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15 febbraio 2019

«Dopo l’Isis sunnita, adesso abbiamo l’Isis sciita in Iraq»

By Tempi
Rodolfo Casadei

A lanciare l’allarme è stato un articolo dell’Associated Press pubblicato l’11 febbraio scorso sul New York Times e dall’agenzia di stampa curda online Rudaw: a due anni e passa dalla liberazione dall’occupazione dell’Isis, la popolazione cristiana di Bartella, storica cittadina della Piana di Ninive abitata in prevalenza da siriaci ortodossi, non starebbe rientrando nelle sue case. A trattenerli nelle città curde dove si sono rifugiati nel 2014 o a spingerli all’emigrazione fuori dall’Iraq sarebbero le provocazioni e l’insicurezza causate dalle milizie sciite che controllano la località dopo la liberazione dell’ottobre 2016 e che starebbero favorendo l’insediamento di sciiti di etnia shabak al posto dei cristiani.

Fino a trent’anni fa Bartella, sede di sei chiese e di un monastero e per lunghi periodi dimora della seconda carica della Chiesa siriaca ortodossa dopo il patriarca, era demograficamente cristiana al 100 per cento. Gli shabak, in grande maggioranza musulmani sciiti, vivevano esclusivamente nei villaggi a sud di Bartella e a est di Mosul, oltre che in quest’ultima grande città. L’afflusso di shabak e di altre minoranze all’interno e nei dintorni della cittadina è iniziato ai tempi di Saddam Hussein ed è proseguito dopo la sua caduta, soprattutto per l’insicurezza di Mosul e della regione adiacente.
Il fenomeno si sarebbe accentuato alla vigilia delle elezioni del 2005 e del 2009, allorché gli shabak delle campagne hanno acquistato case in città con fondi di dubbia provenienza: secondo alcuni cristiani di Bartella avrebbero usufruito di sovvenzioni da parte di gruppi sciiti di Baghdad desiderosi di islamizzare la piana di Ninive. Alla vigilia dell’attacco dell’Isis nell’agosto 2014, i 30 mila abitanti di Bartella erano per il 60 per cento cristiani e per il 40 per cento musulmani, prevalentemente sciiti shabak. Oggi invece i cristiani sono diventati la minoranza, perché mentre quasi tutti gli shabak sono rientrati, solo il 30-40 per cento dei cristiani hanno fatto la stessa cosa. E ciò sarebbe dovuto al clima di sfiducia sorto fra questi ultimi di fronte al fatto che tutti i controlli di polizia nella cittadina sono effettuati da milizie paramilitari shabak e arabe sciite (facenti parte delle Forze di mobilitazione popolare, Pmf, in arabo al-Hashd al-Sha’abi) e da una piccola milizia cristiana (le Unità di protezione della Piana di Ninive, Npu) che non è originaria del posto, mentre alla milizia cristiana locale che garantiva la sicurezza prima dell’occupazione dell’Isis (le Forze di guardia alla Piana di Ninive, Npgf) non è stato permesso di tornare.
Le piccole milizie cristiane a causa delle loro ridotte dimensioni e della mancanza di mezzi si sono dovute appoggiare alle forze maggiori sul terreno: alcune operano alle dipendenze delle forze del governo centrale, altre sono subordinate ai peshmerga fedeli al Pdk curdo (il partito del governatore del Kurdistan, Nechirvan Barzani) e altre ancora sono alleate delle milizie sciite (Pmf). Le Npgf di Bartella sono organiche alla polizia militare (zerevani) dei peshmerga, politicamente affiliata al Pdk, e pertanto seguono il destino dei curdi: siccome Bartella è stata ripresa all’Isis dalle milizie composte da sciiti arabi del sud del paese e da shabak della zona, con l’appoggio delle Npu, i peshmerga curdi e i loro alleati delle Npgf restano fuori.
Cittadini cristiani di Bartella e in un video il sacerdote siriaco cattolico Behnam Benoka denunciano la presunta volontà di espellere la componente cristiana da parte degli shabak, che si manifesta anche con molestie sessuali prossime allo stupro nei confronti di donne cristiane. Esponenti politici di alto rango della locale comunità shabak come il deputato Quasy Abbas cercano di sdrammatizzare la situazione, affermando che gli incidenti avvenuti coinvolgono solo responsabilità individuali di elementi indisciplinati e non sono l’espressione di una congiura volta a intimidire la componente cristiana della popolazione, ma molti residenti non sono della stessa opinione. Per raccogliere maggiori informazioni ci siamo messi in contatto con un cristiano siriaco residente a Bartella, che così ha risposto alle nostre domande.
Come è cambiata la composizione etnico-religiosa di Bartella dopo la liberazione dall’Isis nell’ottobre 2016?
Il 30 per cento delle famiglie cristiane non sono rientrate perché hanno timori per quel che riguarda la sicurezza, un altro 30 per cento ha abbandonato l’Iraq e si trova nei paesi vicini in attesa di emigrare in Occidente; solo il 40 per cento circa è rientrato. Invece il 90 per cento degli shabak, compresi quelli dei villaggi della regione, sono tornati a casa.

