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23 novembre 2016

Parroco di Amadiya: profughi cristiani di Mosul, fra l’emergenza aiuti e l’attesa del rientro

P. Samir Youssef

Fra i profughi di Mosul e della piana di Ninive si respira “un clima di attesa”, per capire “come si svilupperanno le battaglie” contro lo Stato islamico (SI); le truppe irakene “stanno avanzando” e la pianura “è quasi liberata per intero”, anche se “le chiese sono in gran parte bruciate” e “molte case distrutte”. È quanto racconta in una lettera inviata ad AsiaNews p. Samir Youssef, parroco della diocesi di Amadiya (Kurdistan), che cura 3500 famiglie di profughi cristiani, musulmani, yazidi che hanno abbandonato le loro case e le loro terre per sfuggire ai jihadisti. Il sacerdote è in prima linea sin dall’estate del 2014, da quando è iniziata l’emergenza. Con questa lettera vogliamo rilanciare la campagna "Adotta un cristiano di Mosul" in occasione del Natale.
“Come da voi per il terremoto”, prosegue il sacerdote, “anche qui da noi servirà molto lavoro per ricostruire e rimettere tutto a posto”. Dall’inizio dell’offensiva lanciata il 17 ottobre scorso dall’esercito e dai Peshmerga curdi, si è aperto un nuovo fronte di emergenza: quello delle persone in fuga dalle aree liberate dalla presenza jihadista, con “storie molto toccanti, che fanno piangere, su come veniva trattata la popolazione civile, soprattutto le donne”.
Parlando dei profughi, p. Samir racconta che “senza l’aiuto di AsiaNews e di altri amici, la situazione rischia di diventare davvero molto difficile”. La Chiesa locale risponde quasi per intero ai fabbisogni non solo dei cristiani, ma anche dei rifugiati yazidi e musulmani. Donne e bambini sono costretti a indossare “gli unici vestiti” che hanno e che risalgono “all’anno scorso”. E poi vi è il costo di biglietti e abbonamenti per garantire il trasporto dei bambini a scuola. Infine, i cherosene per il riscaldamento. Molte necessità cui si cerca di far fronte “fino a che non sarà finita questa crisi”. Aderire alla campagna “Adotta un cristiano di Mosul” è ancora oggi essenziale per garantire la sopravvivenza dei profughi. Di seguito la testimonianza di p. Samir:

Caro p. Bernardo Cervellera, cari lettori di AsiaNews,
innanzitutto prego il Signore che stiate bene. Da tempo avrei voluto scriverti per esprimere la mia partecipazione al dolore per i terremoti [del centro Italia], eventi che abbiamo seguito con attenzione anche qui [nel Kurdistan irakeno] e che ci hanno veramente colpiti. Siamo stati davvero molto male.
Grazie a Dio la seconda, devastante scossa non ha provocato vittime anche se sono crollate molte abitazioni e la basilica di san Benedetto a Norcia. Siamo però certi che tutto sarà ricostruito: il popolo italiano è forte e ama la vita, e nei momenti di crisi si unisce.
Da parte nostra, qui si vive un clima di attesa per capire come si svilupperanno le battaglie contro lo Stato islamico (SI). Le truppe irakene stanno avanzando e ora sono vicine alla città di Mosul. La piana di Ninive è quasi liberata per intero, ma purtroppo le chiese sono in gran parte bruciate e molte case sono andate distrutte.
Anche qui da noi, come per voi con il terremoto, servirà molto lavoro per ricostruire e per rimettere a posto tutto. I miliziani dello SI hanno costruito molti tunnel sotto le case; dalle persone provenienti da zone liberate dai jihadisti vicino a Mosul emergono storie molto toccanti, che fanno piangere su come veniva trattata la popolazione civile, soprattutto le donne.
Quanta gente è stata uccisa, decapitata. In ogni quartiere vi una casa che è stata trasformata dai miliziani dello SI in una prigione dove le donne erano schiave sessuali dei miliziani. Sono state scoperte diverse fosse comuni, e solo in una di queste sono stati rinvenuti i cadaveri di circa 200 persone. Fra loro vi erano anche donne e bambini. Solo il Signore sa cos’altro hanno fatto i jihadisti di Daesh [acronimo arabo per lo SI] nella città di Mosul.
Per quanto riguarda i nostri profughi, devo ammettere che senza l’aiuto di AsiaNews e di altri amici, la situazione rischia di diventare davvero molto difficile. Le famiglie cristiane e yazidi che sono fra noi dipendono in via quasi esclusiva sull’aiuto della Chiesa locale. Abbiamo molti bambini affidati alle nostre cure e dobbiamo mandarli a scuola. Come avveniva già lo scorso anno vi sono dei pullman che li portano a scuola e siamo noi, come Chiesa, a pagare il costo di biglietti e abbonamenti. Tutto questo è però legato all’arrivo degli aiuti.
Qui da noi, nel Kurdistan irakeno, l’inverno è già cominciato e molti bambini e molte donne usano gli stessi, unici vestiti dello scorso anno. Due settimane fa abbiamo acquistato un po’ di vestiti usati, ma non bastano per tutti e mancano anche le scarpe. E poi il cherosene per il riscaldamento, fondamentale per combattere il freddo che nessuna organizzazione umanitaria o non governativa ci ha ancora offerto. E l’urgenza comincia a farsi sentire.
Nell’ultimo periodo il governo ha costretto molte Ong ad aiutare le persone in fuga da Mosul a causa della guerra. Di recente hanno aperto tre nuovi campi per i profughi musulmani che sono fuggiti in queste settimane. Per oltre tre mesi le 225 famiglie di yazidi che vivono qui a Enishke non hanno ricevuto buoni pasto o scorte alimentari.
Noi proviamo ogni settimana a comprare quantità di riso, di olio, e le distribuiamo. Senza parlare delle famiglie che, ogni mese, hanno bisogno di un po’ di moneta contante; la mia parrocchia paga anche gli affitti di molte case che ospitano famiglie di profughi da oltre due anni. Qui ogni parroco si è assunta questa responsabilità e cerchiamo per quanto possibile di aiutare questa gente fino a che sarà finita questa crisi.
Caro padre, cari lettori di AsiaNews, metto tutti questi bisogni nelle vostre mani. Prego il Signore che ci aiuti e che aiuti tutti voi ad andare avanti, con tutto quello che succede attorno a voi. Appena mi sarà possibile, spero a febbraio, cercherò di venire da voi in Italia.

P. Samir Youssef
Diocesi di Zakho e Amadiya