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9 aprile 2018

"Sono rimasta, come atto d'amore"

By Giornale del Popolo

«È veramente difficile ricordare l’ultima volta che abbiamo avuto un periodo di pace e tranquillità»,
scrive Anan Alkass Yousif. Parole terribili, se si pensa che Anan è a Baghdad da 36 anni, ossia da quando ne aveva 6. La sua famiglia ha già lasciato l’Iraq per i pericoli in continua crescita, ma lei ha deciso di restare «sapendo che Dio è con me e che faccio parte della sua grande famiglia».
La sua storia è contenuta nell’ultimo libro di don Arturo Cattaneo, in collaborazione con Cristina Vonzun e Alessandro Cristofani, “Inatteso”, che presentiamo in queste pagine.
Anan - che ha conseguito un dottorato in letteratura inglese nel suo Paese e un master in Cultura dell’Unità all’istituto universitario di Loppiano - insegna da 18 anni poesia contemporanea inglese e americana all’Università delle Arti di Baghdad.
«Lavorare come professore nel Dipartimento d’inglese - spiega Anan - dove sono l’unica insegnante cristiana, è l’altra importante via che perseguo come atto d’amore, cercando di promuovere un’atmosfera di coesistenza armoniosa in una comunità non cristiana. Lo faccio tra l’altro insegnando la poesia come modo di vedere la vita, sottolineando la bellezza e incoraggiando il dialogo; questo è il mio metodo per proclamare il Vangelo di Dio tra i miei studenti. Per me ciò significa diffondere un messaggio divino di pace, amore e unità tra molti giovani che non desiderano altro che vivere una vita decente e dignitosa».
Anan è stata anche partecipante ai colloqui organizzati dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e traduttrice volontaria alla Nunziatura apostolica. Attualmente serve la Diocesi quale direttrice del coro e nella pastorale giovanile. Fu nel 2003, durante l’invasione guidata dagli Stati Uniti, che Anan sentì che era arrivato il momento di dire “sì”, di fare un passo avanti verso una nuova vita con Dio, verso una gioia interiore che sfidasse il terrore e il dolore. «Cominciai così il mio itinerario di vergine consacrata», racconta. «Dopo 5 anni mi trovai di fronte al mio vescovo, alla mia famiglia e a tutta la mia Chiesa per l’incontro con il mio Sposo celeste».
Sono state molte le volte che Anan, «in un Paese in cui di solito si gioca a nascondino con il terrorismo, le bombe e le esplosioni», ha rischiato di morire. «Sapere di poter morire in qualsiasi momento non è un motivo per farmi indietreggiare, ma una ragione per continuare ad essere un pane spezzato per gli altri. Non penso che la mia vita valga di più di quella di un qualunque innocente iracheno morto davanti ai miei occhi, e ne ho visti tanti».
Nonostante il dramma quotidiano con cui si trovano confrontati gli abitanti di Baghdad da decenni, Anan si dice grata al Signore per quanto ricevuto: «Se ripenso alla mia vita mi accorgo di avere ricevuto tante benedizioni da parte di Dio, per aver avuto una famiglia amorevole che mi ha trasmesso la fede, il dono più bello che Dio poteva fare a noi, gente del Medio Oriente.
Sono  grata di essere parte della sua Chiesa in Iraq; una Chiesa che mi ha sempre guidata verso Dio. Anche nei momenti più terribili, le porte della Chiesa erano sempre aperte per darmi conforto, protezione, forza spirituale. Ma soprattutto sono grata per la chiamata a diventare sposa di Gesù e vivere questo matrimonio mistico, escatologico ed eterno che, come Maria, mi fa dire ogni giorno: “Ecco, sono la serva del Signore; accada di me secondo la tua parola”».