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9 novembre 2018

Francesco e Gewargis III: senza i cristiani il Medioriente non esisterebbe più

By Radiovaticana
Adriana Masotti

Papa Francesco
ha incontrato stamattina il Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira dell'Oriente, Mar Gewargis III, e il suo Seguito. Al colloquio privato, sono seguiti i discorsi. Poi lo scambio dei doni e un momento di preghiera nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico. Infine la firma di una Dichiarazione congiunta. Presenti all'incontro i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Assira dell'Oriente.

La comune partecipazione alla sofferenza causata dalla violenza

Nel suo indirizzo di saluto, Francesco ricorda il primo incontro con il Catholicos, in Vaticano due anni fa, il 17 novembre 2016, ma anche quello dello scorso 7 luglio a Bari, in occasione della Giornata di riflessione e preghiera per la pace in Medio Oriente e afferma:
Condividiamo infatti la grande sofferenza che deriva dalla tragica situazione che vivono tanti nostri fratelli e sorelle in Medio Oriente, vittime della violenza e spesso costretti a lasciare le terre dove vivono da sempre. Essi percorrono la via crucis sulle orme di Cristo e, pur appartenendo a comunità differenti, instaurano tra loro rapporti fraterni, diventando per noi testimoni di unità.
Il Papa anticipa che insieme pregheranno, al termine del loro incontro, proprio “per la fine di tanto dolore (…) invocando dal Signore il dono della pace per il Medio Oriente, soprattutto per l’Iraq e la Siria”.

I progressi sulla via dell'unità

Motivo di particolare gratitudine a Dio, prosegue il Papa, è il lavoro che la Commissione per il dialogo teologico tra le due Chiese sta portando avanti:
Tale Commissione, frutto del dialogo, mostra che le diversità pratiche e disciplinari non sempre sono di ostacolo all’unità, e che alcune differenze nelle espressioni teologiche possono essere considerate complementari piuttosto che conflittuali.
Un anno fa la firma della Dichiarazione comune sulla “vita sacramentale”. Ora Francesco assicura la sua preghiera perché la terza fase di studio sull’ecclesiologia, avviata in questi giorni dalla Commissione, contribuisca a farci “percorrere un altro tratto di strada, verso la meta tanto attesa in cui potremo celebrare il Sacrificio del Signore allo stesso altare”.

L'insegnamento dei testimoni del passato 

Un cammino in avanti che richiede anche di custodire la memoria, per imparare dai testimoni del passato. E il Papa cita Abdisho bar Berika, Metropolita di Nisibi, uno dei più famosi scrittori della tradizione siro-orientale, di cui quest’anno la Chiesa Assira dell’Oriente e la Chiesa Caldea, celebrano i 700 anni della morte. Che lo studio di questo grande teologo, particolarmente esperto nel campo del diritto canonico, “possa aiutare - conclude Papa Francesco - a far conoscere meglio le ricchezze della tradizione sira e ad accoglierle come un dono per la Chiesa intera”.

Nella Dichiarazione l'impegno per andare avanti insieme

Nel testo, redatto in 8 punti, della Dichiarazione congiunta firmata da Papa Francesco e dal Patriarca cattolico al termine dell’incontro, nella splendida cornice della Cappella Redemptoris Mater, si sottolinea la gratitudine verso il Signore "per la crescente vicinanza nella fede e nell'amore tra la Chiesa assira dell'Oriente e la Chiesa cattolica”, constatando che “negli ultimi decenni, le nostre Chiese si sono avvicinate più di quanto non lo siano mai state nel corso dei secoli. In attesa del giorno in cui sarà possibile celebrare insieme sullo stesso altare, si ribadisce l’intenzione di “andare avanti nel riconoscimento reciproco e nella testimonianza condivisa del Vangelo”.

La sofferenza dei cristiani specie in Iraq e Siria

In questo cammino, si legge ancora nella Dichiarazione, “sperimentiamo una sofferenza comune, derivante dalla drammatica situazione dei nostri fratelli e sorelle cristiani in Medio Oriente, specialmente in Iraq e Siria”. “Centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti soffrono immensamente di conflitti violenti che nulla può giustificare”, ricorda il testo, conflitti che hanno "aumentato l'esodo dei cristiani dalle terre dove hanno vissuto fianco a fianco con altre comunità religiose fin dai tempi degli Apostoli”. Per tutti loro, senza distinzione, si assicura la comune preghiera e l’impegno caritativo, vedendo nella loro sofferenza che arriva a volte al martirio, “il seme dell’unità dei cristiani”.

Il M.O è terra di accettazione e rispetto reciproco

“Non è possibile immaginare il Medio Oriente senza cristiani”, si ribadisce con forza nella Dichiarazione, poiché i cristiani, insieme ad altri credenti, contribuiscono notevolmente all'identità specifica della regione: un luogo di tolleranza, di rispetto reciproco e di accettazione”. Senza giustizia non esiste pace duratura, per questo l'appello: “Invitiamo ancora una volta la Comunità internazionale ad attuare una soluzione politica che riconosca i diritti e i doveri di tutte le parti in causa”.
La Dichiarazione si conclude con la certezza che “quanto più difficile è la situazione, tanto più necessario è il dialogo interreligioso fondato su un atteggiamento di apertura, verità e amore”.