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7 novembre 2016

Mons. Audo: c’è collegamento tra dramma di Aleppo e Mosul


Nè civili né ribelli della zona est hanno attraversato i corridoi umanitari ad Aleppo, in Siria. È la stampa internazionale a riferire dell’esito del cessate-il-fuoco di dieci ore, indetto dalla Russia per la giornata di ieri nella città, dove dal 22 settembre è in corso l’offensiva dell’esercito di Damasco – affiancato dai raid di Mosca - per riprendere i quartieri controllati dai ribelli. Parallelamente, in Iraq, prosegue la battaglia per Mosul, con le forze speciali di Baghdad che hanno iniziato l’assalto ai quartieri più urbani della seconda città del Paese, da oltre due anni nelle mani del sedicente Stato Islamico. Proprio dall’Iraq i miliziani starebbero trasferendo con la forza numerosi civili verso la Siria, per usarli come copertura in un’eventuale ritirata. Una emergenza umanitaria che dunque peggiora, come testimonia da Aleppo mons. Antoine Audo, vescovo di tutti i caldei della Siria, appena rientrato dalla Svezia, dove ha partecipato, alla presenza di Papa Francesco, alla commemorazione congiunta luterano-cattolica per i 500 anni della Riforma protestante. L’intervista è di Giada Aquilino:

 Negli ultimi giorni, ancora tante persone sono venute verso il centro della città dalle periferie perché c’erano attacchi e bombardamenti. Ci sono scuole chiuse, come ad esempio quella delle suore greco cattoliche del “Perpetuel Sécours”: da una settimana la scuola è chiusa perché sono cadute delle bombe, come anche non lontano dal monastero delle Carmelitane di Aleppo. Ci sono tensioni, la gente è veramente scossa.
Come si vive in queste ore ad Aleppo, dopo il cessate-il-fuoco?

Oggi, arrivando ad Aleppo, ho visto nel cielo un denso fumo nero: hanno di nuovo cominciato a bombardare. Non si sa quale possa essere il futuro: c’è speranza in una soluzione politica, che è quello che noi aspettiamo per avere la pace. Ma non si vede, soprattutto con tutto ciò che accade in Iraq, a Mosul. Alcuni dicono che i turchi vogliono prendere Mosul e Aleppo perché pensano che appartengano dell’Impero Ottomano…

C’è un collegamento, secondo lei, tra quanto sta avvenendo in Iraq, in particolare a Mosul, e quanto sta avvenendo ad Aleppo?

Sicuramente, sì, sì! Perché in questa guerra sono impegnate le stesse forze internazionali, con diverse implicazioni in Iraq e in Siria, e ci sono gli stessi conflitti tra i potenti del mondo e poi tra i potenti della regione.

Quali forze ci sono in campo?

A livello regionale, la Turchia, con i suoi interessi, l’Arabia Saudita, l’Iran: a livello regionale, la lotta tra sunniti e sciiti è molto forte; a livello internazionale, penso che gli interessi siano soprattutto di carattere economico e riguardino il petrolio, il gas, tra gli Stati Uniti e i russi. Intanto, qui in Siria, aspettiamo: non si sa quale sia il nostro domani, tanti sono già partiti, ma i più poveri rimangono in città.

Lei è presidente anche di Caritas Siria: qual è il suo appello, proprio per le persone che sono ad Aleppo?

Come Caritas, continuiamo i nostri programmi d’aiuto in campo medico, educativo, alimentare, per gli anziani. La mia speranza è che si lavori a una soluzione politica di pace e riconciliazione. Se non sarà possibile, la guerra andrà avanti e la gente continuerà ad andarsene, soprattutto i cristiani.