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11 aprile 2019

Kurdistan, Pasqua di preghiera e solidarietà per i profughi di Mosul e Ninive

By Asia News

Via Crucis, preghiera, incontri di studio sul tema del digiuno “che non è solo astinenza dalle carni” ma è un “respingere il male”; e ancora, “tempo permettendo” un mercatino della solidarietà per donare “a famiglie povere cibo, vestiti e medicine a metà prezzo”. Così i profughi di Mosul e della piana di Ninive si apprestano a celebrare per la quinta volta la Pasqua lontano dalle loro case e dalle loro terre, nei centri di accoglienza del Kurdistan irakeno. A raccontare ad AsiaNews l’atmosfera che si respira in questi giorni è p. Samir Youssef, parroco della diocesi di Amadiya, che in questi anni ha curato migliaia di cristiani, musulmani e yazidi fuggiti nell’estate 2014 in seguito all’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis).
“Stiamo bene - afferma - anche se in quest’ultimo periodo ha piovuto molto e si sono verificate alluvioni anche nel Kurdistan irakeno”, coda dei fenomeni che hanno colpito e causato gravissimi danni nel vicino Iran. “Le dighe sono piene - prosegue - e quando rilasciano l’acqua vanno a ingrossare i fiumi, che straripano. I disagi maggiori si sono registrati nelle città: Mosul, Erbil, Dohuk. Per i rifugiati cristiani della nostra zona, che vivono nei container, i disagi sono stati limitati; diverso il discorso per quanti vivono nelle tende, come in alcuni centri della piana e verso Mosul, dove i problemi non sono mancati”. 
Per la Settimana Santa il sacerdote confida in un miglioramento del meteo per organizzare un “mercatino della solidarietà”, della durata di tre giorni, nell’area antistante la propria parrocchia di Mart Shmony a Enishke. “Con i soldi ricevuti da nostri benefattori, fra i quali vi sono anche AsiaNews e il Pime, abbiamo acquistato cibo, medicine, alimenti che poi venderemo nei prossimi giorni alle famiglie più povere, che non riescono ad andare in città o non hanno denaro sufficiente. Essi potranno comprare la merce a metà del prezzo originario”. 
Quest’anno, spiega p. Samir, i fondi internazionali sono calati e la gran parte del denaro viene dirottato a Mosul e nella piana di Ninive, per la ricostruzione. Alle migliaia di famiglie che vivono ancora oggi nel Kurdistan irakeno [22 solo a Enishke] restano le briciole. Ecco perché, prosegue il sacerdote., è ancora più “significativo” il sostegno “ricevuto nel contesto della campagna “Adotta un cristiano di Mosul”.
“A nome mio e della mia parrocchia - sottolinea - vorrei ringraziare il direttore di AsiaNews e, tramite la tua persona, ringraziare la Fondazione PIME, per il bonifico di 10mila euro che ci avete inviato. Per il vostro sostegno e per tutto quello che avete fatto per noi”. 
“Con questi soldi - prosegue - abbiamo potuto distribuire kerosene per 100 famiglie, abbiamo fornito denaro contate a 25 famiglie, ciascuna delle quali ha ricevuto una somma di 100 dollari. 
Con il vostro sostegno possiamo aiutare le famiglie che sono in difficoltà, siano esse famiglie cristiane locali o le famiglie di profughi di Mosul e della piana di Ninive che stanno ancora vivendo fra noi (yazidi, cristiane e musulmane) e che non possono ancora tornare nelle loro zone perché sono ancora distrutte e insicure. Altri preferiscono rimanere qui da noi, rendendo sempre più pressante il problema dell’accesso all’istruzione, per la carenza di scuole”.
Alle iniziative di carità, si affiancano anche i momenti di preghiera, il catechismo, la Via Crucis, il digiuno “che non è solo astenersi dal cibo, ma avere fame e sete della parola di Dio, viverla e praticarla”. E ancora, la processione prima della messa della Domenica delle Palme che “se il tempo lo consente inizierà all’esterno della chiesa, con i bambini in testa al gruppo con palme e ulivi, insieme alla croce, ad intonare salmi e canti di osanna”.
“Questa è la quinta Pasqua da rifugiati per quanti sono scappati dall’Isis - afferma p. Samir - ma voglio ricordare anche quelli fuggiti nel 2006 da Baghdad, nel contesto della prima ondata di violenze [anche] anti-cristiane”. La mentalità estremista che ha favorito l’ascesa dello Stato islamico, aggiunge, è “ancora presente” e la situazione “non è davvero sicura, basti pensare che solo ieri vi sono state due esplosioni a Mosul”. A questo si aggiunge “l’instabilità politica” nella regione mediorientale “in cui spirano venti di guerra sempre più forti contro l’Iran [da parte di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, ndr] di cui si parla e che fa molta paura” conclude il sacerdote. Ecco perché “in questa festa è ancora più importante pregare per la pace”