Chi ha il controllo politico e militare della cittadina oggi?
Politicamente il potere è nelle mani del Movimento democratico assiro (un partito cristiano), ma hanno fatto un accordo con Hanin Qado, un leader nazionale shabak membro del parlamento che è molto vicino all’Iran e ai suoi disegni sulla nostra area. Nessun cristiano della nostra zona ci rappresenta in parlamento, poiché alle ultime elezioni il Movimento democratico assiro ha perso i due seggi che aveva. L’Iran ora controlla tutte le voci pubbliche qui da noi. Dal punto di vista militare il controllo è esercitato in tutta l’area dalle al-Hashd al-Sha’abi, le Forze di mobilitazione popolare (Pmf). Ci sono anche miliziani cristiani delle Npu, ma sono semplici comparse, non hanno alcun ruolo attivo nell’area e non sono più di 20 unità in Bartella. Si fanno vedere quando c’è da incassare lo stipendio e la maggior parte di loro ha una cattiva reputazione. Le milizie sciite li usano per i media, per dare l’impressione che tutto è come prima. 

Perché la popolazione cristiana non rientra a Bartella, quali sono i motivi specifici?
Come ho detto prima, sono rientrati meno del 40 per cento dei residenti cristiani, circa 6 mila dei quasi 18 mila che abitavano lì prima della guerra. Un 30 per cento resta in Kurdistan perché ha trovato lavoro lì e per loro sarebbe molto pesante fare i pendolari fra Bartella ed Erbil. Ci sono solo 70 km, ma a causa delle code e del trattamento che si subisce ai check-point dell’esercito e delle milizie ci vogliono quattro ore fra andata e ritorno. In città le attività economiche dei cristiani non sono riprese a causa della scarsa presenza di popolazione cristiana e del fatto che i musulmani rientrati non comprano nulla da noi. E come ho detto prima, un altro 30 per cento di cristiani di Bartella si è trasferito in Libano, Giordania e Turchia e lì ha contattato gli offici dell’Onu per emigrare in Canada, Australia ed Europa. 

Ci sono incidenti ed episodi che vi fanno temere un disegno di pulizia etno-religiosa della città?
Non è un timore, è una certezza: vogliono ripulire la città dai suoi abitanti originari. E cercano di allontanarci in molti modi. Per esempio iniziano lavori stradali e poi non li terminano, causando enormi disagi, così che la gente si demoralizzi e decida di trasferirsi altrove. Ci sono stati almeno tre casi di miliziani delle al-Hashd al-Sha’abi che hanno compiuto pesanti molestie sessuali nei confronti di donne cristiane. Indossavano mimetiche militari e quando la polizia è intervenuta sono arrivati altri miliziani sui loro blindati e dopo aver affrontato la polizia hanno portato via con sé le persone incriminate e le hanno liberate perché si tratta di miliziani sciiti. Quando ci sono matrimoni di sciiti i miliziani cominciano a sparare per aria, passando a tutta velocità per le strade a bordo di camion scoperti. Sparano in luoghi e in situazioni dove sanno che i cristiani si spaventeranno. Oltre alle molestie ci sono stati furti in negozi di telefonia mobile di proprietà di cristiani compiuti da uomini in divisa, come mostrano le telecamere di sicurezza. 

