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26 febbraio 2019

A colloquio con il patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Sako. L’Iraq ora ha tutto per rinascere

By L'Osservatore Romano in Il Sismografo Blogspot
Francesco Ricupero

«La visita del Papa ad Abu Dhabi e la messa celebrata davanti a migliaia di cristiani e a milioni di musulmani hanno tracciato la strada del futuro. Sulla scia di questa importante iniziativa del Santo Padre, conclusa con il documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune, la Chiesa in Iraq continuerà a promuovere il dialogo e la convivenza tra le fedi».
È quanto spiega all’Osservatore Romano il patriarca di Babilonia dei Caldei, cardinale Louis Raphaël i Sako.

Lei ritiene che scuola e famiglia potranno essere determinanti per un futuro di pace in Iraq?
 Non ho alcun dubbio. Lo stiamo sperimentando da diverso tempo e i risultati ci stanno dando ragione. Insieme a yazidi e musulmani (sciiti e sunniti) abbiamo realizzato un opuscolo che sarà distribuito in tutte le scuole statali del Paese, dove spieghiamo i valori fondanti delle nostre religioni. All’interno di questo testo abbiamo posto l’accento sull’importanza della tolleranza, del reciproco rispetto, dell’armonia religiosa e dell’unità. Due anni, fa ho costituito un comitato, insieme alle autorità governative e ai leader musulmani, che si incontra periodicamente e discute dei problemi legati alla religione. Grazie a questa iniziativa, posso dire che abbiamo sconfitto il clima di odio e di rancore che c’era tra la popolazione. Se gli imam, per esempio, avvertono che all’interno delle loro comunità ci sono fedeli rancorosi o malintenzionati vengono subito segnalati alla polizia. Le cose sono cambiate.
Iniziative per la Quaresima?

Tante. Cristiani e musulmani andremo a visitare gli ammalati negli ospedali per dare conforto e sostegno. Faremo digiuno perché il digiuno non è individuale, ma è un cammino accompagnato da azioni concrete. Per il 7 marzo prossimo, in accordo con i leader religiosi musulmani, faremo un pellegrinaggio interreligioso a Kerbala (città sciita) e a Ur, la terra nativa di Abramo, padre della fede. Lì, faremo una preghiera comune. Questa iniziativa è stata accolta con entusiasmo non solo dai leader religiosi, ma anche dalle autorità governative che stanno lavorando per garantire supporto e sicurezza. Inoltre, ho preparato una lettera pastorale dove chiederò ai cristiani iracheni di essere fedeli al Vangelo e, allo stesso tempo, all’Iraq. La Pasqua dovrà essere un momento di riflessione, di condivisione e di pace. Lo scorso Natale, i nostri fratelli musulmani, nonostante i diktat di alcuni imam, sono scesi in strada a festeggiare con noi e a farci gli auguri. Questo è l’Iraq che vogliamo.

Negli ultimi 40 anni il paese è stato contrassegnato da diverse guerre. Pensa che gli iracheni abbiano ancora la forza per reagire?

Non si può negare che la gente si sente insicura. Sono stati anni difficili e rimarginare le ferite non è semplice e immediato. Però, noi dobbiamo lavoriare sulle coscienze e programmare il futuro per rimarginare le ferite. La Chiesa caldea è impegnata su tutti i fronti per aiutare gli iracheni e non solo i cristiani. Il Patriarcato ha appena devoluto 50 mila dollari per la ristrutturazione delle case, per l’acquisto di cibo e medicinali, per aiutare le famiglie in difficoltà nel pagare l’affitto. Ma nel Paese c’è una grande speranza di cambiamento e i segnali si percepiscono. Sia il presidente della repubblica che il primo ministro stanno facendo tantissimo per creare un clima di fiducia. Su 329 deputati, 290 sono nuovi. La popolazione alle urne ha reagito saggiamente alla corruzione e ha deciso per il cambiamento. In Iraq è tutto pronto per la rinascita. Nelle strade, nelle piazze, sui media si parla tanto di diritti civili, anche tra i musulmani.

L’estremismo fa ancora paura?

Adesso no. La religione è stata solo un pretesto per diffondere odio. Alcuni gruppi si sentivano ai margini della società e per attirare l’attenzione hanno pianificato l’uccisione di migliaia di persone. Sciiti, yazidi e cristiani erano obiettivi facili da attaccare. Un milione di cristiani sono fuggiti, ne sono rimasti poco più di mezzo milione.

Quanto contano i cristiani nel panorama politico iracheno?

Con questo Governo molto. Sono molto apprezzati dai politici perché i cristiani cercano solo la pace, la libertà e la serena convivenza. E poi, parlano e agiscono nel nome di tutti gli iracheni e non solo dei cristiani.

Cosa farà la Chiesa caldea per i cristiani fuggiti?

Al presidente ho chiesto un aiuto per le famiglie rifugiate in Giordania, Libano e Turchia. Stiamo pensando insieme di sostenere economicamente le spese di viaggio di quanti vogliono far ritorno a casa, sono circa sessantamila e li aiuteremo.


L'Osservatore Romano, 25-26 febbraio 2019