By Asia News
La visita di papa Francesco in Iraq è “importante” per i cristiani, soprattutto per la comunità di Mosul e della piana di Ninive che “vive ancora oggi una situazione difficile” in una “terra bruciata che ha bisogno di essere ricostruita”. È quanto racconta ad AsiaNews don Paolo Thabit Mekko, sacerdote caldeo responsabile della comunità di Karamles, nel nord, commentando l’annuncio della visita del pontefice nel 2020. Una visita, come ha sottolineato ieri lo stesso presidente irakeno Barham Salih ricevendo il primate caldeo, che ha un valore “storico”.
La visita di papa Francesco in Iraq è “importante” per i cristiani, soprattutto per la comunità di Mosul e della piana di Ninive che “vive ancora oggi una situazione difficile” in una “terra bruciata che ha bisogno di essere ricostruita”. È quanto racconta ad AsiaNews don Paolo Thabit Mekko, sacerdote caldeo responsabile della comunità di Karamles, nel nord, commentando l’annuncio della visita del pontefice nel 2020. Una visita, come ha sottolineato ieri lo stesso presidente irakeno Barham Salih ricevendo il primate caldeo, che ha un valore “storico”.
“Appena diffusa la notizia - sottolinea don Paolo - fra i cristiani 
di Ninive si è diffuso un sentimento di attesa e trepidazione. Essi si 
augurano che la data venga preso ufficializzata e che sia il più vicino 
possibile”. La presenza del pontefice, aggiunge il sacerdote caldeo, è 
“una spinta essenziale per quanti vivono ancora oggi una situazione 
difficile” come è quella delle comunità di Mosul e della piana. “Viviamo
 un momento critico - prosegue - perché bisogna ricostruire fra tante 
sfide e molte incertezze; il nostro futuro resta ancora oscuro, anche se
 c’è voglia di ricominciare”. 
A fronte delle difficoltà e delle incertezze, afferma don Paolo, 
resta la “bellissima sorpresa” per l’annuncio, ma “la vera festa” si 
farà quando “verrà comunicata la data esatta della visita: tutti noi 
abbiamo bisogno del papa”. “Un segno di attenzione - aggiunge - alla 
comunità cristiana irakena, che rischia di essere dimenticata sia nel 
proprio Paese che dalla comunità internazionale. Abbiamo bisogno di 
aiuto, collaborazione per affrontare e vincere le molte sfide: 
protezione dell’identità, emigrazione, preservazione di un patrimonio 
antico e di un radicamento a questa terra”.
Ieri, intanto, il presidente irakeno Barham Salih ha ricevuto il 
patriarca caldeo card Louis Raphael Sako nel proprio ufficio a Baghdad, 
nel contesto di una visita dai toni calorosi e cordiali. Commentando 
l’intenzione del papa di visitare il Paese nel 2020, il capo di Stato ha
 parlato di importanza “storica” e ricordato i numerosi interventi in 
passato del pontefice a favore “della pace e della stabilità” nel Paese e
 della “sicurezza per tutti i cittadini”. 
Salih ha quindi sottolineato il valore dei cristiani e il loro ruolo 
“nella costruzione” dell’Iraq; essi sono una componente “originaria” del
 Paese e hanno “contribuito al suo sviluppo e alla civilizzazione”. In 
risposta, il primate caldeo ha manifestato “apprezzamento” per le parole
 del presidente e ne ha sottolineato il ruolo fondamentale di garante 
“dell’unità nazionale”. 
Il porporato e il capo di Stato hanno quindi discusso i passi da 
avviare in previsione della visita del pontefice, rispetto alla quale 
non vi è ancora una data ufficiale. 
A questo proposito iniziano a filtrare alcune indiscrezioni sul 
programma di papa Francesco in Iraq: oltre alla capitale Baghdad, il 
pontefice potrebbe recarsi a Ur dei Caldei, per ricordare la comune 
discendenza da Abramo di cristiani e musulmani, per poi dirigersi a nord
 per incontrare i profughi di Mosul e di Ninive ancora oggi rifugiati a 
Erbil e nelle altre aree del Kurdistan irakeno. Proprio la situazione 
della piana e l’obiettivo di garantire stabilità e servizi ai cittadini 
sono stati gli altri due temi al centro dell'incontro fra il card Sako e
 il Barham Salih.