Pagine

25 settembre 2017

Ninive, la sfida della ricostruzione. «Ora ridiamo una casa ai cristiani»

By Avvenire
Arturo Celletti 
24 settembre 2017

Padre Benham Benoka cammina tra le macerie. Una passeggiata a passi lenti con l’incubo Daesh che, di tanto in tanto, si riaffaccia nei pensieri. «Guardate quei fori nel cemento... I terroristi dello Stato islamico perforavano i muri degli appartamenti per spostarsi di casa in casa senza essere avvistati dagli elicotteri americani... ». Una lunga pausa. Per posare gli occhi su quello che resta delle case di Bartella. Una immagine sacra coperta dai detriti ritrascina il sacerdote nei mesi bui. Sono però attimi. Qualche metro più in là un ingegnere con tuta da lavoro prende già le misure degli infissi e presto il signor Dhiya Behnam Nuna avrà una nuova casa. Con la luce. Con l’acqua. Con i vetri alle finestre. La ricostruzione ha l’odore pungente della vernice fresca.
Qui a Bartella, il primo villaggio iracheno nella Piana ad essere liberato dal Daesh, c’é voglia di rialzarsi. Di ricominciare. E così in tutti i nove villaggi della Piana di Ninive. È una sfida grande e complicata. Ci sono 13 mila case da rimettere in piedi e fallire significherebbe uccidere le speranze dei cristiani che vogliono tornare. Le chiese locali sono in prima linea. E Acs è al loro fianco da quaranta mesi. Da quando la folle offensiva di Daesh mise in ginocchio la Piana di Ninive. Da quell’estate del 2014 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha finanziato progetti per quasi 36 milioni di euro (chi vuole sostenere i progetti in Iraq può informarsi sul sito www.acs-italia. org). Poi, lo scorso marzo, ha promosso e coordinato la firma di un accordo fra i pastori di tre Chiese irachene, grazie al quale è stato costituito il Comitato per la ricostruzione: un organismo composto da sei rappresentanti delle tre Chiese locali e da tre esperti (in comunicazione e gestione finanziaria), coadiuvati da architetti e ingegneri. È un progetto ambizioso. Un vero e proprio 'piano Marshall', il cui costo stimato è di oltre 250 milioni di dollari. Servono i fondi, ma si lavora, senza sosta, come se già ci fossero.
«Ci stiamo concentrando sui villaggi che sono stati per meno tempo nelle mani del Daesh», spiega padre Salar Boudagh, vicario generale della diocesi di Alqosh e membro del Comitato. «A Telskuf e Bakofa la ricostruzione richiederà meno tempo, al contrario di Batnaya, dove oltre l’80 per cento delle case è stato distrutto». Il sacerdote mette in fila dati raccontando la vita nella Piana prima dell’arrivo dei terroristi del Daesh. 1450 famiglie vivevano a Telskuf, 110 a Bakofa, 950 a Batnaya, più di 700 a Telkef e 875 a Karemles. Poi gli uomini del Daesh. Il terrore. La fuga. «Ora – spiega padre Salar – la prima condizione per il ritorno di queste famiglie è la sicurezza e fortunatamente quest’area è pattugliata dalla Zeravani, una milizia cristiana di cui ci fidiamo ciecamente...». Accanto alla sicurezza, il piano di ricostruzione non può prescindere da un importante impegno economico. Le case sono state suddivise in base ad un 'coefficiente di danno'. Per riparare una casa incendiata servono 25mila dollari, mentre per una totalmente distrutta ne occorrono almeno 65mila.
Un filo lega i cristiani sfollati al lavoro della chiesa locale e di Acs. Una commissione studia i beni della Chiesa distrutti dal Daesh. La lista fa pensare. 34 chiese, 6 cappelle, 15 conventi, 3 monasteri, 6 santuari, 10 rettorie, 2 residenze vescovili, 9 uffici parrocchiali, 1 seminario, 6 centri per la catechesi... Tutto sfregiato dalla furia dei terroristi. Anche 4 centri culturali, anche 4 centri sportivi, anche 3 aule di lettura, anche dieci cimiteri. Alfredo Mantovano, il presidente di Acs Italia, legge quei dati e, pensando al senso dell’intero progetto, commenta sottovoce: «Il 9 novembre ricorre il 28° anniversario del crollo del Muro di Berlino. Oggi l’Islam ultrafondamentalista si erge come un grande muro davanti a tante comunità per impedire loro di manifestare pubblicamente la fede: questa barriera deve crollare, e il progetto di Acs per il ritorno dei Cristiani nei villaggi della Piana di Ninive ha lo scopo di liberare tali minoranze dall’ombra di questo muro. Per restituire loro, insieme con le case, la possibilità di vivere da Cristiani».
Di nuovo a Bartella. Per un’ultima foto. Don Benham, prega, confessa, dice messa. Ma, parallelamente, lavora alla ricostruzione. Nineveh Reconstruction è la sua seconda vita: sacerdote e operaio. Sono tanti i sacerdoti come lui. In prima linea. Per dare ai cristiani della Piana una seconda vita. Ora c’è fiducia. C’è voglia di farcela. C’è un impegno contagioso. E quell’idea di un vero Piano Marshall per riaccendere la luce nella Piana fa ogni giorno un passo avanti.