un grande studioso sciita, la cui biografia è riportata nel libro 'Tabaqaat Al-a'laam Al-Shi`a (Categorie di studiosi sciiti). Dopo aver terminato una prima fase degli studi a Mashhad, si trasferì in Iraq nella città di Najaf per proseguire gli studi superiori. Qui seguì le lezioni di giurisprudenza e di filosofia e con il titolo di Grande Ayatollah gli fu riconosciuto il diritto di "ijtihād" (ovvero il diritto di proclamare interpretazioni indipendenti che saranno riprese dai rispettivi seguaci). 
Discepolo dell’Ayatollah Khou'i, che già nel 1960 lo aveva elevato al grado di mujtahid – ovvero di autorità religiosa e legislativa islamica che sa e può esprimere interpretazioni originali della legge islamica, invece di applicare sentenze precedenti già stabilite – Al-Sistani ne prese il posto alla direzione del seminario religioso di Najaf (Hawza di Najaf). Nella dettagliata biografia pubblicata sul suo sito ufficiale si legge persino una descrizione della sua personalità con un elenco delle sue qualità morali. Per quanto ostile alle ingerenze dell’establishment religioso in ambito politico, Al-Sistani ha giocato negli ultimi decenni un ruolo di primo piano, una sorta di deus ex machina capace di imprimere svolte significative e di superare linee di divisione profonde e sedimentate. Ogni amministrazione governativa formata dall’invasione statunitense del 2003 che ha rimosso il regime di Saddam Hussein ha cercato la benedizione e l’approvazione di Al-Sistani. Durante i periodi di crisi, il Grande Ayatollah ha costantemente chiesto l’unità nazionale, il compromesso e che i rappresentanti eletti ascoltassero la volontà del popolo. Il suo ruolo è stato decisivo nel 2014 quando chiamò tutti gli sciiti alla lotta contro l’ISIS invertendo le sorti del conflitto in Siria. Nel 2019 il primo ministro Adel Abdel Mahdi è stato costretto a dimettersi dopo la richiesta di togliere l'appoggio al governo da parte del leader spirituale Al-Sistani e dopo la condanna del medesimo dell'uccisione di 420 dimostranti antigovernativi.
L’incontro con Al-Sistani sarebbe il primo gesto rilevante del Papa con la parte sciita dell’Islam e non ci sarebbe migliore occasione per aprire un varco su quel fronte. In passato il Papa ha incontrato dei religiosi sciiti iraniani ma questo sarebbe il primo incontro con un leader religioso non sunnita di altissimo livello e carisma. Non solo. Si tratta di un leader religioso molto anziano e malato che però esercita tuttora una grande influenza morale, spirituale e politica, dovuta soprattutto alla personalità di Al-Sistani. Gli iracheni sono ufficialmente in larghissima maggioranza musulmani (99% della popolazione). Nello specifico, circa il 62,5% della popolazione è di fede musulmana sciita e il 34,5% è di fede musulmana sunnita. Oltre che in Iran dove l'Islam sciita ha la maggioranza assoluta, esso è prevalente in Iraq, in Azerbaigian e nel Bahrein; alte percentuali di sciiti si trovano in Libano, nello Yemen (zayditi) e in Kuwait.