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20 settembre 2016

Erbil, patriarca Sako: A sacerdoti e monaci ribelli, la Chiesa caldea risponde con l'unità


Un sinodo “importante” per rilanciare il valore di “unità” nella Chiesa caldea, partendo dalla “scelta di un nuovo vescovo” per la diocesi di San Diego, in passato al centro di una controversia che l’ha vista opposta al patriarcato. E ancora, la necessità di “interrompere questa fuga di preti e monaci dall’Iraq”, evento grave e che “non deve accadere di nuovo”. Interpellato da AsiaNews, con queste parole il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako - impegnato in questi giorni in un ritiro spirituale “con tutto il clero irakeno” - presenta il prossimo sinodo in programma dal 22 al 28 settembre a Erbil, nel Kurdistan irakeno. Un incontro, come richiesto dallo stesso patriarca, improntato “all’unità e alla comunione fra diocesi” e al “bene dei fedeli”. Egli esorta “i sacerdoti a lavorare per aiutare famiglie e sfollati a sostenere il fardello della loro condizione”.
Fra gli altri temi al centro della discussione, le iniziative a favore dei profughi di Mosul e della piana di Ninive, la beatificazione dei martiri caldei e la sfida - tuttora aperta - dell’emigrazione. A questo si aggiunge il rinnovamento della liturgia e il futuro della piana di Ninive, oggetto di recente di un appello del patriarca caldeo.
Il sinodo di Erbil è preceduto da un ritiro spirituale del clero caldeo, per richiamare i sacerdoti alla ricoperta del valore del silenzio, grazie al quale è possibile vivere appieno il senso profondo della riflessione e della preghiera. E ancora, il significato della confessione, del pentimento e del cambiamento che si possono raggiungere solo nella riscoperta della fede più profonda. In quest’Anno giubilare indetto da papa Francesco, uno stile di vita misericordioso rappresenta un “dovere sacro”, cui si unisce il compito di istruire ed educare il gregge. “Il prete è il titolare della compassione - ricorda mar Sako - e deve saper amare e perdonare come Dio ama e perdona”.
Fra i temi del sinodo caldeo, particolare attenzione - come ha ricordato lo stesso mar Sako - verrà dedicata alla scelta del nuovo vescovo della diocesi di san Pietro Apostolo a San Diego, negli Stati Uniti, ad oggi retta da mons. Shlemon Audish Warduni, a lungo ausiliare di Baghdad e personalità di primo piano della Chiesa irakena. Il prelato è subentrato al vescovo “ribelle” Sarhad Y. Jammo, che aveva lasciato - in via ufficiale - nei mesi scorsi al compimento del 75mo compleanno. 
La diocesi è stata a lungo al centro di tensioni con i vertici del patriarcato caldeo, per avere accolto sacerdoti e monaci che hanno lasciato l’Iraq senza il permesso dei loro vescovi e superiori. Ai fedeli di San Diego il patriarca caldeo chiede “di pregare per la scelta del nuovo vescovo”, che possa essere una guida “intellettuale, spirituale e pastorale” salda e forte. Egli rinnova al contempo l’invito “all’unità” dopo mesi di tensioni che avevano fatto ipotizzare anche un mini-scisma. A questo si unisce il tema della beatificazione dei martiri caldei: fra questi, le vittime del “Genocidio assiro-caldeo” del 1915 nell’area in cui oggi sorge la moderna Turchia. E ancora, i martiri di più fresca memoria fra i quali p. Ragheed Ganni, sacerdote caldeo ucciso a Mosul davanti alla propria chiesa nel 2007 e, un anno più tardi, la morte nelle mani dei sequestratori dell’allora arcivescovo diocesano mons. Paulos Faraj Rahho
Analizzando i temi dell’incontro, mar Sako sottolinea che è importante ripensare “l’organizzazione della Chiesa caldea, i legami fra diocesi, un’azione più comune ed efficace fra vescovi, per rispondere ai bisogni pastorali dei fedeli, alle famiglie sfollate”. Un altro elemento di primo piano “è la situazione politica in Iraq”, aggiunge il prelato, che chiede al sinodo e alla leadership cristiana “una posizione saggia, realista e chiara” per il dopo liberazione di Mosul.
Il patriarca caldeo avverte che i “cristiani avranno grossi problemi se non trovano una posizione unitaria”. Egli non riserva critiche per quanti “dall’esterno” propongono soluzioni - come l’ipotesi, rilanciata di recente da un gruppo di parlamentari Usa, di creare una enclave per le minoranze religiose, fra cui i cristiani nella piana di Ninive - “senza un’idea concreta della realtà”. “Una cosa sono i media e i progetti - avverte - quando la situazione nel concreto è ben diversa”. Vanno affrontati i problemi della sicurezza, della gestione delle aree, in un contesto politico e sociale ancora fragile. “Prima gli irakeni devono parlare fra loro - spiega mar Sako - discutere e decidere cosa fare: se una federazione, mantenere l’unità o separarsi. Ma prima ancora di tutto questo, ci deve essere la liberazione” dal terrorismo e dalle violenze interne ed esterne. “Bisogna essere uniti - conclude - per cacciare i terroristi e bonificare i terreni, poi approntare un dialogo nazionale per trovare le soluzioni più opportune”.
Infine, il prossimo 25 settembre, sempre a Erbil, nel contesto del Sinodo, si terrà anche un incontro programmatico incentrato sulla Lega Caldea; un organismo voluto con forza da mar Sako, nato nel luglio dello scorso anno per proteggere e valorizzare diritti “sociali, politici, economici” della comunità caldea, pur rimanendo slegati dai partiti o da movimenti di singoli attivisti cristiani.