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25 settembre 2019

Un gregge… impaurito



E’ come se il tempo si fosse fermato a quella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014 quando oltre 120mila cristiani della piana di Ninive, in Iraq, furono costretti ad abbandonare le proprie case. La furia devastante dell’ ISIS… scappare l’unica soluzione.
Cinque anni dopo, Abu Mariam, originario della zona di Mosul, ci accoglie tra le mura di quella che solo esteriormente appare come una casa ad Amman, in Giordania.
Tra le mani, un cellulare... E’ tutto quello che resta di una vita intera.

Rakan Boulos Nejman, "Abu Mariam"
Rifugiato iracheno in Giordania "Ho perso casa mia in Iraq, la casa, dove ho vissuto sin dalla mia infanzia. L’ho lasciata una notte… non mi aspettavo quello che ci è accaduto."
Un luccichio negli occhi a raccontare un dolore che non accenna ad attenuarsi.
"Quando hanno liberato l’area da cui provengo, il mio cuore ha sussultato per il mio paese. Ho detto a mia moglie che volevo vedere la nostra casa e se le cose fossero vanno bene, ci saremmo riuniti la. Sono tornato dopo tre giorni di attesa. Quando sono arrivato, ho trovato casa mia… bruciata. Il lavoro di una vita sparito in 5 minuti. Non avevo più un posto... dovevo cercarne uno nuovo, sicuro, per la mia famiglia."
Ricordi indelebili e l’attesa di un futuro ancora tutto da costruire! E’ questo il doppio volto dei rifugiati: speranza e disperazione, felicità mista a rabbia per le ferite provocate da anni di guerra . 

Nada Nejam. Rifugiata irachena in Giordania "Da quando siamo arrivati qui, non sono felice. Da sempre voglio tornare in Iraq, a casa mia, dalla mia famiglia, ma il futuro delle mie bambine è più importante. So bene che le condizioni nel paese non sono positive: non c’è acqua, elettricità e ci si trovano ancora miliziani qua e la. Non voglio che le mie figlie vivano quello che ho vissuto io: 8 anni di guerra con l’ Iran, La guerra con il Kuwait , l’embargo e la caduta. Secondo i dati dell’agenzia ONU per i diritti umani, sono circa 70.000 i rifugiati iracheni registrati in Giordania. Senza permesso di lavoro, di istruzione per i figli; l’unico sostegno alle famiglie cristiane giunge dalla chiesa… anni in attesa di quel piccolo miracolo: un visto per una vita nuova.
"Speriamo di avere un destino migliore. La cosa più importante è il futuro e la sicurezza per le mie figlie. Il dolore delle giovani Yazidi… è difficile se ci penso. Per questo voglio andare in un posto sicuro. Siamo scappati senza nulla, solo con i documenti – raccontano i due coniugi.
Quel poco che abbiamo lo doneremo a chi ne ha bisogno quando lasceremo la Giordania. Di materiale si vede hanno ben poco, ma nel cuore la forza nell’amore e nella fede."

Rakan Boulos Nejman, "Abu Mariam"

Rifugiato iracheno in Giordania "Non ho perso fede in Dio. Dio è sempre con noi. Ho una fede forte e non ho paura… la vita continua."