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25 marzo 2019

Baghdad. La speranza di convivenza in una piccola chiesa. Mosul. Solidarietà della chiesa caldea alle famiglie delle vittime del traghetto affondato

By Baghdadhope*

Foto Patriarcato Caldeo
A partire dalla guerra all'Iraq del 2003 molte chiese sono state distrutte a causa delle violenze imperversate nel paese dopo la caduta del regime, e culminate in quelle operate dall'ISIS a Mosul e nella vicina Piana di Ninive. Molte chiese sono state temporaneamente chiuse per motivi di sicurezza e molte per mancanza di fedeli, emigrati altrove nel paese o all'estero. E' questo il caso della chiesa della Vergine Maria Benedetta appartenente alla chiesa caldea. La chiesa, chiesetta sarebbe più giusto date le ridotte dimensioni, è  sita nell'ormai centrale quartiere di Camp Gailani, costruito nel 1920 quando la chiusura da parte delle truppe britaniche del campo di Baquba, che due anni prima aveva accolto profughi di fede cristiana provenienti dalle regioni turche ed iraniana, aveva costretto centinaia di famiglie a dover trovare un'altra sistemazione.
La proprietà del terreno su cui sorse il campo era di una famiglia musulmana, la famiglia Shubarji, che ne affittò e ne vendette i lotti ai nuovi arrivati destinandone uno in uso alla costruzione di una chiesa come luogo dove pregare Dio. La chiesa caldea della
Vergine Maria Benedetta fu eretta nel 1921 proprio sul terreno concesso in comodato d'uso dalla famiglia Shurbaji, e fu seguita dalla costruzione di una scuola primaria gestita dalle suore caldee e che accoglieva anche bambini appartenenti a chiese non cattoliche.
Per quanto negli anni la presenza cristiana nell'area si consolidò tanto da arrivare alla costruzione di altre quattro chise di diverse confessioni essa iniziò gradualmente a diminuire e nel 1998, ad esempio, per quanto riguarda le famiglie caldee sembra ne vivessero a Camp Gailani solo 97. 
La situazione precipitò poi dal 2003, a tal punto che il Patriarcato Caldeo ha deciso, per mancanza di fedeli, di restituire il terreno ad un membro della famiglia Shubarji.
Interpellato a proposito da Baghdadhope il Patriarca Caldeo, Mar Louis Raphael I Sako, ha confermato come con 29 parrocchie da mantenere nella sola Baghdad il destino della piccola chiesa senza più fedeli sembrava segnato: costruita nel 1921 con materiali poveri e scadenti il suo restauro sarebbe troppo oneroso.
Una decisione pratica che si è però scontrata contro la volontà espressa dagli abitanti musulmani dell'area di preservare la piccola chiesa come segno di pacifica convivenza tra le diverse religioni. "Hanno inviato una lettera al Patriarcato" ha spiegato Mar Sako "e non solo hanno chiesto che la chiesa non venga distrutta ma si sono anche offerti di contribuire per il suo restauro." 
"Ora aspettiamo la decisione della famiglia Shubarji che ancora possiede il terreno su cui è la chiesa" ha continuato il Patriarca, "ma non possiamo non essere felici per il segnale datoci dagli abitanti musulmani di Camp Gailani. Chiederci di preservare la chiesa e magari aiutarci a restaurarla è un segno bellissimo che ci fa ben sperare per il futuro."
Un segno di convivenza e rispetto reciproco che si sposa con quelli compiuti dallo stesso patriarca caldeo che ha espresso pubblicamente il proprio dolore per il disastro del traghetto affondato a Mosul in una lettera aperta agli abitanti della città, ha disposto che in tutte le chiese caldee di Baghdad si pregasse per le vittime in occasione delle messe di ieri, domenica 24 marzo, e domani si recherà a Mosul
con i suoi vescovi ausiliari per una cerimonia di ricordo delle vittime cui seguirà la deposizione di fiori e candele nella chiesa dedicata a San Paolo, e per portare concreta solidarietà alle famiglie delle vittime cui la chiesa caldea donerà 20.000 dollari.