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27 giugno 2017

Leader cattolico: la liberazione di Mosul dall’Isis è vicina. Poi la ricostruzione

By Asia News

La liberazione di Mosul dalle milizie dello Stato islamico (SI, ex Isis) che nel giugno 2014 hanno assunto il controllo della città “sarà completata entro i prossimi giorni”, perché al momento “restano solo poche aree” presidiate dall’ultimo bastione jihadista. È quanto afferma ad AsiaNews Duraid Hikmat Tobiya, cattolico, già consigliere per le minoranze del governatorato di Ninive e membro della Hammurabi Human Rights Organization, che prefigura una riconquista a breve della ex roccaforte del “Califfato”. Al momento vi sono poche centinaia di uomini, al massimo 350 combattenti [stime dell’esercito irakeno, ndr] concentrati nella Città Vecchia. “Vi è un notevole grado di distruzione - aggiunge il leader cristiano - soprattutto nel lato destro. Ma con l’infuriare della battaglia, il timore è che vi possano essere nuovi, e gravi danni alle infrastrutture”.
Il leader cattolico è in contatto con le fonti (per le quali chiede l’anonimato) che sono rimaste a Mosul per tutto il periodo in cui la metropoli del nord dell’Iraq è rimasta sotto il dominio di Daesh [acronimo arabo per lo SI]. Il timore, spiega, è che nello scontro finale fra jihadisti e coalizione arabo-curda “possano morire molti civili innocenti”. Ad oggi, aggiunge, “vi sono fino a 100mila persone sotto assedio, la maggior parte delle quali donne, bambini e anziani” che vengono usati dai miliziani fondamentalisti “come scudi umani” per coprirsi la fuga.
Nel fine settimana i miliziani dello Stato islamico (SI) hanno lanciato una contro-offensiva, per rispondere ai crescenti attacchi della coalizione arabo-curda che, dopo aver liberato il settore orientale di Mosul, ora punta al controllo completo della città. I jihadisti hanno dislocato un gran numero di kamikaze in alcuni punti strategici, pronti a farsi esplodere. Testimoni locali sottolineano che, a dispetto dei tentativi di opposizioni la sconfitta finale si fa sempre più vicina.
Gli scontri hanno interessato i distretti occidentali di Al-Tanak, Rajm Hadid e Al-Yarmouk, provocando morti e feriti. L’avanzata dell’esercito è rallentata dai cecchini, in grado di colpire anche al buio grazie all’uso di visori notturni. Tuttavia, secondo quanto affermato alti ufficiali irakeno da una “prospettiva militare” lo Stato islamico “è finito”. I timori maggiori riguardano la sorte dei civili, ancora intrappolati dietro le linee jihadiste con poco cibo, medicinali e acqua a disposizione. Il numero degli sfollati ha superato quota 800mila.
Musulmani e cristiani fuggiti dalla città condividono le medesime difficoltà e preoccupazioni, spiega Duraid Hikmat Tobiya, cui si aggiungono le devastazioni, lo sfollamento e la mancanza di lavoro. “Il futuro di Mosul - aggiunge - è ancora assai vago. Aspettiamo la liberazione completa, per vedere ciò che accadrà. La priorità resta però la ricostruzione, di modo che la gente possa tornare e riprendere le proprie attività di un tempo”. Secondo il leader cattolico è ancora presto per parlare di “piena coesistenza pacifica” fra i fedeli delle due religioni, anche perché “l’ideologia estremista permea una parte della popolazione” e anche con la sconfitta dell’Isis i timori di nuove violenze non saranno dissipati. In questo senso è compito delle autorità centrali a Baghdad adoperarsi per sradicare queste sacche di fondamentalismo. E sarà possibile farlo valutando “i sermoni del venerdì nelle moschee” e colpendo quanti predicano odio e divisioni. A questo si aggiunge la modifica dei curriculum scolastici, “perché - conclude - non vi può essere coesistenza senza un cambiamento radicale del pensiero, eliminando alla radice l’ideologia che Daesh ha instillato nelle menti delle persone, soprattuto i giovani, negli ultimi tre anni”.
Intanto nell’area di Mosul liberata dall’offensiva arabo-curda - in cui permangono i segni delle gravi e sistematiche violenze compiute dallo SI - la popolazione musulmana ha festeggiato per la prima volta senza la minaccia jihadista la festa di Eid al-Fitr per la fine del Ramadan. I bambini (nella foto) si sono riversati nelle strade e piazze del settore orientale; alcuni di loro hanno festeggiato con riproduzioni di pistole e fucili, gli unici “giocattoli” ammessi sotto il Califfato, mentre altri ne hanno approfittato per rispolverare i vecchi balocchi.
Da Mosul parte infine un appello alla comunità internazionale per la ricostruzione del minareto pendente [la “Hadba”] che affiancava la moschea di al-Nouri, devastata nei giorni scorsi dallo SI durante gli scontri con l’esercito irakeno. Promosso dal popolare blogger Mosul Eye, che da tempo racconta in forma anonima la vita sotto il Califfato, l’appello spiega che “far rinascere il minareto di al-Hadbaa” vuol dire al tempo stesso “rilanciare l’identità di Mosul”. Il minareto rappresenta un patrimonio “culturale e umano” per tutto il popolo della città, cristiani e musulmani; la sua distruzione ha rappresentato “la distruzione della nostra identità umana”. Una sua ricostruzione costituirebbe un segnale di “attenzione” della comunità internazionale per le sorti della regione e una dura risposta “contro il terrorismo che ha distrutto un patrimonio umano”.

Mosul Eye
Revive Mosul’s identity – Rebuild Al-Hadbaa