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21 maggio 2018

Nuovi cardinali. Patriarca Sako: “Nomina per tutto l’Iraq. Servire il Paese con il grembiule e la Croce”

By AgenSIR
Daniele Rocchi

“Una vera sorpresa, del tutto inaspettata. Ringrazio per questo Papa Francesco. Questa nomina è un grande sostegno per tutta la Chiesa irachena, per il nostro Paese, per il popolo che soffre. Farò tutto ciò che è in mio potere per l’Iraq e per gli iracheni, senza distinzione alcuna”.
È ancora emozionato Louis-Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, quando il Sir lo raggiunge telefonicamente nella capitale irachena. Neanche il tempo di “metabolizzare” la notizia della sua creazione a cardinale, data da Papa Francesco, dopo il Regina Coeli in piazza San Pietro, insieme ad altri 13 nuovi porporati. Tra i nomi che riceveranno la berretta rossa dalle mani di Papa Francesco durante il Concistoro del 29 giugno: Luis Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; Angelo De Donatis, vicario di Roma; Giovanni Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato; Konrad Kraiewski, elemosiniere apostolico; Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi; Antonio dos Santos Marto, vescovo di Leiria-Fatima; Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo; Désiré Tsarahazana, arcivescovo di Toamasina; Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila, e Thomas Aquino Manyo Maeda, arcivescovo di Osaka.Chiesa di martiri.
Dopo Emmanuel III Delly, creato e pubblicato cardinale nel concistoro del 24 novembre 2007 da Benedetto XVI, la Chiesa irachena torna così ad avere una nuova porpora cardinalizia, “confinante” con quella siriana del nunzio apostolico Mario Zenari. E il neo porporato non manca di sottolinearlo:
“Papa Francesco con questa decisione ha voluto ancora una volta, così come era stato per il nunzio in Siria, il card. Mario Zenari, esprimere la sua vicinanza ad una terra macchiata da sangue innocente, dove i cristiani sono stati oggetto di tanta violenza”.
Il pensiero di Mar Sako corre a “tutti coloro che sono stati uccisi in odio alla fede”, come mons. Paul Faraj Rahho, arcivescovo di Mosul, padre Ragheed Ganni e i loro compagni, il cui martirio dona “valori spirituali che riempiono la nostra vita di speranza, dignità umana, tolleranza e pace”, valori che “aiuteranno la nostra nazione a rialzarsi e a liberarsi da ogni forma di terrorismo, uccisioni, distruzioni per godere di sicurezza, stabilità, prosperità economica e sociale”. Parole che Mar Sako aveva già usato nel suo messaggio scritto per la commemorazione dei martiri caldei, celebrata il 6 aprile scorso.
“Noi cristiani – aggiunge il neo porporato – non abbiamo spade, ma solo le armi della pace, della preghiera, della convivenza armoniosa. La nostra vocazione è perdonare settanta volte sette, vale a dire sempre. Siamo chiamati ad essere artigiani di pace, costruttori di speranza e di dialogo. I nostri fratelli musulmani apprezzano questa nostra cultura di pace”.
La telefonata di Moqtada al Sadr.
“Papa Francesco ha sempre detto di voler andare dove c’è bisogno. Per ora non può venire qui da noi ma con la nomina di un cardinale per l’Iraq, così come è stato per la Siria, il Santo Padre si rende vicino a tutti noi per sostenere gli iracheni, cristiani e non, che soffrono” afferma il patriarca caldeo. Il messaggio insito in questa nomina, aggiunge il patriarca, è chiaro:
“Basta sangue, basta guerre, è tempo di riconciliarsi”.
Un assist al mondo politico iracheno, reduce dal voto del 12 maggio scorso. “Speriamo che le recenti elezioni possano far nascere un governo capace di riconciliare le diverse anime del nostro Paese così da camminare uniti verso la pace, la stabilità e il progresso sociale ed economico”. Non è un caso, allora, che tra i primi a congratularsi con Mar Sako sia stato proprio il vincitore della tornata elettorale, vale a dire il religioso sciita Moqtada al Sadr.
“Mi ha chiamato al Sadr che ha usato parole che mi hanno commosso: ‘La pace del Signore sia su di te’. Mi ha anche ribadito che è pronto ad aiutare e a collaborare con i cristiani” rivela il patriarca caldeo.
Attestazioni di stima sono arrivate anche “da parte di autorità di Governo e di leader religiosi musulmani, sciiti e sunniti, come anche da gente semplice. Tutti – dichiara Mar Sako – mi hanno espresso la loro gioia dicendo che questa nomina è un dono grande per il nostro Paese, un infuso di speranza per un futuro migliore. Ma è anche un segno di vicinanza spirituale alla nostra fede, non solo cristiana, come mi ha detto un musulmano”.
Il grembiule e la croce.
Forte di questa nomina, la Chiesa irachena prova a rafforzare la sua presenza e a rilanciare la sua azione pastorale, a partire dal ritorno delle comunità cristiane nei villaggi della Piana di Ninive, distrutti dallo Stato Islamico e in via di ricostruzione. A indicare la direzione è il patriarca Sako:
“Venerdì scorso ho ordinato quattro nuovi sacerdoti caldei e, donando loro un grembiule e una croce in legno, li ho esortati a vivere da servitori del Vangelo. La stessa esortazione che rivolgo non solo ai sacerdoti ma anche a tutti i fedeli: non cerchiamo potere, denaro, fama. Seguiamo il Vangelo servendo con gioia il gregge che Gesù ci affida. Un compito reso ancora più difficile dalla situazione in cui ci troviamo a vivere.
Deponiamo l’orgoglio, l’ambizione, e facciamoci servi. La Bibbia sia la luce del nostro cammino. Il grembiule è un simbolo evangelico dal grande significato. Esso ci esorta a
vivere come servitori e non come autorità.
Vestire il grembiule vuole anche esprimere la semplicità dello stare vicino alla gente, esserne amico, stare al suo fianco. È con questo spirito che accolgo la nomina voluta dal Santo Padre”.