Quale gruppo di popolazione dovrebbe prendere il posto dei cristiani a Bartella?
Già prima dell’Isis sono stati fatti tentativi di alterare la demografia di Bartella: lo hanno fatto costruendo case nel centro della città su terreni di proprietà di cristiani che erano stati espropriati senza indennizzo al tempo di Saddam Hussein; ora costruiscono case su quei terreni e le mettono in vendita a prezzi onerosi: i cristiani non sono in grado di comprarle, ma sorprendentemente certi sciiti che sono ben introdotti presso le forze politiche sciite di Baghdad e presso l’Iran trovano i soldi per acquistarle. Inoltre ci sono vaste aree di terreni di proprietà di cristiani dove gli shabak in fuga da Mosul prima del 2014 hanno costruito senza permessi case abusive. Nessun dipartimento governativo ha obiettato, anzi hanno provveduto agli allacciamenti dell’acqua e dell’elettricità nonostante le palesi irregolarità. Tutto questo perché si trattava di sciiti e stabilizzarli voleva dire un domani dare loro nuove carte di identità come residenti di Bartella e non più di Mosul, regolarizzare con una sanatoria le proprietà da loro occupate e modificare la composizione demografica di Bartella. 

Queste milizie sciite che causerebbero problemi sono formate da sciiti arabi del sud o da shabak locali 
I cristiani di Bartella si sono abituati a dire che dopo che è finito l’Isis sunnita adesso abbiamo l’Isis sciita. Si riferiscono alla 30ma Brigata delle Pmf, che è formata da shabak e da membri dell’organizzazione Badr (sciiti filo-iraniani del sud). La maggior parte di loro odia i cristiani e causano problemi: costringono le persone a vendere loro terreni e fanno pagare abusivamente dazi così onerosi alle persone che trasportano merci qui da Erbil, che molti rinunciano al commercio e abbandonano la Piana di Ninive. La maggior parte di loro è di Bartella o vive nei villaggi shabak della regione. Un serio problema è rappresentato dal fatto che molti di questi miliziani sono troppo giovani, dispongono di molte armi e i capi più adulti delle milizie non esercitano un vero controllo su di loro. Nei primi giorni dopo la liberazione dell’ottobre 2016 alcuni di loro erano iraniani: ricordo di averli sentiti parlare persiano quando attraversavo in auto i loro posti di blocco. 
Perché la milizia cristiana locale, che faceva parte delle Npgf, non è tornata a svolgere il suo servizio a Bartella, e a vivere lì, mentre sono presenti esponenti delle Npu? 
Perché le Npgf fanno parte delle forze di polizia del governo regionale curdo (Krg), che a Bartella non sono più ammesse. Prima degli attacchi dell’Isis le Npgf potevano contare su 3.700 effettivi ed esercitavano il controllo del territorio nella maggior parte delle cittadine cristiane della Piana di Ninive. Da noi le Npu non c’erano mai state: sono assiri fedeli al partito Movimento democratico assiro, che ha concluso accordi con gli shabak rappresentati dal parlamentare Hanin Qado, mentre i cristiani di Bartella sono siriaci. Nessuno qui desidera unirsi a loro, anche perché come ho detto non godono di buona reputazione. Nelle Npgf ci sono almeno 600 elementi originari di Bartella, e se potessero tornare qui insieme alle loro famiglie molte cose cambierebbero. Ma attualmente il loro destino è lo stesso dei curdi: sono tagliati fuori da questa area. E intanto circolano voci secondo cui i curdi si stanno organizzando col sostegno degli Stati Uniti per riprendere il controllo di tutta la Piana di Ninive.